Agevolazione prima casa: causa di forza maggiore esclude decadenza da beneficio fiscale
SOMMARIO: 1. La fattispecie analizzata dalla sentenza 2. Precedenti giurisprudenziali e di prassi 3. La “non contestazione” della forza maggiore da parte dell’Agenzia delle Entrate.
1. La fattispecie analizzata dalla sentenza
Nella recente sentenza n. 17442 del 17 luglio 2013 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi della agevolazione cosiddetta prima casa in tema di imposta di registro e imposte ipocatastali.
La disciplina del beneficio fiscale in oggetto è recata dalla nota II-bis dell’articolo 1 della Tariffa, Parte I, allegata al Decreto del Presidente della Repubblica n. 131/1986, che prevede l’applicazione dell’imposta di registro con aliquota ridotta al 3% (in luogo del 7%) agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse, purché ricorrano alcune condizioni.
In particolare, per quello che qui rileva, la predetta nota dispone che l’immobile deve essere ubicato nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto.
Oltre all’aliquota ridotta per l’imposta di registro (come detto, 3% invece del 7%), è prevista l’applicazione in misura fissa (€ 168,00) dell’imposta ipotecaria e dell’imposta catastale in luogo, rispettivamente, del 2% e dell’1%.
Nella fattispecie analizzata dalla sentenza in commento, l’agevolazione prima casa veniva revocata dall’Agenzia delle Entrate in quanto la contribuente non aveva stabilito la propria residenza nel Comune ove era ubicato l’immobile acquistato entro il termine di 18 mesi dall’atto di acquisto.
La contribuente proponeva, dunque, ricorso avverso l’avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate. Sia la Commissione Tributaria Provinciale di Benevento sia la Commissione Tributaria Regionale della Campania annullavano l’avviso impugnato ritenendo che il mancato rispetto del termine di 18 mesi non era imputabile alla contribuente dipendendo unicamente da forza maggiore.
L’Agenzia delle Entrate ricorreva quindi in Cassazione deducendo quale unico motivo la violazione e falsa applicazione da parte del giudice di seconde cure dell’articolo 1, nota II-bis, della Tariffa, Parte I, allegata al Decreto del Presidente della Repubblica n. 131/1986 per non avere la contribuente trasferito la residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile acquistato nel termine legale di 18 mesi. La contribuente, resistente in Cassazione, invece, non depositava difese.
Si deve premettere come dalla lettura della sentenza non si evince quale è stata in concreto la causa di forza maggiore sulla base della quale sono state emesse le sentenze di merito. Ciò, come si vedrà meglio innanzi, dipende anche dal fatto che il ricorso per cassazione dell’Agenzia delle Entrate non ha contestato nel merito la forza maggiore, limitandosi esclusivamente a rilevare il mancato rispetto del termine di 18 mesi fissato dalla norma.
Ebbene, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria confermando la propria consolidata giurisprudenza in materia di agevolazioni prima casa.
Secondo la Corte, infatti, “la non imputabilità del mancato trasferimento della residenza, per effetto della sopravvenienza di un impedimento oggettivo, imprevedibile ed inevitabile, esclude, di per sé, la decadenza dall'agevolazione, senza che possano esser, a tal fine, richiesti ulteriori comportamenti (in tesi il reperimento di altro immobile) a carico del contribuente”.
In particolare, “la realizzazione dell'impegno di trasferire la residenza, che rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del beneficio richiesto e solo provvisoriamente concesso dalla legge al momento della registrazione dell'atto, costituisce, quindi, un vero e proprio obbligo del contribuente verso il fisco, nella cui valutazione non può, però, non tenersi conto - proprio perché non inerente ad un suo comportamento - della sopravvenienza di un caso di forza maggiore, e cioè di un ostacolo all'adempimento dell'obbligatorio, caratterizzato dalla non imputabilità alla parte obbligata, e dall'inevitabilità ed imprevedibilità dell'evento, dovendo, in conseguenza, affermarsi il principio secondo cui il mancato stabilimento nel termine di legge della residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato con l'agevolazione ‘prima casa’ non comporta la decadenza dall'agevolazione qualora tale evento sia dovuto ad una causa di forza maggiore, sopraggiunta in un momento successivo rispetto a quello di stipula dell'atto di acquisto dell'immobile stesso”.
2. Precedenti giurisprudenziali e di prassi
Si evidenzia come il principio della rilevanza della forza maggiore quale fatto che esclude la decadenza dall’agevolazione prima casa è stata affermato più volte negli ultimi anni dalla giurisprudenza, sia di legittimità sia di merito. Secondo Corte di Cassazione n. 14399 del 18 aprile 2013 non decade dall’agevolazione il contribuente che non trasferisce la residenza in quanto i lavori di ristrutturazione, avviati sul fabbricato, sono stati sospesi dalla Soprintendenza a causa del rinvenimento di reperti archeologici.
