Apertura delle frequenze radio in onde medie agli operatori privati: nuovo articolo 24-bis del TUSMAR

Apertura delle frequenze radio in onde medie agli operatori privati: nuovo articolo 24-bis del TUSMAR
Apertura delle frequenze radio in onde medie agli operatori privati: nuovo articolo 24-bis del TUSMAR

Abstract

In esito ad una denuncia di infrazione, presentata alla Commissione Europea da un privato cittadino [Il contenuto della denuncia, contro l’Italia, presentata alla Commissione Europea è sostanzialmente quella dell’articolo Il contrasto tra normativa italiana e normativa comunitaria in materia di radiodiffusione analogica nella gamma delle onde medie, pubblicato in Filodiritto del 24 marzo 2012. Per la versione estesa dell’articolo, vedi Il contrasto tra normativa italiana e normativa comunitaria in materia di radiodiffusione analogica nella gamma delle onde medie - Filodiritto], è stato approvato l’articolo 4 della legge 29 luglio 2015, n. 115 (Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2014) pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 178 del 3 agosto 201 ed, entrata in vigore il 18 agosto 2015.

La disposizione normativa approvata – che ha apportato una novella legislativa al «Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi e Radiofonici» (TUSMAR) - viene sottoposta ad vaglio critico, in riferimento ai motivi della denuncia.

Sommario: 1. La denuncia che ha portato all’apertura del caso «EU Pilot 3473/12/INSO» – 2. Il nuovo articolo 24-bis del TUSMAR – 3. Esame critico della nuova disposizione normativa – 4. L’attuale situazione giuridica degli operatori privati in onde medie.

1. LA DENUNCIA CHE HA PORTATO ALL’APERTURA DEL CASO «EU PILOT 3473/12/INSO»

Sin dall’atto della denuncia di infrazione, inviata alla Commissione Europea il 2 aprile 2012, era stato evidenziato come il divieto - imposto dalla vigente normativa italiana di cui al combinato disposto degli articoli 24, comma 1[1], e 42, comma 10[2], del TUSMAR (Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi e Radiofonici), approvato con Decreto Legislativo 31 luglio 2005, n. 177 - contrastasse con la normativa europea in tema di libertà di concorrenza e di libertà di comunicazione, in quanto impediva ai soggetti privati  di trasmettere nella gamma delle onde medie.

La norma risultante dall’interpretazione del combinato disposto costringeva, infatti,  chi avesse voluto trasmettere in onde medie (a modulazione d’ampiezza in tecnica analogica) ad attendere l’adozione da parte delle Autorità italiane del piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche in tecnica analogica (PNAF); atto, a propria volta, condizionato  all'effettiva introduzione della radiodiffusione sonora in tecnica digitale e allo sviluppo del relativo mercato.

Questa situazione si protrae sin dal 30 settembre 2001.

Sempre nella denuncia, l’assoluta genericità di tale norma  portava ad affermare che il piano di assegnazione delle frequenze radio analogiche fosse, di fatto, sottoposto ad una vera e propria condizione meramente potestativa, mentre il rispetto della normativa comunitaria sarebbe stato possibile – nelle more procedimentali dell’Esecutivo italiano – solo affermando la legittimità dell’utilizzo delle frequenze delle onde medie in tecnica analogica,  anche in assenza del relativo piano, residuando, come unico obbligo, quello del rispetto delle convenzioni internazionali.

2. IL NUOVO ARTICOLO 24-BIS DEL TUSMAR

Con la novella legislativa di cui all’articolo 24-bis del TUSMAR (introdotta dall’articolo 4 della legge europea 2014), lo Stato italiano intenderebbe chiudere il caso EU Pilot[3] 3473/12/INSO, aperto a seguito della denuncia presentata alla Commissione Europea.

Il testo del nuovo articolo, inserito nella legge 29 luglio 2015, n. 115, è il seguente

(Disposizioni in materia di servizi di radiodiffusione sonora in onde medie a modulazione di ampiezza. Caso EU Pilot 3473/12/INSO)

«1.Dopo l'articolo 24 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, è inserito il seguente:

«Art. 24-bis. -- (Assegnazione dei diritti d'uso per le trasmissioni di radiodiffusione sonora). -- 1. Nel rispetto delle risorse di frequenze e delle connesse aree di servizio attribuite all'Italia e coordinate secondo le regole stabilite dall'Unione internazionale delle telecomunicazioni (UIT) in base al Piano di radiodiffusione -- Ginevra 1975, le frequenze radio in onde medie a modulazione di ampiezza (AM) possono essere assegnate dal Ministero per le trasmissioni di radiodiffusione sonora, compatibilmente con gli obblighi del servizio pubblico di cui al presente testo unico e con i relativi piani di sviluppo, anche a soggetti nuovi entranti, previa individuazione dei criteri e delle modalità di assegnazione da parte dell'Autorità, tenuto conto dei princìpi di cui agli articoli 27, comma 5, e 29, comma 3, del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, e in modo da consentire un uso efficiente dello spettro radioelettrico, anche promuovendo l'innovazione tecnologica».

3ESAME CRITICO DELLA NUOVA DISPOSIZIONE NORMATIVA

L’esame critico della disposizione normativa approvata permette di evidenziare, con riferimento alle frasi evidenziate, quanto segue:

a) “(Assegnazione dei diritti d'uso per le trasmissioni di radiodiffusione sonora) (…) Le frequenze radio in onde medie a modulazione di ampiezza (AM) possono essere assegnate (…) previa individuazione dei criteri e delle modalità di assegnazione da parte dell'Autorità, tenuto conto dei princìpi di cui agli articoli 27, comma 5[4], e 29, comma 3[5], del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni”.

È giusto rilevare che - a differenza dell’art. 24 -  il nuovo art. 24-bis del TUSMAR (introdotto dall’art. 4 della legge europea 2014 e specificamente rivolto alle gamma delle onde  medie a modulazione di ampiezza) non opera la distinzione tra analogico e digitale, sganciandosi così da quel assurdo criterio cronologico che richiedeva prima la completa realizzazione del sistema digitale e poi l’assegnazione di frequenze in analogico (cosa che, invece,  caratterizza ancora l’art. 24 il cui residuo ambito di applicazione è ora quella della sola modulazione di frequenza).

Ciononostante, il legislatore del 2015  sembra aver dimenticato che l’interesse dei futuri operatori radiofonici privati in onde medie riguarda essenzialmente (se non esclusivamente) l’ambito locale, con utilizzo quindi  di potenze di emissione ben inferiori alle soglie fissate dalle normative in materia). Trattasi, infatti, di stazioni low power, a carattere locale, alcune delle quali a carattere comunitario[6].

In sede di denuncia era stato evidenziato che nel caso delle onde medie in tecnica analogica non sussistono né il rischio di interferenze dannose né, tanto meno, la scarsità delle risorse (cioè le frequenze radio); ciò nonostante, la normativa statale italiana subordinava il diritto di trasmettere – in via generale (e, pertanto, in modo arbitrario) – alla concessione di uso della relativa frequenza.

