x

x

Diffamazione e avvocato

Cliente che nell’esposto definisce il legale “scorretto è sleale” può invocare l’esimente dell’art. 598 c.p.?
Archivio ex Tribunale Imola
Ph. Massimo Golfieri / Archivio ex Tribunale Imola

Il quesito deciso dalla Cassazione con la sentenza n. 697 del 12 gennaio 2022 è il seguente: in caso di diffamazione a seguito di esposto al COA è applicabile l’esimente prevista dall’articolo 598 c.p. all’imputato ?

La Suprema Corte, in un precedente datato del 23 gennaio 2019, sezione V, n. 8421 ritenne che l’esimente dell'art. 598 cod. pen. “possa senz'altro trovare applicazione nel caso di specie, laddove il ricorrente era parte (tale qualifica viene peraltro data per scontata dal Giudice monocratico), sia pure potenziale, nell'eventuale giudizio di verifica presso il Consiglio dell'Ordine circa la congruità della parcella dell'Avv. C., che si sarebbe attivato concretamente laddove questi avesse assunto l'iniziativa di richiederne il parere.

Non può, al contrario, trovare applicazione nella specie la giurisprudenza che esclude la possibilità di applicare l'art. 598 cod. pen. in caso di esposti disciplinari al Consiglio dell'Ordine, dal momento che si tratta di una situazione diversa da quella sub iudice.

Invero, correttamente, in quest'ultimo caso, l'esegesi di legittimità ha escluso che, data la struttura e le regole in rito del procedimento che si apre con la sollecitazione disciplinare, l'autore di quest'ultima vi partecipi e possa, quindi, considerarsi "parte" (per un'ottima ricostruzione delle ragioni in rito di tale conclusione, cfr. Sez. 5, n. 39486 del 06/07/2018, Ruggieri, Rv. 273888 - 01); si tratta, con ogni evidenza, di una situazione diversa da quella di chi attivi un ricorso in prevenzione, giacché quest'ultimo pone la condizione per una futura interlocuzione del cliente con il C.O.A. nel caso di richiesta di liquidazione da parte dell'avvocato, nell'ambito di un procedimento di cui il richiedente può dirsi senza dubbio parte”.

In questo precedente la cassazione distingue l’esposto disciplinare dalla istanza di perenzione, ritenendo che lo spartiacque è dettato dalla partecipazione o meno dell’istante al successivo procedimento.

Nell’istanza di perenzione il cliente è successivamente parte del procedimento mentre nel procedimento disciplinare no.

In tal senso la cassazione sezione V con la sentenza n. 697 del 12 gennaio 2022 ha ritenuto che l’esimente dell’art. 598 c.p. non è applicabile agli esposti inviati al Consiglio dell’ordine forense in quanto l’autore dell’esposto non è parte nel successivo giudizio disciplinare e l’esimente di cui all’art. 598 c.p. attiene agli scritti difensivi in senso stretto con esclusione di esposti e denunce.

Principio già espresso dalla sezione V con la sentenza n. 19325 del 21 gennaio 2021: “L'esimente di cui all'art.598 non è applicabile agli esposti inviati al Consiglio dell'Ordine forense, in quanto l'autore dell'esposto non è parte nel successivo giudizio disciplinare e l'esimente di cui all'art. 598 attiene agli scritti difensivi in senso stretto, con esclusione di esposti e denunce”.

La Suprema Corte ha ripetutamente affermato che non integra il delitto di diffamazione (art. 595 cod. pen.) la condotta di chi invii un esposto al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati contenente dubbi e perplessità sulla correttezza professionale di un legale, considerato che, in tal caso, ricorre la generale causa di giustificazione di cui all'art. 51 cod. pen., sub specie di esercizio del diritto di critica, preordinato ad ottenere il controllo di eventuali violazioni delle regole deontologiche, per il quale valgono i limiti ad esso connaturati - occorrendo, in primo luogo, che le accuse abbiano un fondamento o, almeno, che l'accusatore sia fermamente e incolpevolmente (ancorché erroneamente) convinto di quanto afferma (Sez. 5, n. 42576 del 20/07/2016, Crimaldi, Rv. 268044; Sez. 5, n. 5 Corte di Cassazione - copia non ufficiale 28081 del 15/04/2011, Taranto, Rv. 250406; Sez. 5, n. 33994 del 05/07/2010, Cernoia, Rv. 248422).

La generale causa di giustificazione di cui all'art. 51 cod. pen., sub specie dell'esercizio di un diritto di critica, costituzionalmente tutelato dall'art. 21 Cost. è stata ritenuta prevalente rispetto al bene della dignità personale, pure tutelato dalla Costituzione agli artt. 2 e 3, considerato che senza la libertà di espressione e di critica la dialettica democratica non può realizzarsi (Sez. 5, n. 13549 del 20/02/2008, Pavone, Rv. 239825, sempre in tema di esposto di carattere disciplinare).

