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Patto di non concorrenza: diritto tedesco e italiano a confronto

Germania
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Esame del patto di non concorrenza, istituto centrale nei rapporti tra imprenditori e dipendenti.

Il patto di non concorrenza post contrattuale nel diritto del lavoro è l’accordo tra datore di lavoro e il dipendente a fronte del quale quest’ultimo si impegna a non mettersi in concorrenza con il primo, una volta terminato il rapporto di lavoro.

Non solo nel diritto italiano, bensì anche nel diritto del lavoro tedesco, tale tema è di cruciale importanza, visti i costi effettivi del patto di non concorrenza e le ripercussioni di una sua possibile invalidità o inefficacia. Seppur regolato nel Codice civile italiano e nel Codice di commercio tedesco (Handelsgesetzbuch – HGB), oltre che nell’Ordinanza per le attività tedesca (Gewerbeordnung - GewO), è la giurisprudenza a risolvere le diatribe sorte tra le parti e portare chiarezza in tale materia.

Di seguito una breve comparazione sulle differenze più interessanti nella prassi.


Patto di non concorrenza in vigenza del rapporto di lavoro e per il tempo successivo alla sua cessazione

Nel diritto del lavoro tedesco si rinvengono due tipologie di divieti di concorrenza tra il datore di lavoro e il dipendente, entrambe regolate nel Codice di commercio tedesco.

Il divieto di non concorrenza si rinviene, anzi tutto, in vigenza del rapporto di lavoro. La norma di riferimento è § 60, 1°comma HGB [Il diritto tedesco ordina articoli di legge in paragrafi (§) e articoli. Il primo sistema è, storicamente, di matrice prussiana (codice civile, codice penale, codici di procedura). Il secondo tipico della legislazione della Germania del sud (Baviera ad es.). Interessante notare che la Carta costituzionale tedesca è suddivisa in articoli e non in paragrafi].

Tale norma, destinata storicamente dal Legislatore ai “commessi”, ovvero ai lavoratori subordinati che svolgono mansioni tecniche sotto la direzione dell’imprenditore, vieta ai dipendenti di svolgere un’attività commerciale nelle aree di attività del “principale” (= datore di lavoro) e anche di svolgere affari per conto proprio o per conto terzi.

Il sopraccitato divieto termina con la cessazione del rapporto lavorativo. A questo punto, il dipendente è libero di fare concorrenza al precedente datore di lavoro, con tutte le conseguenze del caso. Ciò non sempre è desiderato dall’imprenditore, considerando tale possibile attività dannosa per l’azienda. Per tutelare il datore di lavoro è possibile estendere il divieto di concorrenza anche per un periodo futuro.

Nel diritto italiano, la norma di riferimento è l’articolo 2125 Codice Civile (con riferimento al rapporto di lavoro subordinato). In Germania (vedremo successivamente i profili di diritto internazionale privato), il patto di non concorrenza post contrattuale (“nachvertragliches Wettbewerbsverbot”) è regolato nel Codice di commercio dai § 74 sino al 75d.


Patto di non concorrenza: similitudini tra i due ordinamenti

Tra i due ordinamenti giuridici si riscontrano diverse similitudini: da un lato entrambi i diritti prevedono la forma scritta, una durata massima e la necessità di una compensazione economica (risarcimento) per la rinuncia alla concorrenza e la conseguente limitazione del dipendente alle attività che può svolgere.

In sostanza, quest’ultimo accetta di limitare il proprio diritto al lavoro, costituzionalmente garantito in entrambi gli Stati (artt. 1, 1° comma e 4, 1° comma Costituzione Italiana e articolo 12, 1° comma Grundgesetz). Ma vi sono anche notevoli differenze da non sottovalutare.
 

Patto di non concorrenza: la forma scritta

In entrambi gli ordinamenti è previsto il rispetto della forma scritta.

Nel diritto tedesco, “forma scritta” significa sottoscrizione con firma autografa (in originale, di “proprio pugno”), così come previsto dal § 126 Codice civile tedesco (Bürgerlichesgesetzbuch – BGB). Nel diritto italiano si potrebbe pensare alla forma prevista dall’articolo 1350 Codice Civile.

Accanto alla forma scritta vera e propria, sussiste nel diritto tedesco la cosiddetta “forma testuale”: si tratta di una forma scritta “semplificata” costituita dalla possibilità di garantire la provenienza di un documento nel tempo (§ 127 BGB). Ad esempio fax, e-mail, sms, ecc.