Già il legislatore italiano del 2005 aveva ritenuto le frequenze in onde medie – considerata la situazione di fatto allora esistente -  una “risorsa scarsa" (termine utilizzato dal Codice delle comunicazioni elettroniche, approvato con decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259[7]), scelta alla quale consegue la necessità di metterle in palio tra gli interessati mediante una gara per il rilascio delle concessioni. In proposito, è appena il caso di ricordare che la situazione di fatto è ora del tutto diversa, come riportato dall’AGCOM a pag. 5 degli  “Esiti della consultazione pubblica relativa all’utilizzo, in tecnica analogica e digitale, delle frequenze in onde medie e corte, e comunque in bande inferiori ai 30 MHz”[8] (resi noti il 20 dicembre 2013), ove viene esplicitamente riportato che “Il MiSE ha pienamente confermato la disponibilità di risorse frequenziali in onde medie (senza alcuna minaccia di interferenze), lasciate libere dalla Rai, attribuite all’Italia secondo le regole stabilite dall’UIT, dichiarando pertanto, la mancanza di impedimenti tecnici tali da non consentire a singoli soggetti privati l’avvio di un’attività di emissione radiofonica a carattere analogico nelle Onde Medie a modulazione d’ampiezza (AM–MW)”.

Giunti a questo punto della disamina, è necessario ricordare che l’art. 5, comma 1, lettera b)[9] del TUSMAR prevede per le emittenti broadcasting tanto l’autorizzazione(generale) a trasmettere quanto la necessità di ottenere in concessione il  diritto d’uso delle frequenze: il legislatore statale aveva quindi ritenuto necessario (generalmente e, per questo, arbitrariamente) dover garantire l’uso efficiente delle frequenze radio mediante il meccanismo della concessione d’uso, unitamente all’autorizzazione generale. Questo, però, senza operare alcuna distinzione tra frequenze radio in FM (sicuramente affollate) e frequenze radio in onde medie (desolatamente libere e, pertanto, senza problema alcuno per le emittenti a bassa potenza d’emissione, che dovrebbero essere le uniche beneficiarie del nuovo articolo 24-bis del TUSMAR).

Il legislatore italiano ha, purtroppo, acriticamente fatto proprio quanto affermato dall’AGCOM a pag. 26 dei citati “Esiti …”, secondo la quale “alla questione principale che ci si è posti nell’avviare la consultazione pubblica - ovvero se sussista la necessità di provvedere a limitare i diritti d’uso, prevedendo quindi il rilascio di diritti individuali - si ritiene di dover rispondere affermativamente, quantomeno in virtù di un principio di cautela, considerando la numerosità delle manifestazioni di interesse acquisite, rapportata alle risorse disponibili”.

Al tempo stesso, però, l’Autorità garante subito dopo è stata costretta (dall’evidenza delle cose) a correggere il tiro affermando che “va rilevato che gli attuali vincoli normativi che impediscono l’ingresso nel mercato di nuovi soggetti risultano ampiamente comprensibili se riferiti alla radiodiffusione analogica nella banda VHF (la banda 87,5-108 MHz), dove la situazione di oggettiva congestione delle utilizzazioni in atto rende di fatto impossibile ipotizzare l’ingresso di nuovi soggetti, se non a seguito di una sostanziale ri-pianificazione della banda e revisione della regolamentazione. Tuttavia in caso di disponibilità di nuove risorse, come avverrebbe se si rendesse disponibile attraverso una pianificazione la banda delle OM, lo stesso vincolo non troverebbe giustificazione, ma al contrario, si ritiene che dovrebbe essere valutata l’opportunità di stabilire una riserva per i soggetti nuovi entranti”. (vedi “Esiti…” cit., a pag. 26, punto b).

In sintesi, l’AGCOM, riparandosi dietro un presunto “principio di cautela” dapprima ha affermato la necessità di limitare i diritti d’uso delle frequenze in onda media; successivamente, però,  si è accorta di essersi spinta troppo in avanti e ha cercato così di frenare ammettendo la grande diversità – nel sistema radiofonico italiano - tra l’attuale affollamento della modulazione di frequenza e il “deserto” delle onde medie italiane. Deserto che  non giustifica alcuna limitazione alla libertà di trasmissione degli operatori privati in onde medie.

In realtà, come in precedenza ricordato al paragrafo 1, il rispetto della normativa comunitaria è possibile affermando la legittimità dell’utilizzo delle frequenze delle onde medie in tecnica analogica,  anche in assenza del relativo piano, residuando, come unico obbligo, quello del rispetto delle convenzioni internazionali.

In proposito, ricordiamo che la normativa statale italiana prevede – così come per tutti i soggetti privati che intendano fornire un servizio di comunicazione elettronica ad uso pubblico – che anche gli operatori che vogliano avviare un’attività di radiodiffusione sonora in onde medie presentino una “segnalazione certificata di inizio attività (S.C.I.A)” alla competente autorità governativa (attualmente le Direzioni Generali, afferenti all’ambito delle “Comunicazioni”, del Ministero dello Sviluppo Economico). Tale adempimento – che è previsto dall’art. 25 dell’altro testo normativo fondamentale del settore, cioè il Codice delle comunicazioni elettroniche – è volto al rilascio della c.d. autorizzazione generale a trasmettere.

È importante la terminologia utilizzata: il Codice parla di autorizzazione[10] (e non di concessione[11]) proprio perché «l'attività di fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica è libera»,salvo poche e ben precise limitazioni.[12]

E ciò viene ribadito dal successivo art. 27[13], il quale esclude la necessità di ottenere un’ulteriore concessione del diritto individuale di uso delle frequenze radio «ogni qualvolta ciò sia possibile e sempre che il rischio di interferenze dannose sia trascurabile».

Come abbiamo affermato, nel caso delle onde medie in tecnica analogica (e, particolarmente, nel caso di emissioni limitate all’ambito locale) non sussistono né il rischio di interferenze dannose né, tanto meno, la scarsità delle risorse (cioè le frequenze radio); ciò nonostante, abbiamo visto prima che la normativa statale italiana (art. 5, comma 1, lettera b) del TUSMAR) subordina il diritto di trasmettere – in via generale (e, a nostro parere, in modo arbitrario) – alla concessione di uso della relativa frequenza.

Tornando al ruolo svolto dal potere legislativo nel corrente anno 2015, il Parlamento -  grazie proprio al nuovo articolo 24-bis - ben avrebbe potuto rimediare all’errore commesso dalla precedente normativa e ripetuto da Governo e AGCOM, stabilendo - per gli operatori delle onde medie in ambito locale - la deroga dall’obbligo di attendere anche la concessione della frequenza.

Ma questo non lo si è voluto fare, con il risultato che  lo Stato italiano continua ad esercitare un ruolo consono più ad un padrone, anziché a quello di semplice amministratore e, soprattutto, di garante dell’accesso all’etere italiano di tutti i soggetti interessati; ciò costringerà i nuovi operatori ad aspettare ancora per chissà quanto tempo la cessazione di uno stato di persistente illegalità dell’Italia nei confronti del diritto europeo.

b) “le frequenze radio in onde medie a modulazione di ampiezza (AM) possono essere assegnate dal Ministero per le trasmissioni di radiodiffusione sonora compatibilmente con gli obblighi del servizio pubblico di cui al presente testo unico e con i relativi piani di sviluppo”.

