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Le arti figurative tra storia e diritto

Sommario: 1. Il concetto di arte e la sua evoluzione. 2. Il mercato delle opere d’arte. 3. Il diritto di seguito: genesi, evoluzione ed analisi dell’istituto


1. Il concetto di arte e la sua evoluzione

Con il termine arte[1] si indica la capacità umana di creare o di plasmare qualsiasi oggetto, nonchè tutte le attività umane che portano alla realizzazione di forme creative di espressione estetica che poggiano su accorgimenti tecnici, abilità innate e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall’esperienza.
Detta capacità in epoca antica consisteva nel rispetto della conoscenza dei canoni e delle regole di quel tempo. Ad esempio nell’antica Grecia le arti, tra le quali curiosamente mancavano la pittura e la scultura erano affidate alla protezione delle Muse, personaggi mitologici a cui si rivolgeva l’uomo per attingere ispirazione e conoscenza.
Dall’epoca ellenistica fino ad oggi, il concetto di arte ha viaggiato di pari passo con quello di bellezza anche se i due termini non possono essere definiti coincidenti.
Difatti la bellezza rappresenta il godimento dell’osservazione dell’essenza oggettiva di ciò che ci circonda.
Nell’antichità ed in molti periodi storici era considerata bellezza quella della natura, mentre all’arte era affidato il compito di realizzare uno scopo qualunque esso fosse.
Perciò si considerava arte sia quella del pittore e dello scultore che quella di un falegname o di un fabbro.
Soltanto in epoca recente è stata elaborata la nozione di Belle Arti volta a distinguere la pittura, la scultura e l’architettura dal lavoro di un semplice artigiano.
Tutto ciò, ha portato al ribaltamento dei canoni di bellezza che non è più quella della natura ma quella dell’arte in sé e per sé.
Nonostante l’evoluzione del concetto di arte a volte diversi modelli si ritrovano a coesistere nella stessa epoca, mentre altri si ritrovano anche in epoche differenti.
Ad esempio storicamente coesistono due modelli di bellezza femminile quali la Venere del Botticelli, simbolo di sensualità e femminilità rimasto inalterato nel tempo, e la Venere paleolitica dalle forme molto abbondanti richiamata in epoca recente da Rubens e Renoir.
Come sopra ricordato, i concetti di arte e bellezza pur non connotandosi come elementi coincidenti spesso viaggiano di pari passo in relazione ai canoni e al gusto delle varie epoche.
In Grecia, fino all’avvento di Pericle non esisteva una vera e propria teoria del bello e dell’estetica, soltanto successivamente all’ascesa dell’epoca del prefato despota[2] gli Ellenici utilizzarono il termine καλòν per indicare tutto ciò che piace o è degno di ammirazione in base ai canoni dell’epoca.
Inoltre secondo la mitologia fu Zeus ad assegnare ad ogni uomo una misura appropriata e un giusto limite, ovvero regole in base alle quali ogni essere doveva essere in grado di autodeterminarsi. Detti criteri applicabili ad ogni aspetto della vita umana vennero poi utilizzati come canoni artistici e come principi posti alla base delle teorie dei più grandi filosofi del passato come Talete, Anassimene, Anassimandro, Eraclito, Socrate, Platone ed Aristotele .
Infatti in questo periodo storico la bellezza ideale si esplica non nell’astrattezza del corpo umano ma nella sintesi dei corpi vivi, con la quale a sua volta viene espressa una bellezza psicofisica che tende ad armonizzare l’anima ed il corpo.
Il concetto di bellezza in epoca romana ricalca i canoni greci, mentre nel Medio Evo si evolve e l’uomo viene artisticamente posto al centro del mondo.
L’uomo nel riferito periodo è considerato come un piccolo cosmo all’interno di un grande cosmo che è la natura. Egli è racchiuso dentro un quadrato figura geometrica che in base al numero dei suoi lati si ricollega alla natura che molto spesso si divide in quattro parti (punti cardinali, stagioni ecc.).
