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Congedo parentale: come vanno computati i giorni festivi o di riposo tra due periodi?

Sul punto l'orientamento consolidato della Suprema Corte

congedo parentale
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Come vanno computati i giorni festivi o di riposto tra due periodi di congedo parentale? Sul punto l'orientamento consolidato della Suprema Corte

 

Indice

Congedo parentale: Il testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità

Congedo parentale: la vicenda

Congedo parentale: l’ordinanza n. 15633 del 2020 della Corte Suprema di Cassazione

Congedo parentale: vademecum operativo

 

Congedo parentale: il testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità

Il testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, raccolto nel d.lgs. n. 151/2001, “disciplina i congedi, i riposi, i permessi e la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori connessi alla maternità e paternità di figli naturali,[1] adottivi e in affidamento, nonché il sostegno economico alla maternità e alla paternità”.

Per quanto di nostro interesse, alla fattispecie del congedo parentale è dedicato il capo V del citato decreto. In proposito, gli articoli 32 e seguenti dettano una compiuta disciplina del congedo in disamina. In verità, il congedo de quo fu preliminarmente introdotto nel nostro ordinamento giuridico dalla legge n. 53/2000, e successivamente trasposto nel decreto legislativo n. 151/2001.

Non essendo questa la sede nella quale effettuare una oculata analisi dell’istituto, per la quale – tuttavia - si rimanda, è semplicemente doveroso significare alcuni punti chiave del predetto. Esso, invero,  può essere utilizzato, in modo continuativo, frazionato o su base oraria,[2] e per la finalità cui è destinato,[3] dalla madre lavoratrice, ovvero dal padre lavoratore, per un periodo complessivo non superiore a 10 mesi nei primi dodici anni di vita del bambino.[4]

Secondo l’art. 34, inoltre, “per i periodi di congedo parentale di cui all'articolo 32 alle lavoratrici e ai lavoratori è dovuta fi no al sesto anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi. L'indennità è calcolata secondo quanto previsto all'articolo 23, ad esclusione del comma 2 dello stesso”. Ancora. “Per i periodi di congedo parentale di cui all'articolo 32 ulteriori rispetto a quanto previsto ai commi 1 e 2 (eccedenti i 6 mesi indennizzati al 30 %) è dovuta, fino all'ottavo anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria. Il reddito è determinato secondo i criteri previsti in materia di limiti reddituali per l'integrazione al minimo”.

Infine, l’indennità di cui sopra, può essere integrata ad opera della contrattazione collettiva.
 

Congedo parentale: la vicenda

I signori …omissis.., coniugati ed entrambi dipendenti della società …omissis…, con ricorso presentato in data 19 marzo 2013 convenivano in giudizio l’anzidetta società. I ricorrenti asserivano di avere fruito entrambi del congedo parentale frazionato ex art. 32 del d.lgs. n. 151/2001, ai fini dell’assistenza e della cura dei loro due figli. Censuravano, al contempo,  la condotta datoriale, in relazione al godimento del congedo parentale frazionato, giacché la suindicata parte datoriale aveva considerato come giorni di fruizione del congedo de quo, e non invece come riposo o festività, i sabati e le domeniche e i giorni festivi collocati dopo un periodo di congedo parentale (ove successivamente a detti riposi e festività fosse ripresa l’attività lavorativa), ovvero i sabati, le domeniche e i giorni festivi posti tra due periodi di congedo parentale, quando il primo periodo era seguito da un giorno di ripresa dell’attività lavorativa. Pertanto, i coniugi chiedevano di accertare il diritto da essi vantato al ricalcolo delle giornate di congedo parentale fruite in maniera frazionata.

Il giudice adito, con sentenza di parziale accoglimento delle domande avanzate dalla ricorrente …omissis.., dichiarava la non computabilità a titolo di congedo parentale delle giornate non lavorative/domenicali e festive poste tra un periodo di congedo e un altro, allorquando tali giornate fossero precedute almeno da un giorno di ripresa dell’attività lavorativa. Il giudice, quindi, rigettava le altre domande.

La società resistente, dunque, ricorreva in appello impugnando la sentenza di primo grado. La Corte d’appello di Torino respingeva il gravame presentato dalla società …omissis… .

Orbene, la società datrice presentava ricorso per Cassazione, eccependo – quali punti di doglianza –ed in linea con lart. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione e la falsa applicazione del d.lgs. n. 151 del 2001, art. 32, nonché degli artt. 1175 e 1375 c.c. e di ogni altra norma il principio in materia di congedi parentali, anche frazionati, nonché di correttezza e buona fede nell’adempimento del contratto, oltre che di esercizio abusivo del diritto, anche in relazione al principio costituzionale di solidarietà, sostenendosi inoltre l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti.