Permane l’occhio di riguardo verso la RAI, concessionaria del servizio pubblico che pure sta progressivamente abbandonando la gamma delle onde medie, lasciando ad essa aperta la porta per un eventuale ritorno, magari in standard digitale DRM. Se ciò può andar bene in quanto trattasi di un servizio pubblico sostenuto dalle risorse dell’intera comunità, non sarebbe però accettabile se condizionasse nuovamente l’ingresso di nuovi operatori a condizioni meramente potestative (ci riferiamo agli ipotetici piani di sviluppo, per l’adozione dei quali non vengono indicano scadenze né vicine né, tantomeno, certe).

c)  “le frequenze radio in onde medie a modulazione di ampiezza (AM) possono essere assegnate dal Ministero per le trasmissioni di radiodiffusione sonora (…) anche a soggetti nuovi entranti”.

Temiamo che la mancata esclusività dell’accesso ai soli nuovi operatori (affermata dalla parola “anche”) possa privilegiare quelli già operanti in modulazione di frequenze (in quanto concessionari o autorizzati per il servizio radiofonico in tecnica analogica alla data del 30 settembre 2001), i quali – già beneficiari anche delle frequenze riservate dall’Italia allo standard digitale DAB+ - potrebbero quindi raddoppiare (o, meglio, triplicare) la propria presenza nell’etere italiano,  a scapito, però, di coloro ai quali detta presenza è stata fino ad ora negata.

Ricordiamo che l’AGCOM, nelle conclusioni del proprio documento sugli “Esiti …” della citata consultazione sulle onde medie, aveva correttamente scritto che “dovrebbe essere valutata l’opportunità di stabilire una riserva per i soggetti nuovi entranti” (pag. 26).

d) “anche promuovendo l'innovazione tecnologica”.

Pur abbandonando – con riferimento alle onde medie – qualunque rapporto di subordinazione tra standard analogico e digitale, il legislatore – con un inciso che non apporta alcuna innovazione all’ordinamento giuridico -  esorta comunque ad una generica «innovazione tecnologica», che adesso come adesso fa pensare solamente al “feticcio del digitale” che – dopo la televisione – le nostre Autorità sembrerebbero voler imporre anche al mezzo radiofonico.

Le Autorità italiane sembrano così aver dimenticato il fondamentale principio comunitario della neutralità tecnologica ai sensi del quale non va favorita alcuna specifica tecnologia,  lasciando invece  agli operatori commerciali la possibilità di presentare le soluzioni tecnologiche più appropriate per fornire i servizi agli utenti finali.

e) manca una data entro la quale l’AGCOM dovrà fissare i criteri.

Tale omissione è il principale vizio del nuovo articolo 24-bis del TUSMAR, tale da porre nel nulla ogni concreta ipotesi di liberalizzazione delle onde medie. Dico questo perché, non essendo indicata - già in legge – una data vicina e certa per la fissazione dei criteri e per l’espletamento delle procedure di assegnazione, nulla varrà aver esplicitamente indicato la possibilità di operare in onde medie a “soggetti nuovi entranti” e nulla varierà rispetto alla precedente situazione normativa.

Infatti, così come il vigente articolo 24 (comma 1) del Testo Unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (TUSMAR), in combinato disposto con l’art. 42 (comma 10) del medesimo Testo Unico, aveva sottoposto ad una vera e propria condizione meramente potestativa lo sblocco dell’assegnazione di frequenze per le onde medie, la mancanza fissazione di un termine nel testo del futuro art. 24-bis del TUSMAR perpetuerà tale vizio.

Stando così le cose, il nuovo art. 24-bis non varrà a chiudere il caso EU Pilot 3473/12/INSO, con conseguente mantenimento della richiesta di avvio della procedura di infrazione nei confronti dell’Italia.

4. L’ATTUALE SITUAZIONE GIURIDICA DEGLI OPERATORI PRIVATI IN ONDE MEDIE

L’omessa indicazione – sin dall’adozione del disegno di legge europea 2014 da parte dell’Esecutivo italiano -  di una data entro la quale AGCOM prima (con l’individuazione dei criteri e delle modalità di assegnazione delle frequenze radio in onde medie a modulazione di ampiezza) e Ministero dello Sviluppo Economico poi  (con l’effettiva assegnazione di dette frequenze) dovranno attuare le disposizioni del nuovo art. 24-bis del TUSMAR, non può certo ledere il diritto (che, prima che europeo, è innanzitutto costituzionale italiano) degli operatori radiofonici privati a trasmettere.

Il rinnovarsi di un’attesa, giunti a questo punto pressoché infinita, di provvedimenti dello Stato italiano, non può essere addotta a giustificazione di un divieto di esercizio della libertà di comunicazione in onde medie a tecnica analogica ed in ambito locale[14]; libertà tutelata invece dalla normativa europea e, prima ancora, dalle sentenze della Corte costituzionale italiana (le quali, pur riferite a fattispecie attinenti alle radio in FM ed alle televisioni, contengono principi di carattere generale sicuramente applicabili alle emissioni in onde medie, ripresi tanto dal Codice del 2003 quanto dal Testo unico del 2005).

In altre parole, lo Stato italiano non può certo protrarre sine die – a scapito degli operatori privati italiani in onde medie - una situazione di incertezza che impedisce, da quasi quindici anni, la libertà di comunicazione e di concorrenza nel settore delle trasmissioni in tecnica analogica, nella gamma delle onde medie ed in ambito locale.

Infatti, “…non può ritenersi responsabile del reato di cui all’art. 195 del D.P.R. 29.3.1973 n. 156 come modificato dall’art. 45 della L. 14.4.1975 n. 103 chi, nei limiti di legge, installi ed eserciti un impianto di diffusione radiofonica e televisiva via etere di portata non eccedente l’ambito locale, pure non essendo in possesso della prescritta autorizzazione che mai potrebbe essere rilasciata in mancanza della previsione legislativa dei requisiti necessari per ottenerla.

Diversamente opinando significherebbe che la inerzia a riguardo del legislatore nazionale, protratta indefinitivamente, priverebbe il soggetto di esercitare un diritto costituzionale a lui riconosciuto.” [15]

È necessario, quindi, che la Commissione Europea pretenda dalle Autorità italiane tempi certi e ragionevoli alla soluzione dell’attuale lesione inferta alle libertà dei cittadini  italiani, privati della facoltà tanto di trasmettere quanto di  ascoltare le trasmissioni in onde medie provenienti da operatori italiani diversi dal concessionario pubblico del servizio radiotelevisivo.

In considerazione dello stato di inerzia amministrativa nel quale sino ad ora si sono attardate, le Autorità italiane non potranno esercitare azioni repressive nei confronti degli operatori che già esercitano  quello che è un vero e proprio  diritto a trasmettere.

In mancanza, si ritiene che la Commissione Europea non avrà altra strada se non quella di proseguire nella procedura di infrazione nei confronti dell’Esecutivo italiano, passando alla fase della “costituzione in mora”[16].