E’ inoltre opportuno evidenziare che, accanto al concetto del bello ogni cultura ha affiancato l’idea del brutto. La mitologia greca ad esempio era ricca di figure orripilanti quali fauni, ciclopi, chimere, satiri e minotauri mentre in epoca medievale il brutto corrispondeva a tutto ciò che non era in armonia col disegno divino quindi Satana e i suoi seguaci.
Il Medio Evo è anche l’epoca in cui gli artisti quali piccoli artigiani del bello si dilettano nella raffigurazione dell’amore sacro e dell’amore profano.
La maggior parte di essi però, attraverso le proprie opere, intendeva trasmettere ai propri confratelli di fede il messaggio di Dio la cui comunicazione visiva era sicuramente d’impatto anche per le persone prive di cultura e di istruzione.
Verso l’XI secolo, sulla scia delle poesie provenzali e dei romanzi cavallereschi, nasce artisticamente una particolare immagine della donna pura e casta per mezzo della quale la donna stessa diviene il simbolo di un amore impossibile.
A cavallo tra la fine del Medio Evo e l’Umanesimo e il Rinascimento si assiste ad un ritorno ai canoni classici riadattati alla cultura dell’epoca.
In questo periodo, il principio di proporzione regna sovrano e nasce la terza dimensione nella pittura e nella scultura, innovazione che da maggiore profondità e misticità alle figure che vengono riprodotte.
I soggetti di quest’epoca sono dame, eroi e ovviamente soggetti sacri.
I principali esponenti di questo tipo di arte in Italia sono Botticelli e Piero Della Francesca.
Sempre in questo periodo fioriscono in tutta Europa così come nelle più prestigiose città italiane le associazioni delle Arti e delle Corporazioni; organismi questi volti a regolamentare e a tutelare le attività degli appartenenti ad una medesima categoria di professioni tra le quali rientrano quelle del pittore e dello scultore anche se le loro opere vengono ritenute espressione di artigianato ed essi ancora qualificati come artigiani.
Tra il cinquecento e il seicento nelle Fiandre, a seguito della Riforma protestante, nasce il concetto di bellezza pratica associata a quella sensuale il cui significato viene espresso attraverso la semplicità delle linee che raffigurano una donna semplice ma allo stesso tempo sensuale e, nel contempo, efficiente lavoratrice.
Nel richiamato periodo si assiste anche alla nascita di un’altra corrente, il manierismo, un movimento che dissolve le regole rinascimentali e considera la bellezza come vuota e priva di anima.
Alla bellezza classica i manieristi oppongono una spiritualizzazione che si proietta verso il fantastico.
Nasce così una bellezza onirica attraverso la quale viene espressa una velata lacerazione dell’animo.
Al contrario, verso la metà del seicento si passa dal manierismo al barocco, epoca in cui si cercano nuovi canoni di bellezza che si riassumono nelle espressioni “di stupefacente, di sorprendente e di apparentemente sproporzionato”.
Il secolo barocco esprime un concetto di bellezza che va al di là del bene e del male la cui peculiare caratteristica consiste nel fatto che il bello può essere espresso anche attraverso il brutto.
Il settecento segna invece il passaggio dal rococò alla razionalità, dall’abbandono alla dolcezza del vivere, al culto della ragione ed all’ascesa della borghesia.
Nell’epoca della rivoluzione industriale e dello sviluppo delle città, l’uomo viene rappresentato come essere confuso che si rifugia in un primo momento nella fantasia tipica del romanticismo per giungere, in un secondo momento e cioè verso la seconda metà dell’ottocento, a rimpiangere il passato attraverso la corrente decadentista che ne richiama i valori attraverso un’esasperazione della bellezza e della perfezione che è racchiusa nell’uomo e non nella natura la quale viene considerata sprezzante e inferiore rispetto all’essere umano che deve fare della propria vita una vera e propria opera d’arte.
In detto periodo, nel campo artistico cessa la raffigurazione dei paesaggi mansueti e si da vita all’alterazione delle potenze della natura.
L’unico oggetto, appartenente alla natura, a sopravvivere è il fiore che darà vita al cosiddetto stile floreale o liberty.
La seconda metà dell’ottocento è caratterizzata altresì dall’avvento del simbolismo corrente che impone al tempo stesso una visione dell’arte e una del mondo.
