Quando la sorte dell’animale d’affezione ricorda il gioco dell’oca

Quando la sorte dell’animale d’affezione ricorda il gioco dell’oca
Corte di appello di Torino r.g. 446/2023
Il fatto
Tizio e Caia si separano giudizialmente. Non vi sono provvedimenti provvisori da adottare e non vi sono questioni economiche in discussione tra le parti. Il Tribunale con ordinanza autorizza i coniugi a vivere separati, fissando udienza per la discussione orale della causa. Vi è un però. Tizio e Caia hanno un cane(Pimpa, nome di fantasia) e della sorte di Pimpa il Tribunale non se ne cura. Caia lasciando la casa coniugale, aveva portato con sé Pimpa, ad ella intestata all’anagrafe canina. Tizio propone dunque reclamo avverso l’ordinanza chiedendo la regolamentazione del diritto di visita riferito a Pimpa, indicando un dettagliato regime di visite.
Il reclamo
Tizio nel proprio reclamo evidenzia come, pur nel vuoto legislativo in materia, il collocamento degli animali a seguito della separazione giudiziale di una coppia sia oggetto sempre più frequentemente di pronunce che applicano le disposizioni previste in tema di affido dei figli minori. Il non avere il Tribunale provveduto in tale senso, continua il reclamante, ha determinato in Tizio uno stato di profonda depressione generata dalla lontananza della cagnolina.
Il punto di vista di Caia
Caia, a sua volta, eccepisce che non esistendo una norma di legge che regolamenti l’affidamento dell’animale di affezione, il Tribunale, soprattutto in caso di disaccordo tra le parti, non è obbligato a decidere in merito, ben potendo dichiarare la domanda inammissibile.Nel caso specifico, insisteCaia, stante il totale disaccordo tra le parti sulla questione, non solo non vi è alcuna norma che possa obbligare un coniuge, peraltro intestatario dell’animale di affezione, a concedere all’ex coniuge di poterlo vedere o tenere con sé.
La decisione della Corte
La Corte di appello decidendo sul reclamo condivide le argomentazioni di Caia(e soprattutto quelle del Tribunale) ritenendo infondato il reclamo e dunque respingendolo. Infatti, si legge nell’ordinanza, in assenza di una norma di riferimento nel nostro ordinamento che disciplini l’affidamento di un animale domestico in caso di scioglimento dell’unità familiare l’eventuale contrasto tra le parti non comporti alcun obbligo per il Giudicante di regolamentare la questione. Questa potrà essere oggetto di altri procedimenti, basati sui diritti proprietari. Vin sottolineato come non appaia possibile applicare all’animale domestico le norme previste per la tutela dei figli minori. Una normativa, quest’ultima,basata sul favor minoris e dove vi è una radicale diversità del bene giuridico oggetto di tutela, non essendo l’animale domestico, nel nostro sistema codicistico civile, una persona fisica titolare di autonomi diritti soggettivi. Deve rigettarsi pertanto il reclamo con conferma del provvedimento adottato. Attesa la sussistenza di alcuni casi di giurisprudenza di merito favorevole, in alcune situazioni, a ritenere non inammissibile la domanda formulata in relazione all’affidamento di animali domestici, la Corte non accoglie la domanda ex art. 96 c.p.c. formulata da Caia.
Riflessioni conclusive
Stiamo festeggiando proprio in questo ore, e forse non rendendoci conto di quanto poco ci sia da festeggiare, la riforma del codice penale per quanto riguarda i reati contro gli animali. Attribuendo un valore forse sproporzionato a quello che è stato definito un nuovo paradigma. L’avere sostituito l’espressione“ contro il sentimento degli umani” con il ritenuto rivoluzionario “reati contro gli animali”. Un paradigma che avrà forse efficacia in ambito penale (dove comunque giurisprudenza illuminata da tempo lo ha consacrato) ma alcun effetto produrrà in campo civile poiché, come ricorda la Corte di appello torinese, del tutto diversa è la questione del sentimento per gli animali da affezione. Più nel dettaglio la Corte sottolinea la radicale diversità del bene giuridico oggetto di tutela (i figli) dagli animali domestici appartenendo la soggettività solo alle persone fisiche.
Da una parte si riconosce un nuovo rapporto tra animale e umano e dall’altro la tutela giuridica non riesce a fare a meno delle diritto privato ignorando quella relazione esistente tra il soggetto umano assorto a figura di riferimento per l’animale e quest’ultimo. Verro, non mancano le pronunce giurisprudenziali che dando pieno riconoscimento a questa tensione evolutiva ma chi scrive non può che riaffiorar alla mia mente l’antico gioco dell’oca. Quando dopo avere raggiunto una certa casella vicina alla vittoria, improvvisamente il dado ti condanna a ritornare al via. Per poi ripartire.