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Il confine tra informativa professionale ed accaparramento di clientela nel sito web dello studio legale

SOMMARIO:

1. Premessa.

2. L’informativa professionale mediante sito web: contenuto e limiti.

3. Il divieto di accaparramento di clientela: contenuto e limiti.

4. La casistica giurisprudenziale.

5. Considerazioni conclusive.

1. Premessa

Sono ormai numerosissimi nella rete internet i siti web riconducibili a studi legali sia nazionali che internazionali. Il sito costituisce ormai per uno studio legale uno strumento attraverso cui è possibile rendere nota al pubblico la tipologia della propria attività professionale (materie trattate, specializzazioni, ecc.), perseguendo certamente una finalità sociale, come nella ratio degli artt. 17 e 17 bis del codice deontologico forense vigente.

Tale prassi ormai diffusissima, oltre alla richiamata finalità sociale, ovvero di aiutare i cittadini a reperire con facilità ed immediatezza un professionista legale che per competenze (e perché no ubicazione della sede di attività), dia le migliori garanzie per l’instaurazione di un rapporto fiduciario finalizzato alla miglior tutela dei propri interessi, ha assunto evidentemente, in un mercato del lavoro libero professionale forense sempre più affollato, un ruolo di strumento attraverso cui si cerca di attrarre potenziali clienti. Occorre comprendere tuttavia quali sono i limiti dell’informativa oltre i quali non si può andare per non incorrere in un comportamento deontologicamente rilevante e come tale passibile di sanzione disciplinare.

Alcuni settimane or sono, ci è stato segnalato un annuncio, la cui presenza abbiamo provveduto poi a verificare personalmente con esito purtroppo positivo, pubblicato su uno dei tanti siti internet dedicati alle offerte di lavoro, non solo nel settore legale ma in una vastissima gamma di settori del mercato, che pubblicizzava l’offerta di una persona che si proponeva come ottimo procacciatore di clienti per avvocati. Confidiamo ovviamente che nessun collega abbia contattato il proponente il servizio in questione, essendo pienamente a conoscenza che l’art. 19, comma 1, del codice deontologico prescrive che “È vietata ogni condotta diretta all’acquisizione di rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi alla correttezza e decoro”.

Pur avendo lo scrivente ben scolpite nella mente le disposizioni degli artt.17, 17 bis e 19 del codice deontologico, rispettivamente su “Informazioni sull’attività professionale”, “Modalità dell’informazione” e “Divieto di accaparramento di clientela”, le circostanze fattuali suesposte relative a) alla diffusione di siti web di studi legali ed b) all’offerta di procacciamento di clienti, ci stimolano un’indagine approfondita sulla concreta applicazione di tali norme al fine di cercare di chiarire quali sono i limiti dei precetti voluti dal Legislatore forense, alla luce della giurisprudenza, soprattutto del Consiglio Nazionale Forense, oltre i quali la condotta dell’avvocato deve ritenersi deontologicamente rilevante e come tale passibile di sanzione disciplinare (in concreto esclusivamente avvertimento, censura e sospensione, in quanto sanzioni più gravi, come vedremo, non è emerso siano state applicate dal C.N.F. per la violazione di tali disposizioni).

2. L’informativa professionale mediante sito web: contenuto e limiti.

Nell’ideare il proprio sito web l’avvocato non solo deve scegliere un nome a dominio direttamente riconducibile a sé o al proprio studio legale e comunicarlo al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, ma nel redigere il contenuto del sito deve inserirvi obbligatoriamente le seguenti informazioni:

I. denominazione dello studio, con indicazione dei nominativi dei professionisti che lo compongono qualora l’esercizio della professione sia svolto in forma associata o societaria;

II. Consiglio dell’Ordine presso il quale è iscritto ciascuno dei componenti lo studio;

III. sede principale di esercizio, eventuali sedi secondarie e recapiti, con indicazione di indirizzo, numeri telefonici, fax, e-mail.

L’avvocato, può, ma non è obbligato, indicare nel sito le seguenti informazioni:

i. titoli accademici;

ii. diplomi di specializzazione conseguiti presso istituti universitari;

iii. eventuale abilitazione a esercitare avanti alle giurisdizioni superiori;

iv. settori di esercizio dell’attività professionale e, nell’ambito di questi, eventuali materie di attività prevalente;

v. lingue conosciute;

vi. logo dello studio;

vii. estremi della polizza assicurativa per la responsabilità professionale;

viii. eventuale certificazione di qualità dello studio.

