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Diffamazione a mezzo stampa o altro mezzo di diffusione

Normativa vigente e Disegno di legge di modifica alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, e al Codice Penale

Come è noto, il Senato della Repubblica ha di recente esaminato i disegni di legge AA. SS. n. 3491 e 3492, aventi ad oggetto la Diffamazione a mezzo della stampa o altro mezzo di diffusione, con lo scopo di incidere sui delitti contro l’onore di cui al libro secondo, titolo XII, capo secondo del codice penale.

Tradizionalmente, viene definito con il termine onore il complesso delle condizioni da cui dipende il valore sociale e la reputazione della persona e, più precisamente, l’insieme delle doti morali (onestà, lealtà, ecc), intellettuali (intelligenza, istruzione, ecc) e fisiche che concorrono a determinare il pregio dell’individuo nell’ambiente in cui vive.

L’ordinamento giuridico mira ad assicurare ai consociati il rispetto della loro personalità sociale attribuendo rilevanza giuridica ai riflessi soggettivi ed oggettivi dell’onore così concepito; in particolare, il riflesso soggettivo è costituito dall’apprezzamento che l’individuo fa delle sue doti, dal cd. sentimento del proprio valore sociale; mentre il riflesso oggettivo è rappresentato dal giudizio degli altri, dalla reputazione di cui l’individuo gode nella comunità.

Il sentimento del proprio valore sociale e la reputazione, similmente, sono da considerarsi il vero oggetto della tutela penale dei delitti contro l’onore. In particolare, vengono configurati come delitti contro la persona (articolo 594  e ss. Codice Penale) i reati di ingiuria, di diffamazione e di diffamazione col mezzo della stampa; in tali fattispecie, la condotta che assume rilievo, lesiva dell’identità personale, è intesa come causa di distorsione, alterazione, travisamento od offuscamento del patrimonio intellettuale, politico, religioso, sociale, ideologico o professionale dell’individuo o della persona giuridica, realizzata mediante l’offesa della reputazione e dell’apprezzamento dei soggetti medesimi.

Il disegno di legge in realtà impatta principalmente sulla disciplina di cui alla Legge 08/02/1948 n. 47. Esaminando tale normativa emerge, in particolare, che in tema di diffamazione con il mezzo della stampa, la persona offesa può richiedere anche al direttore del giornale, ritenuto responsabile del delitto di omesso controllo, ai sensi dell’art. 57 Codice Penale, la riparazione pecuniaria di cui all’art. 12 della legge n. 47 del 1948 - che prevede il versamento di una somma, determinata in relazione alla gravità dell’offesa ed alla diffusione dello stampato - in quanto a detta riparazione è tenuto non solo l’autore dello scritto diffamatorio, ma chiunque abbia contribuito a cagionare l’evento tipico del reato, sia in concorso, sia per aver omesso di impedire l’evento.

Il reato configurato dall’art. 57 Codice Penale è un reato proprio, richiedendosi una determinata qualifica soggettiva in capo all’autore, ed è un reato d’evento in quanto, ai fini della sua integrazione, si richiede che venga commesso un reato a mezzo stampa perfetto sia quanto ai requisiti oggettivi sia quanto ai requisiti soggettivi.

La giurisprudenza esclude la responsabilità a titolo di colpa del direttore per l’omesso controllo sul contenuto del periodico in riferimento al fatto diffamatorio a mezzo stampa solo ove si dimostri che il predetto, titolare di una posizione di garanzia, ha fatto quanto in suo potere per prevenire la diffusione di notizie non rispondenti al vero, prescrivendo e imponendo regole e controlli, anche mediati, di accuratezza, di assoluta fedeltà e di imparzialità rispetto alla fonte-notizia.

Comunque la Cassazione distingue le due responsabilità (autore e direttore del giornale), tanto da affermare che “...la remissione della querela proposta nei confronti del giornalista per il reato di diffamazione a mezzo stampa non estende i suoi effetti nei confronti del direttore del giornale, responsabile ai sensi dell’art. 57 cod. pen., giacché l’autonomia delle due fattispecie criminose è ostativa all’effetto estensivo, il cui presupposto è il concorso di più persone nel medesimo reato. (Sez. 5 Penale, Sentenza n. 40446 del 09/07/2009).

L’istituto della riparazione pecuniaria è poi direttamente applicabile al direttore del giornale responsabile del delitto di omesso controllo nel caso in cui non sia stato individuato l’autore dell’articolo diffamatorio.

RETTIFICA. In tema di diffamazione a mezzo stampa, la pubblicazione della rettifica della notizia giornalistica falsa, ex art. 8 L. 8 febbraio 1948, n. 47, non riveste efficacia scriminante, in quanto non elimina gli effetti negativi dell’azione criminosa, ma può avere la sola funzione di attenuare la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 12 della legge citata. Lo scopo è di assicurare una tempestiva ed effettiva tutela delle vittime del reato, ripristinando prontamente la verità; il fondamento della rettifica, quasi una forma di riparazione pubblica, corrisponde all’idea personalistica della solidarietà sociale (art. 2 Costituzione) verso le vittime del delitto, fermo restando il principio della responsabilità civile e penale dell’autore del danno.

FATTO DETERMINATO. Occorre intendersi su quando ricorre l’attribuzione di un fatto offensivo determinato. La questione (peraltro molto dibattuta sotto l’impero del codice Zanardelli in quanto costituiva l’elemento di differenziazione tra la diffamazione e l’ingiuria) va risolta ravvisando un plus nella circostanza in parola, perché con essa si passa dal generico addebito di una qualità disonorante all’attribuzione di un fatto concreto, e cioè di una circostanza che fornisce la riprova della qualità stessa; ciò evidentemente rende più attendibile l’addebito e aumenta l’efficacia offensiva della manifestazione ingiuriosa. In sintesi, in tema di diffamazione, per la sussistenza della circostanza aggravante dell’attribuzione di un fatto determinato, è sufficiente che l’episodio riferito venga specificato nelle sue linee essenziali, in modo che risulti maggiormente credibile e che le espressioni adoperate evochino alla comprensione del destinatario della comunicazione azioni concrete e dalla chiara valenza negativa (Cass. Pen. sez. 1, Sentenza n. 40200 del 29/09/2010).

