x

x

Primo si della Camera alle norme a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori

Primo si della Camera alle norme a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori

La Camera dei Deputati ha approvato il testo unificato delle proposte di legge Brugger e Zeller; Bernardini ed altri; Ferranti ed altri recante Modifiche al codice di procedura penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e altre disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori (C.52 - C.1814 -C.2011-1). Il provvedimento passa ora all’esame dell’altro ramo del Parlamento.

La volontà legislativa in siffatta maniera espressa, risponde alla precisa finalità di dare attuazione al dettato dell’art. 31 della Costituzione, salvaguardando lo sviluppo psicofisico del minore grazie alla presenza dei genitori, anche se condannati, evitando un lungo periodo di interruzione della funzione genitoriale. Evidentemente, va egualmente salvaguardato il finalismo rieducativo caratterizzante l’esecuzione penale sancito nell’art. 27 Cost. co. 3, nochè la necessità di evitare possibili strumentalizzazioni, sempre dovendo privilegiarsi il reale interesse del minore.

I punti salienti del provvedimento sono:

• Custodia cautelare. Attraverso la modifica dell’art. 275, comma 4, c.p.p., viene aumentata da tre a sei anni l’età del bambino al di sotto della quale non può essere disposta o mantenuta la custodia cautelare della madre in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. In presenza di tali esigenze, il nuovo testo (attraverso l’introduzione dell’art. 285-bis c.p.p.) prevede la possibilità di disporre la custodia cautelare della donna incinta, della madre di prole di età non superiore ai sei anni in un istituto a custodia attenuata per detenute madri (ICAM), sempre che le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza lo consentano;

• Diritto di visita al minore infermo, anche non convivente, da parte della madre detenuta o imputata. Attraverso l’introduzione dell’art. 21-ter nell’ordinamento penitenziario, viene stabilito l’obbligo per il magistrato di sorveglianza o, in ipotesi di assoluta urgenza, per il direttore dell’istituto, di concedere il permesso alla detenuta o all’imputata di visitare il minore malato in imminente pericolo di vita o in gravi condizioni di salute, e di assisterlo durante le visite specialistiche con modalità che, nel caso di ricovero ospedaliero, devono tener conto della durata del ricovero e del decorso della patologia;

• Detenzione domiciliare (articolo 47-ter) e detenzione domiciliare speciale (art. 47-quinquies O.P.). La novella prevede che la donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente possa espiare la pena della reclusione non superiore a quattro anni, nonché la pena dell’arresto anche presso una casa famiglia protetta (oltre che nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza).L’attuale art. 47 quinquies, in materia di detenzione domiciliare speciale delle condannate madri di prole di età non superiore a dieci anni, prevede che, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli, le detenute madri possono essere ammesse ad espiare la pena nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e alla assistenza dei figli, dopo l’espiazione di almeno un terzo della pena ovvero dopo l’espiazione di almeno quindici anni nel caso di condanna all’ergastolo. Il nuovo comma 1-bis dispone che il terzo della pena o gli almeno quindici anni possano essere espiati presso: un ICAM; se non sussiste in concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti o concreto pericolo di fuga, nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza; in caso di impossibilità di espiare la pena nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora presso le case famiglia protette allo scopo realizzate. Tale disciplina non si applica, tuttavia, nel caso di condanna per i reati di grave allarme sociale di cui all’articolo 4-bis O.P.;

• Individuazione di case-famiglia protette. Spetterà ad un decreto del Ministro della giustizia la definizione delle caratteristiche tipologiche delle medesime (anche con riferimento ai sistemi di sorveglianza e di sicurezza) e, sulla base di tali caratteristiche, l’individuazione delle strutture gestite da enti pubblici o privati idonee ad essere utilizzate come case-famiglia protette.

L’ordinamento penitenziario verrà così ulteriormente arricchito di strumenti atti a tutelare il rapporto genitori-figli attraverso una particolare attenzione per la maternità e l’infanzia dimostrato, a ben vedere, sin dalla sua emanazione ( v. art. 11, art. 50, art. 102 reg. esec.).