Per una disamina normativa e giurisprudenziale dell’art. 51 c.p.: Art. 51 - Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere del Codice penale Commentato Online (filodiritto.com)

Ciò non vale tuttavia per l'invio di una missiva gratuitamente denigratoria ad un Ordine professionale; sussiste, infatti, in tal caso il requisito della comunicazione con più persone, considerato che la destinazione alla divulgazione può trovare il suo fondamento oltre che nella esplicita volontà del mittente-autore, anche nella natura stessa della comunicazione, in quanto propulsiva di un determinato procedimento (giudiziario, amministrativo, disciplinare) che deve essere portato a conoscenza di altre persone, diverse dall'immediato destinatario, sempre che l'autore della missiva prevedesse o volesse la circostanza che il contenuto relativo sarebbe stato reso noto a terzi; né in tal caso può ricorrere l'esimente del diritto di critica, che sussiste solo allorché i fatti esposti siano veri o quanto meno l'accusatore sia fermamente e incolpevolmente, ancorché erroneamente, convinto della loro veridicità. (Sez. 5, n. 26560 del 29/04/2014, Cadoria, Rv. 260229).

In tema di diffamazione, la causa di non punibilità prevista dall'art. 598 cod. pen. e la scriminante di cui all'art. 51 cod. pen. operano su piani diversi; la prima non esclude l'antigiuridicità del fatto ma solo l'applicazione della pena e ricomprende anche condotte di offesa non necessarie, purché inserite nel contesto difensivo; la seconda si ricollega, invece, all'esercizio del diritto di difesa richiede il requisito della necessarietà ed il rispetto dei limiti di proporzionalità e strumentalità (Sez. 5, n. 14542 del 07/03/2017, Palmieri, Rv. 269734).

In tema di riferibilità della causa di non punibilità di cui all'art.598 alla sede disciplinare, l'orientamento della giurisprudenza della cassazione non appare univoco.

L'indirizzo numericamente prevalente e più recente afferma che la causa di non punibilità di cui all'art.598 cod. pen. non è applicabile qualora le espressioni offensive siano contenute in un esposto inviato al Consiglio dell'Ordine forense, in quanto l'autore dell'esposto non è parte nel successivo giudizio disciplinare e l'esimente di cui all'art.598 cod. pen. attiene agli scritti difensivi, in senso stretto, con esclusione di esposti e denunce, pur se redatti da soggetti interessati (Sez. 5, n. 24003 del 29/04/2010, Longo, Rv. 247396; Sez.5, n.13549, 20/2/2008, Pavone, in motivazione; Sez. 5, n. 40725 del 16/10/2002, Folcarelli, Rv. 2231880; Sez. 5, n. 651 del 20/04/1971, Giovannoli, Rv. 118609).

Diversamente si sono espresse due decisioni (Sez. 5, n. 28081 del 15/04/2011, Taranto, Rv. 250406, Sez. 5, n. 33453 del 08/07/2008, Boschi Benedetti, Rv. 241393) dissentendo dai precedenti citati.

Secondo questo orientamento l'esimente di cui all'art. 598 cod.pen., è applicabile alle offese contenute in un esposto inviato al Consiglio dell'Ordine forense, sulla base delle seguenti argomentazioni: la ratio dell'art.598 cod.pen. é ispirata alla massima libertà nell'esercizio del diritto di difesa.

Il Consiglio dell'Ordine forense, dando corso alla procedura di sua competenza, esercita un'attività oggettivamente riconducibile all'esercizio di funzioni pubblicistiche, dal momento che il controllo del corretto esercizio della professione forense corrisponde all'interesse pubblico all'uso corretto, da parte del professionista, del potere riconosciutogli dallo Stato.

La procedura instaurata va definita, quindi, in termini di procedimento e il Consiglio dell'Ordine forense esercita poteri propri di un'autorità amministrativa, quale quello disciplinare, suscettibile di essere sottoposto a successivo controllo giurisdizionale.

In senso contrario non può argomentarsi sulla base della natura del procedimento che si svolge presso il Consiglio dell'Ordine forense territoriale, solo amministrativa e non giurisdizionale perché l'esimente de qua è applicabile anche ad atti funzionali all'esercizio del diritto di difesa, pur se precedono l'instaurazione di un procedimento giurisdizionale.

L'autore dell'esposto al Consiglio dell'Ordine forense è “parte del relativo procedimento”, dovendosi intendere tale “chiunque sia titolare di un interesse (nel caso di specie leso dalla violazione disciplinare) tutelato dalla legge anche, in forma mediata, con il ricorso all'autorità giudiziaria o amministrativa” e, quindi, anche se si tratti di un interesse legittimo e non di un diritto soggettivo; d'altra parte, tutti i procedimenti amministrativi sono soggetti al principio dell'istruzione “partecipata”, ad eccezione di quelli espressamente indicati dalla legge n. 241 del 1990.

