28 luglio 1943, caduta del fascismo a San Marino: colpo di Stato o legittimo esercizio di poteri straordinari?

1. Storia e Diritto

Il 28 luglio 1943 la Repubblica di San Marino vide la caduta del governo fascista che la governava; caduta avvenuta a seguito dell’intervento dei propri Capi di Stato, i Capitani Reggenti. (1)

Nel rinviare – per la cronaca di quei giorni – alle pagine web riportate in nota (2), vogliamo affrontare in questa sede gli aspetti giuridici della vicenda, con particolare riferimento all’ordinamento costituzionale sammarinese.

Con decreto n. 25 del 28 luglio 1943 la Reggenza sciolse il “Consiglio Principe e Sovrano dei LX” (3) , nominando in via provvisoria un Consiglio di Stato a governo della Repubblica.

Particolare interesse assume la premessa alla parte dispositiva del decreto, che di seguito riportiamo: “(La Reggenza) riassunti i supremi poteri dello Stato; udita la Commissione dei Cittadini specialmente delegati dal Popolo di San Marino riunito in assemblea, decreta …”.

Ci si potrebbe chiedere se quanto operato dai Capitani Reggenti in quel fatidico 28 luglio fosse stato un colpo di stato reso necessario dal conflitto bellico che circondava il piccolo Stato e ritenuto doveroso per il ripristino della tradizionale libertà dei cittadini, oppure fosse stato un provvedimento eccezionale ma, al tempo stesso, legittimo anche secondo il diritto costituzionale allora vigente.

2. Esercizio del potere dittatoriale

In data 8 marzo 1972 venne presentata al Consiglio Grande e Generale la Relazione della Commissione per lo studio dei problemi istituzionali dell’ordinamento sammarinese; tale commissione di giuristi, presieduta dal prof. Guido Astuti, prese in esame l’ordinamento istituzionale della Repubblica per inviare al parlamento suggerimenti e proposte che avrebbero poi avuto parziale accoglimento nelle successive riforme costituzionali degli anni 1974 e 2002.

Con riferimento all'istituto della Reggenza, la Relazione Astuti afferma che “mentre le funzioni di indirizzo politico e di governo sono, in via normale, ripartite tra il Consiglio Grande e Generale e il Congresso di Stato (4), in situazioni eccezionali o di emergenza i Capitani Reggenti hanno assunto, anche nel nostro secolo, le supreme responsabilità di governo della Repubblica, compiendo atti politici con esercizio di veri e propri poteri dittatoriali.” (5)

Dittatura reggenziale (6) quindi, anche se solo per un istante (visto che vi fu l’immediato passaggio di tutti poteri ad un provvisorio Consiglio di Stato), ma sufficiente a porre fine  a vent'anni di regime fascista e a dare continuità al piccolo Stato nella fase più terribile della seconda guerra mondiale nella penisola italiana. Fu costituzionalmente legittimo tutto ciò ?

3. L’ordinamento costituzionale alla data del 28 luglio 1943

Per rispondere a tale domanda, dobbiamo fare riferimento a quanto affermato dal principale – all'epoca – testo dell’ordinamento costituzionale sammarinese: lo Statuto, sanzionato dal Consiglio Principe nella seduta del 8 ottobre 1600.(7)

Bisogna però premettere alcune cose:

- “carattere tipico dell’ordinamento costituzionale sammarinese è il non essere racchiuso in un unico testo scritto” . Al tempo stesso, “sono evidenti le ragioni per cui a San Marino non sorse mai l’esigenza di ottenere una dichiarazione dei diritti, né di attuare una radicale riforma degli ordinamenti pubblici, con la sanzione formale di una carta, di uno statuto costituzionale.”  (8);

- “… in strati vitalissimi dello statuto prendono forma valori, che innervano il sistema, protetti oggi da norme ulteriori… leggere di nuovo le norme raccolte quattrocent'anni fa in questi sei libri di leges statutae non è soltanto un esercizio della memoria, virtù civile quanto poche altre: leggere lo statuto è per i cittadini sammarinesi acquistare consapevolezza dei caratteri originari e costanti della propria collettività.” (9);

- “gli organi dello Stato sammarinese trovano il loro fondamento giuridico nello Statuto e quindi per comprendere correttamente lo spirito attuale è necessario calarsi nel tempo e verificare l’elaborazione successiva che la consuetudine ha operato nonostante il fatto che l’organizzazione politica sia delineata in atti legislativi”. (10)

Lo Statuto sammarinese – che contiene nel proprio Titolo I norme costituzionali e di diritto pubblico – non è una costituzione “rigida”, poiché è modificabile con leggi (reformationes) del Consiglio Grande e Generale senza aggravamenti ala procedura legislativa ordinaria (quali, ad esempio, maggioranze qualificate o sottoposizione a referendum confermativo). Ciononostante, come sopra ricordato, oltre a contenere disposizioni generatrici di norme ancora vigenti, è sotteso da una ratio legis che informa tutt'oggi l’intero ordinamento costituzionale sammarinese.

Già nella Rubrica I del Titolo I dello Statuto possiamo cogliere gli elementi essenziali della struttura costituzionale sammarinese:

- in antico, l’autorità principale era l’Arengo (Arringo), corrispondente alla “congregazione di tutto il popolo della Terra di San Marino e della sua Curia, cioè di una persona per casa” (assemblea dei capi-famiglia),

- “benché nei tempi più antichi della nostra Repubblica si trattassero e risolvessero dai Signori Capitani gli affari più gravi”, successivamente, “l'universa e suprema potestà ed imperio dallo stesso Arringo si trasferì nel Consiglio grande e generale detto dei Sessanta”, “a togliere tutte le difficoltà nonché i tumulti e le inevitabili e dannose contese che in tanta moltitudine di persone continuamente nascevano”,

- ciascun cittadino può presentare in sede di Arengo alla Reggenza le proprie “querele e pretesi gravami in forma di supplica … affinché dopo che saranno state udite, gli stessi Signori Capitani vi possano portare salutari e convenienti rimedi, ovvero secondo la loro gravità e qualità presentarle al Consiglio generale.”

Tale rubrica statutaria era certamente in vigore alla data del 28 luglio 1943. Al vaglio di essa andiamo ora a sottoporre il provvedimento adottato dai Capitani Reggenti.

Notiamo che la Reggenza riassunse i “supremi poteri” dello Stato: pur nella diversità di terminologia rispetto allo Statuto, possiamo ritenere che trattasi della stessa “universa e suprema potestà” che nei secoli precedenti l’Arengo aveva trasferito al Consiglio Grande e Generale.

Come è possibile, allora, che - avvalendosi di tale potestà - la Reggenza andasse a sciogliere il Consiglio che proprio di quella potestà era costituzionalmente il depositario ?

Notiamo che l’estensore della premessa si premurò di evidenziare la legittimazione popolare di quanto stava avvenendo. E così, se in quelle frenetiche ore del 28 luglio 1943 i Reggenti andarono a “udire” una Commissione di Cittadini, questi ultimi erano comunque lì non autonomamente, ma in quanto “specialmente delegati dal Popolo di San Marino”, popolo per di più che si era “riunito in assemblea”.  (11)

Si potrebbe pensare ad un riferimento fatto proprio alla citata Rubrica I del Titolo I dello Statuto, andando così a legittimare (anche dal punto di vista giuridico, oltre che da quello politico e storico) l’operato dei Reggenti.

La citata rubrica I avrebbe però potuto essere invocata in due modi: o facendo riferimento alla fattispecie dell’Arengo che deliberò riunito in “congregazione”, oppure invocando quella dell’istanza d’Arengo (12) presentata ai Capitani da “chiunque del popolo” (ovviamente, anche da più di uno), chiedendo ai Capitani di provvedere in merito.

Naturalmente, l’operazione  di ricavare una norma da una disposizione normativa deve essere fatta nel rispetto e nella conoscenza dell’intero contesto.  Non possiamo, pertanto,  non osservare che quel 28 luglio 1943 – se si fosse trattato dell’Arengo riunito – esso non sarebbe stato convocato nelle forme statutarie (13);   se si fosse trattato, invece, di un’istanza d’Arengo "collettiva"  - proprio per “la ... gravità e qualità” delle richieste contenute – i Capitani Reggenti avrebbero dovuto presentarla al Consiglio,  il quale solo avrebbe poi potuto  deliberare il proprio autoscioglimento.