Si segnala, ancora, Corte di Cassazione n. 19561 del 9 novembre 2012 che ha cassato la sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Regionale in quanto “senza alcuna motivazione, ha escluso rilevanza, ai fini del rispetto del termine di decadenza, alla esigenza di eseguire, successivamente al rilascio, gli interventi minimi di adeguamento dell’abitazione – impianto di riscaldamento ed impianto elettrico”.
Da menzionare la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano n. 11/21/11 del 31 gennaio 2011 che così si è espressa: “Questo giudice evidenzia l’impossibilità materiale in cui è venuto a trovarsi l’attuale ricorrente, quando ha dovuto avvalersi dell’ufficiale giudiziario per liberare l’immobile, abusivamente occupato dal debitore esecutato, sine titulo ivi presente. La causa di forza maggiore, come quella sopra descritta, non può ripercuotersi negativamente e a danno dell’acquirente che, acquistato un immobile abusivamente occupato dal precedente proprietario, si trova nell’impossibilità materiale di ivi trasferire la propria residenza, nel termine stabilito dalla legge. L’aspetto temporale che la giustizia civile, con intervento della forza pubblica (esecuzione forzata), richiede nelle grandi città, a volte cozza con il termine perentorio che la legge fiscale impone al contribuente, per ottenere un’agevolazione”.
Le conclusioni della giurisprudenza supra citata sono aderenti rispetto alle stesse indicazioni di prassi. Orbene, nella risoluzione n. 140 del 2008, l’Agenzia delle Entrate ha affermato come il mancato stabilimento, nel termine di legge, della residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile acquistato non comporti decadenza dall’agevolazione prima casa qualora tale evento sia dovuto ad una causa di forza maggiore, sopraggiunta in un momento successivo rispetto a quello di stipula dell’atto di acquisto dell’immobile.
In particolare, secondo la risoluzione, ricorre il caso della forza maggiore quando si verifica e sopravviene un impedimento oggettivo non prevedibile e tale da non poter essere evitato, vale a dire un ostacolo all’adempimento dell’obbligazione, caratterizzato da non imputabilità alla parte obbligata, inevitabilità e imprevedibilità dell’evento.
Peraltro, nota l’Amministrazione finanziaria, una differente conclusione non solo vanificherebbe l’espressa volontà del legislatore di agevolare l’acquisto della ‘prima casa’ di abitazione, ma imporrebbe anche un nuovo onere finanziario a carico dell’acquirente. Quest’ultimo, infatti, al fine di stabilire nel termine di legge la propria dimora abituale nel Comune dove ha acquistato l’immobile inutilizzabile per forza maggiore, sarebbe costretto ad assicurarsi la disponibilità di un nuovo immobile.
3. La “non contestazione” della forza maggiore da parte dell’Agenzia delle Entrate
Tutto ciò esposto, va rimarcato come la sentenza della Corte di Cassazione in commento ha dato rilievo al comportamento processuale di “non contestazione” dell’Agenzia delle Entrate. Infatti, vi si legge: “Nella specie, i giudici di merito hanno ritenuto che il mancato tempestivo trasferimento della residenza, pur richiesto a seguito dell’acquisto dell’abitazione, sia ascrivibile a causa di forza maggiore, e tale natura dell’impedimento non è stata, in alcun modo, contestata dalla ricorrente”.
Stesso modus decidendi si rinviene nella pure recente sentenza della Corte di Cassazione n. 14399 del 18 aprile 2013: “Nella specie, i giudici del merito hanno ritenuto che il mancato trasferimento della residenza sia ascrivibile a causa di forza maggiore (in concreto, il rinvenimento di reperti archeologici impeditivo della prosecuzione dei lavori di ristrutturazione dell'appartamento acquistato), e tale natura dell'impedimento (cosiddetta sorpresa archeologica) non è stata contestata dalla ricorrente, che non ha, neppure, riferito circa l'eventuale mancata richiesta, da parte della contribuente del trasferimento della residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato, id est dell'atto d'inizio del procedimento amministrativo volto al mutamento dell'iscrizione anagrafica”.
Si tratta di rilevi importanti in quanto danno piena applicazione all’articolo 115 del Codice di Procedura Civile (cosiddetto principio di non contestazione), secondo cui: “Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita”.
Si tratta di un principio che, come statuito da Corte di Cassazione n. 7827 del 31 marzo 2010, trova fondamento nel carattere dispositivo del processo, nel dovere di lealtà e probità previsto dall'articolo 88 del Codice di Procedura Civile e nel generale principio di economia che deve sempre informare il processo, soprattutto alla luce del novellato articolo 111 della Costituzione.