[1] art. 24 (Durata e limiti delle concessioni e autorizzazioni radiofoniche su frequenze terrestri in tecnica analogica)(comma 1) Fino all'adozione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze di radiodiffusione sonora in tecnica analogica di cui all'articolo 42, comma 10, la radiodiffusione sonora privata in àmbito nazionale e locale su frequenze terrestri in tecnica analogica è esercitata in regime di concessione o di autorizzazione con i diritti e gli obblighi stabiliti per il concessionario dalla legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni, da parte dei soggetti legittimamente operanti … alla data del 30 settembre 2001 …;

[2] Art. 42 (Uso efficiente dello spettro elettromagnetico e pianificazione delle frequenze)(comma 10) L'Autorità adotta il piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche in tecnica analogica successivamente all'effettiva introduzione della radiodiffusione sonora in tecnica digitale e allo sviluppo del relativo mercato.

[3] Per una descrizione di questo procedura di “pre-infrazione”, vedi nel sito della Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’Unione Europea.

[4] Art. 27  (Diritti di uso delle frequenze radio e dei numeri) (comma 5)  I diritti di uso delle frequenze radio e dei numeri sono rilasciati mediante procedure aperte, obiettive, trasparenti, non discriminatorie e proporzionate. Nel caso delle frequenze radio il Ministero, nel rilasciare i diritti, precisa se essi siano trasferibili su iniziativa del detentore degli stessi e a quali condizioni, conformemente all'articolo 14*. Una deroga ai requisiti per le procedure aperte può essere applicata quando il rilascio di diritti individuali d'uso delle frequenze radio per la diffusione di contenuti radiofonici o televisivi è necessario per conseguire un obiettivo di interesse generale conforme alla normativa dell'Unione europea.

*[Art. 14-Gestione delle radiofrequenze per i servizi di comunicazione elettronica (comma 1)  Tenendo debito conto della circostanza che le radiofrequenze sono un bene pubblico dotato di un importante valore sociale, culturale ed economico, il Ministero e l'Autorità, nell'ambito delle rispettive competenze, assicurano la gestione efficiente delle radiofrequenze per i servizi di comunicazione elettronica.]

[5] Art. 29  (Procedura per limitare il numero dei diritti di uso da concedere per le frequenze radio) (comma 3) Qualora sia necessario concedere in numero limitato i diritti individuali di uso delle frequenze radio, il Ministero invita a presentare domanda per la concessione dei diritti di uso e ne effettua l'assegnazione in base a procedure stabilite dall'Autorità. Tali criteri di selezione devono essere obiettivi, trasparenti, proporzionati e non discriminatori e devono tenere in adeguata considerazione gli obiettivi di cui all‘articolo 13° e le prescrizioni di cui all‘articolo 14 del Codice.

°[Art. 13-Obiettivi e principi dell'attività di regolamentazione (comma 1) Nello svolgere le funzioni di regolamentazione indicate nel Codice e secondo le procedure in esso contenute, il Ministero e l'Autorità, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano tutte le misure ragionevoli e proporzionate intese a conseguire gli obiettivi generali … ]

[6]Ai sensi dell’art. 16, comma 5, della legge 6 agosto 1990, n. 223, “La radiodiffusione sonora a carattere comunitario è caratterizzata dall'assenza dello scopo di lucro ed è esercitata da fondazioni, associazioni riconosciute e non riconosciute che siano espressione di particolari istanze culturali, etniche, politiche e religiose, nonché società cooperative costituite ai sensi dell'articolo 2511 del codice civile, che abbiano per oggetto sociale la realizzazione di un servizio di radiodiffusione sonora a carattere culturale, etnico, politico e religioso (…)”.

[7] L’allegato 10 del Codice delle comunicazioni elettroniche, con riferimento alle “reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico”, dopo aver previsto, all’articolo 2, che le imprese sono tenute al pagamento di contributi per la concessione dei diritti di uso delle frequenze radio, all’articolo 5 ne determina gli importi, appunto per l'uso di “risorse scarse”.

Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del Codice, tra le reti ad uso pubblico vanno “comprese le reti utilizzate per la diffusione circolare di programmi sonori e televisivi e le reti della televisione via cavo”.

[8] Documento consultabile nel sito dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.

[9] Art. 5 (Principi generali del sistema dei servizi di media audiovisivi e della radiofonia a salvaguardia del pluralismo e della concorrenza)

« 1. Il sistema dei servizi di media audiovisivi e della radiofonia, a garanzia del pluralismo dei mezzi di comunicazione radiotelevisiva, si conforma ai seguenti princìpi: (...)

b) previsione di differenti titoli abilitativi per lo svolgimento delle attività di operatore di rete o di emittente o di fornitore di servizi di media audiovisivi a richiesta o di emittente radiofonica digitale oppure di fornitore di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato, con la previsione del regime dell'autorizzazione per le attività dianzi menzionate; l'autorizzazione non comporta l'assegnazione delle radiofrequenze, che è effettuata con distinto provvedimento; ...».

[10]  Ricordiamo che – nell’ordinamento giuridico italiano – l’autorizzazione è un provvedimento mediante il quale la pubblica amministrazione rimuove semplicemente un limite legale all’esercizio di un diritto, del quale il soggetto da autorizzare è comunque già titolare. In questo caso, pertanto,  lo Stato deve fungere da semplice amministratore e garante del diritto del singolo individuo.

[11]  A differenza dell’autorizzazione, nel procedimento concessorio non preesiste un diritto del singolo, bensì un semplice interesse legittimo che si contrappone all’interesse della collettività: in tal caso, spetta allo Stato valutare la compatibilità dell’interesse individuale con quello pubblico (come nel caso di scarsità delle frequenze radio a fronte di un eccessivo numero di soggetti che ne richiedano l’utilizzo: come sappiamo, però, questo non è il caso delle frequenze delle onde medie in tecnica analogica).

[12] Art. 25 del Codice:

 «1. L'attività di fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica è libera ai sensi dell'articolo 3, fatte salve le condizioni stabilite nel presente Capo e le eventuali limitazioni introdotte da disposizioni legislative regolamentari e amministrative che prevedano un regime particolare per i cittadini o le imprese di Paesi non appartenenti all'Unione europea o allo Spazio economico europeo, o che siano giustificate da esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato e della sanità pubblica, compatibilmente con le esigenze della tutela dell'ambiente e della protezione civile, poste da specifiche disposizioni, ivi comprese quelle vigenti alla data di entrata in vigore del Codice.»

[13]Art. 27(Diritti di uso delle frequenze radio e dei numeri)del Codice:

«1. Ogni qualvolta ciò sia possibile e sempre che il rischio di interferenze dannose sia trascurabile secondo le disposizioni del piano nazionale di ripartizione delle frequenze, l'uso delle frequenze radio non è subordinato alla concessione di diritti individuali di uso.

[14] L’importante concetto viene scientificamente esaminato nel dettaglio nell’opera di  Massimo Lualdi, Il concetto giuridico di ambito locale nel sistema radiofonico italiano alla luce dell’evoluzione tecnologica, Planet s.r.l., Legnano (Milano) 2007.

[15] Tale elementare principio è consacrato nella sentenza  della Cassazione , sez. III penale, n. 1332 del 17 ottobre 1984 (depositata il 17 ottobre 1984); vedi anche Massimo Lualdi, op. cit., pag. 129,  che -   osservadone la non applicazione (all’epoca) alle reti televisive nazionali – evidenzia invece l’applicabilità agli impianti di diffusione radiofonica e televisiva di portata non eccedente l’ambito locale.