SUCCESSIONE DI LEGGI PENALI NEL TEMPO. Ai sensi dell’art. 2 c.p. “se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria, ai sensi dell’art. 135.”. Quindi, occorrerà affrontare la problematica relativa alla necessità di rivisitare il giudicato, in sede esecutiva, in seguito alla eventuale sopravvenuta disposizione di legge più favorevole all’imputato dal punto di vista sanzionatorio laddove la sanzione più severa, applicata in virtù della legge abrogata, sia ancora in essere o spieghi, comunque, i suoi effetti. Orbene, a ben vedere, è l’applicazione del principio di legalità che impronta di sè l’intero sistema penale, che impone di dover dare rilevanza, anche in sede esecutiva, alla irrogazione di una pena che non sia illegittima "ab origine" ma che lo sia divenuta a seguito della entrata in vigore di una legge che prevede un trattamento più mite, purchè la pena più grave sia ancora in corso o ne siano perduranti gli effetti. Infatti, il principio di legalità, elevato a rango di norma fondamentale nell’art. 25 della Costituzione, non riguarda solo la previsione dei reati ma anche il sistema sanzionatorio nel suo complesso, compresi il tipo, la qualità e la durata delle pene; pertanto è da escludere che perdurino la esecuzione e gli effetti di una pena che il legislatore ha espunto dall’ordinamento stesso con legge successiva a quella in cui la pena stessa venne applicata, trovandola non più rispondente ai canoni di giustizia, di ragionevolezza, di proporzionalità, di adeguatezza rispetto alla complessa funzione che al sistema sanzionatorio penale è demandato; tale l’orientamento della cassazione anche con riferimento alla applicazione delle pene accessorie che conseguano di diritto alla condanna come effetti penali della stessa ai sensi dell’art. 20 c.p.:”Il principio di legalità della pena e quello di applicazione, in caso di successione di leggi penali, della legge più favorevole, operano anche con riguardo alle pene accessorie.” (Sez. 3 Penale, Sentenza n. 48526 del 05/11/2009).

Fuori di dubbio è la competenza del Giudice dell’esecuzione ex art. 665 c.p.p., al quale spetta, sulla base dello schema procedimentale di cui all’art. 666 cod. proc. pen., accertare se sussistano nella fattispecie (già giudicata), i requisiti previsti dalla nuova disciplina per disporre l’eventuale ragguaglio anche applicando i criteri valutativi di cui all’art. 135 c.p., ai sensi del quale il relativo computo andrà effettuato calcolando euro 250 - o frazione di euro 250- di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva.

Occorre, peraltro, considerare che la competenza relativa al reato di ingiuria viene attribuita al Giudice di Pace; allo stesso modo, in materia di diffamazione la competenza è del Giudice di Pace per le ipotesi previste dall’art. 595 c.p. co. 1 e 2, del Tribunale in composizione monocratica per le ipotesi residue. Orbene, le sanzioni applicabili dal Giudice di Pace ai sensi degli artt. 52 e ss. D l.vo 274/2000 sono le pene pecuniarie, la permanenza domiciliare e, solo su richiesta dell’imputato, il lavoro di pubblica utilità. Anche per tali fattispecie, comunque, l’applicazione del principio del "favor rei" comporterà, ai sensi dell’art. 2 comma 3 c.p., la valutazione per cui la pena che incide sulla sfera patrimoniale dell’imputato deve ritenersi meno gravosa della permanenza domiciliare di cui all’art. 53 D.L.gs 274/00. Gli artt. 55 e 58 della normativa indicano i criteri di ragguaglio tra le pene. Per completezza, si ricorda che nei procedimenti di competenza del Giudice di Pace non si applica il beneficio della sospensione condizionale della pena di cui agli artt. 163 e ss. c.p. e che risultano al pari inapplicabili le misure sostitutive alla detenzione di cui alla L. 689/1981.

 

Si riportano gli orientamenti della Suprema Corte di Cassazione:

 

 

 

DIFFAMAZIONE COMMESSA COL MEZZO DELLA STAMPA

Sez. 2, Sentenza n. 26133 del 25/03/2011 Ud.  (dep. 05/07/2011 )

In tema di diffamazione a mezzo stampa, nella nozione di "stampa" di cui all’art. 595 comma terzo cod. pen. vanno ricomprese tutte le riproduzioni grafiche, come i manifesti e i volantini, ottenute con qualsiasi mezzo meccanico, sia esso un ciclostile, una fotocopiatrice o un computer, atteso che per la configurabilità del reato è sufficiente che la riproduzione sia destinata alla diffusione ad una indifferenziata cerchia di persone, mentre è del tutto irrilevante lo strumento utilizzato per ottenerla o il numero di copie ottenuto.

Sez. 5, Sentenza n. 43382 del 16/11/2010 Cc.  (dep. 06/12/2010 )

In tema di diritto di cronaca giornalistica, la verità della notizia mutuata da un provvedimento giudiziario sussiste qualora essa sia fedele al contenuto del provvedimento stesso, sicché è sufficiente che l’articolo pubblicato corrisponda al contenuto degli atti e dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria, non potendo richiedersi al giornalista di dimostrare la fondatezza delle decisioni assunte in sede giudiziaria. (La Corte ha altresì precisato che il criterio della verità della notizia deve essere riferito agli sviluppi di indagine ed istruttori quali risultano al momento della pubblicazione dell’articolo e non già secondo quanto successivamente accertato in sede giurisdizionale).

Sez. 5, Sentenza n. 29221 del 06/04/2011 Ud.  (dep. 21/07/2011 )

Integra il reato di diffamazione aggravato ai sensi dell’art. 595, comma terzo, cod. pen. (offese recate con la stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità), la diffusione delle espressioni offensive mediante il particolare e formidabile mezzo di pubblicità della posta elettronica, con lo strumento del "forward" a pluralità di destinatari.

Sez. 5, Sentenza n. 43264 del 06/07/2011 Ud.  (dep. 22/11/2011

In tema di diffamazione a mezzo di giornale televisivo, l’immediatezza della notizia non legittima il sacrificio dell’accuratezza del controllo in ordine alla verità della notizia e all’affidabilità della fonte, in quanto il sacrificio della reputazione è giuridicamente accettabile se giustificato dall’esigenza di esercitare un diritto di pari livello costituzionale, ontologicamente confliggente, come la libertà di manifestazione del pensiero; non è, invece, accettabile se giustificato dall’esigenza di diffusione e di ascolto o meri scopi di concorrenza ampliando l’area di lettori od utenti, trattandosi di esigenze preordinate a soddisfare scelte imprenditoriali di carattere commerciale che non sono prevalenti sui diritti della persona, ex art. 2 e 3 Cost. e sono estranee all’area di tutela dell’art. 21 Cost., posto a fondamento dell’esimente del diritto di cronaca. Ne deriva che la notizia può e deve essere ritardata, in favore del controllo della verità, anche a costo della diminuzione di lettori ed utenti, in conformità con l’interesse pubblico alla informazione, considerato che i cittadini non hanno interesse a conoscere notizie veloci ma non corrispondenti al vero.