Salvo eccezioni, come per il contratto di lavoro a tempo determinato, il diritto tedesco non prevede alcuna forma specifica. Invece, il patto di non concorrenza post contrattuale deve essere firmato in originale dalle parti e un originale deve essere consegnato al dipendente.

Anche in Germania esiste da alcuni anni la sottoscrizione elettronica. A meno che la legge non preveda diversamente, la forma elettronica (firma elettronica qualificata) è comparata alla forma scritta (§ 126a BGB). Non è ancora chiaro se la forma elettronica sia considerata sufficiente per il patto di non concorrenza post contrattuale. Invece, sembra che una mera scansione o sottoscrizione digitale (ad es. mediante apposizione della firma su un dispositivo munito di touch screen) non siano sufficiente. Vi è anche incertezza se siano riconosciute firme elettroniche qualificate rilasciate all’estero.

Considerate le conseguenze del mancato rispetto del requisito di forma, ovvero la completa nullità del divieto, si consiglia di non tentare esperimenti e di firmare il relativo contratto, possibilmente con una penna di colore diverso dal nero per evitare spiacevoli eccezioni e almeno finché la giurisprudenza della Corte suprema del lavoro (Bundesarbeitsgericht - BAG) non chiarirà tale dubbio.

In caso di mancata consegna del contratto con le firme in originale, il dipendente non sarà vincolato al rispetto del patto. Si consiglia di farsi confermare sempre la ricezione dei documenti dal dipendente.


Patto di non concorrenza: la durata

In entrambi gli ordinamenti, la durata massima del patto è stabilita dalla legge.

Mentre secondo il diritto italiano, articolo 2125, comma 1 Codice Civile, si distingue in una durata massima differente tra dirigenti (cinque anni) e altre tipologie di dipendenti (tre anni), nel diritto tedesco, la durata massima è di due anni e basta: nessuna distinzione, ciò che vale per l’operaio, vale anche per il dirigente (§ 74°, comma 1, 2° alinea HGB). Tale termine si calcola dalla cessazione formale ed effettiva del rapporto contrattuale, non al momento in cui il dipendente cessa, di fatto, la propria attività lavorativa (ad es. per malattia o esonero).

Un patto stipulato per un periodo maggiore non è efficace. Decorsi i due anni, il dipendente è libero di fare concorrenza all’ex datore di lavoro e quest’ultimo non è più tenuto a corrispondere alcuna indennità.


Patto di non concorrenza: Indennità di carenza - “Karenzentschädigung”

Entrambi gli ordinamenti prevedono che il dipendente debba ricevere un’indennità a fronte dell’obbligo di astenersi dalla concorrenza. Qui, però, finiscono le similitudini ed iniziano i rischi.

Nel diritto tedesco l’indennità deve essere corrisposta successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro, con debenza per la fine del mese (§ 74b, comma 1 HGB) e non anticipata con la retribuzione mensile, come spesso in uso nei contratti regolati dalla legge italiana. Non vi sono eccezioni, di nessun tipo.

Anche l’ammontare minimo è regolato dalla legge: l’indennità deve essere pari almeno alla metà dell’ultima retribuzione mensile percepita dal dipendente (§ 74, comma 2 HGB). Nella prassi, si pongono diverse questioni, ad es. riguardanti provvigioni, bonus, pagamenti una tantum o benefit quali la macchina aziendale e il valore da attribuirgli.

In caso di mancato pagamento dell’indennità nella misura minima prevista per legge, il patto non è vincolante per il dipendente. Ciò significa che quest’ultimo può scegliere di rispettarlo e ottenere l’indennità, oppure rinunciare all’indennità e accettare un’occupazione in concorrenza al suo ex datore di lavoro.

L’ammontare dell’indennità gioca un ruolo anche nella valutazione degli interessi: maggiore è l’indennità pattuita, maggiori sono le possibilità che il dipendente debba attenersi al divieto di concorrenza. Come nel diritto italiano è necessario valutare i contrapposti interessi delle parti per accertarne la validità.

Il mancato pagamento dell’indennità al dipendente può costituire, previa messa in mora e diffida ad adempiere, un valido motivo per quest’ultimo per risolvere, unilateralmente, il patto di non concorrenza e liberarsi da ogni vincolo.