Quindi, se la premessa al decreto n. 25 del 28 luglio 1943 può soddisfare dal punto di vista politico, non può dirsi soddisfacente dal punto di vista costituzionale, costringendo allora a volgere il nostro sguardo all'altra frase della premessa: “(La Reggenza) riassunti i supremi poteri dello Stato”.

Utile potrebbe essere dare rilievo all'uso del participio “riassunti”, facendo così supporre l’esistenza di una supremazia dei Capitani reggenti più antichi, forse quando la comunità da governare sammarinese era molto piccola (14) ;  anche in questo caso, però,  emerge l’insopprimibile carattere assembleare dell’ordinamento costituzionale sammarinese e, pertanto, l’invalicabile supremazia del suo parlamento.

Molto più semplicemente, però, forse stiamo cercando una fattispecie che l’antico legislatore statutario – proprio per evitare l’instaurazione di una Signoria o di un Principato - ben si era guardato di prevedere, lasciando invece alla meditata ponderazione ed alla lungimiranza dei Capitani l’utilizzo di uno strumento che - se male utilizzato - avrebbe potuto non salvare, ma perdere per sempre la piccola Repubblica. Uno strumento comunque da utilizzare – a differenza degli antichi Romani - sempre collegialmente dai due Capitani.

In considerazione della flessibilità delle norme costituzionali contenute nello Statuto e del ricordato carattere tipico dell’ordinamento costituzionale sammarinese di non essere racchiuso in un unico testo scritto, la risposta potrebbe trovarsi allora facendo riferimento all'istituto della consuetudine o, almeno della prassi o della convenzione costituzionali.

Non ci nascondiamo, però, l’estrema difficoltà di inquadrare quanto avvenuto  in tali categorie residuali (15), le quali presuppongono la costanza dei comportamenti oppure il preliminare accordo tra forze politiche: un atto di assoluta eccezionalità, come quello avvenuto il 28 luglio 1943 a San Marino, non può certo dirsi né ricorrente né prevedibile dagli ordinamenti costituzionali.

4. L’ordinamento costituzionale attualmente vigente

Abbiamo affermato quanto sopra avendo dinanzi l‘ordinamento costituzionale, peraltro flessibile, di settant'anni fa. E adesso, con l’attuale ordinamento giuridico costituzionale che la Repubblica di San Marino si è data, potrebbero ancora i Capitani Reggenti accogliere una richiesta come quella formulata ai loro predecessori dai patrioti adunatisi a Borgo Maggiore quel 28 luglio 1943 ?

Ricordiamo che – in esito ai suggerimenti contenuti nella Relazione Astuti – il parlamento sammarinese ha approvato la legge 8 luglio 1974, n. 59, contenente la “Dichiarazione dei diritti dei cittadini e dei principi fondamentali dell’ordinamento sammarinese”, seguita poi, in data 26 febbraio 2002 dalla legge n. 36 di “Revisione della legge 8 luglio 1974, n. 59”.

Attualmente la Dichiarazione dei diritti, oltre a precisare le attribuzioni dei Poteri dello Stato e a disegnare l’architettura della gerarchia delle fonti, prevede espressamente che “le disposizioni della presente dichiarazione possono essere oggetto di revisione da parte del Consiglio Grande e Generale con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti.”

E così, da una mera dichiarazione che inserita in un ordinamento giuridico che si imperniava su “due poli: statuto e diritto comune (16), l’uno e l’altro sovrastati dalla Dichiarazione dei diritti” (17), San Marino è definitivamente passata ad un sistema costituzionale rigido il quale, pur non esaurendo l’intera normativa costituzionale della Repubblica, va comunque a innovare fortemente un ordinamento caratterizzato in precedenza dalla compresenza di disposizioni scritte e di norme consuetudinarie (tra le quali forse possiamo annoverare anche quella “riassunzione dei poteri dello Stato” e il conseguente potere dittatoriale esercitato quel 28 luglio 1943).

Il libro I dello Statuto, pur formalmente vigente, vede così ridursi il proprio ambito in conseguenza del suo carattere flessibile (mediante il meccanismo delle reformationes), lasciando così spazio a leggi costituzionali e leggi qualificate (18) che il Consiglio Grande e Generale ha nel frattempo provveduto ad approvare.

Con riferimento alla possibilità di esercitare in casi straordinari i poteri dittatoriali, l’ art. 3 della Dichiarazione – nella versione revisionata del 2002 – all'interno della descrizione delle caratteristiche e delle attribuzioni dei due Capitani, riporta il seguente enunciato: “In caso di urgenza emanano decreti reggenziali, sentito il parere del Congresso di Stato, soggetti a ratifica da parte del Consiglio Grande e Generale entro tre mesi, pena la decadenza.” (comma 4).

Quelli che sembrano decreti-legge (nelle carte costituzionali ordinariamente di competenza dell’Esecutivo) sono però, considerato anche il posizionamento della relativa disposizione all'interno del citato art. 3, ben distanti dalle attribuzioni del detentore del potere di governo, per il quale solo al comma 13 si rinviene la disposizione secondo la quale: “Il Congresso di Stato può emanare atti normativi nella forma dei regolamenti, soggetti alle disposizioni di legge. Emana deliberazioni amministrative motivate in conformità alla legge.” (19)

La veste dei “decreti reggenziali” potrebbe allora ricoprire anche i “decreti-legge”, di competenza però della Reggenza e non del Governo (il quale avrebbe invece solo un ruolo consultivo) ? Se così fosse, ai giorni nostri il decreto n. 25 del 28 luglio 1943 avrebbe potuto configurarsi come un “decreto reggenziale”?

Ma, se anche così avessimo potuto argomentare, questo ragionamenti sono ora divenuti assolutamente oziosi alla luce delle leggi intervenute a disciplinare il funzionamento degli organi costituzionali.

Il Consiglio, infatti, ha approvato tanto la legge costituzionale (16 dicembre 2005, n. 185) quanto quella qualificata (16 dicembre 2005, n. 186), che – insieme all'art. 3 della “Dichiarazione dei diritti” - vanno a completare il quadro normativo relativo all'istituto della Reggenza. Inoltre, ha provveduto ad emanare le stesse tipologie di leggi anche per il Congresso di Stato (rispettivamente nn. 183 e 184 del 15 dicembre 2005).

In sintesi, constatiamo che

- legge costituzionale 16 dicembre 2005, n.185

(art. 3) tra le fonti normative delle attribuzioni della Reggenza non viene citato lo Statuto (comma 1), mentre lo scioglimento del Consiglio è possibile solamente “nei casi stabiliti dalla legge” (comma 3, n. 1), (20)

(art. 5) “il potere di decretazione della Reggenza non è ammesso se non in base ad espressa disposizione di legge” (comma 4);

- legge qualificata 16 dicembre 2005, n. 186

(art. 9) i decreti adottati dal Congresso di Stato sono promulgati dalla Reggenza con la denominazione di “decreto-legge” e con l’indicazione delle circostanze straordinarie di necessità ed urgenza che ne giustificano l’adozione, nonché dell’avvenuta deliberazione del Congresso di Stato (comma 1),

(art. 11) i decreti reggenziali devono indicare nel preambolo la legge di riferimento;

- legge costituzionale 15 dicembre 2005, n.183

(art. 2) Il Congresso di Stato, in caso di necessità ed urgenza, adotta decreti con forza di legge da sottoporre a ratifica del Consiglio entro tre mesi (comma 2, lettera b).