[16] Con riferimento ai procedimenti di infrazione, vedi la pagina esplicativa della Commissione Europea.

Abstract

In esito ad una denuncia di infrazione, presentata alla Commissione Europea da un privato cittadino [Il contenuto della denuncia, contro l’Italia, presentata alla Commissione Europea è sostanzialmente quella dell’articolo Il contrasto tra normativa italiana e normativa comunitaria in materia di radiodiffusione analogica nella gamma delle onde medie, pubblicato in Filodiritto del 24 marzo 2012. Per la versione estesa dell’articolo, vedi Il contrasto tra normativa italiana e normativa comunitaria in materia di radiodiffusione analogica nella gamma delle onde medie - Filodiritto], è stato approvato l’articolo 4 della legge 29 luglio 2015, n. 115 (Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2014) pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 178 del 3 agosto 201 ed, entrata in vigore il 18 agosto 2015.

La disposizione normativa approvata – che ha apportato una novella legislativa al «Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi e Radiofonici» (TUSMAR) - viene sottoposta ad vaglio critico, in riferimento ai motivi della denuncia.

Sommario: 1. La denuncia che ha portato all’apertura del caso «EU Pilot 3473/12/INSO» – 2. Il nuovo articolo 24-bis del TUSMAR – 3. Esame critico della nuova disposizione normativa – 4. L’attuale situazione giuridica degli operatori privati in onde medie.

1. LA DENUNCIA CHE HA PORTATO ALL’APERTURA DEL CASO «EU PILOT 3473/12/INSO»

Sin dall’atto della denuncia di infrazione, inviata alla Commissione Europea il 2 aprile 2012, era stato evidenziato come il divieto - imposto dalla vigente normativa italiana di cui al combinato disposto degli articoli 24, comma 1[1], e 42, comma 10[2], del TUSMAR (Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi e Radiofonici), approvato con Decreto Legislativo 31 luglio 2005, n. 177 - contrastasse con la normativa europea in tema di libertà di concorrenza e di libertà di comunicazione, in quanto impediva ai soggetti privati  di trasmettere nella gamma delle onde medie.

La norma risultante dall’interpretazione del combinato disposto costringeva, infatti,  chi avesse voluto trasmettere in onde medie (a modulazione d’ampiezza in tecnica analogica) ad attendere l’adozione da parte delle Autorità italiane del piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche in tecnica analogica (PNAF); atto, a propria volta, condizionato  all'effettiva introduzione della radiodiffusione sonora in tecnica digitale e allo sviluppo del relativo mercato.

Questa situazione si protrae sin dal 30 settembre 2001.

Sempre nella denuncia, l’assoluta genericità di tale norma  portava ad affermare che il piano di assegnazione delle frequenze radio analogiche fosse, di fatto, sottoposto ad una vera e propria condizione meramente potestativa, mentre il rispetto della normativa comunitaria sarebbe stato possibile – nelle more procedimentali dell’Esecutivo italiano – solo affermando la legittimità dell’utilizzo delle frequenze delle onde medie in tecnica analogica,  anche in assenza del relativo piano, residuando, come unico obbligo, quello del rispetto delle convenzioni internazionali.

2. IL NUOVO ARTICOLO 24-BIS DEL TUSMAR

Con la novella legislativa di cui all’articolo 24-bis del TUSMAR (introdotta dall’articolo 4 della legge europea 2014), lo Stato italiano intenderebbe chiudere il caso EU Pilot[3] 3473/12/INSO, aperto a seguito della denuncia presentata alla Commissione Europea.

Il testo del nuovo articolo, inserito nella legge 29 luglio 2015, n. 115, è il seguente

(Disposizioni in materia di servizi di radiodiffusione sonora in onde medie a modulazione di ampiezza. Caso EU Pilot 3473/12/INSO)

«1.Dopo l'articolo 24 del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, è inserito il seguente:

«Art. 24-bis. -- (Assegnazione dei diritti d'uso per le trasmissioni di radiodiffusione sonora). -- 1. Nel rispetto delle risorse di frequenze e delle connesse aree di servizio attribuite all'Italia e coordinate secondo le regole stabilite dall'Unione internazionale delle telecomunicazioni (UIT) in base al Piano di radiodiffusione -- Ginevra 1975, le frequenze radio in onde medie a modulazione di ampiezza (AM) possono essere assegnate dal Ministero per le trasmissioni di radiodiffusione sonora, compatibilmente con gli obblighi del servizio pubblico di cui al presente testo unico e con i relativi piani di sviluppo, anche a soggetti nuovi entranti, previa individuazione dei criteri e delle modalità di assegnazione da parte dell'Autorità, tenuto conto dei princìpi di cui agli articoli 27, comma 5, e 29, comma 3, del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni, e in modo da consentire un uso efficiente dello spettro radioelettrico, anche promuovendo l'innovazione tecnologica».

3ESAME CRITICO DELLA NUOVA DISPOSIZIONE NORMATIVA

L’esame critico della disposizione normativa approvata permette di evidenziare, con riferimento alle frasi evidenziate, quanto segue:

a) “(Assegnazione dei diritti d'uso per le trasmissioni di radiodiffusione sonora) (…) Le frequenze radio in onde medie a modulazione di ampiezza (AM) possono essere assegnate (…) previa individuazione dei criteri e delle modalità di assegnazione da parte dell'Autorità, tenuto conto dei princìpi di cui agli articoli 27, comma 5[4], e 29, comma 3[5], del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, e successive modificazioni”.

È giusto rilevare che - a differenza dell’art. 24 -  il nuovo art. 24-bis del TUSMAR (introdotto dall’art. 4 della legge europea 2014 e specificamente rivolto alle gamma delle onde  medie a modulazione di ampiezza) non opera la distinzione tra analogico e digitale, sganciandosi così da quel assurdo criterio cronologico che richiedeva prima la completa realizzazione del sistema digitale e poi l’assegnazione di frequenze in analogico (cosa che, invece,  caratterizza ancora l’art. 24 il cui residuo ambito di applicazione è ora quella della sola modulazione di frequenza).

Ciononostante, il legislatore del 2015  sembra aver dimenticato che l’interesse dei futuri operatori radiofonici privati in onde medie riguarda essenzialmente (se non esclusivamente) l’ambito locale, con utilizzo quindi  di potenze di emissione ben inferiori alle soglie fissate dalle normative in materia). Trattasi, infatti, di stazioni low power, a carattere locale, alcune delle quali a carattere comunitario[6].

In sede di denuncia era stato evidenziato che nel caso delle onde medie in tecnica analogica non sussistono né il rischio di interferenze dannose né, tanto meno, la scarsità delle risorse (cioè le frequenze radio); ciò nonostante, la normativa statale italiana subordinava il diritto di trasmettere – in via generale (e, pertanto, in modo arbitrario) – alla concessione di uso della relativa frequenza.