SOMMARIO: 1. La fattispecie analizzata dalla sentenza 2. Precedenti giurisprudenziali e di prassi 3. La “non contestazione” della forza maggiore da parte dell’Agenzia delle Entrate.
1. La fattispecie analizzata dalla sentenza
Nella recente sentenza n. 17442 del 17 luglio 2013 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi della agevolazione cosiddetta prima casa in tema di imposta di registro e imposte ipocatastali.
La disciplina del beneficio fiscale in oggetto è recata dalla nota II-bis dell’articolo 1 della Tariffa, Parte I, allegata al Decreto del Presidente della Repubblica n. 131/1986, che prevede l’applicazione dell’imposta di registro con aliquota ridotta al 3% (in luogo del 7%) agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse, purché ricorrano alcune condizioni.
In particolare, per quello che qui rileva, la predetta nota dispone che l’immobile deve essere ubicato nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto.
Oltre all’aliquota ridotta per l’imposta di registro (come detto, 3% invece del 7%), è prevista l’applicazione in misura fissa (€ 168,00) dell’imposta ipotecaria e dell’imposta catastale in luogo, rispettivamente, del 2% e dell’1%.
Nella fattispecie analizzata dalla sentenza in commento, l’agevolazione prima casa veniva revocata dall’Agenzia delle Entrate in quanto la contribuente non aveva stabilito la propria residenza nel Comune ove era ubicato l’immobile acquistato entro il termine di 18 mesi dall’atto di acquisto.
La contribuente proponeva, dunque, ricorso avverso l’avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate. Sia la Commissione Tributaria Provinciale di Benevento sia la Commissione Tributaria Regionale della Campania annullavano l’avviso impugnato ritenendo che il mancato rispetto del termine di 18 mesi non era imputabile alla contribuente dipendendo unicamente da forza maggiore.
L’Agenzia delle Entrate ricorreva quindi in Cassazione deducendo quale unico motivo la violazione e falsa applicazione da parte del giudice di seconde cure dell’articolo 1, nota II-bis, della Tariffa, Parte I, allegata al Decreto del Presidente della Repubblica n. 131/1986 per non avere la contribuente trasferito la residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile acquistato nel termine legale di 18 mesi. La contribuente, resistente in Cassazione, invece, non depositava difese.
Si deve premettere come dalla lettura della sentenza non si evince quale è stata in concreto la causa di forza maggiore sulla base della quale sono state emesse le sentenze di merito. Ciò, come si vedrà meglio innanzi, dipende anche dal fatto che il ricorso per cassazione dell’Agenzia delle Entrate non ha contestato nel merito la forza maggiore, limitandosi esclusivamente a rilevare il mancato rispetto del termine di 18 mesi fissato dalla norma.
Ebbene, la Suprema Corte rigetta il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria confermando la propria consolidata giurisprudenza in materia di agevolazioni prima casa.
Secondo la Corte, infatti, “la non imputabilità del mancato trasferimento della residenza, per effetto della sopravvenienza di un impedimento oggettivo, imprevedibile ed inevitabile, esclude, di per sé, la decadenza dall'agevolazione, senza che possano esser, a tal fine, richiesti ulteriori comportamenti (in tesi il reperimento di altro immobile) a carico del contribuente”.
In particolare, “la realizzazione dell'impegno di trasferire la residenza, che rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del beneficio richiesto e solo provvisoriamente concesso dalla legge al momento della registrazione dell'atto, costituisce, quindi, un vero e proprio obbligo del contribuente verso il fisco, nella cui valutazione non può, però, non tenersi conto - proprio perché non inerente ad un suo comportamento - della sopravvenienza di un caso di forza maggiore, e cioè di un ostacolo all'adempimento dell'obbligatorio, caratterizzato dalla non imputabilità alla parte obbligata, e dall'inevitabilità ed imprevedibilità dell'evento, dovendo, in conseguenza, affermarsi il principio secondo cui il mancato stabilimento nel termine di legge della residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato con l'agevolazione ‘prima casa’ non comporta la decadenza dall'agevolazione qualora tale evento sia dovuto ad una causa di forza maggiore, sopraggiunta in un momento successivo rispetto a quello di stipula dell'atto di acquisto dell'immobile stesso”.
2. Precedenti giurisprudenziali e di prassi
Si evidenzia come il principio della rilevanza della forza maggiore quale fatto che esclude la decadenza dall’agevolazione prima casa è stata affermato più volte negli ultimi anni dalla giurisprudenza, sia di legittimità sia di merito. Secondo Corte di Cassazione n. 14399 del 18 aprile 2013 non decade dall’agevolazione il contribuente che non trasferisce la residenza in quanto i lavori di ristrutturazione, avviati sul fabbricato, sono stati sospesi dalla Soprintendenza a causa del rinvenimento di reperti archeologici.