5. Conclusioni

Alla luce della vigente normativa in Repubblica, ai Capi di Stato sammarinesi non compete alcun potere straordinario – nemmeno limitato nel tempo ed ai casi di estrema necessità ed urgenza – tale da sostituirsi agli altri organi dello Stato (21). Ciò in considerazione che il meccanismo della separazione dei poteri dello Stato, unito al confermato tradizionale intervento dei Capitani Reggenti in ciascuno di essi, è stato ritenuto sufficiente alla conservazione dell’attuale regime democratico. (22)

Anche se è venuta meno la possibilità e – aggiungiamo noi - la necessità di prevedere un intervento reggenziale di carattere estremo a salvaguardia dei valori fondamentali della costituzione sammarinese (23) , constatiamo che ai Capitani Reggenti è stato comunque confermato il ruolo di “supremi garanti dell’ordinamento costituzionale della Repubblica” (art. 2, comma 1, della legge costituzionale n. 185 del 2005); in virtù di tale ruolo “vigilano sul funzionamento dei poteri pubblici e delle istituzioni dello Stato e sulla conformità della loro attività ai principi sanciti nella dichiarazione dei Diritti dei Cittadini e dei Principi Fondamentali dell’Ordinamento sammarinese e alle norme vigenti”.

Riecheggiano così le parole dell’antica formula che, oggi come allora, lo Statuto impone ogni sei mesi ai nuovi Capitani all'atto del giuramento che “… sempre curerete di conservar la Repubblica e suo imperio, libertà, dignità, privilegi, esenzioni, e qualunque altro diritto, e a questo gli occhi, l’animo, i pensieri e le cure vostre rivolgerete, e che null'altro con la vostra mente mirerete, se non al pubblico bene”, così come anche che “alla pace, e alla concordia dei cittadini, di cui nulla vi ha di più salutare in una libera Città, con tutte le vostre forze attenderete, sarete vigilantissimi giorno e notte della custodia della detta Terra, e gli Statuti, le riformazioni, i decreti dell’anzidetta Terra tanto fatti, quanto da farsi, e in difetto di essi le lodevoli consuetudini del Popolo, curerete di osservare e di far osservare” e, infine, che “… finalmente tutto quello sempre farete, che giudicherete possa tornare utile al bene della Repubblica, e de’ suoi cittadini.”  (24)

Ruolo supremo del cui mancato esercizio i Capitani Reggenti dovrebbero altrimenti rispondere alla fine del proprio mandato, ai sensi della Rubrica XIX del Libro I delle Leges Statutae  (25), in quanto “tenuti a render ragione del fatto e del non fatto durante la carica…”.

Oggi come allora, la conservazione della libertà dei cittadini e dell’indipendenza della Repubblica di San Marino è affidata ogni sei mesi – in una sorta di staffetta della Storia - a due persone che sanno di dover impiegare le proprie migliori doti, anche di ponderazione e di lungimiranza, a tale scopo supremo.

6. Appendice

Nel segnalare che la normativa sammarinese è di facile reperimento mediante la banca-dati del Consiglio Grande e Generale, accessibile al seguente indirizzo internet

http://www.consigliograndeegenerale.sm/on-line/home/archivio-leggi-decreti-e-regolamenti.html

non possiamo non accennare al ruolo che anche oggi assume il “diritto comune” (ius commune) nell'ordinamento sammarinese: esso, infatti, è ancora vigente nel diritto privato e nel diritto processuale civile (in virtù della scelta di non adottare la codificazione, a differenza degli altri stati europei che decisi si incamminarono lungo il solco tracciato dal Code Napoleon ) , mentre non lo è più per il diritto penale e la procedura penale (disciplinati invece da appositi codici, rispettivamente dal 1865 e dal 1878) e, intuitivamente, non lo è mai stato per il diritto costituzionale, naturale destinatario dello ius proprium di ciascuna entità statuale.

Ci affidiamo a quanto scrisse Vittorio Scialoja, giurista italiano e giudice sammarinese (26): “La repubblica di San Marino è oramai l’unico Stato europeo – dopo il 1900, anno in cui il diritto comune ha cessato di aver vigore in Germania con l’attuazione del nuovo codice civile dell’impero – dove questo diritto ha ancora valor di legge. Essa è nelle condizioni delle repubbliche italiane dell’evo medio e del principio dell’età moderna, nelle quali vigevano gli statuti municipali e il diritto comune, fonte sussidiaria ma amplissima di diritto, in tutto ciò che dalle leggi speciali o dagli statuti non fosse espressamente preveduto.”

Nel ricordare che anche San Marino – come tutti gli Stati contemporanei, ha inevitabilmente dovuto adottare molte “leggi speciali”, concludiamo con la definizione di diritto comune offertaci sempre dallo Scialoja e giustamente fatta imparare a memoria a tutti gli studenti di diritto sammarinese dal prof. Piergiorgio Peruzzi (docente nell'Università degli Studi di Urbino e già magistrato dirigente del Tribunale Commissariale della Repubblica di San Marino): “il Diritto Comune qui vigente non è il Diritto Romano Giustinianeo, ma quel diritto che si venne formando e svolgendo sulla base del Diritto Romano, del Diritto Canonico e della consuetudine, negli stati più civili del continente Europeo e in particolar modo dell’Italia; esso deve ricercarsi negli scritti dei più autorevoli giureconsulti e nelle decisioni dei più rinomati tribunali”.

Note

[1] Eletti per la durata di sei mesi dal locale parlamento (il Consiglio Grande e Generale), come gli antichi consoli romani i Capitani reggenti esercitano l’ufficio di Capo dello Stato in numero di due, in base al principio di collegialità.

Caratteristica secolare della Repubblica di San Marino è il coinvolgimento della Reggenza in ciascuno dei poteri dello Stato, dei quali assume la presidenza riuscendo comunque a mantenere un distacco super partes.

[2]  http://verter.altervista.org/secondaguerra.html

http://www.libertas.sm/Storia_generale/Feste/Caduta_Fascismo.htm

http://digilander.libero.it/riministoria/storia/150/sanmarino1943.html

http://www.storiaxxisecolo.it/fascismo/fascismo1c.htm

[3] Era il nome attribuito all'epoca al parlamento sammarinese (l’attuale Consiglio Grande e Generale). Se a tale antica denominazione il governo fascista fece ricorso per distinguere il proprio parlamento (eletto solo dai capi-famiglia e poche altre eccezioni) da quello precedente eletto a suffragio universale, è corretto evidenziare che nel passato tale qualifica“indicava semplicemente, nel tipico linguaggio giuridico dell’epoca , che la Respublica Sancti Marini era indipendente dall'Imperatore, dal Pontefice e da ogni altro Principe“ (così la Relazione della Commissione per lo studio dei problemi istituzionali dell’ordinamento sammarinese (c.d. Relazione Astuti), Tipografia Editrice Cavour-Roma – A.T.E. San Marino 1972, pag. 13 e s.). In altre parole, se le comunità statuali dell’età moderna avevano avuto come sovrano  un monarca, San Marino aveva invece avuto non il popolo ma, comunque, un’assemblea retta da criteri di rappresentatività non politica bensì di censo e di provenienza territoriale.

[4] E’ l’Esecutivo sammarinese. Sempre la Relazione Astuti, pag. 75, ricorda che, fino alla legge di riforma dei poteri pubblici (n. 26 del 9 maggio 1945), esso era “una vera e propria Giunta del Consiglio … Conseguentemente, il Congresso di Stato non aveva una sua autonomia funzionale di fronte al Consiglio Grande e Generale, essendo sua attribuzione di informare il Consiglio sugli affari da trattare e sulle decisioni da adottare, di eseguirne le decisioni, e di liberarlo dalle questioni di «minore momento»”.

[5] “Così” – prosegue la Relazione Astuti, pag. 65 – “nella crisi determinata anche a San Marino dalle drammatiche vicende italiane del 25 luglio 1943, la Reggenza, con decreto 28-7-1973 n. 25 (…) decretò lo scioglimento del Consiglio dei LX, e dispose in via provvisoria il passaggio del governo della Repubblica nelle mani di un Consiglio di Stato da essa Reggenza presieduto e costituito da non più di venti cittadini, al quale venivano conferiti “tutti i poteri dello Stato”. Con decreto n. 26 di pari data, il numero dei componenti del Consiglio di Stato venne poi portato a trenta.

[6] Ci permettiamo di ricordare che nell'antica Roma  quella del dictator era una magistratura straordinaria, alla quale si faceva ricorso appunto in casi eccezionali affidando tutti i poteri pubblici ad un solo individuo.

[7] Redatto in latino, lo Statuto (o Statuti) sammarinese è ufficialmente denominato Leges statutae Reipublicae Sancti Marini.