 

 

RESPONSABILITA’ AI SENSI DELL’ART. 57 C.P.

- OMESSO CONTROLLO -

 

Sez. 5, Sentenza n. 21867 del 11/04/2012 Ud.  (dep. 05/06/2012 )

In tema di diffamazione a mezzo stampa, il direttore che sia anche l’autore dell’articolo diffamatorio risponde del reato previsto dall’art. 595 cod. pen. e non anche di quello di omesso controllo di cui all’art. 57 dello stesso codice.

Sez. 5, Sentenza n. 24381 del 25/03/2011 Ud.  (dep. 16/06/2011 )

In tema di diffamazione a mezzo stampa, il giudice può ravvisare a carico del direttore responsabile di un giornale il reato di omissione di controllo, ex art. 57 cod. pen. - pur essendo stata la querela proposta esclusivamente per la diffamazione a mezzo stampa, nei confronti del giornalista e dello stesso direttore - in quanto non compete al querelante dare una qualificazione giuridica del fatto, dovendo egli limitarsi ad esporre lo stesso nella sua materialità, considerato che il diritto di querela concerne unicamente il fatto delittuoso, quale enunciato nella sua essenzialità - da interpretare, non già in base al mero senso letterale delle espressioni usate, ma attraverso l’indagine della effettiva volontà della parte non vincolata a manifestarla con l’uso di formule rituali - e che spetta al giudice e non al privato attribuirne la qualificazione giuridica in ordine alla eventuale sussistenza di un determinato tipo di reato e alle conseguenze che ne derivano. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione del giudice di merito il quale ha ritenuto decisivo il fatto che il querelante avesse individuato - in relazione alla diffamazione derivatagli dalla pubblicazione dell’articolo di stampa - quali destinatari della propria volontà di punizione, sia il giornalista che il direttore responsabile, ritenendo, invece, secondaria, e non vincolante, la circostanza che egli avesse inquadrato il fatto descritto nella fattispecie di cui all’art. 595 cod. pen., correttamente riqualificato dall’autorità giudiziaria nella forma colposa dell’omesso controllo per il direttore responsabile).

Sez. 5, Sentenza n. 42125 del 11/07/2011 Ud.  (dep. 16/11/2011 )

In tema di diffamazione a mezzo stampa, il direttore responsabile, assumendo la paternità di ciò che viene pubblicato, si pone, ex art. 57 cod. pen., in una posizione di garanzia, in virtù dell’obbligo di controllo diretto ad impedire che, con la pubblicazione, siano commessi reati, mentre il direttore editoriale detta le linee di impostazione programmatica e politica del quotidiano - in rappresentanza dell’azienda editrice del giornale - successivamente elaborate e realizzate dal direttore responsabile, senza, tuttavia, condividerne la responsabilità di cui all’art. 57 cod. pen., prevista espressamente solo per il direttore responsabile. Ne deriva che un’estensione al direttore editoriale dei doveri di controllo e di siffatta responsabilità comporterebbe l’applicazione dell’analogia in "malam partem", vietata dalla legge penale.

Sez. 5, Sentenza n. 44126 del 28/10/2011 Ud.  (dep. 29/11/2011 )

Il direttore di un periodico on-line non è responsabile per il reato di omesso controllo, ex art. 57 cod. pen., sia per l’impossibilità di ricomprendere detta attività on-line nel concetto di stampa periodica, sia per l’impossibilità per il direttore della testata on-line di impedire le pubblicazioni di contenuti diffamatori ’postatè direttamente dall’utenza.

 

DIRITTO DI CRONACA e DI CRITICA

- ESIMENTI -

 

Sez. 5, Sentenza n. 43024 del 16/09/2010 Ud.  (dep. 03/12/2010 )

È configurabile la causa di giustificazione del reato di diffamazione a mezzo stampa, costituita dall’esercizio del diritto di cronaca, nel caso in cui la notizia pubblicata riguardi episodi di violenza consumati in ambito familiare, in quanto, pur trattandosi di fatti attinenti la sfera privata, sussiste un interesse pubblico alla divulgazione. (In motivazione la Corte ha precisato che l’uso della violenza in ambito familiare è circostanza esecrabile, in alcun modo lesiva della "privacy", sicché la divulgazione della notizia ha un indubbio riflesso sociale).

Sez. 5, Sentenza n. 27106 del 09/04/2010 Ud.  (dep. 13/07/2010

L’esimente putativa del diritto di cronaca giudiziaria può essere invocata in caso di affidamento del giornalista su quanto riferito dalle sue fonti informative, non solo se abbia provveduto comunque a verificare i fatti narrati, ma abbia altresì offerto la prova della cura posta negli accertamenti svolti per stabilire la veridicità dei fatti.

Sez. 5, Sentenza n. 46528 del 02/12/2008 Ud.  (dep. 17/12/2008 )

In tema di diffamazione a mezzo stampa, non sussiste l’esimente del diritto di cronaca qualora la notizia sia riportata utilizzando uno scritto anonimo, come tale inidoneo a meritare l’interesse pubblico e insuscettibile di controlli circa l’attendibilità della fonte e la veridicità della notizia.

Sez. 5, Sentenza n. 13708 del 17/12/2010 Cc.  (dep. 06/04/2011 )

In tema di diffamazione a mezzo stampa, non sussiste l’esimente del diritto di cronaca, anche sotto il profilo putativo, allorché sia impossibile per il giornalista realizzare il controllo del fatto riferitogli in modo irrituale, a causa della inaccessibilità delle fonti di verifica, coincidenti con gli organi e gli atti dell’indagine giudiziaria, giacché tale inaccessibilità, lungi dal comportare l’esonero dall’obbligo di controllo, implica la non pubblicabilità della notizia.

Sez. 5, Sentenza n. 3676 del 27/10/2010 Ud.  (dep. 01/02/2011

In tema di diffamazione a mezzo stampa, non sussiste l’esimente del diritto di critica nella forma satirica qualora essa, ancorché a sfondo scherzoso e ironico, sia fondata su dati storicamente falsi; tale esimente può, infatti, ritenersi sussistente quando l’autore presenti in un contesto di leale inverosimiglianza, di sincera non veridicità finalizzata alla critica e alla dissacrazione delle persone di alto rilievo, una situazione e un personaggio trasparentemente inesistenti, senza proporsi alcuna funzione informativa e non quando si diano informazioni che, ancorché presentate in veste ironica e scherzosa, si rivelino false e, pertanto, tali da non escludere la rilevanza penale.

