Denuncia anonima: il divieto di utilizzo e le sue elusioni
La denuncia anonima è utilizzabile? All’interrogativo si dovrebbe rispondere assolutamente no. Nella realtà la denuncia anonima può essere utilizzata per intraprendere investigazioni di iniziativa del p.m. o della p.g. al fine di assumere dati conoscitivi diretti a verificare se dall’anonimo possano ricavarsi gli estremi di una valida notitia criminis. Capite bene il paradosso sottinteso!
L’articolo 333 comma 3 del codice di procedura penale recita “Delle denunce anonime non può essere fatto alcun uso, salvo quanto disposto dall’articolo 240 c.p.p.”, si registra, da sempre e con sempre maggiore frequenza, una prassi assolutamente elusiva del divieto codificato, con indagini che prendono, effettivamente, avvio da denunce anonime e che consistono in attività investigative pre-procedimentali (in quanto poste in essere in assenza di una notitia criminis formalmente iscritta) del tutto illegittime.
Denuncia anonima nelle decisioni della Cassazione
La giurisprudenza della Suprema Corte ha, da tempo, chiarito che la denuncia anonima non può essere probatoriamente utilizzata e, in base a essa, non possono essere compiuti atti di indagine che presuppongono indizi di reato (quali perquisizioni, sequestri e intercettazioni), ma è pur vero che la medesima giurisprudenza, in modo ambiguo, ha aggiunto che, comunque, "le notizie contenute nella denuncia anonima possono, anzi devono, per effetto del principio della obbligatorietà dell’azione penale, costituire spunto per una investigazione di iniziativa del p.m. o della p.g. al fine di assumere dati conoscitivi diretti a verificare se dall’anonimo possano ricavarsi gli estremi di una valida notitia criminis” (sentenze della Cassazione penale, sezione V, n. 4329 del 28 ottobre 2008; Id., sezione IV, n. 30313 del 17 maggio 2005; sezione IV, n. 4308 del 22 dicembre 1995).
Ancor più recentemente Cassazione penale sezione IV, n. 12152/2021: “Va poi ribadito il costante insegnamento secondo cui la fonte anonima, pur essendo in sé inutilizzabile, è tuttavia idonea a stimolare l’attività del P.M. o della polizia giudiziaria al fine dell’assunzione di dati conoscitivi atti a verificare se da essa possano ricavarsi indicazioni utili per l’enucleazione di una notitia criminis suscettibile di essere approfondita con gli strumenti legali (cfr. Sez. un. 25932 del 29/5/2008, Ivanov, Rv. 239695, in cui si richiama Sez. un., n. 25933 in pari data, Malgioglio, non massimata sul punto; sez. 4, n. 2849 del 5/11/2019, dep. 2020, Palmeri Girolamo, Rv. 278030, in cui si è precisato che il divieto di utilizzazione delle denunce anonime di cui all’art. 333, c. 3, cod. proc. pen., non si riferisce alle iniziative investigative della polizia giudiziaria volte all’acquisizione della notizia di reato)”.
Infine, cassazione sezione III, n. 3992/2021: “si è precisato dalla Suprema Corte che il divieto di utilizzazione delle denunce anonime di cui all’art. 333, comma 3, cod. proc. pen., non si riferisce alle iniziative investigative della polizia giudiziaria volte all’acquisizione della notizia di reato. In altri termini, gli elementi contenuti nelle denunce anonime possono stimolare l’attività di iniziativa del P.M. e della polizia giudiziaria al fine di assumere dati conoscitivi, diretti a verificare se dall’anonimo possano ricavarsi estremi utili per l’individuazione di una "notitia criminis".
In concreto così neutralizzando, la garanzia offerta dallo stesso principio affermato in premessa (inutilizzabilità della denuncia anonima) e giustificando le prassi elusive di cui si è fatto cenno.
Si consideri che, nella maggior parte dei casi, al fine di eludere il divieto, si è proceduto, dopo la ricezione della denuncia anonima, a un’iscrizione nel registro delle notizie di reato a carico di ignoti per il reato di calunnia (astrattamente ascrivibile all’autore della denuncia) per poter avviare le indagini formalmente finalizzate all’identificazione dell’autore della denuncia e alla verifica della sussistenza della falsità di quanto denunciato, ma, sostanzialmente, volte a dare seguito all’oggetto della delazione anonima.
