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L’ordinamento barbaricino

L’ordinamento barbaricino
L’ordinamento barbaricino

Indice

1. Introduzione

2. L’ordinamento barbaricino non è assimilabile agli ordinamenti delle societas sceleris

3. La genesi

4. La figura di riferimento e il fine

5. I rapporti con l’ordinamento statale

6. La funzione della vendetta

7. Conclusioni

 

 

Abstract

Nel presente lavoro l’autore analizza gli studi di Antonio Pigliaru dell’ordinamento barbaricino, l’attenzione si sofferma, in particolare, sull’istituto della vendetta. Pigliaru utilizza il metodo dell’intervista per indagare il fenomeno della vendetta, arrivando alla conclusione che la vendetta in quell’ordinamento è un istituto.

In this paper, the author analyses Antonio Pigliaru’s studies about ordinamento barbaricino, with particular attention being paid to the institute of revenge. Pigliaru uses the interview method to investigate the phenomenon of vengeance, concluding that vengeance is an institute.

 

1. Introduzione

Il diritto osservato da Pigliaru non è un diritto scritto, ma egli lo ricostruisce codificando ex post ventitré articoli. Nella sua opera La vendetta barbaricina come ordinamento giuridico si inserisce nel dibattito sulla pluralità degli ordinamenti giuridici [2002: 191].  

La pratica della vendetta, secondo Pigliaru [2002: 193], non è solo una componente del fenomeno del banditismo sardo, in quest’ultimo trova solo gli sviluppi e le derive più cruente: “la pratica della vendetta costituisce uno dei temi fondamentali di un fenomeno sociale complesso come il banditismo sardo per quel che riguarda l’aspetto più drammatico e culminante del fenomeno medesimo, nel senso che tra le cause più rilevanti del fenomeno che va sotto il nome di banditismo sardo la vendetta costituisce una delle più rilevanti, soprattutto dal punto di vista dell’intensità delle situazioni che pone in essere. Intensità, non frequenza, qualità dove non quantità”.

 

2. L’ordinamento barbaricino non è assimilabile agli ordinamenti delle societas sceleris

Una volta osservato che la pratica della vendetta non è esclusiva del banditismo, Pigliaru dimostra come l’ordinamento barbaricino non ha nulla a che vedere con gli ordinamenti delle societas sceleris (ordinamenti delle società criminali).

A questo punto bisogna analizzare i seguenti criteri, cogliendo le differenze, per chiarire la non identità del diritto brabaricino con quello di una organizzazione criminale:

  • la genesi;
  • la figura di riferimento e il fine;
  • i rapporti con l’ordinamento statale;
  • la funzione della vendetta.

 

3. La genesi

La genesi dell’ordinamento barbaricino è completamente differente da quella di un ordinamento criminale. La vendetta nell’ordinamento barbaricino ha un’origine consuetudinaria. La genesi degli ordinamenti delle società criminali ha una “matrice contrattuale”. Pigliaru [2002: 196] afferma che “la società dei ladroni, come fatto e come ordinamento, c’è in quanto ogni singolo s’impegna esso per un atto di volontà individuale, e solo in virtù di un esplicito atto di volontà individuale. C’è il ladrone e la sua volontà determinata ad agire con altri ladroni in una determinata disciplina; la società dei ladroni nasce come una società particolare (cioè a fini particolari e determinati) e l’ordinamento di tale società nasce come l’ordinamento di ogni società particolare, a fine determinato”. Egli scrive su questo punto: “nella società dei ladroni l’ordinamento giuridico ha un’origine contrattuale assolutamente esplicita, giacché di fatto nasce come un accordo tra due o più parti per regolare il comportamento proprio delle singole parti sia nei rapporti reciproci sia di fronte al gruppo costituito in vista di una determinata attività comune per il conseguimento di un fine comune” [Pigliaru, 2002: 196].