[8]  Così la Relazione Astuti, pag. 9, che poi afferma: “Nella repubblica del Titano le fondamentali libertà politiche e civili dei cittadini, non mai soppresse o conculcate da governi assoluti, dispotici, o tirannici, apparivano garantite da una secolare concreta esperienza, dalla comune consapevolezza della loro intangibilità, dalla inesistenza di qualsiasi effettiva minaccia al loro esercizio da parte dei poteri pubblici. E ciò era dovuto precisamente alla ininterrotta continuità di ordinamenti sostanzialmente democratici, che pur con i mutamenti verificatisi nel corso dei secoli, erano sempre rimasti fedeli ai fondamentali principi di libertà e di eguaglianza, di partecipazione popolare alla vita pubblica, di rappresentatività politica, di delegazione temporanea e limitata di ogni potere sovrano.” (pag. 12).

[9]  Così afferma Severino Caprioli in Come leggere lo Statuto. Carattere delle scritture normative e regole per la loro lettura. Teso e contesto” in Gli antichi Statuti della Repubblica di San Marino. Studi e traduzioni, Banca Agricola Commerciale–AIEP EDITORE, Repubblica di San Marino, 2002, pagg. 63 s. e 66.

[10]  Luigi Lonfernini in Elementi di diritto pubblico sammarinese,  Banca Agricola Commerciale–A.T.E., Repubblica di San Marino, pag. 95.

[11]  Il riferimento è all'assemblea popolare che in quello stesso giorno si svolse nel “Castello” di Borgo Maggiore, al Teatro Concordia. I nove Castelli della Repubblica sono distretti amministrativi, retti da “Giunte di castello” aventi poteri  consultivi e di promozione ed  attualmente elette dai propri cittadini.

[12] La “istanza di Arengo” è ancor oggi un istituto di partecipazione popolare di cui largamente si avvalgono i cittadini sammarinesi. Nella prima domenica successiva all'insediamento  dei nuovi Capitani Reggenti, i cittadini presentano proprie petizioni su questioni di interesse pubblico, con l’obbligo della Reggenza di presentarle all'esame del Parlamento. E’ disciplinata dalla legge 24 maggio 1995, n. 72.

[13] Indicate alla Rubrica II del Titolo I delle Leges Statutae: tra esse, la competenza dei soli Capitani (od uno di loro) a convocare l’assemblea mediante pubblici proclami e l’obbligo di fare l’appello dei presenti.

[14] “benché nei tempi più antichi della nostra Repubblica si trattassero e risolvessero dai Signori Capitani gli affari più gravi” (Rubrica I del Titolo I delle Leges Statutae). Lonfernini, op. cit., pag. 112, afferma (con riferimento, però, alla funzione di presidenza del Congresso di Stato, quindi dell’Esecutivo sammarinese, affidata per consuetudine ai Capitani reggenti) che“in un passato ormai remoto, ogni potere di governo o meglio di esecuzione dei provvedimenti consiliari era assegnata alla Suprema Magistratura”.

Secondo la Relazione Astuti (pag. 72) “è innegabile che l’istituto della Reggenza, sia per ragioni storiche, sia per la breve durata della carica e per i limiti tecnici connessi alla collegialità, ha subito nel corso dei tempi una progressiva riduzione dell’effettiva partecipazione all'esercizio dei poteri di legislazione e indirizzo politico, di governo e amministrazione.”

[15]   Nella dottrina costituzionale italiana, Carlo Lavagna (Istituzioni di diritto pubblico, UTET, Torino, 1979, pag. 227 s.) ammette tra le "fonti costituzionali" la consuetudine (che mai potrà contrastare con le norme o i principi ricavabili dalla Costituzionale), ricollegandola "alla posizione delle autorità supreme che, nell'esplicare le proprie funzioni e nell'ambito della discrezionalità politica ad esse attribuita, possono orientare i propri comportamenti verso tipi costanti"; la prassi - pur costante nel tempo come  la consuetudine - non viene ritenuta norma giuridica, mentre la convenzione costituzionale consiste in accordi tra gli esponenti delle forze politiche "su comportamenti volti, in genere, ad attuare norme costituzionali o legislative".

[16]   Vedi Appendice finale al presente articolo.

[17]  Caprioli, op. cit., pag. 40.

[18] L’art. 3 bis introdotto nel corpus della Dichiarazione dei diritti definisce le leggi costituzionali come quelle che “attuano i principi fondamentali sanciti nelle presente dichiarazione” e che “sono approvate nel loro complesso con la maggioranza dei due terzi dei componenti il Consiglio Grande e Generale. Se approvate con la  maggioranza assoluta sono sottoposte a referendum confermativo entro novanta giorni dalla loro approvazione.”; le leggi qualificate, invece, “disciplinano il funzionamento degli organi costituzionali nonché gli istituti di democrazia diretta. Sono approvate dal Consiglio Grande e Generale con la maggioranza assoluta dei suoi componenti.”

 [19]  Nella versione originaria del 1974, potere di Governo (spettante al Congresso di Stato)  e facoltà di decretazione d’urgenza (attribuita, almeno formalmente, alla Reggenza)  erano previsti all'interno del medesimo comma 3 dell’art. 3;  comunque, anche se più stretto appariva il legame tra potere esecutivo e “decreti con forza di legge” adottati dai Capitani Reggenti “in caso di urgenza …. sentito il parere del Congresso di Stato…”, il prosieguo del disposto normativo onerava comunque i Capitani (e non il Congresso) a sottoporre i decreti a ratifica consiliare entro tre mesi.

[20]  Se lo scioglimento al termine della legislatura rappresenta - come precisato da Alvaro Selva, in Storia delle Istituzioni della Repubblica di San Marino – L’attuale ordinamento costituzionale,  AIEP Editore- Repubblica di San Marino, 2012, pag. 180.– più che un potere un obbligo costituzionale della Reggenza, “lo scioglimento prima della scadenza della legislatura non rientra nei poteri diretti della Reggenza, che è tenuta a provvedere solo nel caso il Parlamento, o per dimissioni o per altra causa, perda la maggioranza dei Consiglieri…”.

[21]  A voler essere precisi, in caso di estrema urgenza sussiste ancora la facoltà per la Reggenza di disporre la mobilitazione generale “quando occorra difendere l’indipendenza della Repubblica e l’integrità del suo territorio” e ogni qual volta “necessiti concorrere al mantenimento dell’ordine pubblico ed intervenire nei casi di pubbliche calamità”. Così la legge 26 gennaio 1990, n. 15 (Regolamento organico e disciplina dei corpi militari), ricordata da Selva, op. cit., pag. 183. In proposito, osserviamo che se l’esercizio del  metodo democratico non crea nemici interni tali da richiedere lo stato di guerra, non può invece escluderlo nel caso la minaccia provenga da nemici esterni.

[22]  Ricordiamo che - all'epoca dei fatti che hanno interessato la presente riflessione - il regime sammarinese non era caratterizzato da libere elezioni né dalla libertà di manifestazione del pensiero, il parlamento non era rappresentativo delle diverse opinioni politiche e l’Esecutivo era illiberale: da qui la necessità per gli antifascisti di rivolgersi ai Capitani Reggenti. In democrazia le soluzioni estreme non sono necessarie, grazie a meccanismi di garanzia quali la tutela della libertà di pensiero, la regolare scadenza  delle legislature, le libere elezioni ed il controllo politico operato dal Consiglio nei confronti del Congresso di Stato.

[23]  Che sono - come ricorda Selva, op. cit, pag. 162 – la libertà e la democrazia.

[24]  Rubrica XIV del Libro I delle Leges Statutae.

[25] Si tratta del “Sindacato dei Reggenti”, sempre confermato nel corso dei secoli ed attualmente attribuito – ai sensi dell’art. 16 della Dichiarazione dei Diritti e dell’art. 17 della legge qualificata 25 aprile 2003, n. 55 – al “Collegio Garante della costituzionalità delle norme”.

[26] Vedi il saggio di Renzo Bonelli, Scialoja, magistrato a San Marino, in Annuario XXXII della Scuola secondaria superiore della Repubblica di San Marino - Anno scolastico 2004-2005, pag. 289 e ss. E' reperibile in rete all'indirizzo http://web.educazione.sm/scuolasup/Annuario/Annuario32.pdf.