Sez. 5, Sentenza n. 3047 del 13/12/2010 Ud.  (dep. 27/01/2011 )

In tema di diffamazione a mezzo stampa, la sussistenza dell’esimente del diritto di critica presuppone, per sua stessa natura, la manifestazione di espressioni oggettivamente offensive della reputazione altrui, la cui offensività possa, tuttavia, trovare giustificazione nella sussistenza del diritto di critica, a condizione che l’offesa non si traduca in una gratuita ed immotivata aggressione alla sfera personale del soggetto passivo ma sia ’contenutà (requisito della ’continenzà) nell’ambito della tematica attinente al fatto dal quale la critica ha tratto spunto, fermo restando che, entro tali limiti, la critica, siccome espressione di valutazioni puramente soggettive dell’agente, può anche essere pretestuosa ed ingiustificata, oltre che caratterizzata da forte asprezza.

Sez. 5, Sentenza n. 44024 del 04/11/2010 Cc.  (dep. 14/12/2010 )

L’esercizio del diritto di cronaca ha efficacia scriminante in riguardo al fatto diffamatorio a condizione che la notizia divulgata, oltre che socialmente rilevante e descritta con continenza espressiva, sia vera, il che implica che sia riportata in modo completo. (Nella specie il giornalista, nel pubblicare un articolo in cui si sosteneva l’aumento del tasso di mortalità nel reparto di chirurgia di un ospedale, aveva omesso di dare atto dell’esito dell’indagine amministrativa che ne era seguita, già noto un mese prima della pubblicazione, favorevole al primario del reparto).

 

SUCCESSIONE LEGGI PENALI NEL TEMPO

- art. 2 c.p.-

 

Sez. 4, Sentenza n. 33397 del 14/07/2008 Ud.  (dep. 12/08/2008 )

In tema di successione di leggi penali nel tempo, la norma posteriore che abbia sostituito l’originaria comminatoria di pena detentiva congiunta a pena pecuniaria con quella della sola pena pecuniaria, deve essere sempre considerata più favorevole ai fini dell’art. 2, comma quarto, cod. pen.. (Fattispecie riguardante il reato di cui all’art. 186 cod. Strada, così come modificato dalla L. n. 160 del 2007, la cui formulazione è stata ritenuta, nei casi in cui prevede l’applicazione della sola sanzione pecuniaria, più favorevole rispetto a quella in precedenza introdotta dalla legge n. 214 del 2003, non rilevando in senso contrario la convertibilità della sanzione detentiva originariamente prevista ovvero la sopravvenuta limitazione del regime dell’impugnazione conseguente al mutamento del tipo di sanzione o, infine, l’eventualità che la nuova disposizione incriminatrice preveda sanzioni amministrative accessorie più severe rispetto a quelle contemplate dalla norma previgente).

 

Sez. 4, Sentenza n. 47339 del 28/10/2005 Ud.  (dep. 30/12/2005 )

In materia di successione nel tempo di leggi penali, una volta individuata la disposizione complessivamente più favorevole, il giudice deve applicare questa nella sua integralità, ma non può combinare un frammento normativo di una legge e un frammento normativo dell’altra legge secondo il criterio del favor rei, perchè in tal modo verrebbe ad applicare una terza fattispecie di carattere intertemporale non prevista dal legislatore, violando così il principio di legalità. (Da queste premesse, se ne è dedotto che l’applicabilità da parte del giudice ordinario, nella specie, dello strumentario sanzionatorio previsto nel processo penale del giudice di pace, importasse, insieme con le più favorevoli sanzioni di cui all’articolo 52 del D.Lgs. 28 agosto 2000 n. 274, anche l’applicabilità del divieto della sospensione condizionale della pena ex articolo 60 dello stesso decreto).

 

Sez. 6, Sentenza n. 12707 del 24/02/2009 Ud.  (dep. 20/03/2009 )

In tema di stupefacenti, la possibilità dell’applicazione di un trattamento sanzionatorio più favorevole per il reato di cui all’art. 73, comma primo, d.P.R. n. 309 del 1990, in conseguenza della modifica introdotta dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49, impone la piena rivalutazione di merito della pena inflitta, anche nell’ipotesi in cui essa si discosti dal precedente minimo edittale. (Fattispecie in cui è stata annullata con rinvio la sentenza di condanna che aveva determinato la pena-base nella misura di anni otto e mesi dieci di reclusione).

 

 

 

 

 

Detenuti presenti per Tipologia di Reato

Situazione al 30 Giugno 2012

Tipologia di reato

Donne

Uomini

Totale

Detenuti Italiani + Stranieri

Associazione di stampo mafioso (416bis)

134

6.382

6.516

Legge droga

1.178

25.823

27.001

Legge armi

126

10.203

10.329

Ordine pubblico

123

3.116

3.239

Contro il patrimonio

1.190

33.038

34.228

Prostituzione

142

900

1.042

Contro la pubblica amministrazione

166

8.037

8.203

Incolumità pubblica

25

1.638

1.663

Fede pubblica

174

4.322

4.496

Moralità pubblica

5

212

217

Contro la famiglia

56

1.686

1.742

Contro la persona

782

23.055

23.837

Contro la personalità dello stato

14

126

140

Contro l’amministrazione della giustizia

274

6.223

6.497

Economia pubblica

13

576

589

Contravvenzioni

80

4.113

4.193

Legge stranieri

85

2.065

2.150

Contro il sent.to e la pietà dei defunti

41

1.077

1.118

Altri reati

61

3.219

3.280

Detenuti Stranieri

Associazione di stampo mafioso (416bis)

7

60

67

Legge droga

475

11.174

11.649

Legge armi

16

903

919

Ordine pubblico

67

840

907

Contro il patrimonio

422

9.077

9.499

Prostituzione

125

689

814

Contro la pubblica amministrazione

40

3.168

3.208

Incolumità pubblica

-

213

213

Fede pubblica

62

1.717

1.779

Moralità pubblica

2

63

65

Contro la famiglia

14

435

449

Contro la persona

294

7.174

7.468

Contro la personalità dello stato

1

39

40

Contro l’amministrazione della giustizia

73

849

922

Economia pubblica

1

18

19

Contravvenzioni

17

630

647

Legge stranieri

77

1.937

2.014

Contro il sent.to e la pietà dei defunti

12

96

108

Altri reati

12

223

235

Fonte: Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato - sezione st

Come è noto, il Senato della Repubblica ha di recente esaminato i disegni di legge AA. SS. n. 3491 e 3492, aventi ad oggetto la Diffamazione a mezzo della stampa o altro mezzo di diffusione, con lo scopo di incidere sui delitti contro l’onore di cui al libro secondo, titolo XII, capo secondo del codice penale.