L’avvocato è responsabile del contenuto del sito, che non può prevedere:

- riferimenti commerciali e/o pubblicitari mediante l’indicazione diretta o tramite banner o pop-up di alcun tipo;

- notizie riservate o coperte da segreto professionale;

- il nome dei clienti, anche se questi vi hanno dato il consenso.

In linea di principio generale le informazioni sull’attività professionale che possono essere fornite al di là del loro contenuto specifico devono:

a. essere coerenti con la finalità della tutela dell’affidamento della collettività e rispondere a criteri di trasparenza e veridicità;

b. essere conformi a verità e correttezza;

c. rispettare la dignità e il decoro della professione;

d. non assumere i connotati della pubblicità ingannevole, elogiativa, comparativa.

3. Il divieto di accaparramento di clientela: contenuto e limiti.

Con riferimento al divieto di accaparramento di clientela il dato testuale dell’art. 19 del codice deontologico è chiaro nel vietare di ottenere clientela attraverso:

I. agenzie;

II. procacciatori;

III. altri modi non conformi alla correttezza e al decoro.

Sono inoltre vietati in quanto integranti un accaparramento di clientela vietato i seguenti atti:

IV. corrispondere ad un collega, o ad un altro soggetto, un onorario, una provvigione o qualsiasi altro compenso quale corrispettivo per la presentazione di un cliente;

V. offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico;

VI. offrire, senza esserne richiesto, una prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a una persona determinata per un specifico affare.

4. La casistica giurisprudenziale

Alla luce di un’ampia indagine della giurisprudenza del Consiglio nazionale forense è emerso che è stata ritenuta deontologicamente rilevante e quindi sanzionata per violazione dei precetti indicati ai paragrafi precedenti, la condotta dell’avvocato nei seguenti casi:

- “L’avvocato che abbia il proprio recapito professionale presso una agenzia infortunistica pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante perché lesivo del dovere di indipendenza e rientrante in una ipotesi di accaparramento di clientela disciplinarmente sanzionato, (a nulla rilevando l’eventualità che tale accaparramento non sia stato posto in essere)” (Cons. Naz. Forense, 23-04-2005, n. 95).

- “Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che nel suo sito internet enfatizzi le attività dello studio con un messaggio autocelebrativo e autocompiaciuto volto all’accaparramento di clientela. (Nella specie è stata confermata la sanzione dell’avvertimento agli avvocati nel cui sito internet venivano rilevate, tra le altre, tali affermazioni "siete entrati in un vero e proprio studio legale", "con una differenza rispetto a qualsiasi studio della vostra città)” (Cons. Naz. Forense, 18-06-2002, n. 82).

- “L’avvocato che ospiti nel suo studio gratuitamente la sede del Codacons locale, consentendo ad un responsabile di detta associazione di ricevere clienti e fornendo allo stesso pareri scritti su questioni di carattere legale, pone in essere un comportamento lesivo del dovere di probità proprio della classe forense configurando tale comportamento una ipotesi di accaparramento di clientela. (Nella specie è stata confermata la sanzione dell’avvertimento)” (Cons. Naz. Forense, 08-03-2001);

- “Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante il professionista che, sulla carta intestata, utilizzi diciture e si attribuisca competenze tali da costituire pubblicità suggestiva allo scopo di accaparramento della clientela. (Nella specie è stata confermata la sanzione della censura al professionista che sulla carta intestata utilizzava la seguente dicitura: "consulente per appartenenti alle forze armate e di polizia"; ed ancora "consulente rappresentante di zona e componente del consiglio direttivo dell’associazione Roma proprietà edilizia")” (Cons. Naz. Forense, 23-11-2000, n. 176).

- “Ai fini della rilevanza disciplinare, sotto il profilo della violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza professionale, dell’attività di un avvocato diretta all’accaparramento di clientela, non è richiesto che la condotta sia in contrasto con una specifica normativa o integri gli estremi di atto sotto altri profili illecito. (Nella specie il Consiglio Nazionale Forense, con la decisione confermata dalla S.C., aveva comminato la sanzione dell’avvertimento all’avvocato che aveva chiesto ad alcuni enti locali di poter conoscere i nominativi dei dipendenti interessati all’applicazione di un principio affermatosi in sede giurisprudenziale in materia di indennità premio di servizio)” (Cass. civ. Sez. Unite, 10-08-2000, n. 566).