1. Storia e Diritto

Il 28 luglio 1943 la Repubblica di San Marino vide la caduta del governo fascista che la governava; caduta avvenuta a seguito dell’intervento dei propri Capi di Stato, i Capitani Reggenti. (1)

Nel rinviare – per la cronaca di quei giorni – alle pagine web riportate in nota (2), vogliamo affrontare in questa sede gli aspetti giuridici della vicenda, con particolare riferimento all’ordinamento costituzionale sammarinese.

Con decreto n. 25 del 28 luglio 1943 la Reggenza sciolse il “Consiglio Principe e Sovrano dei LX” (3) , nominando in via provvisoria un Consiglio di Stato a governo della Repubblica.

Particolare interesse assume la premessa alla parte dispositiva del decreto, che di seguito riportiamo: “(La Reggenza) riassunti i supremi poteri dello Stato; udita la Commissione dei Cittadini specialmente delegati dal Popolo di San Marino riunito in assemblea, decreta …”.

Ci si potrebbe chiedere se quanto operato dai Capitani Reggenti in quel fatidico 28 luglio fosse stato un colpo di stato reso necessario dal conflitto bellico che circondava il piccolo Stato e ritenuto doveroso per il ripristino della tradizionale libertà dei cittadini, oppure fosse stato un provvedimento eccezionale ma, al tempo stesso, legittimo anche secondo il diritto costituzionale allora vigente.

2. Esercizio del potere dittatoriale

In data 8 marzo 1972 venne presentata al Consiglio Grande e Generale la Relazione della Commissione per lo studio dei problemi istituzionali dell’ordinamento sammarinese; tale commissione di giuristi, presieduta dal prof. Guido Astuti, prese in esame l’ordinamento istituzionale della Repubblica per inviare al parlamento suggerimenti e proposte che avrebbero poi avuto parziale accoglimento nelle successive riforme costituzionali degli anni 1974 e 2002.

Con riferimento all'istituto della Reggenza, la Relazione Astuti afferma che “mentre le funzioni di indirizzo politico e di governo sono, in via normale, ripartite tra il Consiglio Grande e Generale e il Congresso di Stato (4), in situazioni eccezionali o di emergenza i Capitani Reggenti hanno assunto, anche nel nostro secolo, le supreme responsabilità di governo della Repubblica, compiendo atti politici con esercizio di veri e propri poteri dittatoriali.” (5)

Dittatura reggenziale (6) quindi, anche se solo per un istante (visto che vi fu l’immediato passaggio di tutti poteri ad un provvisorio Consiglio di Stato), ma sufficiente a porre fine  a vent'anni di regime fascista e a dare continuità al piccolo Stato nella fase più terribile della seconda guerra mondiale nella penisola italiana. Fu costituzionalmente legittimo tutto ciò ?

3. L’ordinamento costituzionale alla data del 28 luglio 1943

Per rispondere a tale domanda, dobbiamo fare riferimento a quanto affermato dal principale – all'epoca – testo dell’ordinamento costituzionale sammarinese: lo Statuto, sanzionato dal Consiglio Principe nella seduta del 8 ottobre 1600.(7)

Bisogna però premettere alcune cose:

- “carattere tipico dell’ordinamento costituzionale sammarinese è il non essere racchiuso in un unico testo scritto” . Al tempo stesso, “sono evidenti le ragioni per cui a San Marino non sorse mai l’esigenza di ottenere una dichiarazione dei diritti, né di attuare una radicale riforma degli ordinamenti pubblici, con la sanzione formale di una carta, di uno statuto costituzionale.”  (8);

- “… in strati vitalissimi dello statuto prendono forma valori, che innervano il sistema, protetti oggi da norme ulteriori… leggere di nuovo le norme raccolte quattrocent'anni fa in questi sei libri di leges statutae non è soltanto un esercizio della memoria, virtù civile quanto poche altre: leggere lo statuto è per i cittadini sammarinesi acquistare consapevolezza dei caratteri originari e costanti della propria collettività.” (9);

- “gli organi dello Stato sammarinese trovano il loro fondamento giuridico nello Statuto e quindi per comprendere correttamente lo spirito attuale è necessario calarsi nel tempo e verificare l’elaborazione successiva che la consuetudine ha operato nonostante il fatto che l’organizzazione politica sia delineata in atti legislativi”. (10)

Lo Statuto sammarinese – che contiene nel proprio Titolo I norme costituzionali e di diritto pubblico – non è una costituzione “rigida”, poiché è modificabile con leggi (reformationes) del Consiglio Grande e Generale senza aggravamenti ala procedura legislativa ordinaria (quali, ad esempio, maggioranze qualificate o sottoposizione a referendum confermativo). Ciononostante, come sopra ricordato, oltre a contenere disposizioni generatrici di norme ancora vigenti, è sotteso da una ratio legis che informa tutt'oggi l’intero ordinamento costituzionale sammarinese.

Già nella Rubrica I del Titolo I dello Statuto possiamo cogliere gli elementi essenziali della struttura costituzionale sammarinese:

- in antico, l’autorità principale era l’Arengo (Arringo), corrispondente alla “congregazione di tutto il popolo della Terra di San Marino e della sua Curia, cioè di una persona per casa” (assemblea dei capi-famiglia),

- “benché nei tempi più antichi della nostra Repubblica si trattassero e risolvessero dai Signori Capitani gli affari più gravi”, successivamente, “l'universa e suprema potestà ed imperio dallo stesso Arringo si trasferì nel Consiglio grande e generale detto dei Sessanta”, “a togliere tutte le difficoltà nonché i tumulti e le inevitabili e dannose contese che in tanta moltitudine di persone continuamente nascevano”,

- ciascun cittadino può presentare in sede di Arengo alla Reggenza le proprie “querele e pretesi gravami in forma di supplica … affinché dopo che saranno state udite, gli stessi Signori Capitani vi possano portare salutari e convenienti rimedi, ovvero secondo la loro gravità e qualità presentarle al Consiglio generale.”

Tale rubrica statutaria era certamente in vigore alla data del 28 luglio 1943. Al vaglio di essa andiamo ora a sottoporre il provvedimento adottato dai Capitani Reggenti.

Notiamo che la Reggenza riassunse i “supremi poteri” dello Stato: pur nella diversità di terminologia rispetto allo Statuto, possiamo ritenere che trattasi della stessa “universa e suprema potestà” che nei secoli precedenti l’Arengo aveva trasferito al Consiglio Grande e Generale.

Come è possibile, allora, che - avvalendosi di tale potestà - la Reggenza andasse a sciogliere il Consiglio che proprio di quella potestà era costituzionalmente il depositario ?

Notiamo che l’estensore della premessa si premurò di evidenziare la legittimazione popolare di quanto stava avvenendo. E così, se in quelle frenetiche ore del 28 luglio 1943 i Reggenti andarono a “udire” una Commissione di Cittadini, questi ultimi erano comunque lì non autonomamente, ma in quanto “specialmente delegati dal Popolo di San Marino”, popolo per di più che si era “riunito in assemblea”.  (11)

Si potrebbe pensare ad un riferimento fatto proprio alla citata Rubrica I del Titolo I dello Statuto, andando così a legittimare (anche dal punto di vista giuridico, oltre che da quello politico e storico) l’operato dei Reggenti.

La citata rubrica I avrebbe però potuto essere invocata in due modi: o facendo riferimento alla fattispecie dell’Arengo che deliberò riunito in “congregazione”, oppure invocando quella dell’istanza d’Arengo (12) presentata ai Capitani da “chiunque del popolo” (ovviamente, anche da più di uno), chiedendo ai Capitani di provvedere in merito.

Naturalmente, l’operazione  di ricavare una norma da una disposizione normativa deve essere fatta nel rispetto e nella conoscenza dell’intero contesto.  Non possiamo, pertanto,  non osservare che quel 28 luglio 1943 – se si fosse trattato dell’Arengo riunito – esso non sarebbe stato convocato nelle forme statutarie (13);   se si fosse trattato, invece, di un’istanza d’Arengo "collettiva"  - proprio per “la ... gravità e qualità” delle richieste contenute – i Capitani Reggenti avrebbero dovuto presentarla al Consiglio,  il quale solo avrebbe poi potuto  deliberare il proprio autoscioglimento.