Tradizionalmente, viene definito con il termine onore il complesso delle condizioni da cui dipende il valore sociale e la reputazione della persona e, più precisamente, l’insieme delle doti morali (onestà, lealtà, ecc), intellettuali (intelligenza, istruzione, ecc) e fisiche che concorrono a determinare il pregio dell’individuo nell’ambiente in cui vive.

L’ordinamento giuridico mira ad assicurare ai consociati il rispetto della loro personalità sociale attribuendo rilevanza giuridica ai riflessi soggettivi ed oggettivi dell’onore così concepito; in particolare, il riflesso soggettivo è costituito dall’apprezzamento che l’individuo fa delle sue doti, dal cd. sentimento del proprio valore sociale; mentre il riflesso oggettivo è rappresentato dal giudizio degli altri, dalla reputazione di cui l’individuo gode nella comunità.

Il sentimento del proprio valore sociale e la reputazione, similmente, sono da considerarsi il vero oggetto della tutela penale dei delitti contro l’onore. In particolare, vengono configurati come delitti contro la persona (articolo 594  e ss. Codice Penale) i reati di ingiuria, di diffamazione e di diffamazione col mezzo della stampa; in tali fattispecie, la condotta che assume rilievo, lesiva dell’identità personale, è intesa come causa di distorsione, alterazione, travisamento od offuscamento del patrimonio intellettuale, politico, religioso, sociale, ideologico o professionale dell’individuo o della persona giuridica, realizzata mediante l’offesa della reputazione e dell’apprezzamento dei soggetti medesimi.

Il disegno di legge in realtà impatta principalmente sulla disciplina di cui alla Legge 08/02/1948 n. 47. Esaminando tale normativa emerge, in particolare, che in tema di diffamazione con il mezzo della stampa, la persona offesa può richiedere anche al direttore del giornale, ritenuto responsabile del delitto di omesso controllo, ai sensi dell’art. 57 Codice Penale, la riparazione pecuniaria di cui all’art. 12 della legge n. 47 del 1948 - che prevede il versamento di una somma, determinata in relazione alla gravità dell’offesa ed alla diffusione dello stampato - in quanto a detta riparazione è tenuto non solo l’autore dello scritto diffamatorio, ma chiunque abbia contribuito a cagionare l’evento tipico del reato, sia in concorso, sia per aver omesso di impedire l’evento.

Il reato configurato dall’art. 57 Codice Penale è un reato proprio, richiedendosi una determinata qualifica soggettiva in capo all’autore, ed è un reato d’evento in quanto, ai fini della sua integrazione, si richiede che venga commesso un reato a mezzo stampa perfetto sia quanto ai requisiti oggettivi sia quanto ai requisiti soggettivi.

La giurisprudenza esclude la responsabilità a titolo di colpa del direttore per l’omesso controllo sul contenuto del periodico in riferimento al fatto diffamatorio a mezzo stampa solo ove si dimostri che il predetto, titolare di una posizione di garanzia, ha fatto quanto in suo potere per prevenire la diffusione di notizie non rispondenti al vero, prescrivendo e imponendo regole e controlli, anche mediati, di accuratezza, di assoluta fedeltà e di imparzialità rispetto alla fonte-notizia.

Comunque la Cassazione distingue le due responsabilità (autore e direttore del giornale), tanto da affermare che “...la remissione della querela proposta nei confronti del giornalista per il reato di diffamazione a mezzo stampa non estende i suoi effetti nei confronti del direttore del giornale, responsabile ai sensi dell’art. 57 cod. pen., giacché l’autonomia delle due fattispecie criminose è ostativa all’effetto estensivo, il cui presupposto è il concorso di più persone nel medesimo reato. (Sez. 5 Penale, Sentenza n. 40446 del 09/07/2009).

L’istituto della riparazione pecuniaria è poi direttamente applicabile al direttore del giornale responsabile del delitto di omesso controllo nel caso in cui non sia stato individuato l’autore dell’articolo diffamatorio.

RETTIFICA. In tema di diffamazione a mezzo stampa, la pubblicazione della rettifica della notizia giornalistica falsa, ex art. 8 L. 8 febbraio 1948, n. 47, non riveste efficacia scriminante, in quanto non elimina gli effetti negativi dell’azione criminosa, ma può avere la sola funzione di attenuare la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 12 della legge citata. Lo scopo è di assicurare una tempestiva ed effettiva tutela delle vittime del reato, ripristinando prontamente la verità; il fondamento della rettifica, quasi una forma di riparazione pubblica, corrisponde all’idea personalistica della solidarietà sociale (art. 2 Costituzione) verso le vittime del delitto, fermo restando il principio della responsabilità civile e penale dell’autore del danno.

FATTO DETERMINATO. Occorre intendersi su quando ricorre l’attribuzione di un fatto offensivo determinato. La questione (peraltro molto dibattuta sotto l’impero del codice Zanardelli in quanto costituiva l’elemento di differenziazione tra la diffamazione e l’ingiuria) va risolta ravvisando un plus nella circostanza in parola, perché con essa si passa dal generico addebito di una qualità disonorante all’attribuzione di un fatto concreto, e cioè di una circostanza che fornisce la riprova della qualità stessa; ciò evidentemente rende più attendibile l’addebito e aumenta l’efficacia offensiva della manifestazione ingiuriosa. In sintesi, in tema di diffamazione, per la sussistenza della circostanza aggravante dell’attribuzione di un fatto determinato, è sufficiente che l’episodio riferito venga specificato nelle sue linee essenziali, in modo che risulti maggiormente credibile e che le espressioni adoperate evochino alla comprensione del destinatario della comunicazione azioni concrete e dalla chiara valenza negativa (Cass. Pen. sez. 1, Sentenza n. 40200 del 29/09/2010).

