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Diffamazione a mezzo stampa: una nuova esimente all’art. 596 c.p.

diffamazione a mezzo stampa
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È stata presentata alla Camera dei deputati la proposta di legge n. 3180 che interviene sull’articolo 596 del codice penale introducendo un nuovo comma volto a scriminare la condotta del giornalista o del pubblicista che, di fatto, non essendo artefice delle dichiarazioni infamanti o ingiuriose, si limiti, previa valutazione di tutte le circostanze del caso, a riportare quanto già dichiarato, scritto e divulgato da altri e la cui attendibilità della fonte sia stata desunta dalla qualità e dalla diffusività del mezzo utilizzato.

 

Diffamazione a mezzo stampa e novità giurisprudenziali

La scriminante proposta riflette gli ultimi orientamenti della giurisprudenza di legittimità sul tema, la quale ha precisato che il combinato disposto degli articoli 57 e 595, commi primo e secondo, del codice penale sancisce la rimproverabilità di un fatto, nei confronti del giornalista e in concorso del direttore del periodico, derivante dall’omesso esercizio del doveroso controllo sui contenuti del proprio giornale finalizzato a evitare la pubblicazione di contenuti diffamatori e lesivi dell’altrui reputazione.

 

Diffamazione a mezzo stampa la colpa del direttore responsabile

Segnatamente, la colpa ravvisabile nella condotta del direttore viene desunta dalla violazione di regole cautelari, così come l’atteggiamento di rimproverabilità soggettiva richiede, ossia le leges artis che in campo redazionale impongono al direttore di verificare il contenuto degli articoli che vengono pubblicati nel periodico da lui diretto onde evitare, con la pubblicazione stessa, l’integrazione di fattispecie penalmente rilevanti.

Al riguardo, ulteriori precisazioni sono contenute nella clausola di riserva con cui si apre l’articolo 57 del codice penale – “Salva la responsabilità dell’autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso (...)” – stabilendo come il direttore del periodico possa rispondere direttamente del reato di diffamazione di cui all’articolo 595 del medesimo codice – e non dell’autonoma fattispecie di cui all’articolo 57 integrata dall’omesso controllo – qualora abbia egli stesso posto in essere atti diretti a ledere l’altrui reputazione.

Inoltre, il direttore del periodico concorre nel reato di diffamazione con il giornalista che ha redatto l’articolo qualora l’omesso controllo da parte del direttore del periodico sia avvenuto con la cosciente volontà di cooperare nella perpetrazione del reato di diffamazione e, pertanto, occorre dimostrare che il direttore abbia voluto la pubblicazione nell’esatta conoscenza del suo contenuto lesivo e, quindi, con la consapevolezza di aggredire la reputazione altrui.

La fattispecie proposta, invero, è differente.

Il giornalista, infatti, dopo aver esaustivamente verificato la notizia ricevuta da altri e nel pieno esercizio del diritto costituzionale, di cui all’articolo 21, che riconosce all’individuo la libertà di manifestare il proprio pensiero, funge esclusivamente da veicolo di trasmissione della stessa.

Ciò posto, appare evidente come siano inutili e temerarie eventuali contestazioni afferenti ai contenuti inappropriati, lesivi o non veritieri, poiché già oggetto di dichiarazione altrui.

 

Diffamazione a mezzo stampa la recente Cassazione sul punto

Inoltre, con la sentenza n. 10967 del 1° aprile 2020, – la V sezione penale della Corte di Cassazione ha stabilito che la perpetrazione di condotte penalmente rilevanti, da parte del giornalista nell’esercizio della sua attività professionale, è un delicato bilanciamento che il giudice è chiamato a svolgere tra norme incriminatrici – come quella contenuta all’articolo 595 del codice penale disciplinante il reato di diffamazione – e varie norme costituzionali – come l’articolo 21, che riconosce all’individuo la libertà di manifestare il proprio pensiero. « Non può configurarsi il reato di diffamazione, presupposto del reato di cui all’art. 57 c.p., quando il lettore medio, sulla base di tutti gli elementi contenuti nella pubblicazione di un articolo di giornale, senza effettivi sforzi o particolare arguzia, è perfettamente in grado di avvedersi del fatto che la persona effigiata non ha nulla a che vedere con il soggetto cui si riferisce il titolo dell’articolo, con conseguente inoffensività della pubblicazione » (citata sentenza n. 10967 del 2020).