Già il legislatore italiano del 2005 aveva ritenuto le frequenze in onde medie – considerata la situazione di fatto allora esistente -  una “risorsa scarsa" (termine utilizzato dal Codice delle comunicazioni elettroniche, approvato con decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259[7]), scelta alla quale consegue la necessità di metterle in palio tra gli interessati mediante una gara per il rilascio delle concessioni. In proposito, è appena il caso di ricordare che la situazione di fatto è ora del tutto diversa, come riportato dall’AGCOM a pag. 5 degli  “Esiti della consultazione pubblica relativa all’utilizzo, in tecnica analogica e digitale, delle frequenze in onde medie e corte, e comunque in bande inferiori ai 30 MHz”[8] (resi noti il 20 dicembre 2013), ove viene esplicitamente riportato che “Il MiSE ha pienamente confermato la disponibilità di risorse frequenziali in onde medie (senza alcuna minaccia di interferenze), lasciate libere dalla Rai, attribuite all’Italia secondo le regole stabilite dall’UIT, dichiarando pertanto, la mancanza di impedimenti tecnici tali da non consentire a singoli soggetti privati l’avvio di un’attività di emissione radiofonica a carattere analogico nelle Onde Medie a modulazione d’ampiezza (AM–MW)”.

Giunti a questo punto della disamina, è necessario ricordare che l’art. 5, comma 1, lettera b)[9] del TUSMAR prevede per le emittenti broadcasting tanto l’autorizzazione(generale) a trasmettere quanto la necessità di ottenere in concessione il  diritto d’uso delle frequenze: il legislatore statale aveva quindi ritenuto necessario (generalmente e, per questo, arbitrariamente) dover garantire l’uso efficiente delle frequenze radio mediante il meccanismo della concessione d’uso, unitamente all’autorizzazione generale. Questo, però, senza operare alcuna distinzione tra frequenze radio in FM (sicuramente affollate) e frequenze radio in onde medie (desolatamente libere e, pertanto, senza problema alcuno per le emittenti a bassa potenza d’emissione, che dovrebbero essere le uniche beneficiarie del nuovo articolo 24-bis del TUSMAR).

Il legislatore italiano ha, purtroppo, acriticamente fatto proprio quanto affermato dall’AGCOM a pag. 26 dei citati “Esiti …”, secondo la quale “alla questione principale che ci si è posti nell’avviare la consultazione pubblica - ovvero se sussista la necessità di provvedere a limitare i diritti d’uso, prevedendo quindi il rilascio di diritti individuali - si ritiene di dover rispondere affermativamente, quantomeno in virtù di un principio di cautela, considerando la numerosità delle manifestazioni di interesse acquisite, rapportata alle risorse disponibili”.

Al tempo stesso, però, l’Autorità garante subito dopo è stata costretta (dall’evidenza delle cose) a correggere il tiro affermando che “va rilevato che gli attuali vincoli normativi che impediscono l’ingresso nel mercato di nuovi soggetti risultano ampiamente comprensibili se riferiti alla radiodiffusione analogica nella banda VHF (la banda 87,5-108 MHz), dove la situazione di oggettiva congestione delle utilizzazioni in atto rende di fatto impossibile ipotizzare l’ingresso di nuovi soggetti, se non a seguito di una sostanziale ri-pianificazione della banda e revisione della regolamentazione. Tuttavia in caso di disponibilità di nuove risorse, come avverrebbe se si rendesse disponibile attraverso una pianificazione la banda delle OM, lo stesso vincolo non troverebbe giustificazione, ma al contrario, si ritiene che dovrebbe essere valutata l’opportunità di stabilire una riserva per i soggetti nuovi entranti”. (vedi “Esiti…” cit., a pag. 26, punto b).

In sintesi, l’AGCOM, riparandosi dietro un presunto “principio di cautela” dapprima ha affermato la necessità di limitare i diritti d’uso delle frequenze in onda media; successivamente, però,  si è accorta di essersi spinta troppo in avanti e ha cercato così di frenare ammettendo la grande diversità – nel sistema radiofonico italiano - tra l’attuale affollamento della modulazione di frequenza e il “deserto” delle onde medie italiane. Deserto che  non giustifica alcuna limitazione alla libertà di trasmissione degli operatori privati in onde medie.

In realtà, come in precedenza ricordato al paragrafo 1, il rispetto della normativa comunitaria è possibile affermando la legittimità dell’utilizzo delle frequenze delle onde medie in tecnica analogica,  anche in assenza del relativo piano, residuando, come unico obbligo, quello del rispetto delle convenzioni internazionali.

In proposito, ricordiamo che la normativa statale italiana prevede – così come per tutti i soggetti privati che intendano fornire un servizio di comunicazione elettronica ad uso pubblico – che anche gli operatori che vogliano avviare un’attività di radiodiffusione sonora in onde medie presentino una “segnalazione certificata di inizio attività (S.C.I.A)” alla competente autorità governativa (attualmente le Direzioni Generali, afferenti all’ambito delle “Comunicazioni”, del Ministero dello Sviluppo Economico). Tale adempimento – che è previsto dall’art. 25 dell’altro testo normativo fondamentale del settore, cioè il Codice delle comunicazioni elettroniche – è volto al rilascio della c.d. autorizzazione generale a trasmettere.

È importante la terminologia utilizzata: il Codice parla di autorizzazione[10] (e non di concessione[11]) proprio perché «l'attività di fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica è libera»,salvo poche e ben precise limitazioni.[12]

E ciò viene ribadito dal successivo art. 27[13], il quale esclude la necessità di ottenere un’ulteriore concessione del diritto individuale di uso delle frequenze radio «ogni qualvolta ciò sia possibile e sempre che il rischio di interferenze dannose sia trascurabile».

Come abbiamo affermato, nel caso delle onde medie in tecnica analogica (e, particolarmente, nel caso di emissioni limitate all’ambito locale) non sussistono né il rischio di interferenze dannose né, tanto meno, la scarsità delle risorse (cioè le frequenze radio); ciò nonostante, abbiamo visto prima che la normativa statale italiana (art. 5, comma 1, lettera b) del TUSMAR) subordina il diritto di trasmettere – in via generale (e, a nostro parere, in modo arbitrario) – alla concessione di uso della relativa frequenza.

Tornando al ruolo svolto dal potere legislativo nel corrente anno 2015, il Parlamento -  grazie proprio al nuovo articolo 24-bis - ben avrebbe potuto rimediare all’errore commesso dalla precedente normativa e ripetuto da Governo e AGCOM, stabilendo - per gli operatori delle onde medie in ambito locale - la deroga dall’obbligo di attendere anche la concessione della frequenza.

Ma questo non lo si è voluto fare, con il risultato che  lo Stato italiano continua ad esercitare un ruolo consono più ad un padrone, anziché a quello di semplice amministratore e, soprattutto, di garante dell’accesso all’etere italiano di tutti i soggetti interessati; ciò costringerà i nuovi operatori ad aspettare ancora per chissà quanto tempo la cessazione di uno stato di persistente illegalità dell’Italia nei confronti del diritto europeo.

b) “le frequenze radio in onde medie a modulazione di ampiezza (AM) possono essere assegnate dal Ministero per le trasmissioni di radiodiffusione sonora compatibilmente con gli obblighi del servizio pubblico di cui al presente testo unico e con i relativi piani di sviluppo”.