SUCCESSIONE DI LEGGI PENALI NEL TEMPO. Ai sensi dell’art. 2 c.p. “se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria, ai sensi dell’art. 135.”. Quindi, occorrerà affrontare la problematica relativa alla necessità di rivisitare il giudicato, in sede esecutiva, in seguito alla eventuale sopravvenuta disposizione di legge più favorevole all’imputato dal punto di vista sanzionatorio laddove la sanzione più severa, applicata in virtù della legge abrogata, sia ancora in essere o spieghi, comunque, i suoi effetti. Orbene, a ben vedere, è l’applicazione del principio di legalità che impronta di sè l’intero sistema penale, che impone di dover dare rilevanza, anche in sede esecutiva, alla irrogazione di una pena che non sia illegittima "ab origine" ma che lo sia divenuta a seguito della entrata in vigore di una legge che prevede un trattamento più mite, purchè la pena più grave sia ancora in corso o ne siano perduranti gli effetti. Infatti, il principio di legalità, elevato a rango di norma fondamentale nell’art. 25 della Costituzione, non riguarda solo la previsione dei reati ma anche il sistema sanzionatorio nel suo complesso, compresi il tipo, la qualità e la durata delle pene; pertanto è da escludere che perdurino la esecuzione e gli effetti di una pena che il legislatore ha espunto dall’ordinamento stesso con legge successiva a quella in cui la pena stessa venne applicata, trovandola non più rispondente ai canoni di giustizia, di ragionevolezza, di proporzionalità, di adeguatezza rispetto alla complessa funzione che al sistema sanzionatorio penale è demandato; tale l’orientamento della cassazione anche con riferimento alla applicazione delle pene accessorie che conseguano di diritto alla condanna come effetti penali della stessa ai sensi dell’art. 20 c.p.:”Il principio di legalità della pena e quello di applicazione, in caso di successione di leggi penali, della legge più favorevole, operano anche con riguardo alle pene accessorie.” (Sez. 3 Penale, Sentenza n. 48526 del 05/11/2009).

Fuori di dubbio è la competenza del Giudice dell’esecuzione ex art. 665 c.p.p., al quale spetta, sulla base dello schema procedimentale di cui all’art. 666 cod. proc. pen., accertare se sussistano nella fattispecie (già giudicata), i requisiti previsti dalla nuova disciplina per disporre l’eventuale ragguaglio anche applicando i criteri valutativi di cui all’art. 135 c.p., ai sensi del quale il relativo computo andrà effettuato calcolando euro 250 - o frazione di euro 250- di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva.

Occorre, peraltro, considerare che la competenza relativa al reato di ingiuria viene attribuita al Giudice di Pace; allo stesso modo, in materia di diffamazione la competenza è del Giudice di Pace per le ipotesi previste dall’art. 595 c.p. co. 1 e 2, del Tribunale in composizione monocratica per le ipotesi residue. Orbene, le sanzioni applicabili dal Giudice di Pace ai sensi degli artt. 52 e ss. D l.vo 274/2000 sono le pene pecuniarie, la permanenza domiciliare e, solo su richiesta dell’imputato, il lavoro di pubblica utilità. Anche per tali fattispecie, comunque, l’applicazione del principio del "favor rei" comporterà, ai sensi dell’art. 2 comma 3 c.p., la valutazione per cui la pena che incide sulla sfera patrimoniale dell’imputato deve ritenersi meno gravosa della permanenza domiciliare di cui all’art. 53 D.L.gs 274/00. Gli artt. 55 e 58 della normativa indicano i criteri di ragguaglio tra le pene. Per completezza, si ricorda che nei procedimenti di competenza del Giudice di Pace non si applica il beneficio della sospensione condizionale della pena di cui agli artt. 163 e ss. c.p. e che risultano al pari inapplicabili le misure sostitutive alla detenzione di cui alla L. 689/1981.

 

Si riportano gli orientamenti della Suprema Corte di Cassazione:

 

 

 

DIFFAMAZIONE COMMESSA COL MEZZO DELLA STAMPA

Sez. 2, Sentenza n. 26133 del 25/03/2011 Ud.  (dep. 05/07/2011 )

In tema di diffamazione a mezzo stampa, nella nozione di "stampa" di cui all’art. 595 comma terzo cod. pen. vanno ricomprese tutte le riproduzioni grafiche, come i manifesti e i volantini, ottenute con qualsiasi mezzo meccanico, sia esso un ciclostile, una fotocopiatrice o un computer, atteso che per la configurabilità del reato è sufficiente che la riproduzione sia destinata alla diffusione ad una indifferenziata cerchia di persone, mentre è del tutto irrilevante lo strumento utilizzato per ottenerla o il numero di copie ottenuto.

Sez. 5, Sentenza n. 43382 del 16/11/2010 Cc.  (dep. 06/12/2010 )

In tema di diritto di cronaca giornalistica, la verità della notizia mutuata da un provvedimento giudiziario sussiste qualora essa sia fedele al contenuto del provvedimento stesso, sicché è sufficiente che l’articolo pubblicato corrisponda al contenuto degli atti e dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria, non potendo richiedersi al giornalista di dimostrare la fondatezza delle decisioni assunte in sede giudiziaria. (La Corte ha altresì precisato che il criterio della verità della notizia deve essere riferito agli sviluppi di indagine ed istruttori quali risultano al momento della pubblicazione dell’articolo e non già secondo quanto successivamente accertato in sede giurisdizionale).

Sez. 5, Sentenza n. 29221 del 06/04/2011 Ud.  (dep. 21/07/2011 )

Integra il reato di diffamazione aggravato ai sensi dell’art. 595, comma terzo, cod. pen. (offese recate con la stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità), la diffusione delle espressioni offensive mediante il particolare e formidabile mezzo di pubblicità della posta elettronica, con lo strumento del "forward" a pluralità di destinatari.

Sez. 5, Sentenza n. 43264 del 06/07/2011 Ud.  (dep. 22/11/2011

In tema di diffamazione a mezzo di giornale televisivo, l’immediatezza della notizia non legittima il sacrificio dell’accuratezza del controllo in ordine alla verità della notizia e all’affidabilità della fonte, in quanto il sacrificio della reputazione è giuridicamente accettabile se giustificato dall’esigenza di esercitare un diritto di pari livello costituzionale, ontologicamente confliggente, come la libertà di manifestazione del pensiero; non è, invece, accettabile se giustificato dall’esigenza di diffusione e di ascolto o meri scopi di concorrenza ampliando l’area di lettori od utenti, trattandosi di esigenze preordinate a soddisfare scelte imprenditoriali di carattere commerciale che non sono prevalenti sui diritti della persona, ex art. 2 e 3 Cost. e sono estranee all’area di tutela dell’art. 21 Cost., posto a fondamento dell’esimente del diritto di cronaca. Ne deriva che la notizia può e deve essere ritardata, in favore del controllo della verità, anche a costo della diminuzione di lettori ed utenti, in conformità con l’interesse pubblico alla informazione, considerato che i cittadini non hanno interesse a conoscere notizie veloci ma non corrispondenti al vero.