L’artista si pone in contatto con la realtà in maniera diversa, egli non cerca più il cielo e il sacro bensì il vivo della materia.
Detta concezione getta le basi per la nascita dell’impressionismo, movimento che predilige l’istintività dell’artista, il quale intenderà l’arte non più come registrazione e provocazione di un’estasi estetica ma come strumento di conoscenza.
In quest’epoca la nascita della fotografia porterà gli artisti a confrontarsi con la realtà percepita e quella fotografica.
I maggiori esponenti di detto movimento sono Degas e Manet.
Inoltre sempre nel ricordato periodo la fotografia e il cinema muto influenzeranno anche un altro movimento artistico che si sviluppa successivamente al precedente: l’espressionismo.
In siffatta corrente l’artista privilegia il lato emotivo della realtà rispetto a quello percepibile oggettivamente, al punto di esasperarlo (un esempio è L’urlo di Munch).
In questo periodo si esprimono artisti del calibro di Van Gogh, Gauguin e Munch.
Invece, nel XX secolo si sviluppano anche altri movimenti quali il cubismo di Braque e Picasso, il futurismo di Boccioni e Balla, il surrealismo di Dalì e Mirò e l’astrattismo di Kandisky e Mondrian.
Detti artisti sono alla ricerca di una visione diversa, dinamica, irreale, nuova, antistorica e, comunque, sicuramente non tradizionale che la rendono fruibile attraverso il loro pensiero. L’arte viene così, con immediatezza, stravolta insieme alla vita moderna, spazio di elezione nel quale la gente sogna nuovi orizzonti da raggiungere.
L’arte infatti non propone più un’immagine della bellezza naturale, né procura il piacere della contemplazione di forme armoniche e proporzionate ma, al contrario getta le basi per un’interpretazione del mondo diversa contraddistinta dal ritorno ai modelli arcaici o esotici, dall’universo del sogno o dalle fantasie febbrili proprie e tipiche dei malati di mente, dalle visioni suggerite dalla droga, dalla riscoperta della materia, dalla proposizione stralunata di oggetti d’uso in contesti improbabili[3] e dalle pulsioni dell’inconscio.
Anche il cinema e i media divengono, nella dinamica del divenire, a loro modo forme d’arte e iniziano ad imporre i loro modelli di bellezza mutevoli nel tempo, creando forse un po’ di caos tra il grande pubblico che molto spesso accantona l’interesse per le arti più classiche a favore di ciò che viene proposto in tv o alla radio.
In conclusione il cammino dell’arte nei secoli per quanto affascinante è stato molto tortuoso e arduo anche se al giorno d’oggi alcune forme nelle quali l’arte stessa si esplica sono sottovalutate ed è forse anche questo il problema principale in quanto, il ruolo degli artisti e delle gallerie non viene assunto nella giusta ed intrinseca sua considerazione né dal grande pubblico né dallo Stato.

2. Il mercato delle opere d’arte

Il mercato delle opere d’arte rappresenta un insieme di attività che vengono definite come beni e servizi artistici le cui caratteristiche sono l’originalità, la creatività, l’inutilità, la realizzazione manuale, la presenza e la trasmissione all’esterno di un significato simbolico e l’esistenza di una qualche forma di proprietà intellettuale.
Già nell’antica Roma si era dato rilievo all’importanza dell’arte e della bellezza tanto che gli artisti venivano incoraggiati e spronati a produrre capolavori artistici e letterari.
Uno dei più grandi sostenitori dell’arte e della cultura fu Gaio Cilnio Mecenate, fido consigliere nonché grande amico dell’imperatore Augusto, il quale istituì un circolo di intellettuali, il primo della storia antica, allo scopo di proteggere gli artisti dell’epoca e di sostenere e far conoscere, a chi ne avesse interesse, le loro opere.
Difatti al giorno d’oggi il termine mecenate è sinonimo di protettore degli artisti.
Mecenate amava circondarsi di intellettuali ed il suo circolo poteva godere della presenza di mostri sacri della letteratura come Virgilio ed Orazio.