 

Diffamazione a mezzo stampa e la scriminante dell’art. 51 c.p.

È un orientamento consolidato quello di ritenere scriminato il reato di diffamazione alla luce della causa di giustificazione di cui all’articolo 51 del codice penale dell’esercizio di un diritto (di manifestare liberamente il proprio pensiero) al rispetto dei requisiti della veridicità della notizia, della continenza formale e della rispondenza della pubblicazione a un interesse collettivo all’informazione.

Rispettate queste tre condizioni, il diritto all’onore sarà sempre recessivo rispetto alla libertà di manifestazione del pensiero (Cassazione Civile, sezione III, sentenza n. 27592 del 29 ottobre 2019).

Gli stessi giudici della Corte di Cassazione evidenziano la necessità di poter ravvisare, agli occhi del lettore medio che si accinga alla lettura di un articolo, il carattere offensivo e lesivo dell’altrui reputazione dei contenuti così pubblicati, stante in caso contrario l’impossibilità di ritenere integrato tanto il reato di diffamazione di cui all’articolo 595 del codice penale, quanto l’autonoma fattispecie di cui all’articolo 57 del medesimo codice in capo al direttore responsabile del giornale.

La verità del fatto non è di per sé sufficiente a escludere la diffamazione.

D’altra parte, se si attribuiscono fatti falsi e questi offendono la reputazione, il comportamento non potrà essere giustificato da altre cause.

 

Diffamazione a mezzo stampa: le buone prassi da seguire

Tuttavia, considerato che l’attività di un buon giornalista è prima di tutto controllare l’attendibilità delle fonti da cui attinge, occorre avere riguardo a tutte le circostanze del caso e in particolare:

1) alla qualità della fonte di informazione del giornalista, poiché il dovere di verifica da parte di quest’ultimo sarà tanto meno accurato, quanto più autorevole sia la fonte dell’informazione;

2) alla diffusività del mezzo con il quale viene veicolata l’informazione da parte del giornalista, poiché il suo dovere di controllo dovrà essere tanto più zelante, quanto maggiore sia la potenziale diffusività del mezzo di informazione che intende utilizzare.

Inoltre, si precisa che, anche qualora il giornalista tragga la notizia da una fonte particolarmente autorevole, come un provvedimento giudiziario o amministrativo, se essa ha ad oggetto fatti oggettivamente calunniosi, egli ha sempre e comunque il dovere:

1) di dare conto chiaramente che si tratta di fatti riferiti da terzi e non di fatti direttamente noti allo stesso giornalista;

2) di non tacere altri fatti, di cui egli sia a conoscenza, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato, come ad esempio nel caso l’articolista taccia sul fatto che le indagini di cui si dà conto risalivano a molti anni addietro;

3) di non accompagnare i fatti riferiti con sollecitazioni emotive, sottintesi, accostamenti, insinuazioni, allusioni o sofismi obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore false rappresentazioni della realtà.

Pertanto, considerato che l’esimente della verità putativa dei fatti narrati, idonea a escludere la responsabilità dell’autore di uno scritto offensivo dell’altrui reputazione, sussiste solo a condizione che l’autore abbia compiuto ogni diligente accertamento per verificare la verosimiglianza dei fatti riferiti, abbia dato conto con chiarezza e trasparenza della fonte da cui ha tratto le sue informazione e del contesto in cui, in quella fonte, esse erano inserite, non abbia sottaciuto fatti collaterali idonei a privare di senso o a modificare il senso dei fatti narrati e, nel riferire fatti pur veri, non abbia usato toni allusivi, insinuanti o decettivi, la proposta di legge n. 3180 prevede la causa di esclusione della punibilità stabilita dal nuovo quinto comma dell’articolo 596 del codice penale.

 

Diffamazione a mezzo stampa: il testo della nuova esimente

All’articolo 596 del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente comma: “Non è punibile, ai sensi dell’articolo 595, primo comma, il giornalista o il pubblicista che, tenuto conto di tutte le circostanze del caso e, in particolare, della qualità della fonte di informazione da cui si è attinto e della diffusività del mezzo utilizzato, nel suo elaborato giornalistico si limiti a riportare fedelmente dichiarazioni o comunicati stampa già oggetto di divulgazione da parte di altre fonti istituzionali, diffuse da agenzie di stampa, contenute in provvedimenti giudiziari o amministrativi, ovvero rilasciate in prima persona da titolari di cariche politiche”.