- “L’invio, da parte di un avvocato, di lettere a sindaci di comuni con la richiesta di fornire gli elenchi nominativi dei dipendenti interessati alla proposizione di un’azione giudiziaria già promossa con successo, comporta la violazione del principio deontologico di divieto di accaparramento di clientela a cui dovrebbe uniformarsi il comportamento dell’avvocato. (Nella specie in considerazione della minor colpa accertata la sanzione della censura è stata sostituita con quella dell’avvertimento)” (Cons. Naz. Forense, 28-12-1999, n. 289).

- “Viene meno ai doveri di dignità, lealtà e indipendenza il professionista che costituisca una società di recupero crediti, partecipandovi come socio accomandante, che presti la propria opera senza chiara autonomia di giudizio e senza libertà di azione in favore della predetta società, che dia vita ad una immedesimazione dell’attività professionale con l’attività sociale, utilizzata, peraltro, come strumento di accaparramento di clientela. (Nella specie è stata ritenuta congrua la sanzione della sospensione per mesi quattro)” (Cons. Naz. Forense, 28-10-1999, n. 185).

- “L’avvocato che, quale socio di una società per il recupero dei crediti, proponga a colleghi corrispondenti prestazioni professionali dietro corrispettivo di percentuali sull’onorario, con decurtazione anche rispetto alle tariffe, pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante perché in contrasto con il divieto di accaparramento di clientela e di indipendenza a cui ciascun professionista è tenuto. (Nella specie la sanzione della sospensione è stata ridotta da mesi quattro a mesi due)” (Cons. Naz. Forense, 21-07-1999, n. 97).

- “Pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante, perché volto all’accaparramento di clientela, l’avvocato che con telefonate a familiari, con contatti diretti e con distribuzione di biglietti da visita in luoghi di detenzione o di accoglienza di rei e di persone inclini alla delinquenza, in spregio anche alle acquisizioni di difesa da parte di altri colleghi, si attivi costantemente per ottenere incarichi professionali. (Nella specie è stata confermata la sanzione della sospensione per mesi due)” (Cons. Naz. Forense, 22-07-1997).

- “L’avvocato che, a mezzo di interviste e comunicazioni rese agli organi di stampa enfatizzi sé, la sua professionalità e le proprie tecniche processuali e di difesa, pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante perché tendente ad accaparramento di clientela. (Nella specie è stata ritenuta idonea la sanzione della censura in luogo della sospensione di tre mesi)” (Cons. Naz. Forense, 30-10-1996).

La condotta dell’avvocato è stata invece ritenuta corretta nei seguenti casi:

- “Legittima la divulgazione in un articolo di stampa (che trattava di studi multimediali) del sito internet relativo ad uno studio legale in cui venivano illustrate le modalità di utilizzo del collegamento e si faccia comunque riferimento ad un eventuale incarico fiduciario che potrà essere affidato al professionista titolare” (Cons. Naz. Forense, 18-06-2002, n. 82).

- “Il professionista che invii a terzi una lettera contenente l’informazione di una innovazione giurisprudenziale proveniente dalla Corte di giustizia europea, e di sicuro interesse collettivo, pone in essere un comportamento deontologicamente corretto e non rientrante nelle ipotesi vietate di pubblicità e di accaparramento di clientela” (Cons. Naz. Forense, 25-03-2002, n. 25).

5. Considerazioni conclusive

Certamente vietato ai sensi dell’art. 19 del codice deontologico è accettare proposte da parte di asseriti procacciatori di clienti.

Per quanto riguarda il contenuto del proprio sito web l’avvocato, se vuole scongiurare qualsiasi rischio di incorrere in un procedimento disciplinare e nell’eventuale conseguente sanzione, deve rigorosamente attenersi al dato testuale delle norme del codice deontologico afferenti la pubblicità professionale (artt. 17 e 17 bis), avallandone una interpretazione assai rigida, evitando di pubblicare messaggi autocelebrativi e autocompiaciuti dell’attività dello studio, i nomi dei propri clienti, oppure informazioni tali da costituire pubblicità suggestiva.

