L’inadempimento dell’obbligazione contributiva può integrare il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche ex art. 316-ter C.p.

L’inadempimento dell’obbligazione contributiva può integrare il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche ex art. 316-ter C.p.
La Cass. pen., Sezioni Unite, sent. n. 11969/2025 sul reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche ex art. 316-ter C.p.
La Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con sent. n. 11969/2025, hanno affermato che l’indebito conseguimento del diritto alle agevolazioni previdenziali e, particolarmente, alla riduzione dei contributi dovuti ai lavoratori collocati in mobilità per effetto della omessa comunicazione dell’esistenza della condizione ostativa prevista dall’art. 8, c. 4-bis della legge n. 233/199 (abrogato dal 1° gennaio 2017 dall’art. 2, c. 71, lett. b), l. n. 92/2012) integra il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche previsto dall’art. 316-ter del Codice penale.
Non assumono quindi rilievo, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 316-ter, le modalità di ottenimento del vantaggio economico richiesto ai fini dell’integrazione della fattispecie criminosa, che può derivare, infatti, anche dall’inadempimento dell’obbligazione contributiva.
Non occorre neppure, secondo la Suprema Corte, per realizzare la fattispecie di reato, una materiale elargizione di denaro, potendo l’erogazione consistere meramente nell’esenzione dal pagamento di una somma dovuta.
Il Supremo Consesso ha richiamato nelle motivazioni le Sezioni Unite “Pizzuto” (16 dicembre 2010), le quali avevano già affermato che integra il delitto di cui all’art. 316-ter C.p. l’indebita percezione di erogazioni pubbliche di natura assistenziale, come l’esenzione del ticket per le prestazioni sanitarie e ospedaliere.
Testualmente, la Corte «ha ribadito la necessità di interpretare la locuzione "contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo" in senso non strettamente tecnico ed ancorato alla legislazione di settore, bensì attribuendole un'ampia estensione semantica, ritenuta congeniale al perseguimento delle finalità che avevano portato il legislatore ad introdurre nel sistema la fattispecie di reato in esame.
Al riguardo, in particolare, la nozione di "contributo" è stata intesa "quale conferimento di un apporto per il raggiungimento di una finalità pubblicamente rilevante", precisando che "tale apporto, in una prospettiva di interpretazione coerente con la ratio della norma, non può essere limitato alle sole elargizioni di danaro"».
Le Sezioni Unite, infine, hanno ritenuto corretta la conclusione cui è pervenuta la Corte territoriale, la quale ha qualificato il reato come reato unitario a consumazione prolungata, individuandone il momento consumativo, nel caso di specie, all'atto della percezione dell'ultimo sgravio contributivo. La consumazione, pertanto, si deve considerare cessata con la percezione dell’ultimo contributo ovvero con l’ottenimento dell’ultimo vantaggio economico, nel caso in cui l’indebita percezione avvenga attraverso l’inadempimento di obbligazioni contributive.