 

 

RESPONSABILITA’ AI SENSI DELL’ART. 57 C.P.

- OMESSO CONTROLLO -

 

Sez. 5, Sentenza n. 21867 del 11/04/2012 Ud.  (dep. 05/06/2012 )

In tema di diffamazione a mezzo stampa, il direttore che sia anche l’autore dell’articolo diffamatorio risponde del reato previsto dall’art. 595 cod. pen. e non anche di quello di omesso controllo di cui all’art. 57 dello stesso codice.

Sez. 5, Sentenza n. 24381 del 25/03/2011 Ud.  (dep. 16/06/2011 )

In tema di diffamazione a mezzo stampa, il giudice può ravvisare a carico del direttore responsabile di un giornale il reato di omissione di controllo, ex art. 57 cod. pen. - pur essendo stata la querela proposta esclusivamente per la diffamazione a mezzo stampa, nei confronti del giornalista e dello stesso direttore - in quanto non compete al querelante dare una qualificazione giuridica del fatto, dovendo egli limitarsi ad esporre lo stesso nella sua materialità, considerato che il diritto di querela concerne unicamente il fatto delittuoso, quale enunciato nella sua essenzialità - da interpretare, non già in base al mero senso letterale delle espressioni usate, ma attraverso l’indagine della effettiva volontà della parte non vincolata a manifestarla con l’uso di formule rituali - e che spetta al giudice e non al privato attribuirne la qualificazione giuridica in ordine alla eventuale sussistenza di un determinato tipo di reato e alle conseguenze che ne derivano. (In applicazione del principio di cui in massima la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione del giudice di merito il quale ha ritenuto decisivo il fatto che il querelante avesse individuato - in relazione alla diffamazione derivatagli dalla pubblicazione dell’articolo di stampa - quali destinatari della propria volontà di punizione, sia il giornalista che il direttore responsabile, ritenendo, invece, secondaria, e non vincolante, la circostanza che egli avesse inquadrato il fatto descritto nella fattispecie di cui all’art. 595 cod. pen., correttamente riqualificato dall’autorità giudiziaria nella forma colposa dell’omesso controllo per il direttore responsabile).

Sez. 5, Sentenza n. 42125 del 11/07/2011 Ud.  (dep. 16/11/2011 )

In tema di diffamazione a mezzo stampa, il direttore responsabile, assumendo la paternità di ciò che viene pubblicato, si pone, ex art. 57 cod. pen., in una posizione di garanzia, in virtù dell’obbligo di controllo diretto ad impedire che, con la pubblicazione, siano commessi reati, mentre il direttore editoriale detta le linee di impostazione programmatica e politica del quotidiano - in rappresentanza dell’azienda editrice del giornale - successivamente elaborate e realizzate dal direttore responsabile, senza, tuttavia, condividerne la responsabilità di cui all’art. 57 cod. pen., prevista espressamente solo per il direttore responsabile. Ne deriva che un’estensione al direttore editoriale dei doveri di controllo e di siffatta responsabilità comporterebbe l’applicazione dell’analogia in "malam partem", vietata dalla legge penale.

Sez. 5, Sentenza n. 44126 del 28/10/2011 Ud.  (dep. 29/11/2011 )

Il direttore di un periodico on-line non è responsabile per il reato di omesso controllo, ex art. 57 cod. pen., sia per l’impossibilità di ricomprendere detta attività on-line nel concetto di stampa periodica, sia per l’impossibilità per il direttore della testata on-line di impedire le pubblicazioni di contenuti diffamatori ’postatè direttamente dall’utenza.

 

DIRITTO DI CRONACA e DI CRITICA

- ESIMENTI -

 

Sez. 5, Sentenza n. 43024 del 16/09/2010 Ud.  (dep. 03/12/2010 )

È configurabile la causa di giustificazione del reato di diffamazione a mezzo stampa, costituita dall’esercizio del diritto di cronaca, nel caso in cui la notizia pubblicata riguardi episodi di violenza consumati in ambito familiare, in quanto, pur trattandosi di fatti attinenti la sfera privata, sussiste un interesse pubblico alla divulgazione. (In motivazione la Corte ha precisato che l’uso della violenza in ambito familiare è circostanza esecrabile, in alcun modo lesiva della "privacy", sicché la divulgazione della notizia ha un indubbio riflesso sociale).

Sez. 5, Sentenza n. 27106 del 09/04/2010 Ud.  (dep. 13/07/2010

L’esimente putativa del diritto di cronaca giudiziaria può essere invocata in caso di affidamento del giornalista su quanto riferito dalle sue fonti informative, non solo se abbia provveduto comunque a verificare i fatti narrati, ma abbia altresì offerto la prova della cura posta negli accertamenti svolti per stabilire la veridicità dei fatti.

Sez. 5, Sentenza n. 46528 del 02/12/2008 Ud.  (dep. 17/12/2008 )

In tema di diffamazione a mezzo stampa, non sussiste l’esimente del diritto di cronaca qualora la notizia sia riportata utilizzando uno scritto anonimo, come tale inidoneo a meritare l’interesse pubblico e insuscettibile di controlli circa l’attendibilità della fonte e la veridicità della notizia.

Sez. 5, Sentenza n. 13708 del 17/12/2010 Cc.  (dep. 06/04/2011 )

In tema di diffamazione a mezzo stampa, non sussiste l’esimente del diritto di cronaca, anche sotto il profilo putativo, allorché sia impossibile per il giornalista realizzare il controllo del fatto riferitogli in modo irrituale, a causa della inaccessibilità delle fonti di verifica, coincidenti con gli organi e gli atti dell’indagine giudiziaria, giacché tale inaccessibilità, lungi dal comportare l’esonero dall’obbligo di controllo, implica la non pubblicabilità della notizia.

Sez. 5, Sentenza n. 3676 del 27/10/2010 Ud.  (dep. 01/02/2011

In tema di diffamazione a mezzo stampa, non sussiste l’esimente del diritto di critica nella forma satirica qualora essa, ancorché a sfondo scherzoso e ironico, sia fondata su dati storicamente falsi; tale esimente può, infatti, ritenersi sussistente quando l’autore presenti in un contesto di leale inverosimiglianza, di sincera non veridicità finalizzata alla critica e alla dissacrazione delle persone di alto rilievo, una situazione e un personaggio trasparentemente inesistenti, senza proporsi alcuna funzione informativa e non quando si diano informazioni che, ancorché presentate in veste ironica e scherzosa, si rivelino false e, pertanto, tali da non escludere la rilevanza penale.