Un’altra peculiarità del diritto tedesco è che, salve pattuizioni contrarie, l’ex datore di lavoro può detrarre da tale indennità quanto il dipendente percepisce nel caso abbia un nuovo lavoro, sempre che la nuova retribuzione superi determinati parametri (§ 74c, comma 1 HGB). Quindi, a differenza del diritto italiano e delle indennità corrisposte in costanza del rapporto di lavoro, si ha un risparmio per l’azienda se il dipendente intraprende una nuova attività: il dipendente non riceve una doppia retribuzione.


Patto di non concorrenza: possibilità di revoca per il datore di lavoro

Al contrario del diritto italiano, che nulla prevede espressamente in merito alla possibilità di recesso dal patto da parte del datore di lavoro, il Codice di commercio tedesco regola in dettaglio il diritto di recesso.

La giurisprudenza della Corte di cassazione ha chiarito che il datore di lavoro non ha la possibilità di recedere dal patto di concorrenza. Quest’ultimo inizia ad influenzare la vita professionale del dipendente dal momento in cui viene stipulato l’accordo e non sarebbe equo se una parte potesse liberarsi, unilateralmente, dagli accordi presi.

Al contrario, il diritto tedesco prevede espressamente la possibilità per il datore di lavoro di rinunciare al patto, prima che il rapporto di lavoro termini (§ 75a HGB). La dichiarazione richiede la forma scritta e ha efficacia decorso un anno dalla ricezione della medesima.

La dichiarazione richiede la forma scritta e comporta un effetto immediato per il dipendente, mentre un effetto posticipato (il termine dell’anno) per il datore di lavoro.

È quindi consigliabile che il datore di lavoro controlli, regolarmente, la necessità dei patti di non concorrenza post contrattuale dei propri dipendenti, onde valutare se siano ancora necessari, soprattutto in mercati che si sviluppano rapidamente.


Patto di non concorrenza: relazioni internazionali, diritto applicabile

Come se le questioni riguardanti il patto di non concorrenza post contrattuale non fossero già abbastanza complesse, sempre in bilico tra il diritto costituzionale dei dipendenti alla libertà di poter svolgere la propria attività senza imposizioni e gli interessi dell’impresa alla protezione del know how, a livello internazionale si pongono dei quesiti pratici che richiedono una valutazione attenta del diritto applicabile a casi internazionali.

Le norme di diritto internazionale privato, armonizzate per gli Stati Membri dal Regolamento (CE) n.593 del 2008, prevedono ampia libertà per le parti nella scelta del diritto applicabile, con alcune limitazioni.

La prima è data dalle norme di applicazione necessaria di un determinato foro (articolo 9 del Regolamento), dalle sue norme di ordine pubblico (articolo 21 del Regolamento) e, nel diritto del lavoro, dalle norme della legge che sarebbe stata applicabile in caso di mancata scelta, se riguardanti la protezione del lavoratore (articolo 8, comma 1, 2° alinea del Regolamento).

In caso di rapporti di lavoro in cui viene scelto un diritto applicabile diverso da quello dello Stato ove il dipendente svolge la propria attività, oppure anche in caso di rapporti di lavoro con più imprese, come avviene spesso nei gruppi industriali internazionali, ci si pone la questione di quali norme regolino il patto di non concorrenza post contrattuale.

Difatti, spesso accade che il datore di lavoro si trovi spiazzato dall’improvvisa applicabilità di norme di un diritto diverso che rendono il patto non vincolante o ancor peggio nullo. Oppure se il dipendente chiama in causa il datore di lavoro nello Stato in cui godrebbe delle maggiori tutele.
 

Patto di non concorrenza:  alcuni consigli pratici

Per l’imprenditore il consiglio è di scegliere il diritto del luogo ove il dipendente svolge la propria attività lavorativa, cautelandosi da eventuali azioni in altri Stati.

La redazione di clausole coerenti con la normativa applicabile e che tengono conto dei limiti di legge al patto di non concorrenza post contrattuale è imprescindibile per avere delle pattuizioni valide nel momento in cui il patto diventi rilevante. Allo stesso modo, se è applicabile il diritto tedesco, è opportuno verificare periodicamente la necessità del divieto di concorrenza e pianificare un eventuale recesso.

Per i dipendenti è, invece, fondamentale sapere se il patto di non concorrenza sia vincolante e se gli importi previsti come indennità siano adeguati.