Quindi, se la premessa al decreto n. 25 del 28 luglio 1943 può soddisfare dal punto di vista politico, non può dirsi soddisfacente dal punto di vista costituzionale, costringendo allora a volgere il nostro sguardo all'altra frase della premessa: “(La Reggenza) riassunti i supremi poteri dello Stato”.

Utile potrebbe essere dare rilievo all'uso del participio “riassunti”, facendo così supporre l’esistenza di una supremazia dei Capitani reggenti più antichi, forse quando la comunità da governare sammarinese era molto piccola (14) ;  anche in questo caso, però,  emerge l’insopprimibile carattere assembleare dell’ordinamento costituzionale sammarinese e, pertanto, l’invalicabile supremazia del suo parlamento.

Molto più semplicemente, però, forse stiamo cercando una fattispecie che l’antico legislatore statutario – proprio per evitare l’instaurazione di una Signoria o di un Principato - ben si era guardato di prevedere, lasciando invece alla meditata ponderazione ed alla lungimiranza dei Capitani l’utilizzo di uno strumento che - se male utilizzato - avrebbe potuto non salvare, ma perdere per sempre la piccola Repubblica. Uno strumento comunque da utilizzare – a differenza degli antichi Romani - sempre collegialmente dai due Capitani.

In considerazione della flessibilità delle norme costituzionali contenute nello Statuto e del ricordato carattere tipico dell’ordinamento costituzionale sammarinese di non essere racchiuso in un unico testo scritto, la risposta potrebbe trovarsi allora facendo riferimento all'istituto della consuetudine o, almeno della prassi o della convenzione costituzionali.

Non ci nascondiamo, però, l’estrema difficoltà di inquadrare quanto avvenuto  in tali categorie residuali (15), le quali presuppongono la costanza dei comportamenti oppure il preliminare accordo tra forze politiche: un atto di assoluta eccezionalità, come quello avvenuto il 28 luglio 1943 a San Marino, non può certo dirsi né ricorrente né prevedibile dagli ordinamenti costituzionali.

4. L’ordinamento costituzionale attualmente vigente

Abbiamo affermato quanto sopra avendo dinanzi l‘ordinamento costituzionale, peraltro flessibile, di settant'anni fa. E adesso, con l’attuale ordinamento giuridico costituzionale che la Repubblica di San Marino si è data, potrebbero ancora i Capitani Reggenti accogliere una richiesta come quella formulata ai loro predecessori dai patrioti adunatisi a Borgo Maggiore quel 28 luglio 1943 ?

Ricordiamo che – in esito ai suggerimenti contenuti nella Relazione Astuti – il parlamento sammarinese ha approvato la legge 8 luglio 1974, n. 59, contenente la “Dichiarazione dei diritti dei cittadini e dei principi fondamentali dell’ordinamento sammarinese”, seguita poi, in data 26 febbraio 2002 dalla legge n. 36 di “Revisione della legge 8 luglio 1974, n. 59”.

Attualmente la Dichiarazione dei diritti, oltre a precisare le attribuzioni dei Poteri dello Stato e a disegnare l’architettura della gerarchia delle fonti, prevede espressamente che “le disposizioni della presente dichiarazione possono essere oggetto di revisione da parte del Consiglio Grande e Generale con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti.”

E così, da una mera dichiarazione che inserita in un ordinamento giuridico che si imperniava su “due poli: statuto e diritto comune (16), l’uno e l’altro sovrastati dalla Dichiarazione dei diritti” (17), San Marino è definitivamente passata ad un sistema costituzionale rigido il quale, pur non esaurendo l’intera normativa costituzionale della Repubblica, va comunque a innovare fortemente un ordinamento caratterizzato in precedenza dalla compresenza di disposizioni scritte e di norme consuetudinarie (tra le quali forse possiamo annoverare anche quella “riassunzione dei poteri dello Stato” e il conseguente potere dittatoriale esercitato quel 28 luglio 1943).

Il libro I dello Statuto, pur formalmente vigente, vede così ridursi il proprio ambito in conseguenza del suo carattere flessibile (mediante il meccanismo delle reformationes), lasciando così spazio a leggi costituzionali e leggi qualificate (18) che il Consiglio Grande e Generale ha nel frattempo provveduto ad approvare.

Con riferimento alla possibilità di esercitare in casi straordinari i poteri dittatoriali, l’ art. 3 della Dichiarazione – nella versione revisionata del 2002 – all'interno della descrizione delle caratteristiche e delle attribuzioni dei due Capitani, riporta il seguente enunciato: “In caso di urgenza emanano decreti reggenziali, sentito il parere del Congresso di Stato, soggetti a ratifica da parte del Consiglio Grande e Generale entro tre mesi, pena la decadenza.” (comma 4).

Quelli che sembrano decreti-legge (nelle carte costituzionali ordinariamente di competenza dell’Esecutivo) sono però, considerato anche il posizionamento della relativa disposizione all'interno del citato art. 3, ben distanti dalle attribuzioni del detentore del potere di governo, per il quale solo al comma 13 si rinviene la disposizione secondo la quale: “Il Congresso di Stato può emanare atti normativi nella forma dei regolamenti, soggetti alle disposizioni di legge. Emana deliberazioni amministrative motivate in conformità alla legge.” (19)

La veste dei “decreti reggenziali” potrebbe allora ricoprire anche i “decreti-legge”, di competenza però della Reggenza e non del Governo (il quale avrebbe invece solo un ruolo consultivo) ? Se così fosse, ai giorni nostri il decreto n. 25 del 28 luglio 1943 avrebbe potuto configurarsi come un “decreto reggenziale”?

Ma, se anche così avessimo potuto argomentare, questo ragionamenti sono ora divenuti assolutamente oziosi alla luce delle leggi intervenute a disciplinare il funzionamento degli organi costituzionali.

Il Consiglio, infatti, ha approvato tanto la legge costituzionale (16 dicembre 2005, n. 185) quanto quella qualificata (16 dicembre 2005, n. 186), che – insieme all'art. 3 della “Dichiarazione dei diritti” - vanno a completare il quadro normativo relativo all'istituto della Reggenza. Inoltre, ha provveduto ad emanare le stesse tipologie di leggi anche per il Congresso di Stato (rispettivamente nn. 183 e 184 del 15 dicembre 2005).

In sintesi, constatiamo che

- legge costituzionale 16 dicembre 2005, n.185

(art. 3) tra le fonti normative delle attribuzioni della Reggenza non viene citato lo Statuto (comma 1), mentre lo scioglimento del Consiglio è possibile solamente “nei casi stabiliti dalla legge” (comma 3, n. 1), (20)

(art. 5) “il potere di decretazione della Reggenza non è ammesso se non in base ad espressa disposizione di legge” (comma 4);

- legge qualificata 16 dicembre 2005, n. 186

(art. 9) i decreti adottati dal Congresso di Stato sono promulgati dalla Reggenza con la denominazione di “decreto-legge” e con l’indicazione delle circostanze straordinarie di necessità ed urgenza che ne giustificano l’adozione, nonché dell’avvenuta deliberazione del Congresso di Stato (comma 1),

(art. 11) i decreti reggenziali devono indicare nel preambolo la legge di riferimento;

- legge costituzionale 15 dicembre 2005, n.183

(art. 2) Il Congresso di Stato, in caso di necessità ed urgenza, adotta decreti con forza di legge da sottoporre a ratifica del Consiglio entro tre mesi (comma 2, lettera b).

5. Conclusioni

Alla luce della vigente normativa in Repubblica, ai Capi di Stato sammarinesi non compete alcun potere straordinario – nemmeno limitato nel tempo ed ai casi di estrema necessità ed urgenza – tale da sostituirsi agli altri organi dello Stato (21). Ciò in considerazione che il meccanismo della separazione dei poteri dello Stato, unito al confermato tradizionale intervento dei Capitani Reggenti in ciascuno di essi, è stato ritenuto sufficiente alla conservazione dell’attuale regime democratico. (22)

Anche se è venuta meno la possibilità e – aggiungiamo noi - la necessità di prevedere un intervento reggenziale di carattere estremo a salvaguardia dei valori fondamentali della costituzione sammarinese (23) , constatiamo che ai Capitani Reggenti è stato comunque confermato il ruolo di “supremi garanti dell’ordinamento costituzionale della Repubblica” (art. 2, comma 1, della legge costituzionale n. 185 del 2005); in virtù di tale ruolo “vigilano sul funzionamento dei poteri pubblici e delle istituzioni dello Stato e sulla conformità della loro attività ai principi sanciti nella dichiarazione dei Diritti dei Cittadini e dei Principi Fondamentali dell’Ordinamento sammarinese e alle norme vigenti”.

