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Ancora un caso di ignoranza del diritto della navigazione da parte dei giudici di merito

Nota a Giudice di Pace di Catania , Sentenza 13 giugno 2006
Giudice di Pace di Catania 13 giugno 2006: il vettore aereo è responsabile per la perdita o l’avaria del bagaglio consegnato ai sensi dell’articolo 1693 Codice Civile, salvo che provi che l’evento è dipeso da causa specificatamente individuata e assolutamente inevitabile e imprevedibile.

La sentenza massimata in epigrafe suscita l’interesse del giurista perché costituisce un’ulteriore manifestazione di quel (per fortuna) minoritario orientamento dei giudici di merito che si esprime in senso contrario all’esistenza nel nostro ordinamento giuridico di un codice della navigazione (!). Recentemente anche la più autorevole dottrina navigazionista aveva sottolineato questa grave lacuna, affermando con una certa preoccupazione che «…Certo non bisogna generalizzare, non tutti i giudici ignorano le leggi. Tuttavia, nel settore del diritto della navigazione troppo spesso capita di dover stigmatizzare sentenze – e non soltanto dei giudici di pace, che si salvano con l’equità, ma anche della Corte di Cassazione – che risultano errate per ignoranza della materia. …» (L. TULLIO, Assicurazione della responsabilità per danni a terzi sulla superficie ed ignoranza del diritto della navigazione, in Dir. trasporti 2004, 582 ss., nota a Trib. Bologna, sez. Imola, 16 ottobre 2003).

Nel caso di specie si trattava di un trasporto aereo da Roma a Catania, all’esito del quale al passeggero non era stato restituito il bagaglio consegnato al vettore prima della partenza. Il giudice avrebbe quindi dovuto applicare alla fattispecie non l’articolo 1693 Codice Civile, norma generale che disciplina il trasporto terrestre, ma l’art. 945 Codice Navigazione (che a sua volta richiama l’articolo 952 Codice Navigazione), norma speciale che disciplina proprio il trasporto aereo di bagaglio consegnato (vigente all’epoca dei fatti di causa ma ora abrogato a seguito della novella della parte aeronautica del codice della navigazione del 2005-2006). Fortunatamente, contrariamente che in passato (Trib. Bologna 16 ottobre 2003, cit.), in questo caso l’errore in cui è incorso il Giudicante non ha prodotto conseguenze pregiudizievoli dei diritti dell’attore in ordine all’an debeatur, che non era in contestazione avendo il vettore ammesso la propria responsabilità, ma ha comunque inciso sulla valutazione del quantum debeatur. Infatti, dal momento che la norma speciale prevede(va) un limite risarcitorio di 33.000 lire per chilogrammo di peso della cosa perduta o danneggiata, mentre l’articolo 1693 Codice Civile nulla stabilisce al riguardo, la prova del peso del bagaglio perduto avrebbe fornito al giudice un criterio certo per la determinazione del danno risarcibile, fermo restando che trattandosi di equità necessaria la sentenza è comunque incensurabile sul quantum, a condizione che il giudice non abbia in tal modo inasprito la sanzione prevista dall’articolo 952 Codice Navigazione. Nel caso di specie il Giudicante si è limitato a riconoscere al danneggiato un risarcimento di entità esattamente intermedia fra la somma offerta a titolo transattivo dal vettore e quella richiesta dal passeggero. Non conoscendo il peso del bagaglio smarrito non possiamo esprimere una valutazione sulla correttezza della decisione, ma è indubbio che se il Giudicante avesse applicato il criterio previsto dalla norma speciale avrebbe certamente liquidato il danno in misura diversa.

Se è vero che il giudice potrebbe essere stato indotto in errore dall’assenza di qualsiasi riferimento alla normativa speciale effettuato dalle parti nel corso del giudizio, a causa di un’analoga ignoranza della materia da parte dei loro difensori o da ragioni di mera convenienza difensiva, è certamente indiscutibile che nel nostro ordinamento viga il principio iura novit curia, che obbliga comunque il giudice a ricercare la normativa applicabile ai fatti oggetto del thema decidendum indipendentemente dal comportamento delle parti.

In conclusione, la nostra anima navigazionista ci induce ad esprimere un certo rammarico perché la decisione in commento, come le altre analoghe che l’hanno preceduta, più che il diritto soggettivo del passeggero, la cui lesione è come evidenziato irrisoria, ha leso quel principio di specialità del diritto della navigazione alla cui affermazione i padri fondatori della materia (da Scialoja a Dominedò), avevano dedicato mirabili lavori monografici. Riteniamo opportuno quindi richiamare l’attenzione sulle parole di uno dei più insigni esponenti della scuola navigazionista: «Il diritto della navigazione è un settore dell’ordinamento ad alta specializzazione. Non di rado ci troviamo di fronte a studiosi di altri settori, anche illustri, che, trovatisi occasionalmente ad affrontare problemi di diritto della navigazione, non si rivelano all’altezza della loro fama. E altrettanto, e di più, accade ai giudici; con l’aggravante che l’errore giudiziario, specialmente se in sede di cassazione, significa giustizia negata. Che fare ? Basterebbe rendere obbligatorio nei corsi di laurea ad indirizzo forense lo studio del diritto della navigazione. Ancor meglio, prevedere il diritto della navigazione come materia di esame orale agli esami di avvocato e ai concorsi per magistrato ordinario e amministrativo. Ciò consentirebbe al futuro avvocato e al futuro giudice di acquisire, se non la conoscenza approfondita della materia, almeno gli strumenti per poter valutare i casi che siano loro sottoposti» (L. TULLIO, Assicurazione della responsabilità per danni a terzi sulla superficie ed ignoranza del diritto della navigazione, cit. 584).