Sulla scia dell’antico romano di origini etrusche, nei secoli a venire nacquero molti circoli che non solo ospitavano poeti e letterati ma anche pittori e scultori.
Esempio paradigmatico di mecenatismo sono stati Cosimo[4] de’ Medici e suo figlio Lorenzo il Magnifico i quali hanno accolto e protetto i più grandi talenti dell’epoca.
I circoli hanno rappresentato nei secoli un luogo non solo di arte ma anche di confronto tra coloro che ne hanno fatto parte.
Infatti come affermato in precedenza specialmente in epoca molto antica l’artista era considerato un artigiano e dunque trattato come tale.
Si deve aspettare il XII secolo per ottenere una regolarizzazione degli ordini professionali tra i quali, seppur sempre considerati artigiani, rientrano anche le categorie dei pittori e degli scultori. Tale regolarizzazione è avvenuta attraverso la nascita delle associazioni delle Arti e delle Corporazioni.
Detti organismi avevano anche lo scopo di avviare all’esercizio della professione chiunque volesse intraprendere determinate attività ed avevano un’organizzazione molto efficiente dalla quale hanno preso in seguito spunto i modelli societari odierni.
L’arte, e quindi la formazione degli artisti, erano oggetto di insegnamento all’interno di tali organizzazioni o nelle botteghe degli artisti più affermati come nel caso di Giotto che fu allievo del maestro Cimabue.
Una volta formatosi l’artista creava le proprie opere in maniera autonoma, le quali venivano commissionate o vendute ai privati.
In Italia la città di Roma è un esempio di arte a 360 gradi. Si parte dall’arte romanica per arrivare a quella odierna ma, è soprattutto nel periodo del potere temporale dei Papi che la capitale si arricchisce di tesori di valore inestimabile visto e considerato che ogni Pontefice ha commissionato opere architettoniche, scultoree ed affreschi volti a rendere Roma letteralmente caput mundi dell’arte.
Durante il Rinascimento fioriscono, sotto il ricordato profilo artistico, anche altre città quali Firenze, Bologna e Milano atteso che in questo periodo sono stati conferiti infiniti incarichi per la realizzazione di opere sia da parte della Chiesa che da parte di sovrani e principi dell’epoca, i cui ordini di commissione hanno modificato il ruolo dell’artista che da semplice artigiano si è trasformato in una specie di appaltatore odierno e, dunque, retribuito come tale.
All’incirca intorno della seconda metà del settecento, a seguito alla nascita del concetto di belle arti sono state poste le basi per giungere, tra fine ottocento ed inizio novecento, a quella che che è stata la grande svolta del mondo di cui ci stiamo occupando, ossia all’età dell’Arte Contemporanea.
Il XIX secolo fu un periodo di profonda ed incisiva innovazione ed è proprio in quest’epoca che trova fine l’era dei Mecenati che per secoli avevano commissionato agli artisti opere per palazzi nobiliari, statali, ecclesiastici, chiese e musei.
Nasce, in hoc signo, la categoria dei collezionisti privati che si rafforza notevolmente con il sorgere delle gallerie d’arte private, ossia di quei luoghi adibiti alla diffusione e alla vendita di opere d’arte gestite da galleristi, i quali scoprendo e riconoscendo in anticipo il talento di alcuni artisti operano scelte artistiche e strategie di marketing che riscuotono grande successo.
Dai primi del novecento ad oggi l’artista si trova ad operare a stretto contatto con il gallerista giacché entrambe le figure si correlano in misura talmente pregnante da non consentire all’uno di poter fare a meno dell’altro al contrario dei collezionisti che acquistano e scambiano opere, guidati in ciò dall’esigenza di soddisfare il proprio intimo godimento.
Di altra natura è invece il rapporto viscerale che si determina tra artisti e gallerista, atteso che quest’ultimo, al contrario del collezionista, non acquista quasi mai le opere che espone ma le trattiene in conto vendita dopo averle selezionate.
Ancora altra e diversa è la figura del mercante che acquista direttamente le opere e le propone al gallerista e ai collezionisti, svolgendo così un attività professionale di intermediazione tra l’artista e i soggetti interessati.