SOMMARIO:

1. Premessa.

2. L’informativa professionale mediante sito web: contenuto e limiti.

3. Il divieto di accaparramento di clientela: contenuto e limiti.

4. La casistica giurisprudenziale.

5. Considerazioni conclusive.

1. Premessa

Sono ormai numerosissimi nella rete internet i siti web riconducibili a studi legali sia nazionali che internazionali. Il sito costituisce ormai per uno studio legale uno strumento attraverso cui è possibile rendere nota al pubblico la tipologia della propria attività professionale (materie trattate, specializzazioni, ecc.), perseguendo certamente una finalità sociale, come nella ratio degli artt. 17 e 17 bis del codice deontologico forense vigente.

Tale prassi ormai diffusissima, oltre alla richiamata finalità sociale, ovvero di aiutare i cittadini a reperire con facilità ed immediatezza un professionista legale che per competenze (e perché no ubicazione della sede di attività), dia le migliori garanzie per l’instaurazione di un rapporto fiduciario finalizzato alla miglior tutela dei propri interessi, ha assunto evidentemente, in un mercato del lavoro libero professionale forense sempre più affollato, un ruolo di strumento attraverso cui si cerca di attrarre potenziali clienti. Occorre comprendere tuttavia quali sono i limiti dell’informativa oltre i quali non si può andare per non incorrere in un comportamento deontologicamente rilevante e come tale passibile di sanzione disciplinare.

Alcuni settimane or sono, ci è stato segnalato un annuncio, la cui presenza abbiamo provveduto poi a verificare personalmente con esito purtroppo positivo, pubblicato su uno dei tanti siti internet dedicati alle offerte di lavoro, non solo nel settore legale ma in una vastissima gamma di settori del mercato, che pubblicizzava l’offerta di una persona che si proponeva come ottimo procacciatore di clienti per avvocati. Confidiamo ovviamente che nessun collega abbia contattato il proponente il servizio in questione, essendo pienamente a conoscenza che l’art. 19, comma 1, del codice deontologico prescrive che “È vietata ogni condotta diretta all’acquisizione di rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi alla correttezza e decoro”.

Pur avendo lo scrivente ben scolpite nella mente le disposizioni degli artt.17, 17 bis e 19 del codice deontologico, rispettivamente su “Informazioni sull’attività professionale”, “Modalità dell’informazione” e “Divieto di accaparramento di clientela”, le circostanze fattuali suesposte relative a) alla diffusione di siti web di studi legali ed b) all’offerta di procacciamento di clienti, ci stimolano un’indagine approfondita sulla concreta applicazione di tali norme al fine di cercare di chiarire quali sono i limiti dei precetti voluti dal Legislatore forense, alla luce della giurisprudenza, soprattutto del Consiglio Nazionale Forense, oltre i quali la condotta dell’avvocato deve ritenersi deontologicamente rilevante e come tale passibile di sanzione disciplinare (in concreto esclusivamente avvertimento, censura e sospensione, in quanto sanzioni più gravi, come vedremo, non è emerso siano state applicate dal C.N.F. per la violazione di tali disposizioni).

2. L’informativa professionale mediante sito web: contenuto e limiti.

Nell’ideare il proprio sito web l’avvocato non solo deve scegliere un nome a dominio direttamente riconducibile a sé o al proprio studio legale e comunicarlo al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, ma nel redigere il contenuto del sito deve inserirvi obbligatoriamente le seguenti informazioni:

I. denominazione dello studio, con indicazione dei nominativi dei professionisti che lo compongono qualora l’esercizio della professione sia svolto in forma associata o societaria;

II. Consiglio dell’Ordine presso il quale è iscritto ciascuno dei componenti lo studio;

III. sede principale di esercizio, eventuali sedi secondarie e recapiti, con indicazione di indirizzo, numeri telefonici, fax, e-mail.

L’avvocato, può, ma non è obbligato, indicare nel sito le seguenti informazioni:

i. titoli accademici;

ii. diplomi di specializzazione conseguiti presso istituti universitari;

iii. eventuale abilitazione a esercitare avanti alle giurisdizioni superiori;

iv. settori di esercizio dell’attività professionale e, nell’ambito di questi, eventuali materie di attività prevalente;

v. lingue conosciute;

vi. logo dello studio;

vii. estremi della polizza assicurativa per la responsabilità professionale;

viii. eventuale certificazione di qualità dello studio.