Permane l’occhio di riguardo verso la RAI, concessionaria del servizio pubblico che pure sta progressivamente abbandonando la gamma delle onde medie, lasciando ad essa aperta la porta per un eventuale ritorno, magari in standard digitale DRM. Se ciò può andar bene in quanto trattasi di un servizio pubblico sostenuto dalle risorse dell’intera comunità, non sarebbe però accettabile se condizionasse nuovamente l’ingresso di nuovi operatori a condizioni meramente potestative (ci riferiamo agli ipotetici piani di sviluppo, per l’adozione dei quali non vengono indicano scadenze né vicine né, tantomeno, certe).

c)  “le frequenze radio in onde medie a modulazione di ampiezza (AM) possono essere assegnate dal Ministero per le trasmissioni di radiodiffusione sonora (…) anche a soggetti nuovi entranti”.

Temiamo che la mancata esclusività dell’accesso ai soli nuovi operatori (affermata dalla parola “anche”) possa privilegiare quelli già operanti in modulazione di frequenze (in quanto concessionari o autorizzati per il servizio radiofonico in tecnica analogica alla data del 30 settembre 2001), i quali – già beneficiari anche delle frequenze riservate dall’Italia allo standard digitale DAB+ - potrebbero quindi raddoppiare (o, meglio, triplicare) la propria presenza nell’etere italiano,  a scapito, però, di coloro ai quali detta presenza è stata fino ad ora negata.

Ricordiamo che l’AGCOM, nelle conclusioni del proprio documento sugli “Esiti …” della citata consultazione sulle onde medie, aveva correttamente scritto che “dovrebbe essere valutata l’opportunità di stabilire una riserva per i soggetti nuovi entranti” (pag. 26).

d) “anche promuovendo l'innovazione tecnologica”.

Pur abbandonando – con riferimento alle onde medie – qualunque rapporto di subordinazione tra standard analogico e digitale, il legislatore – con un inciso che non apporta alcuna innovazione all’ordinamento giuridico -  esorta comunque ad una generica «innovazione tecnologica», che adesso come adesso fa pensare solamente al “feticcio del digitale” che – dopo la televisione – le nostre Autorità sembrerebbero voler imporre anche al mezzo radiofonico.

Le Autorità italiane sembrano così aver dimenticato il fondamentale principio comunitario della neutralità tecnologica ai sensi del quale non va favorita alcuna specifica tecnologia,  lasciando invece  agli operatori commerciali la possibilità di presentare le soluzioni tecnologiche più appropriate per fornire i servizi agli utenti finali.

e) manca una data entro la quale l’AGCOM dovrà fissare i criteri.

Tale omissione è il principale vizio del nuovo articolo 24-bis del TUSMAR, tale da porre nel nulla ogni concreta ipotesi di liberalizzazione delle onde medie. Dico questo perché, non essendo indicata - già in legge – una data vicina e certa per la fissazione dei criteri e per l’espletamento delle procedure di assegnazione, nulla varrà aver esplicitamente indicato la possibilità di operare in onde medie a “soggetti nuovi entranti” e nulla varierà rispetto alla precedente situazione normativa.

Infatti, così come il vigente articolo 24 (comma 1) del Testo Unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (TUSMAR), in combinato disposto con l’art. 42 (comma 10) del medesimo Testo Unico, aveva sottoposto ad una vera e propria condizione meramente potestativa lo sblocco dell’assegnazione di frequenze per le onde medie, la mancanza fissazione di un termine nel testo del futuro art. 24-bis del TUSMAR perpetuerà tale vizio.

Stando così le cose, il nuovo art. 24-bis non varrà a chiudere il caso EU Pilot 3473/12/INSO, con conseguente mantenimento della richiesta di avvio della procedura di infrazione nei confronti dell’Italia.

4. L’ATTUALE SITUAZIONE GIURIDICA DEGLI OPERATORI PRIVATI IN ONDE MEDIE

L’omessa indicazione – sin dall’adozione del disegno di legge europea 2014 da parte dell’Esecutivo italiano -  di una data entro la quale AGCOM prima (con l’individuazione dei criteri e delle modalità di assegnazione delle frequenze radio in onde medie a modulazione di ampiezza) e Ministero dello Sviluppo Economico poi  (con l’effettiva assegnazione di dette frequenze) dovranno attuare le disposizioni del nuovo art. 24-bis del TUSMAR, non può certo ledere il diritto (che, prima che europeo, è innanzitutto costituzionale italiano) degli operatori radiofonici privati a trasmettere.

Il rinnovarsi di un’attesa, giunti a questo punto pressoché infinita, di provvedimenti dello Stato italiano, non può essere addotta a giustificazione di un divieto di esercizio della libertà di comunicazione in onde medie a tecnica analogica ed in ambito locale[14]; libertà tutelata invece dalla normativa europea e, prima ancora, dalle sentenze della Corte costituzionale italiana (le quali, pur riferite a fattispecie attinenti alle radio in FM ed alle televisioni, contengono principi di carattere generale sicuramente applicabili alle emissioni in onde medie, ripresi tanto dal Codice del 2003 quanto dal Testo unico del 2005).

In altre parole, lo Stato italiano non può certo protrarre sine die – a scapito degli operatori privati italiani in onde medie - una situazione di incertezza che impedisce, da quasi quindici anni, la libertà di comunicazione e di concorrenza nel settore delle trasmissioni in tecnica analogica, nella gamma delle onde medie ed in ambito locale.

Infatti, “…non può ritenersi responsabile del reato di cui all’art. 195 del D.P.R. 29.3.1973 n. 156 come modificato dall’art. 45 della L. 14.4.1975 n. 103 chi, nei limiti di legge, installi ed eserciti un impianto di diffusione radiofonica e televisiva via etere di portata non eccedente l’ambito locale, pure non essendo in possesso della prescritta autorizzazione che mai potrebbe essere rilasciata in mancanza della previsione legislativa dei requisiti necessari per ottenerla.

Diversamente opinando significherebbe che la inerzia a riguardo del legislatore nazionale, protratta indefinitivamente, priverebbe il soggetto di esercitare un diritto costituzionale a lui riconosciuto.” [15]

È necessario, quindi, che la Commissione Europea pretenda dalle Autorità italiane tempi certi e ragionevoli alla soluzione dell’attuale lesione inferta alle libertà dei cittadini  italiani, privati della facoltà tanto di trasmettere quanto di  ascoltare le trasmissioni in onde medie provenienti da operatori italiani diversi dal concessionario pubblico del servizio radiotelevisivo.

In considerazione dello stato di inerzia amministrativa nel quale sino ad ora si sono attardate, le Autorità italiane non potranno esercitare azioni repressive nei confronti degli operatori che già esercitano  quello che è un vero e proprio  diritto a trasmettere.

In mancanza, si ritiene che la Commissione Europea non avrà altra strada se non quella di proseguire nella procedura di infrazione nei confronti dell’Esecutivo italiano, passando alla fase della “costituzione in mora”[16].

[1] art. 24 (Durata e limiti delle concessioni e autorizzazioni radiofoniche su frequenze terrestri in tecnica analogica)(comma 1) Fino all'adozione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze di radiodiffusione sonora in tecnica analogica di cui all'articolo 42, comma 10, la radiodiffusione sonora privata in àmbito nazionale e locale su frequenze terrestri in tecnica analogica è esercitata in regime di concessione o di autorizzazione con i diritti e gli obblighi stabiliti per il concessionario dalla legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni, da parte dei soggetti legittimamente operanti … alla data del 30 settembre 2001 …;

[2] Art. 42 (Uso efficiente dello spettro elettromagnetico e pianificazione delle frequenze)(comma 10) L'Autorità adotta il piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche in tecnica analogica successivamente all'effettiva introduzione della radiodiffusione sonora in tecnica digitale e allo sviluppo del relativo mercato.