In ragione di siffatto delineato sistema il commercio delle opere d’arte diviene una forma di investimento e l’opera d’arte una merce dipendente dalle strategie di mercato.
In Italia a partire dagli anni ’30 fioriscono prestigiose gallerie quali quella dello Obelisco a Roma e verso gli anni ’70 nascono anche le Fiere d’arte come l’ARTEFIERA di Bologna e l’EXPOARTE di Bari.
In Europa le Alte Fiere di risonanza mondiale sono la TEFAF di Maastricht, la FIAC di Parigi, l’ARCO di Madrid e L’ARTBASEL in Svizzera.
Un altro processo di circolazione dell’arte è costituito dalle aste, negozi giuridici che nascono in epoca romana come fattispecie di vendita pubblica e che nel tempo hanno contribuito alla diffusione delle opere d’arte sia valorizzandole che vendendole all’incanto.
Negli anni ’80 le Case d’Asta diventano dei veri e propri committenti di opere d’arte e attraverso lo strumento della trattativa diretta con gli artisti divengono esse stesse soggetti promotori e scopriori di talenti.
Sino alla metà degli anni ’80 il pubblico di dette aste era costituito unicamente da mercanti e galleristi successivamente le medesime sono state aperte anche ai collezionisti, che oggi addirittura, nella partecipazione alle aste, risultano essere la componente più numerosa.
Tale apertura ha completamente stravolto gli equilibri del mercato dell’arte, e ciò ha portato sia al mutamento dell’ottica delle motivazioni d’acquisto che oggi si incentra sui peculiari aspetti del collezionismo quali quello speculativo e quello edonistico, sia al disorientamento delle gallerie i cui titolari sono intrappolati nel vortice relativo al maggiore rendimento economico.
In tal modo viene data più pregnante rilevanza al guadagno rispetto ed a discapito del talento dell’artista.
Dalla seconda metà del ‘900 anche i Musei hanno assunto un ruolo di sicuro prestigio nella diffusione dell’arte contemporanea tanto attraverso l’operato dei curatori e dei mass media, quanto dalla diffusione delle pubblicazioni specifiche e di settore e dagli interventi di iniziative promozionali.
Dette strutture sono dei veri e propri contenitori di arte messi a servizio del grande pubblico che specialmente in Italia vengono esclusivamente gestiti dal potere pubblico e ciò ha portato spesso come conseguenza una scarsa quando non anche cattiva manutenzione di moltissime opere.
L’unica concreta soluzione per il panorama artistico italiano, per porre rimedio e freno alla denunciata circostanza sarebbe quella di aprire le porte dell’arte anche ai privati desiderosi di proteggere il patrimonio artistico italiano per metterlo a disposizione del popolo o di chiunque vi abbia interesse.
Va ancora posto in risalto che attualmente la natura simbolica del bene artistico richiede la materializzazione del medesimo simbolo all’interno del mercato.
Ne consegue che l’opera d’arte assume una doppia valenza: economica ed artistica ovvero, la stessa si caratterizza sia per il suo valore di mercato (prezzo) che per il valore relativo all’aspetto artistico.
Un’eventuale analisi del bene artistico dal punto di vista economico oggi si sostanzia nell’esistenza di un nesso tra il valore monetario ed il talento artistico il quale, se è universalmente riconosciuto garantisce un maggior numero di potenziali acquirenti.
Inoltre va ancora evidenziato che è anche necessario considerare che l’arte costituisce un concetto dinamico mutevole nel tempo in relazione alle regole sociali ed alle istituzioni che da secoli condizionano il comportamento dell’individuo che si riflette indiscutibilmente anche nel campo artistico.
Vi è poi da aggiungere che il lavoro artistico al giorno d’oggi viene considerato come fonte di utilità caratterizzato da requisiti di varietà e di qualità il cui prodotto dev’essere durevole nel tempo e possibilmente capace di acquisire sempre maggior valore.