Il reato di calunnia continua ad essere configurabile anche nel caso, espressamente previsto dall’art. 368 Cod. pen., in cui la falsa incolpazione sia contenuta in una denuncia anonima, non potendosi in contrario trarre argomento dal fatto che l’art. 333 dispone che della denuncia anonima non possa essere fatto “alcun uso” (e non più soltanto “alcun uso processuale”, come invece disponeva l’art. 141 del codice previgente), dal momento che anche nella vigente disciplina la denuncia anonima può dare luogo ad attività investigativa e, d’altra parte, l’eliminazione dell’aggettivo “processuale” trova la sua ragion d’essere nella distinzione, introdotta dal nuovo codice di rito, tra “procedimento” (comprensivo della fase delle indagini preliminari), e “processo” (il cui inizio è determinato dall’esercizio dell’azione penale), per cui si è ritenuto opportuno adottare una formula atta a chiarire che la denuncia anonima è da considerare priva di qualsiasi rilievo indiziario e probatorio tanto nella fase delle indagini preliminari quanto nelle successive fasi processuali, fermo restando che essa non priva comunque il p.m. e la polizia giudiziaria, del potere - dovere di svolgere, sulla sua base, i necessari atti di preliminare verifica conoscitiva degli elementi utili all’acquisizione di una valida notizia di reato (Sez. 6, 40355/2001).
Nella prassi e nei racconti postumi di chi ha esercitato la funzione di pubblico ministero non è inusuale trovare conferme dell’uso dello stratagemma, in particolare nelle piccole Procure, di “farsi” recapitare una denuncia anonima per iniziare l’attività investigativa.
A ciò si aggiunge la mancanza di un’esplicita e rigorosa disciplina dei rimedi predisposti dall’ordinamento al fine di garantire tutela giuridica in caso di compimento di indagini non legittime, stante la inadeguatezza della risposta ad oggi fornita dalla giurisprudenza di legittimità, che riconduce il fenomeno in esame alla nullità (sentenze della Cassazione penale, sezione IV, n. 4308 del 1995, citata, e sezione III, n. 765 dell’8 marzo 1995), con conseguente applicazione della relativa previsione delle sanatorie (articoli da 180 a 183 del codice di procedura penale) e della rinnovazione dell’atto “qualora sia necessaria e possibile” (articolo 185, comma 2, del codice di procedura penale), giungendo a legittimare a posteriori – sulla base dell’assunto “male captum, bene retentum” – il compimento di indagini invalide ma in grado, attraverso l’acquisizione, ancorché in modo illegittimo, della notitia criminis, di costituire il presupposto di successivi atti (compresi perquisizioni e sequestri), mediante i quali aggirare il vulnus iniziale.
Denuncia anonima lettura del codice commentato di Filodiritto:
Un analogo difetto di rigore normativo si registra in ordine alle conseguenze sanzionatorie extraprocedimentali per la violazione del divieto di uso di denunce anonime.
Denuncia anonima la nuova proposta di legge
Per porre un freno a tale degenerata prassi, indubbiamente lesiva, tra l’altro, degli articoli 13 e 24 della Costituzione, dell’articolo 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, e dell’articolo 17 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato e aperto alla firma a New York il 19 dicembre 1966, reso esecutivo dalla legge 25 ottobre 1977, n. 881, è stata presentata una proposta di legge la n. 3286 per modificare l’attuale testo dell’articolo 333 del codice di procedura penale.
La proposta prevede di modificare l’articolo 333 cpp comma 3 nel seguente testo: “Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 240, delle denunce anonime non può essere fatto alcun uso, neppure ai fini dell’iscrizione nel registro dei procedimenti a carico di ignoti.
A seguito di denuncia anonima il pubblico ministero e l’ufficiale di polizia giudiziaria non possono svolgere le attività di cui al titolo IV e al titolo V del presente libro, nonché quelle di cui al titolo III del libro terzo.
Tutti gli atti, anche successivi, eventualmente compiuti in violazione del divieto di cui al presente comma sono affetti da nullità assoluta e insanabile, anche derivata, e dei relativi esiti non può essere fatto alcun uso, neppure nel corso delle indagini preliminari. 3-bis.
Salvo che il fatto costituisca reato, la violazione dei divieti di cui al comma 3 costituisce illecito disciplinare”.
Concludiamo con un pensiero di Libero Bovio: L’anonimo produce il suo effetto sempre, anche sugli spiriti superiori. Specie su quelli.
(Don Liberato si spassa, 1941)