4. La figura di riferimento e il fine

La figura di riferimento nell’ordinamento barbaricino, cioè la figura centrale, è l’uomo. L’articolo 1 del Codice della vendetta barbaricina pone l’accento sull’uomo e il dovere della vendetta: “l’offesa deve essere vendicata. Non è uomo d’onore chi si sottrae al dovere della vendetta, salvo nel caso che, avendo dato con il complesso della sua vita prova della sua virilità, vi rinunci per un superiore motivo morale”. Pigliaru [2002: 197] osserva che l’uomo barbaricino “è un uomo a cui non è fatto altro dovere che quello di essere uomo” ed aggiunge: “l’uomo negli stessi termini in cui l’uomo è pensato nell’ordinamento giuridico in quanto semplice ordine umano”. Nell’ordinamento di una società criminale la figura di riferimento è quella del criminale o utilizzando le parole di Pigliaru [2002: 197]: “la differenza essenziale tra le norme che pongono la vendetta nel sistema della società criminale e le norme che regolano la vendetta nella società barbaricina, è proprio nel fatto che quelle presuppongono il ladrone”.

Diversità si ha, inoltre, nel fine: l’ordinamento barbaricino nasce per il fine di regolare la vita della società, mentre quello criminale sorge con il fine del delinquere, di portare cioè a compimento determinati fini propri della società criminale.

 

5. I rapporti con l’ordinamento statale

Quando si parla dei rapporti tra ordinamento criminale o di una società di ladroni ed i rapporti con l’ordinamento statale si tende a definirlo un ordinamento parassitario, cioè gli individui di questa società utilizzano le norme dello Stato per i propri fini: ad esempio a seguito di una rapina essi utilizzeranno il denaro e porranno in essere a tal fine anche alcuni contratti, quindi si poggeranno sulle norme che istituiscono il denaro e le norme che disciplinano le fattispecie contrattuali che all’occorrenza saranno utili ai propri fini.

L’ordinamento barbaricino, invece, è un ordinamento del tutto autonomo, cioè esso può esistere anche indipendentemente dall’esistenza di un diritto statale. Alcuni problemi si pongono sulla visione degli stessi fenomeni da parte dell’ordinamento barbaricino e da parte dell’ordinamento italiano. La vendetta è per l’ordinamento barbaricino un atto doveroso, mentre spesso nell’ordinamento italiano potrebbe scontrarsi con il diritto penale e integrare fattispecie delittuose, ipotesi di reato.

6. La funzione della vendetta

La funzione della vendetta in un ordinamento criminale è diversa, secondo Pigliaru [2002: 195]: “le norme istitutive della pratica della vendetta all’interno dell’organizzazione criminale seppure ripetono, in sé medesime considerate, uno specifico principio di tutela nel senso ampio del termine, e paiono, al positivo, suggerire l’ipotesi che esse siano pensate per stimolare una più sicura e certa solidarietà tra i singoli membri e la società di cui fanno parte”. Egli scrive inoltre: “ in realtà sono norme che postulano una fedeltà al fine del patto (che è il diritto) per cui possono non essere non conosciute che in questa loro essenziale funzione”.

Nell’ordinamento barbaricino, la pratica della vendetta ricopre una funzione diversa, essa ha la funzione di riequilibrare una situazione preesistente, la quiete della vita sociale che è stata violata, intaccata, scalfita. Essa contribuisce al mantenimento di un certo ordine delle cose.

 

7. Conclusioni

L’ordinamento barbaricino esaminato da Pigliaru non coincide, dunque, assolutamente con l’ordinamento di una società criminale, ma è l’ordinamento di una comunità, oggetto dello studio di Pigliaru, come egli stesso afferma [2002: 196] “questa comunità è semplicemente una comunità di vita, una comunità storica, nel senso che il suo sistema di vita (il suo costume, la sua cultura o, se si vuole, la sua non-cultura) sono il suo stesso processo storico, la sua stessa vita: una struttura e, in qualche misura, un sistema”.

 

Bibliografia

Bottiglioni, Gino, 1925. Vita sarda. Note di folklore, canti e leggende, Milano: Luigi Trevisini.

Pigliaru, Antonio, 1959. La vendetta barbaricina come ordinamento giuridico, Milano: Giuffrè.

Pigliaru, Antonio, 2000. Il banditismo in Sardegna. La vendetta barbaricina, Nuoro: Il Maestrale.

Pigliaru, Antonio, 2002. La vendetta barbaricina. In: Amedeo G. Conte, Paolo di Lucia, Luigi Ferrajoli e Mario Jori (eds.), Filosofia del diritto, Milano: Raffaello Cortina Editore, 2002.

Pinna, Gonario, 2003. Il pastore sardo e la giustizia. Taccuino d’un penalista sardo. Nuoro: Ilisso.