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Anche nel diritto, osare l’inedito

Prospettiva
Ph. Andrea Pantarelli / Prospettiva

Con questa nuova rubrica, gentilmente accolta come una scommessa all’interno di Filodiritto, intendiamo promuovere e diffondere l’approccio giusfondamentale all’esperienza giuridica, ricollocando al centro dell’Ordinamento la persona umana e la sua dignità.

A questo scopo ci avvarremo di un formidabile alleato: il diritto europeo e internazionale dei diritti umani, un prodotto della nostra cultura che è urgente recuperare dalle accademie e dai consessi internazionali, e riportare negli Studi legali e nelle strategie difensive.

Mai come oggi è importante che il/la giurista integri nella propria attività quotidiana il ruolo di cultore cultore/cultrice dei valori fondamentali, difensore/a dello Stato di diritto, della democrazia e della dignità umana; e mai come ora è importante che il/la giurista sia consapevole del fatto che oltre lo Stato vi è l’Ordinamento, ovvero la trama giuridica che oltrepassa le frontiere culturali e nazionali.

Questi sono infatti gli anni in cui il diritto internazionale dei diritti dell’uomo, materiale “sostanzialmente costituzionale”, assurge a ruolo di parametro interposto al giudizio costituzionalità (Corte Cost. Sentt. 348 e 349 del 2007); gli anni dei tentativi di interpretazione conforme agli standard sovranazionali dei diritti dell’uomo, e gli anni in cui un diritto fondamentale meglio tutelato in sede interna prevale su uno standard di minor tutela rivenuto nel diritto internazionale consuetudinario (Corte Cost. Sent. 238/2014). Sono gli anni dell’adozione della Carta dei dritti Fondamentali dell’unione Europea, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati (2009); gli anni in cui si scopre che il confronto tra sistema interno e sistema internazionale deve tendere alla massima espansione delle garanzie, essendo quindi sempre “a somma positiva” per l’assistito (Corte Cost. Sentt. 311 e 317/2009). Sono gli anni di un fruttuoso dialogo tra rivendicazione della superiorità assiologica della tavola di valori interna (Corte Cost. Sent. 49/2015) e modulazioni del sistema di doppia pregiudiziale comunitaria, in cui anche la Corte Costituzionale si muoverà tra la conservazione di un sindacato accentrato sui diritti e libertà con effetti erga omnes, e l’adeguamento a al ruolo di giudice comune rimettente alla Corte di Giustizia Europea (Corte Cost.  Sentt. 269/2017, 20/2019, 63/2019; Corte Cost. Ord. 117/2019).

Secondo l’evoluzione della nostra giurisprudenza e secondo il Codice Deontologico Forense (art. 1), l’Avvocato/a, nell’esercizio del suo ministero, dovrebbe vigilare sulla conformità delle soluzioni di tutela disponibili ai principi costituzionali e sovranazionali (se possibile, a nostro parere, con audacia e creatività!).

La Suprema Corte stessa ci assegna un ruolo e una missione precisi: “L’Avvocato non è un mero consulente legale con il compito di pronosticare l’esito della lite e di informarne il cliente, né è un giudice cui spetta la decisione; egli ha l’obbligo di proporre soluzioni favorevoli agli interessi del cliente, anche nelle situazioni che richiedono la soluzione di problemi interpretativi complessi, di attivarsi concretamente nel giudizio con gli strumenti offerti dal diritto processuale, indicando strade interpretative nuove, portando argomenti che facciano dubitare delle soluzioni giurisprudenziali correnti e anche della giustizia della legge, sollevando eccezioni di incostituzionalità e di contrarietà con il diritto sovranazionale...” (Cassazione Sez. Un. Civili, 12 Febbraio 2019, n. 4135)

Ebbene, l’uso di strumenti e argomenti di diritto internazionale nei giudizi interni, e l’eventualità del ricorso internazionale all’esito infruttuoso dei mezzi di ricorso nazionale, sono innanzi tutto un’opportunità con cui l’Avvocato/a non ha familiarità e che, con il suo sapere solido ma tradizionale, non si aspetta. Eppure, questi strumenti e argomenti sono l’argomento in più da spendere, l’approccio o l’angolo visuale più evoluto e non scontato, il livello di maggior tutela che può contribuire a un esito insperato di risoluzione delle questioni giuridiche con cui si misura.

Con questa rubrica intendiamo proporre, in una sorta di laboratorio aperto al confronto con lettori e lettrici, aggiornamenti e analisi giurisprudenziali, strumenti e argomenti, teorie e riflessioni critiche, ma anche spunti pratici, per riposizionare la persona al centro della nostra esperienza giuridica e massimizzarne la tutela in tutte le sedi utili.

Questa è quella che la letteratura internazionale chiama strategic human rights litigation, la missione sociale del/la giurista dei diritti fondamentali: massimizzare in concreto la tutela della persona nelle agorà politiche e nei fori giurisdizionali con un’opera giuridica, civica e culturale di bilanciamento tra bisogni e principi, composizione tra poteri e libertà, comparazione sincronica e diacronica tra esperienze giuridiche, mediazione tra storia e valori.

Da qui in avanti, si avvicenderanno uscite che speriamo siano di stimolo a lettori e lettrici, per instaurare un dialogo finalizzato non solo alla speculazione teorica ma alla difesa pratica di diritti concreti ed effettivi.

Come esperti della materia auspichiamo un’interlocuzione che esca da queste colonne simboliche per varcare quelle delle nostre aule giudiziarie restituendo dignità e libertà ai/alle nostri/e assistiti/e contro gli arbitrii, le indebite ingerenze, le ingiustizie manifeste. Vi aspettiamo!