Riecheggiano così le parole dell’antica formula che, oggi come allora, lo Statuto impone ogni sei mesi ai nuovi Capitani all'atto del giuramento che “… sempre curerete di conservar la Repubblica e suo imperio, libertà, dignità, privilegi, esenzioni, e qualunque altro diritto, e a questo gli occhi, l’animo, i pensieri e le cure vostre rivolgerete, e che null'altro con la vostra mente mirerete, se non al pubblico bene”, così come anche che “alla pace, e alla concordia dei cittadini, di cui nulla vi ha di più salutare in una libera Città, con tutte le vostre forze attenderete, sarete vigilantissimi giorno e notte della custodia della detta Terra, e gli Statuti, le riformazioni, i decreti dell’anzidetta Terra tanto fatti, quanto da farsi, e in difetto di essi le lodevoli consuetudini del Popolo, curerete di osservare e di far osservare” e, infine, che “… finalmente tutto quello sempre farete, che giudicherete possa tornare utile al bene della Repubblica, e de’ suoi cittadini.”  (24)

Ruolo supremo del cui mancato esercizio i Capitani Reggenti dovrebbero altrimenti rispondere alla fine del proprio mandato, ai sensi della Rubrica XIX del Libro I delle Leges Statutae  (25), in quanto “tenuti a render ragione del fatto e del non fatto durante la carica…”.

Oggi come allora, la conservazione della libertà dei cittadini e dell’indipendenza della Repubblica di San Marino è affidata ogni sei mesi – in una sorta di staffetta della Storia - a due persone che sanno di dover impiegare le proprie migliori doti, anche di ponderazione e di lungimiranza, a tale scopo supremo.

6. Appendice

Nel segnalare che la normativa sammarinese è di facile reperimento mediante la banca-dati del Consiglio Grande e Generale, accessibile al seguente indirizzo internet

http://www.consigliograndeegenerale.sm/on-line/home/archivio-leggi-decreti-e-regolamenti.html

non possiamo non accennare al ruolo che anche oggi assume il “diritto comune” (ius commune) nell'ordinamento sammarinese: esso, infatti, è ancora vigente nel diritto privato e nel diritto processuale civile (in virtù della scelta di non adottare la codificazione, a differenza degli altri stati europei che decisi si incamminarono lungo il solco tracciato dal Code Napoleon ) , mentre non lo è più per il diritto penale e la procedura penale (disciplinati invece da appositi codici, rispettivamente dal 1865 e dal 1878) e, intuitivamente, non lo è mai stato per il diritto costituzionale, naturale destinatario dello ius proprium di ciascuna entità statuale.

Ci affidiamo a quanto scrisse Vittorio Scialoja, giurista italiano e giudice sammarinese (26): “La repubblica di San Marino è oramai l’unico Stato europeo – dopo il 1900, anno in cui il diritto comune ha cessato di aver vigore in Germania con l’attuazione del nuovo codice civile dell’impero – dove questo diritto ha ancora valor di legge. Essa è nelle condizioni delle repubbliche italiane dell’evo medio e del principio dell’età moderna, nelle quali vigevano gli statuti municipali e il diritto comune, fonte sussidiaria ma amplissima di diritto, in tutto ciò che dalle leggi speciali o dagli statuti non fosse espressamente preveduto.”

Nel ricordare che anche San Marino – come tutti gli Stati contemporanei, ha inevitabilmente dovuto adottare molte “leggi speciali”, concludiamo con la definizione di diritto comune offertaci sempre dallo Scialoja e giustamente fatta imparare a memoria a tutti gli studenti di diritto sammarinese dal prof. Piergiorgio Peruzzi (docente nell'Università degli Studi di Urbino e già magistrato dirigente del Tribunale Commissariale della Repubblica di San Marino): “il Diritto Comune qui vigente non è il Diritto Romano Giustinianeo, ma quel diritto che si venne formando e svolgendo sulla base del Diritto Romano, del Diritto Canonico e della consuetudine, negli stati più civili del continente Europeo e in particolar modo dell’Italia; esso deve ricercarsi negli scritti dei più autorevoli giureconsulti e nelle decisioni dei più rinomati tribunali”.

Note

[1] Eletti per la durata di sei mesi dal locale parlamento (il Consiglio Grande e Generale), come gli antichi consoli romani i Capitani reggenti esercitano l’ufficio di Capo dello Stato in numero di due, in base al principio di collegialità.

Caratteristica secolare della Repubblica di San Marino è il coinvolgimento della Reggenza in ciascuno dei poteri dello Stato, dei quali assume la presidenza riuscendo comunque a mantenere un distacco super partes.

[2]  http://verter.altervista.org/secondaguerra.html

http://www.libertas.sm/Storia_generale/Feste/Caduta_Fascismo.htm

http://digilander.libero.it/riministoria/storia/150/sanmarino1943.html

http://www.storiaxxisecolo.it/fascismo/fascismo1c.htm

[3] Era il nome attribuito all'epoca al parlamento sammarinese (l’attuale Consiglio Grande e Generale). Se a tale antica denominazione il governo fascista fece ricorso per distinguere il proprio parlamento (eletto solo dai capi-famiglia e poche altre eccezioni) da quello precedente eletto a suffragio universale, è corretto evidenziare che nel passato tale qualifica“indicava semplicemente, nel tipico linguaggio giuridico dell’epoca , che la Respublica Sancti Marini era indipendente dall'Imperatore, dal Pontefice e da ogni altro Principe“ (così la Relazione della Commissione per lo studio dei problemi istituzionali dell’ordinamento sammarinese (c.d. Relazione Astuti), Tipografia Editrice Cavour-Roma – A.T.E. San Marino 1972, pag. 13 e s.). In altre parole, se le comunità statuali dell’età moderna avevano avuto come sovrano  un monarca, San Marino aveva invece avuto non il popolo ma, comunque, un’assemblea retta da criteri di rappresentatività non politica bensì di censo e di provenienza territoriale.

[4] E’ l’Esecutivo sammarinese. Sempre la Relazione Astuti, pag. 75, ricorda che, fino alla legge di riforma dei poteri pubblici (n. 26 del 9 maggio 1945), esso era “una vera e propria Giunta del Consiglio … Conseguentemente, il Congresso di Stato non aveva una sua autonomia funzionale di fronte al Consiglio Grande e Generale, essendo sua attribuzione di informare il Consiglio sugli affari da trattare e sulle decisioni da adottare, di eseguirne le decisioni, e di liberarlo dalle questioni di «minore momento»”.

[5] “Così” – prosegue la Relazione Astuti, pag. 65 – “nella crisi determinata anche a San Marino dalle drammatiche vicende italiane del 25 luglio 1943, la Reggenza, con decreto 28-7-1973 n. 25 (…) decretò lo scioglimento del Consiglio dei LX, e dispose in via provvisoria il passaggio del governo della Repubblica nelle mani di un Consiglio di Stato da essa Reggenza presieduto e costituito da non più di venti cittadini, al quale venivano conferiti “tutti i poteri dello Stato”. Con decreto n. 26 di pari data, il numero dei componenti del Consiglio di Stato venne poi portato a trenta.

[6] Ci permettiamo di ricordare che nell'antica Roma  quella del dictator era una magistratura straordinaria, alla quale si faceva ricorso appunto in casi eccezionali affidando tutti i poteri pubblici ad un solo individuo.

[7] Redatto in latino, lo Statuto (o Statuti) sammarinese è ufficialmente denominato Leges statutae Reipublicae Sancti Marini.