Giudice di Pace di Catania 13 giugno 2006: il vettore aereo è responsabile per la perdita o l’avaria del bagaglio consegnato ai sensi dell’articolo 1693 Codice Civile, salvo che provi che l’evento è dipeso da causa specificatamente individuata e assolutamente inevitabile e imprevedibile.

La sentenza massimata in epigrafe suscita l’interesse del giurista perché costituisce un’ulteriore manifestazione di quel (per fortuna) minoritario orientamento dei giudici di merito che si esprime in senso contrario all’esistenza nel nostro ordinamento giuridico di un codice della navigazione (!). Recentemente anche la più autorevole dottrina navigazionista aveva sottolineato questa grave lacuna, affermando con una certa preoccupazione che «…Certo non bisogna generalizzare, non tutti i giudici ignorano le leggi. Tuttavia, nel settore del diritto della navigazione troppo spesso capita di dover stigmatizzare sentenze – e non soltanto dei giudici di pace, che si salvano con l’equità, ma anche della Corte di Cassazione – che risultano errate per ignoranza della materia. …» (L. TULLIO, Assicurazione della responsabilità per danni a terzi sulla superficie ed ignoranza del diritto della navigazione, in Dir. trasporti 2004, 582 ss., nota a Trib. Bologna, sez. Imola, 16 ottobre 2003).

Nel caso di specie si trattava di un trasporto aereo da Roma a Catania, all’esito del quale al passeggero non era stato restituito il bagaglio consegnato al vettore prima della partenza. Il giudice avrebbe quindi dovuto applicare alla fattispecie non l’articolo 1693 Codice Civile, norma generale che disciplina il trasporto terrestre, ma l’art. 945 Codice Navigazione (che a sua volta richiama l’articolo 952 Codice Navigazione), norma speciale che disciplina proprio il trasporto aereo di bagaglio consegnato (vigente all’epoca dei fatti di causa ma ora abrogato a seguito della novella della parte aeronautica del codice della navigazione del 2005-2006). Fortunatamente, contrariamente che in passato (Trib. Bologna 16 ottobre 2003, cit.), in questo caso l’errore in cui è incorso il Giudicante non ha prodotto conseguenze pregiudizievoli dei diritti dell’attore in ordine all’an debeatur, che non era in contestazione avendo il vettore ammesso la propria responsabilità, ma ha comunque inciso sulla valutazione del quantum debeatur. Infatti, dal momento che la norma speciale prevede(va) un limite risarcitorio di 33.000 lire per chilogrammo di peso della cosa perduta o danneggiata, mentre l’articolo 1693 Codice Civile nulla stabilisce al riguardo, la prova del peso del bagaglio perduto avrebbe fornito al giudice un criterio certo per la determinazione del danno risarcibile, fermo restando che trattandosi di equità necessaria la sentenza è comunque incensurabile sul quantum, a condizione che il giudice non abbia in tal modo inasprito la sanzione prevista dall’articolo 952 Codice Navigazione. Nel caso di specie il Giudicante si è limitato a riconoscere al danneggiato un risarcimento di entità esattamente intermedia fra la somma offerta a titolo transattivo dal vettore e quella richiesta dal passeggero. Non conoscendo il peso del bagaglio smarrito non possiamo esprimere una valutazione sulla correttezza della decisione, ma è indubbio che se il Giudicante avesse applicato il criterio previsto dalla norma speciale avrebbe certamente liquidato il danno in misura diversa.

Se è vero che il giudice potrebbe essere stato indotto in errore dall’assenza di qualsiasi riferimento alla normativa speciale effettuato dalle parti nel corso del giudizio, a causa di un’analoga ignoranza della materia da parte dei loro difensori o da ragioni di mera convenienza difensiva, è certamente indiscutibile che nel nostro ordinamento viga il principio iura novit curia, che obbliga comunque il giudice a ricercare la normativa applicabile ai fatti oggetto del thema decidendum indipendentemente dal comportamento delle parti.

In conclusione, la nostra anima navigazionista ci induce ad esprimere un certo rammarico perché la decisione in commento, come le altre analoghe che l’hanno preceduta, più che il diritto soggettivo del passeggero, la cui lesione è come evidenziato irrisoria, ha leso quel principio di specialità del diritto della navigazione alla cui affermazione i padri fondatori della materia (da Scialoja a Dominedò), avevano dedicato mirabili lavori monografici. Riteniamo opportuno quindi richiamare l’attenzione sulle parole di uno dei più insigni esponenti della scuola navigazionista: «Il diritto della navigazione è un settore dell’ordinamento ad alta specializzazione. Non di rado ci troviamo di fronte a studiosi di altri settori, anche illustri, che, trovatisi occasionalmente ad affrontare problemi di diritto della navigazione, non si rivelano all’altezza della loro fama. E altrettanto, e di più, accade ai giudici; con l’aggravante che l’errore giudiziario, specialmente se in sede di cassazione, significa giustizia negata. Che fare ? Basterebbe rendere obbligatorio nei corsi di laurea ad indirizzo forense lo studio del diritto della navigazione. Ancor meglio, prevedere il diritto della navigazione come materia di esame orale agli esami di avvocato e ai concorsi per magistrato ordinario e amministrativo. Ciò consentirebbe al futuro avvocato e al futuro giudice di acquisire, se non la conoscenza approfondita della materia, almeno gli strumenti per poter valutare i casi che siano loro sottoposti» (L. TULLIO, Assicurazione della responsabilità per danni a terzi sulla superficie ed ignoranza del diritto della navigazione, cit. 584).