Congedo parentale: l’ordinanza n. 15633 del 2020 della Corte Suprema di Cassazione

Secondo la Suprema Corte, sulla scorta del principio già affermato dalla pronuncia di legittimità n. 6856 del 2/2 – 7/5/2012, “ai fini della determinazione del periodo di congedo parentale, si tiene conto dei giorni festivi solo nel caso in cui gli stessi rientrino interamente e senza soluzione di continuità nel periodo di fruizione e non anche nel caso in cui l’interessato rientri al lavoro nel giorno precedente a quello festivo e riprenda a godere del periodo di astensione da quello immediatamente successivo, senza che rilevi che, per effetto della libera decisione del lavoratore o della lavoratrice, possa esservi un trattamento differente (e peggiorativo), con fruizione effettiva di un minor numero di giorni di congedo parentale, per effetto della decisione di rientrare al lavoro in un giorno non seguito da una festività, dovendosi ritenere tale soluzione conforme ai principi di cui agli artt. 30 e 31 Cost., che, nel dettare norme a tutela della famiglia e nel fissare il diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare la prole, impongono una applicazione non restrittiva dell’istituto. Secondo la Cassazione, inoltre, nel processo davanti alla Corte d’Appello, non erano state completamente disattese le ragioni della società appellante, ritenendo che quando i sabati e le domeniche o i giorni festivi si collocassero tra un periodo di congedo parentale ed uno successivo di ripresa dell’attività lavorativa, ovvero tra un periodo e l’altro di congedo parentale, vi fosse presunzione di continuità di quest’ultimo, di modo che anche detti giorni festivi o non lavorati dovessero rientrare nel computo delle giornate fruite a titolo di congedo parentale. Viceversa, correttamente si era ritenuto che non potessero computarsi a titolo di congedo parentale i giorni festivi e/o non lavorativi quando gli stessi fossero preceduti da un periodo di congedo parentale e anche da un solo giorno di ripresa dell’attività lavorativa, non valendo in tal caso la presunzione di continuità, con conseguente riaffermazione del principio secondo cui il diritto potestativo di astenersi da una prestazione lavorativa che sarebbe altrimenti dovuta non può riferirsi a giornate in cui tale prestazione non è comunque dovuta. In altri termini, secondo la Corte torinese, la ripresa effettiva dell’attività lavorativa, anche di una sola giornata, “spezza” la continuità del congedo parentale, con la conseguente esclusione dell’attribuzione di tale titolo alle successive giornate”.
 

Congedo parentale: vademecum operativo

Sulla base della massima della giurisprudenza, pertanto, vige una presunzione di continuità del congedo parentale, allorché esso preceda giornate festive e/o di riposo, senza che vi sia effettiva ripresa dell’attività lavorativa, e faccia seguito a dette giornate collocate nel mezzo, sicché esse devono essere computate a titolo di congedo parentale.

In altre parole, solo l’effettiva ripresa dell’attività lavorativa, successiva ad un periodo di congedo parentale, e precedente a giorni festivi e/o di riposo, ha la forza di spezzare la richiamata presunzione di continuità e di sottratte al computo a titolo di congedo parentale i giorni dedicati al riposo psicofisico, nonché le festività.

Si consiglia, orbene, ai meri fini operativi, e salvo necessità di sorta, di garantire la ripresa in servizio tra un periodo di congedo parentale e un altro, ovvero tra un periodo di congedo parentale e la successiva ripresa lavorativa, allorché tra essi vi siano giorni di mezzo coincidenti con i riposi e le festività.

Ad ogni modo, e per concludere, rimane fondamentale palesare che l’utilizzo dell’istituto in questione, espressione di un diritto potestativo,[5] deve essere conforme alla sua ratio, ovvero quella di accudire il figlio. Di talché, la distrazione dell’istituto in commento dalla finalità cui esso assurge, determinerà conseguenze sul piano disciplinare che potranno, financo, recidere il legame fiduciario e consentire al datore di lavoro di recedere dal contratto di lavoro per giusta causa ex art. 2119 c.c. . [6]

Note

[1]L’art. 105, comma 3, del d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 ha disposto che le parole “figli naturali”, ove presenti, in tutta la legislazione vigente, siano sostituite dalle parole “figli nati fuori del matrimonio”.

[2] In quest’ultima ipotesi è onere della contrattazione collettiva stabilire le modalità di fruizione su base oraria.

[3] Giurisprudenza consolidata (C. 1.6.2008, n. 16207; C. 11.1.2018, n. 509) ha precisato che il congedo deve essere utilizzato per accudire il figlio e che un utilizzo per fini diversi determina un abuso del diritto.

[4] Secondo il comma 2 dell’art. 32 del d.lgs. n. 151/2001 il periodo complessivo di fruizione del congedo parentale è elevabile a 11 mesi “qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per

un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi”.

[5] Cass. lav. n. 16207 del 16/06/2008; 6856 del 2/2 – 7/5/2012 cit.

[6] In ogni caso, appartiene alla competenza del giudice di merito la valutazione in concreto del fatto. Ad egli, inoltre, spetta la formulazione del giudizio di proporzionalità o di adeguatezza della sanzione rispetto all’illecito commesso e la valutazione della idoneità di quest’ultimo a ledere irrimediabilmente il rapporto fiduciario, anche in forza del disvalore sociale comunemente percepito.