L'art. 598 cod.pen., menziona l'autorità giudiziaria e l'autorità amministrativa; poiché non è dubbio che anche il giudice amministrativo debba essere qualificato “autorità giudiziaria” consegue che per “autorità amministrativa” non possa intendersi il giudice amministrativo, ma l'autorità amministrativa “non giurisdizionale” e tuttavia decidente nell'ambito dei cosiddetti ricorsi amministrativi.

L'art.598 cod.pen., parla di offese, da intendersi come espressioni inurbane, volgari, spregiative, contumeliose; tali manifestazioni, pur non essendo lecite, non sono penalmente represse - se contenute in scritti presentati o in discorsi pronunziati innanzi alle Autorità di cui sopra- per una esplicita scelta del legislatore, che ha voluto garantire la massima libertas convicii. Non sarebbe dunque corretto affermare che l'art. 598 cod.pen., altro non è che una specificazione del più generale diritto di critica, garantito dall'art. 51 cod.pen., e dall'art. 21 Cost..

La libertas convicii non ha limiti (l'eventuale sanzione non penale interviene ex post), mentre il diritto di critica ha i noti limiti individuati dalla giurisprudenza (rilevanza sociale, continenza e verità della notizia sulla quale si innesta la attività valutativa e, appunto, critica). L'offesa va tenuta distinta dall'accusa; mentre, per l'offesa formulata in una delle occasioni di cui al ricordato art. 598 cod.pen., l'offensore non risponde, operando la causa di non punibilità, per l'accusa, l'accusatore non può che assumere la responsabilità di quel che dice; anche accusare - specie se lo si fa per far valere un proprio diritto - è lecito, ma occorre che l'accusa abbia fondamento o, almeno, che l'accusatore sia fermamente e incolpevolmente (anche se erroneamente) convinto di ciò.

Quindi il discrimine per ritenere applicabile l'art.598 cod.pen. e’ il contraddittorio che si sviluppa dinanzi ad una autorità amministrativa, è pur sempre necessario che contraddittorio vi sia e che coinvolga l'autore della comunicazione per la quale si invoca la cosiddetta libertas conviciandi.

Il soggetto autore della comunicazione deve essere quindi parte del procedimento nel quale è chiamato a tutelare un proprio specifico interesse, assumendo una posizione procedimentalmente qualificata, proprio perché la norma mira a proteggere, con l'esonero da responsabilità penale, il contraddittore, in quanto tale, che arrechi offesa alla controparte con espressioni ingiuriose che concernano, in modo diretto ed immediato, l'oggetto della controversia ed abbiano rilevanza funzionale per le argomentazioni poste a sostegno della tesi prospettata o per l'accoglimento della domanda proposta.

Colui che presenta un esposto disciplinare ad un Ordine professionale sollecita l'esercizio di una potestà pubblicistica di verifica del rispetto delle regole deontologiche da parte di un professionista e non è legittimato dalla tutela di una sua specifica posizione soggettiva, non è contraddittore in seno al procedimento, non riceve notizia dei provvedimenti emessi dagli organi disciplinari, né può impugnarne le decisioni e non ha neppure diritto di essere informato dei suoi sviluppi.

Non è quindi la natura del procedimento, meramente amministrativo, che preclude l'applicabilità della causa di non punibilità dell'art.598 cod.pen. all'autore dell'esposto, ma la sua veste soggettiva: ben potrebbe invece invocare l'esimente il professionista sottoposto a procedimento disciplinare, che é parte interessata e contraddittore a pieno titolo.

L'attuale legge professionale forense (d.lgs.31/12/2012 n.247, all'art.58, comma 4, ha introdotto esclusivamente la previsione della comunicazione del provvedimento di archiviazione anche al soggetto dal quale é pervenuta la notizia di illecito.

Nulla invece dispone in proposito l'art.59, comma 1, lettera m), quanto al provvedimento che decide nel merito dell'accusa disciplinare.

Tantomeno la legge professionale contempla un diritto di impugnazione in capo all'autore dell'esposto.

Ancora minor rilievo spettava alla figura dell'autore dell'esposto nella legge professionale precedente (r.d. 21/11/1933 n.1578; Titolo IV, artt.38 e seg.) che non la prendeva minimamente in considerazione, neppure per prevedere nei suoi confronti la comunicazione dell'archiviazione.

Per una disamina giurisprudenziale dell’art. 598 cp.: Art. 598 - Offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie o amministrative del Codice penale Commentato Online (filodiritto.com)