L’avvocato è responsabile del contenuto del sito, che non può prevedere:

- riferimenti commerciali e/o pubblicitari mediante l’indicazione diretta o tramite banner o pop-up di alcun tipo;

- notizie riservate o coperte da segreto professionale;

- il nome dei clienti, anche se questi vi hanno dato il consenso.

In linea di principio generale le informazioni sull’attività professionale che possono essere fornite al di là del loro contenuto specifico devono:

a. essere coerenti con la finalità della tutela dell’affidamento della collettività e rispondere a criteri di trasparenza e veridicità;

b. essere conformi a verità e correttezza;

c. rispettare la dignità e il decoro della professione;

d. non assumere i connotati della pubblicità ingannevole, elogiativa, comparativa.

3. Il divieto di accaparramento di clientela: contenuto e limiti.

Con riferimento al divieto di accaparramento di clientela il dato testuale dell’art. 19 del codice deontologico è chiaro nel vietare di ottenere clientela attraverso:

I. agenzie;

II. procacciatori;

III. altri modi non conformi alla correttezza e al decoro.

Sono inoltre vietati in quanto integranti un accaparramento di clientela vietato i seguenti atti:

IV. corrispondere ad un collega, o ad un altro soggetto, un onorario, una provvigione o qualsiasi altro compenso quale corrispettivo per la presentazione di un cliente;

V. offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico;

VI. offrire, senza esserne richiesto, una prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a una persona determinata per un specifico affare.

4. La casistica giurisprudenziale

Alla luce di un’ampia indagine della giurisprudenza del Consiglio nazionale forense è emerso che è stata ritenuta deontologicamente rilevante e quindi sanzionata per violazione dei precetti indicati ai paragrafi precedenti, la condotta dell’avvocato nei seguenti casi:

- “L’avvocato che abbia il proprio recapito professionale presso una agenzia infortunistica pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante perché lesivo del dovere di indipendenza e rientrante in una ipotesi di accaparramento di clientela disciplinarmente sanzionato, (a nulla rilevando l’eventualità che tale accaparramento non sia stato posto in essere)” (Cons. Naz. Forense, 23-04-2005, n. 95).

- “Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che nel suo sito internet enfatizzi le attività dello studio con un messaggio autocelebrativo e autocompiaciuto volto all’accaparramento di clientela. (Nella specie è stata confermata la sanzione dell’avvertimento agli avvocati nel cui sito internet venivano rilevate, tra le altre, tali affermazioni "siete entrati in un vero e proprio studio legale", "con una differenza rispetto a qualsiasi studio della vostra città)” (Cons. Naz. Forense, 18-06-2002, n. 82).

- “L’avvocato che ospiti nel suo studio gratuitamente la sede del Codacons locale, consentendo ad un responsabile di detta associazione di ricevere clienti e fornendo allo stesso pareri scritti su questioni di carattere legale, pone in essere un comportamento lesivo del dovere di probità proprio della classe forense configurando tale comportamento una ipotesi di accaparramento di clientela. (Nella specie è stata confermata la sanzione dell’avvertimento)” (Cons. Naz. Forense, 08-03-2001);

- “Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante il professionista che, sulla carta intestata, utilizzi diciture e si attribuisca competenze tali da costituire pubblicità suggestiva allo scopo di accaparramento della clientela. (Nella specie è stata confermata la sanzione della censura al professionista che sulla carta intestata utilizzava la seguente dicitura: "consulente per appartenenti alle forze armate e di polizia"; ed ancora "consulente rappresentante di zona e componente del consiglio direttivo dell’associazione Roma proprietà edilizia")” (Cons. Naz. Forense, 23-11-2000, n. 176).

- “Ai fini della rilevanza disciplinare, sotto il profilo della violazione dei doveri di lealtà, probità e correttezza professionale, dell’attività di un avvocato diretta all’accaparramento di clientela, non è richiesto che la condotta sia in contrasto con una specifica normativa o integri gli estremi di atto sotto altri profili illecito. (Nella specie il Consiglio Nazionale Forense, con la decisione confermata dalla S.C., aveva comminato la sanzione dell’avvertimento all’avvocato che aveva chiesto ad alcuni enti locali di poter conoscere i nominativi dei dipendenti interessati all’applicazione di un principio affermatosi in sede giurisprudenziale in materia di indennità premio di servizio)” (Cass. civ. Sez. Unite, 10-08-2000, n. 566).