Si segnala, ancora, Corte di Cassazione n. 19561 del 9 novembre 2012 che ha cassato la sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Regionale in quanto “senza alcuna motivazione, ha escluso rilevanza, ai fini del rispetto del termine di decadenza, alla esigenza di eseguire, successivamente al rilascio, gli interventi minimi di adeguamento dell’abitazione – impianto di riscaldamento ed impianto elettrico”.
Da menzionare la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano n. 11/21/11 del 31 gennaio 2011 che così si è espressa: “Questo giudice evidenzia l’impossibilità materiale in cui è venuto a trovarsi l’attuale ricorrente, quando ha dovuto avvalersi dell’ufficiale giudiziario per liberare l’immobile, abusivamente occupato dal debitore esecutato, sine titulo ivi presente. La causa di forza maggiore, come quella sopra descritta, non può ripercuotersi negativamente e a danno dell’acquirente che, acquistato un immobile abusivamente occupato dal precedente proprietario, si trova nell’impossibilità materiale di ivi trasferire la propria residenza, nel termine stabilito dalla legge. L’aspetto temporale che la giustizia civile, con intervento della forza pubblica (esecuzione forzata), richiede nelle grandi città, a volte cozza con il termine perentorio che la legge fiscale impone al contribuente, per ottenere un’agevolazione”.
Le conclusioni della giurisprudenza supra citata sono aderenti rispetto alle stesse indicazioni di prassi. Orbene, nella risoluzione n. 140 del 2008, l’Agenzia delle Entrate ha affermato come il mancato stabilimento, nel termine di legge, della residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile acquistato non comporti decadenza dall’agevolazione prima casa qualora tale evento sia dovuto ad una causa di forza maggiore, sopraggiunta in un momento successivo rispetto a quello di stipula dell’atto di acquisto dell’immobile.
In particolare, secondo la risoluzione, ricorre il caso della forza maggiore quando si verifica e sopravviene un impedimento oggettivo non prevedibile e tale da non poter essere evitato, vale a dire un ostacolo all’adempimento dell’obbligazione, caratterizzato da non imputabilità alla parte obbligata, inevitabilità e imprevedibilità dell’evento.
Peraltro, nota l’Amministrazione finanziaria, una differente conclusione non solo vanificherebbe l’espressa volontà del legislatore di agevolare l’acquisto della ‘prima casa’ di abitazione, ma imporrebbe anche un nuovo onere finanziario a carico dell’acquirente. Quest’ultimo, infatti, al fine di stabilire nel termine di legge la propria dimora abituale nel Comune dove ha acquistato l’immobile inutilizzabile per forza maggiore, sarebbe costretto ad assicurarsi la disponibilità di un nuovo immobile.
3. La “non contestazione” della forza maggiore da parte dell’Agenzia delle Entrate
Tutto ciò esposto, va rimarcato come la sentenza della Corte di Cassazione in commento ha dato rilievo al comportamento processuale di “non contestazione” dell’Agenzia delle Entrate. Infatti, vi si legge: “Nella specie, i giudici di merito hanno ritenuto che il mancato tempestivo trasferimento della residenza, pur richiesto a seguito dell’acquisto dell’abitazione, sia ascrivibile a causa di forza maggiore, e tale natura dell’impedimento non è stata, in alcun modo, contestata dalla ricorrente”.
Stesso modus decidendi si rinviene nella pure recente sentenza della Corte di Cassazione n. 14399 del 18 aprile 2013: “Nella specie, i giudici del merito hanno ritenuto che il mancato trasferimento della residenza sia ascrivibile a causa di forza maggiore (in concreto, il rinvenimento di reperti archeologici impeditivo della prosecuzione dei lavori di ristrutturazione dell'appartamento acquistato), e tale natura dell'impedimento (cosiddetta sorpresa archeologica) non è stata contestata dalla ricorrente, che non ha, neppure, riferito circa l'eventuale mancata richiesta, da parte della contribuente del trasferimento della residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato, id est dell'atto d'inizio del procedimento amministrativo volto al mutamento dell'iscrizione anagrafica”.
Si tratta di rilevi importanti in quanto danno piena applicazione all’articolo 115 del Codice di Procedura Civile (cosiddetto principio di non contestazione), secondo cui: “Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita”.
Si tratta di un principio che, come statuito da Corte di Cassazione n. 7827 del 31 marzo 2010, trova fondamento nel carattere dispositivo del processo, nel dovere di lealtà e probità previsto dall'articolo 88 del Codice di Procedura Civile e nel generale principio di economia che deve sempre informare il processo, soprattutto alla luce del novellato articolo 111 della Costituzione.