[8]  Così la Relazione Astuti, pag. 9, che poi afferma: “Nella repubblica del Titano le fondamentali libertà politiche e civili dei cittadini, non mai soppresse o conculcate da governi assoluti, dispotici, o tirannici, apparivano garantite da una secolare concreta esperienza, dalla comune consapevolezza della loro intangibilità, dalla inesistenza di qualsiasi effettiva minaccia al loro esercizio da parte dei poteri pubblici. E ciò era dovuto precisamente alla ininterrotta continuità di ordinamenti sostanzialmente democratici, che pur con i mutamenti verificatisi nel corso dei secoli, erano sempre rimasti fedeli ai fondamentali principi di libertà e di eguaglianza, di partecipazione popolare alla vita pubblica, di rappresentatività politica, di delegazione temporanea e limitata di ogni potere sovrano.” (pag. 12).

[9]  Così afferma Severino Caprioli in Come leggere lo Statuto. Carattere delle scritture normative e regole per la loro lettura. Teso e contesto” in Gli antichi Statuti della Repubblica di San Marino. Studi e traduzioni, Banca Agricola Commerciale–AIEP EDITORE, Repubblica di San Marino, 2002, pagg. 63 s. e 66.

[10]  Luigi Lonfernini in Elementi di diritto pubblico sammarinese,  Banca Agricola Commerciale–A.T.E., Repubblica di San Marino, pag. 95.

[11]  Il riferimento è all'assemblea popolare che in quello stesso giorno si svolse nel “Castello” di Borgo Maggiore, al Teatro Concordia. I nove Castelli della Repubblica sono distretti amministrativi, retti da “Giunte di castello” aventi poteri  consultivi e di promozione ed  attualmente elette dai propri cittadini.

[12] La “istanza di Arengo” è ancor oggi un istituto di partecipazione popolare di cui largamente si avvalgono i cittadini sammarinesi. Nella prima domenica successiva all'insediamento  dei nuovi Capitani Reggenti, i cittadini presentano proprie petizioni su questioni di interesse pubblico, con l’obbligo della Reggenza di presentarle all'esame del Parlamento. E’ disciplinata dalla legge 24 maggio 1995, n. 72.

[13] Indicate alla Rubrica II del Titolo I delle Leges Statutae: tra esse, la competenza dei soli Capitani (od uno di loro) a convocare l’assemblea mediante pubblici proclami e l’obbligo di fare l’appello dei presenti.

[14] “benché nei tempi più antichi della nostra Repubblica si trattassero e risolvessero dai Signori Capitani gli affari più gravi” (Rubrica I del Titolo I delle Leges Statutae). Lonfernini, op. cit., pag. 112, afferma (con riferimento, però, alla funzione di presidenza del Congresso di Stato, quindi dell’Esecutivo sammarinese, affidata per consuetudine ai Capitani reggenti) che“in un passato ormai remoto, ogni potere di governo o meglio di esecuzione dei provvedimenti consiliari era assegnata alla Suprema Magistratura”.

Secondo la Relazione Astuti (pag. 72) “è innegabile che l’istituto della Reggenza, sia per ragioni storiche, sia per la breve durata della carica e per i limiti tecnici connessi alla collegialità, ha subito nel corso dei tempi una progressiva riduzione dell’effettiva partecipazione all'esercizio dei poteri di legislazione e indirizzo politico, di governo e amministrazione.”

[15]   Nella dottrina costituzionale italiana, Carlo Lavagna (Istituzioni di diritto pubblico, UTET, Torino, 1979, pag. 227 s.) ammette tra le "fonti costituzionali" la consuetudine (che mai potrà contrastare con le norme o i principi ricavabili dalla Costituzionale), ricollegandola "alla posizione delle autorità supreme che, nell'esplicare le proprie funzioni e nell'ambito della discrezionalità politica ad esse attribuita, possono orientare i propri comportamenti verso tipi costanti"; la prassi - pur costante nel tempo come  la consuetudine - non viene ritenuta norma giuridica, mentre la convenzione costituzionale consiste in accordi tra gli esponenti delle forze politiche "su comportamenti volti, in genere, ad attuare norme costituzionali o legislative".

[16]   Vedi Appendice finale al presente articolo.

[17]  Caprioli, op. cit., pag. 40.

[18] L’art. 3 bis introdotto nel corpus della Dichiarazione dei diritti definisce le leggi costituzionali come quelle che “attuano i principi fondamentali sanciti nelle presente dichiarazione” e che “sono approvate nel loro complesso con la maggioranza dei due terzi dei componenti il Consiglio Grande e Generale. Se approvate con la  maggioranza assoluta sono sottoposte a referendum confermativo entro novanta giorni dalla loro approvazione.”; le leggi qualificate, invece, “disciplinano il funzionamento degli organi costituzionali nonché gli istituti di democrazia diretta. Sono approvate dal Consiglio Grande e Generale con la maggioranza assoluta dei suoi componenti.”

 [19]  Nella versione originaria del 1974, potere di Governo (spettante al Congresso di Stato)  e facoltà di decretazione d’urgenza (attribuita, almeno formalmente, alla Reggenza)  erano previsti all'interno del medesimo comma 3 dell’art. 3;  comunque, anche se più stretto appariva il legame tra potere esecutivo e “decreti con forza di legge” adottati dai Capitani Reggenti “in caso di urgenza …. sentito il parere del Congresso di Stato…”, il prosieguo del disposto normativo onerava comunque i Capitani (e non il Congresso) a sottoporre i decreti a ratifica consiliare entro tre mesi.

[20]  Se lo scioglimento al termine della legislatura rappresenta - come precisato da Alvaro Selva, in Storia delle Istituzioni della Repubblica di San Marino – L’attuale ordinamento costituzionale,  AIEP Editore- Repubblica di San Marino, 2012, pag. 180.– più che un potere un obbligo costituzionale della Reggenza, “lo scioglimento prima della scadenza della legislatura non rientra nei poteri diretti della Reggenza, che è tenuta a provvedere solo nel caso il Parlamento, o per dimissioni o per altra causa, perda la maggioranza dei Consiglieri…”.

[21]  A voler essere precisi, in caso di estrema urgenza sussiste ancora la facoltà per la Reggenza di disporre la mobilitazione generale “quando occorra difendere l’indipendenza della Repubblica e l’integrità del suo territorio” e ogni qual volta “necessiti concorrere al mantenimento dell’ordine pubblico ed intervenire nei casi di pubbliche calamità”. Così la legge 26 gennaio 1990, n. 15 (Regolamento organico e disciplina dei corpi militari), ricordata da Selva, op. cit., pag. 183. In proposito, osserviamo che se l’esercizio del  metodo democratico non crea nemici interni tali da richiedere lo stato di guerra, non può invece escluderlo nel caso la minaccia provenga da nemici esterni.

[22]  Ricordiamo che - all'epoca dei fatti che hanno interessato la presente riflessione - il regime sammarinese non era caratterizzato da libere elezioni né dalla libertà di manifestazione del pensiero, il parlamento non era rappresentativo delle diverse opinioni politiche e l’Esecutivo era illiberale: da qui la necessità per gli antifascisti di rivolgersi ai Capitani Reggenti. In democrazia le soluzioni estreme non sono necessarie, grazie a meccanismi di garanzia quali la tutela della libertà di pensiero, la regolare scadenza  delle legislature, le libere elezioni ed il controllo politico operato dal Consiglio nei confronti del Congresso di Stato.

[23]  Che sono - come ricorda Selva, op. cit, pag. 162 – la libertà e la democrazia.

[24]  Rubrica XIV del Libro I delle Leges Statutae.

[25] Si tratta del “Sindacato dei Reggenti”, sempre confermato nel corso dei secoli ed attualmente attribuito – ai sensi dell’art. 16 della Dichiarazione dei Diritti e dell’art. 17 della legge qualificata 25 aprile 2003, n. 55 – al “Collegio Garante della costituzionalità delle norme”.

[26] Vedi il saggio di Renzo Bonelli, Scialoja, magistrato a San Marino, in Annuario XXXII della Scuola secondaria superiore della Repubblica di San Marino - Anno scolastico 2004-2005, pag. 289 e ss. E' reperibile in rete all'indirizzo http://web.educazione.sm/scuolasup/Annuario/Annuario32.pdf.