- “L’invio, da parte di un avvocato, di lettere a sindaci di comuni con la richiesta di fornire gli elenchi nominativi dei dipendenti interessati alla proposizione di un’azione giudiziaria già promossa con successo, comporta la violazione del principio deontologico di divieto di accaparramento di clientela a cui dovrebbe uniformarsi il comportamento dell’avvocato. (Nella specie in considerazione della minor colpa accertata la sanzione della censura è stata sostituita con quella dell’avvertimento)” (Cons. Naz. Forense, 28-12-1999, n. 289).

- “Viene meno ai doveri di dignità, lealtà e indipendenza il professionista che costituisca una società di recupero crediti, partecipandovi come socio accomandante, che presti la propria opera senza chiara autonomia di giudizio e senza libertà di azione in favore della predetta società, che dia vita ad una immedesimazione dell’attività professionale con l’attività sociale, utilizzata, peraltro, come strumento di accaparramento di clientela. (Nella specie è stata ritenuta congrua la sanzione della sospensione per mesi quattro)” (Cons. Naz. Forense, 28-10-1999, n. 185).

- “L’avvocato che, quale socio di una società per il recupero dei crediti, proponga a colleghi corrispondenti prestazioni professionali dietro corrispettivo di percentuali sull’onorario, con decurtazione anche rispetto alle tariffe, pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante perché in contrasto con il divieto di accaparramento di clientela e di indipendenza a cui ciascun professionista è tenuto. (Nella specie la sanzione della sospensione è stata ridotta da mesi quattro a mesi due)” (Cons. Naz. Forense, 21-07-1999, n. 97).

- “Pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante, perché volto all’accaparramento di clientela, l’avvocato che con telefonate a familiari, con contatti diretti e con distribuzione di biglietti da visita in luoghi di detenzione o di accoglienza di rei e di persone inclini alla delinquenza, in spregio anche alle acquisizioni di difesa da parte di altri colleghi, si attivi costantemente per ottenere incarichi professionali. (Nella specie è stata confermata la sanzione della sospensione per mesi due)” (Cons. Naz. Forense, 22-07-1997).

- “L’avvocato che, a mezzo di interviste e comunicazioni rese agli organi di stampa enfatizzi sé, la sua professionalità e le proprie tecniche processuali e di difesa, pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante perché tendente ad accaparramento di clientela. (Nella specie è stata ritenuta idonea la sanzione della censura in luogo della sospensione di tre mesi)” (Cons. Naz. Forense, 30-10-1996).

La condotta dell’avvocato è stata invece ritenuta corretta nei seguenti casi:

- “Legittima la divulgazione in un articolo di stampa (che trattava di studi multimediali) del sito internet relativo ad uno studio legale in cui venivano illustrate le modalità di utilizzo del collegamento e si faccia comunque riferimento ad un eventuale incarico fiduciario che potrà essere affidato al professionista titolare” (Cons. Naz. Forense, 18-06-2002, n. 82).

- “Il professionista che invii a terzi una lettera contenente l’informazione di una innovazione giurisprudenziale proveniente dalla Corte di giustizia europea, e di sicuro interesse collettivo, pone in essere un comportamento deontologicamente corretto e non rientrante nelle ipotesi vietate di pubblicità e di accaparramento di clientela” (Cons. Naz. Forense, 25-03-2002, n. 25).

5. Considerazioni conclusive

Certamente vietato ai sensi dell’art. 19 del codice deontologico è accettare proposte da parte di asseriti procacciatori di clienti.

Per quanto riguarda il contenuto del proprio sito web l’avvocato, se vuole scongiurare qualsiasi rischio di incorrere in un procedimento disciplinare e nell’eventuale conseguente sanzione, deve rigorosamente attenersi al dato testuale delle norme del codice deontologico afferenti la pubblicità professionale (artt. 17 e 17 bis), avallandone una interpretazione assai rigida, evitando di pubblicare messaggi autocelebrativi e autocompiaciuti dell’attività dello studio, i nomi dei propri clienti, oppure informazioni tali da costituire pubblicità suggestiva.