Primo si della Camera alle norme a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori

La Camera dei Deputati ha approvato il testo unificato delle proposte di legge Brugger e Zeller; Bernardini ed altri; Ferranti ed altri recante Modifiche al codice di procedura penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e altre disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori (C.52 - C.1814 -C.2011-1). Il provvedimento passa ora all’esame dell’altro ramo del Parlamento.

La volontà legislativa in siffatta maniera espressa, risponde alla precisa finalità di dare attuazione al dettato dell’art. 31 della Costituzione, salvaguardando lo sviluppo psicofisico del minore grazie alla presenza dei genitori, anche se condannati, evitando un lungo periodo di interruzione della funzione genitoriale. Evidentemente, va egualmente salvaguardato il finalismo rieducativo caratterizzante l’esecuzione penale sancito nell’art. 27 Cost. co. 3, nochè la necessità di evitare possibili strumentalizzazioni, sempre dovendo privilegiarsi il reale interesse del minore.

I punti salienti del provvedimento sono:

• Custodia cautelare. Attraverso la modifica dell’art. 275, comma 4, c.p.p., viene aumentata da tre a sei anni l’età del bambino al di sotto della quale non può essere disposta o mantenuta la custodia cautelare della madre in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. In presenza di tali esigenze, il nuovo testo (attraverso l’introduzione dell’art. 285-bis c.p.p.) prevede la possibilità di disporre la custodia cautelare della donna incinta, della madre di prole di età non superiore ai sei anni in un istituto a custodia attenuata per detenute madri (ICAM), sempre che le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza lo consentano;

• Diritto di visita al minore infermo, anche non convivente, da parte della madre detenuta o imputata. Attraverso l’introduzione dell’art. 21-ter nell’ordinamento penitenziario, viene stabilito l’obbligo per il magistrato di sorveglianza o, in ipotesi di assoluta urgenza, per il direttore dell’istituto, di concedere il permesso alla detenuta o all’imputata di visitare il minore malato in imminente pericolo di vita o in gravi condizioni di salute, e di assisterlo durante le visite specialistiche con modalità che, nel caso di ricovero ospedaliero, devono tener conto della durata del ricovero e del decorso della patologia;

• Detenzione domiciliare (articolo 47-ter) e detenzione domiciliare speciale (art. 47-quinquies O.P.). La novella prevede che la donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente possa espiare la pena della reclusione non superiore a quattro anni, nonché la pena dell’arresto anche presso una casa famiglia protetta (oltre che nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza).L’attuale art. 47 quinquies, in materia di detenzione domiciliare speciale delle condannate madri di prole di età non superiore a dieci anni, prevede che, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli, le detenute madri possono essere ammesse ad espiare la pena nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e alla assistenza dei figli, dopo l’espiazione di almeno un terzo della pena ovvero dopo l’espiazione di almeno quindici anni nel caso di condanna all’ergastolo. Il nuovo comma 1-bis dispone che il terzo della pena o gli almeno quindici anni possano essere espiati presso: un ICAM; se non sussiste in concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti o concreto pericolo di fuga, nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza; in caso di impossibilità di espiare la pena nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora presso le case famiglia protette allo scopo realizzate. Tale disciplina non si applica, tuttavia, nel caso di condanna per i reati di grave allarme sociale di cui all’articolo 4-bis O.P.;

• Individuazione di case-famiglia protette. Spetterà ad un decreto del Ministro della giustizia la definizione delle caratteristiche tipologiche delle medesime (anche con riferimento ai sistemi di sorveglianza e di sicurezza) e, sulla base di tali caratteristiche, l’individuazione delle strutture gestite da enti pubblici o privati idonee ad essere utilizzate come case-famiglia protette.

L’ordinamento penitenziario verrà così ulteriormente arricchito di strumenti atti a tutelare il rapporto genitori-figli attraverso una particolare attenzione per la maternità e l’infanzia dimostrato, a ben vedere, sin dalla sua emanazione ( v. art. 11, art. 50, art. 102 reg. esec.).