Sez. 5, Sentenza n. 3047 del 13/12/2010 Ud.  (dep. 27/01/2011 )

In tema di diffamazione a mezzo stampa, la sussistenza dell’esimente del diritto di critica presuppone, per sua stessa natura, la manifestazione di espressioni oggettivamente offensive della reputazione altrui, la cui offensività possa, tuttavia, trovare giustificazione nella sussistenza del diritto di critica, a condizione che l’offesa non si traduca in una gratuita ed immotivata aggressione alla sfera personale del soggetto passivo ma sia ’contenutà (requisito della ’continenzà) nell’ambito della tematica attinente al fatto dal quale la critica ha tratto spunto, fermo restando che, entro tali limiti, la critica, siccome espressione di valutazioni puramente soggettive dell’agente, può anche essere pretestuosa ed ingiustificata, oltre che caratterizzata da forte asprezza.

Sez. 5, Sentenza n. 44024 del 04/11/2010 Cc.  (dep. 14/12/2010 )

L’esercizio del diritto di cronaca ha efficacia scriminante in riguardo al fatto diffamatorio a condizione che la notizia divulgata, oltre che socialmente rilevante e descritta con continenza espressiva, sia vera, il che implica che sia riportata in modo completo. (Nella specie il giornalista, nel pubblicare un articolo in cui si sosteneva l’aumento del tasso di mortalità nel reparto di chirurgia di un ospedale, aveva omesso di dare atto dell’esito dell’indagine amministrativa che ne era seguita, già noto un mese prima della pubblicazione, favorevole al primario del reparto).

 

SUCCESSIONE LEGGI PENALI NEL TEMPO

- art. 2 c.p.-

 

Sez. 4, Sentenza n. 33397 del 14/07/2008 Ud.  (dep. 12/08/2008 )

In tema di successione di leggi penali nel tempo, la norma posteriore che abbia sostituito l’originaria comminatoria di pena detentiva congiunta a pena pecuniaria con quella della sola pena pecuniaria, deve essere sempre considerata più favorevole ai fini dell’art. 2, comma quarto, cod. pen.. (Fattispecie riguardante il reato di cui all’art. 186 cod. Strada, così come modificato dalla L. n. 160 del 2007, la cui formulazione è stata ritenuta, nei casi in cui prevede l’applicazione della sola sanzione pecuniaria, più favorevole rispetto a quella in precedenza introdotta dalla legge n. 214 del 2003, non rilevando in senso contrario la convertibilità della sanzione detentiva originariamente prevista ovvero la sopravvenuta limitazione del regime dell’impugnazione conseguente al mutamento del tipo di sanzione o, infine, l’eventualità che la nuova disposizione incriminatrice preveda sanzioni amministrative accessorie più severe rispetto a quelle contemplate dalla norma previgente).

 

Sez. 4, Sentenza n. 47339 del 28/10/2005 Ud.  (dep. 30/12/2005 )

In materia di successione nel tempo di leggi penali, una volta individuata la disposizione complessivamente più favorevole, il giudice deve applicare questa nella sua integralità, ma non può combinare un frammento normativo di una legge e un frammento normativo dell’altra legge secondo il criterio del favor rei, perchè in tal modo verrebbe ad applicare una terza fattispecie di carattere intertemporale non prevista dal legislatore, violando così il principio di legalità. (Da queste premesse, se ne è dedotto che l’applicabilità da parte del giudice ordinario, nella specie, dello strumentario sanzionatorio previsto nel processo penale del giudice di pace, importasse, insieme con le più favorevoli sanzioni di cui all’articolo 52 del D.Lgs. 28 agosto 2000 n. 274, anche l’applicabilità del divieto della sospensione condizionale della pena ex articolo 60 dello stesso decreto).

 

Sez. 6, Sentenza n. 12707 del 24/02/2009 Ud.  (dep. 20/03/2009 )

In tema di stupefacenti, la possibilità dell’applicazione di un trattamento sanzionatorio più favorevole per il reato di cui all’art. 73, comma primo, d.P.R. n. 309 del 1990, in conseguenza della modifica introdotta dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49, impone la piena rivalutazione di merito della pena inflitta, anche nell’ipotesi in cui essa si discosti dal precedente minimo edittale. (Fattispecie in cui è stata annullata con rinvio la sentenza di condanna che aveva determinato la pena-base nella misura di anni otto e mesi dieci di reclusione).

 

 

 

 

 

Detenuti presenti per Tipologia di Reato

Situazione al 30 Giugno 2012

Tipologia di reato

Donne

Uomini

Totale

Detenuti Italiani + Stranieri

Associazione di stampo mafioso (416bis)

134

6.382

6.516

Legge droga

1.178

25.823

27.001

Legge armi

126

10.203

10.329

Ordine pubblico

123

3.116

3.239

Contro il patrimonio

1.190

33.038

34.228

Prostituzione

142

900

1.042

Contro la pubblica amministrazione

166

8.037

8.203

Incolumità pubblica

25

1.638

1.663

Fede pubblica

174

4.322

4.496

Moralità pubblica

5

212

217

Contro la famiglia

56

1.686

1.742

Contro la persona

782

23.055

23.837

Contro la personalità dello stato

14

126

140

Contro l’amministrazione della giustizia

274

6.223

6.497

Economia pubblica

13

576

589

Contravvenzioni

80

4.113

4.193

Legge stranieri

85

2.065

2.150

Contro il sent.to e la pietà dei defunti

41

1.077

1.118

Altri reati

61

3.219

3.280

Detenuti Stranieri

Associazione di stampo mafioso (416bis)

7

60

67

Legge droga

475

11.174

11.649

Legge armi

16

903

919

Ordine pubblico

67

840

907

Contro il patrimonio

422

9.077

9.499

Prostituzione

125

689

814

Contro la pubblica amministrazione

40

3.168

3.208

Incolumità pubblica

-

213

213

Fede pubblica

62

1.717

1.779

Moralità pubblica

2

63

65

Contro la famiglia

14

435

449

Contro la persona

294

7.174

7.468

Contro la personalità dello stato

1

39

40

Contro l’amministrazione della giustizia

73

849

922

Economia pubblica

1

18

19

Contravvenzioni

17

630

647

Legge stranieri

77

1.937

2.014

Contro il sent.to e la pietà dei defunti

12

96

108

Altri reati

12

223

235

Fonte: Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato - sezione st