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Diffamazione col mezzo della stampa

Art. 596-bis c.p.
Diffamazione col mezzo della stampa
Diffamazione col mezzo della stampa

1. Se il delitto di diffamazione è commesso col mezzo della stampa le disposizioni dell’articolo precedente si applicano anche al direttore o vice-direttore responsabile, all’editore e allo stampatore, per i reati preveduti negli articoli 57, 57-bis e 58.

(1) Articolo aggiunto dall’art. 4, L. 127/1958.

 

Rassegna di giurisprudenza

La testata giornalistica telematica, in quanto assimilabile funzionalmente a quella tradizionale, rientra nel concetto ampio di stampa e soggiace alla normativa, di rango costituzione e di livello ordinario, che disciplina l’attività d’informazione professionale diretta al pubblico. Il giornale on-line, al pari di quello cartaceo, non può essere oggetto di sequestro preventivo, eccettuati i casi tassativamente previsti dalla legge, tra i quali non è compreso il reato di diffamazione a mezzo stampa (SU, 31022/2015).

 

Funzione della stampa e limiti al diritto di critica

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di diffamazione a mezzo stampa, presupposto imprescindibile per l’applicazione dell’esimente dell’esercizio del diritto di critica è la verità del fatto storico posto a fondamento della elaborazione valutativa (Sez. 5, 8721/2018). La giurisprudenza della Corte EDU, formatasi attorno alla verifica del rispetto della libertà di espressione, garantita dall’art. 10 CEDU, giunge a conclusioni speculari (v., ad es., di recente, Fuchsmann c. Germania, 19/10/2017).

Nella decisione della quarta sezione del 30/06/2015, Peruzzi c. Italia, la Corte europea, in particolare, puntualizza, riassumendo la propria elaborazione interpretativa, che è necessario operare una distinzione tra le dichiarazioni fattuali e i giudizi di valore, aggiungendo (§ 48): “Se la materialità dei fatti si può provare, i giudizi di valore non si prestano ad alcuna dimostrazione per ‘quanto riguarda la loro esattezza (Oberschlick c. Austria (n. 2), 10 luglio 1997, § 33, Recueil 1997-IV) e in questo caso l’obbligo di prova, impossibile da soddisfare, viola la stessa libertà di opinione, elemento fondamentale del diritto sancito dall’articolo 10 (Morice c. Francia [GC], n. 29369/10, § 155, 23 aprile 2015).

La classificazione di una dichiarazione come fatto o come giudizio di valore dipende in primo luogo dal margine di apprezzamento delle autorità nazionali, in particolare dei giudici interni (Prager e Oberschlick c. Austria, 26 aprile 1995, § 36, serie A n. 313). Tuttavia, anche quando equivale a un giudizio di valore, una dichiarazione deve fondarsi su una base fattuale sufficiente, senza la quale sarebbe eccessiva (Jerusalem c. Austria, n. 26958/95, § 43, CEDU 2001-11, e Ormanni, sopra citata, § 64)”.

In tale contesto, si esplica il riconoscimento della libertà di espressione che la Corte europea delinea, ancora una volta in termini coerenti con la giurisprudenza nazionale. I giudici di Strasburgo hanno, infatti, sottolineato (Ricci c. Italia, 08/10/2013) che “la stampa svolge un ruolo eminente in una società democratica: se non deve oltrepassare certi limiti, guardando soprattutto alla tutela della reputazione e ai diritti altrui, le spetta tuttavia comunicare nel rispetto dei suoi doveri e delle sue responsabilità, informazioni e idee su tutte le questioni di interesse generale (De Haes e Gijsels c. Belgio, 24 febbraio 1997, § 37, Recueil 1997-1).

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