[3] Per una descrizione di questo procedura di “pre-infrazione”, vedi nel sito della Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’Unione Europea.

[4] Art. 27  (Diritti di uso delle frequenze radio e dei numeri) (comma 5)  I diritti di uso delle frequenze radio e dei numeri sono rilasciati mediante procedure aperte, obiettive, trasparenti, non discriminatorie e proporzionate. Nel caso delle frequenze radio il Ministero, nel rilasciare i diritti, precisa se essi siano trasferibili su iniziativa del detentore degli stessi e a quali condizioni, conformemente all'articolo 14*. Una deroga ai requisiti per le procedure aperte può essere applicata quando il rilascio di diritti individuali d'uso delle frequenze radio per la diffusione di contenuti radiofonici o televisivi è necessario per conseguire un obiettivo di interesse generale conforme alla normativa dell'Unione europea.

*[Art. 14-Gestione delle radiofrequenze per i servizi di comunicazione elettronica (comma 1)  Tenendo debito conto della circostanza che le radiofrequenze sono un bene pubblico dotato di un importante valore sociale, culturale ed economico, il Ministero e l'Autorità, nell'ambito delle rispettive competenze, assicurano la gestione efficiente delle radiofrequenze per i servizi di comunicazione elettronica.]

[5] Art. 29  (Procedura per limitare il numero dei diritti di uso da concedere per le frequenze radio) (comma 3) Qualora sia necessario concedere in numero limitato i diritti individuali di uso delle frequenze radio, il Ministero invita a presentare domanda per la concessione dei diritti di uso e ne effettua l'assegnazione in base a procedure stabilite dall'Autorità. Tali criteri di selezione devono essere obiettivi, trasparenti, proporzionati e non discriminatori e devono tenere in adeguata considerazione gli obiettivi di cui all‘articolo 13° e le prescrizioni di cui all‘articolo 14 del Codice.

°[Art. 13-Obiettivi e principi dell'attività di regolamentazione (comma 1) Nello svolgere le funzioni di regolamentazione indicate nel Codice e secondo le procedure in esso contenute, il Ministero e l'Autorità, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano tutte le misure ragionevoli e proporzionate intese a conseguire gli obiettivi generali … ]

[6]Ai sensi dell’art. 16, comma 5, della legge 6 agosto 1990, n. 223, “La radiodiffusione sonora a carattere comunitario è caratterizzata dall'assenza dello scopo di lucro ed è esercitata da fondazioni, associazioni riconosciute e non riconosciute che siano espressione di particolari istanze culturali, etniche, politiche e religiose, nonché società cooperative costituite ai sensi dell'articolo 2511 del codice civile, che abbiano per oggetto sociale la realizzazione di un servizio di radiodiffusione sonora a carattere culturale, etnico, politico e religioso (…)”.

[7] L’allegato 10 del Codice delle comunicazioni elettroniche, con riferimento alle “reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico”, dopo aver previsto, all’articolo 2, che le imprese sono tenute al pagamento di contributi per la concessione dei diritti di uso delle frequenze radio, all’articolo 5 ne determina gli importi, appunto per l'uso di “risorse scarse”.

Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del Codice, tra le reti ad uso pubblico vanno “comprese le reti utilizzate per la diffusione circolare di programmi sonori e televisivi e le reti della televisione via cavo”.

[8] Documento consultabile nel sito dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.

[9] Art. 5 (Principi generali del sistema dei servizi di media audiovisivi e della radiofonia a salvaguardia del pluralismo e della concorrenza)

« 1. Il sistema dei servizi di media audiovisivi e della radiofonia, a garanzia del pluralismo dei mezzi di comunicazione radiotelevisiva, si conforma ai seguenti princìpi: (...)

b) previsione di differenti titoli abilitativi per lo svolgimento delle attività di operatore di rete o di emittente o di fornitore di servizi di media audiovisivi a richiesta o di emittente radiofonica digitale oppure di fornitore di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato, con la previsione del regime dell'autorizzazione per le attività dianzi menzionate; l'autorizzazione non comporta l'assegnazione delle radiofrequenze, che è effettuata con distinto provvedimento; ...».

[10]  Ricordiamo che – nell’ordinamento giuridico italiano – l’autorizzazione è un provvedimento mediante il quale la pubblica amministrazione rimuove semplicemente un limite legale all’esercizio di un diritto, del quale il soggetto da autorizzare è comunque già titolare. In questo caso, pertanto,  lo Stato deve fungere da semplice amministratore e garante del diritto del singolo individuo.

[11]  A differenza dell’autorizzazione, nel procedimento concessorio non preesiste un diritto del singolo, bensì un semplice interesse legittimo che si contrappone all’interesse della collettività: in tal caso, spetta allo Stato valutare la compatibilità dell’interesse individuale con quello pubblico (come nel caso di scarsità delle frequenze radio a fronte di un eccessivo numero di soggetti che ne richiedano l’utilizzo: come sappiamo, però, questo non è il caso delle frequenze delle onde medie in tecnica analogica).

[12] Art. 25 del Codice:

 «1. L'attività di fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica è libera ai sensi dell'articolo 3, fatte salve le condizioni stabilite nel presente Capo e le eventuali limitazioni introdotte da disposizioni legislative regolamentari e amministrative che prevedano un regime particolare per i cittadini o le imprese di Paesi non appartenenti all'Unione europea o allo Spazio economico europeo, o che siano giustificate da esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato e della sanità pubblica, compatibilmente con le esigenze della tutela dell'ambiente e della protezione civile, poste da specifiche disposizioni, ivi comprese quelle vigenti alla data di entrata in vigore del Codice.»

[13]Art. 27(Diritti di uso delle frequenze radio e dei numeri)del Codice:

«1. Ogni qualvolta ciò sia possibile e sempre che il rischio di interferenze dannose sia trascurabile secondo le disposizioni del piano nazionale di ripartizione delle frequenze, l'uso delle frequenze radio non è subordinato alla concessione di diritti individuali di uso.

[14] L’importante concetto viene scientificamente esaminato nel dettaglio nell’opera di  Massimo Lualdi, Il concetto giuridico di ambito locale nel sistema radiofonico italiano alla luce dell’evoluzione tecnologica, Planet s.r.l., Legnano (Milano) 2007.

[15] Tale elementare principio è consacrato nella sentenza  della Cassazione , sez. III penale, n. 1332 del 17 ottobre 1984 (depositata il 17 ottobre 1984); vedi anche Massimo Lualdi, op. cit., pag. 129,  che -   osservadone la non applicazione (all’epoca) alle reti televisive nazionali – evidenzia invece l’applicabilità agli impianti di diffusione radiofonica e televisiva di portata non eccedente l’ambito locale.

[16] Con riferimento ai procedimenti di infrazione, vedi la pagina esplicativa della Commissione Europea.