Giusta quanto sopra ricordato lo scambio di opere d’arte nel tempo ha assunto plurime e diverse connotazioni: si è passati, infatti, dal modello dei legami nato con l’artista che vive delle commesse del principe e dal modello dei beni simbolici, ovvero dalla reciprocità del dono tra artisti nell’ambito di una comunità, ai modelli della separazione del mercato in cui l’artista produce il bene per un committente sconosciuto e dell’allocazione ereditaria secondo cui i beni circolano attraverso lasciti ereditari e donazioni.
Invece, per quanto concerne la valutazione artistica ed economica nello scambio di opere d’arte è bene evidenziare che il prezzo di un bene artistico non dipende soltanto dai costi di produzione ma anche dalla qualità artistica percepita dal pubblico.
In base a quanto appena affermato si deduce che, all’interno del mercato agiscono due elementi paradigmatici: la soggettività della valutazione di un bene e le differenze di reddito individuali di talché si ha come oggettivo risultato che diversi agenti o intermediari (galleristi, venditori d’aste) associano a un bene il medesimo valore artistico ma con prezzi differenti.
Ne consegue che tali elementi possono spiazzare eventuali acquirenti od offerenti riguardo alla reale qualità artistica dei beni sicché, per evitare che gli stessi concludano pessimi affari, interviene la figura del gatekeeper ovvero di un agente che esercita un ruolo di guida nella valutazione del bene ed il cui apporto qualora sia efficace determina il prezzo esatto del bene medesimo.
Il gatekeeper può essere tanto un professionista che un dilettante. Nella prima categoria rientra il critico d’arte mentre nella seconda il grande pubblico che determina con i propri acquisti l’andamento del mercato. E’ di tutta evidenza che il compito di detto agente è senz’altro quello di valutare il bene artistico nel modo più corretto possibile senza incorrere in atti fraudolenti in maniera tale da garantire la trasparenza del mercato.
Infine vi è da considerare, ai fini di una corretta valutazione dell’opera d’arte, che il ciclo di vita della medesima può essere diviso in due fasi.
Nella prima fase il bene, che non ha inizialmente acquisito lo status di opera d’arte, viene valutato da chi è competente per poi divenire oggetto di scambi frequenti tra i soggetti del campo artistico, mentre nella seconda il medesimo bene raggiunge il massimo merito artistico e nel momento in cui il suo consumo raggiunge un certo livello di equilibrio si stabilizza. In questo caso se il merito artistico è elevato, lo stock di capitale artistico incorporato nel bene stesso non si riduce se, invece, la storia degli scambi non ha consentito l’accumulo di un merito adeguato l’opera perde il suo valore ed esce dal mercato.
L’uscita dal mercato però può anche non essere definitiva nel senso che non è impossibile che negli anni avvenga un eventuale processo di riselezione di un artista e delle sue opere così come può avvenire il contario ovvero che un grande artista sia dimenticato dal pubblico.
In conclusione da quanto sopra esposto si deduce che le regole del mercato dell’arte sono spesso lasciate al libero arbitrio di chi lavora nel campo artistico e che ciò non giova sicuramente né agli artisti né al mercato stesso la cui funzione ed il cui ruolo devono essere più accuratamente tutelati dalla legge.

3. Il diritto di seguito: genesi, analisi e disciplina dell’istituto

Il diritto di seguito o droit de suite è un istituto che è stato a lungo oggetto di studio e di dibattito sia tra i giuristi che tra i protagonisti del mondo dell’arte (artisti, aventi causa di artisti deceduti, galleristi, case d’asta, collezionisti ed acquirenti).
Le scaturigini di questa autonoma figura racchiusa nel diritto d’autore si rinvengono nella Parigi agli inizi del secolo scorso, periodo questo in cui la capitale francese ha rappresentato il fulcro indiscusso dell’arte figurativa mondiale.
Parigi nel su ricordato periodo è stata meta agognata di tutti i più grandi artisti dell’epoca: francesi, italiani, spagnoli, tedeschi, olandesi, americani ed inglesi i quali erano tutti colà convenuti poiché in quella splendida città francese erano presenti le più prestigiose gallerie d’arte del ‘900, i cui galleristi erano i più abili promotori del lavoro degli artisti medesimi.
In tale contesto culturale ed artistico trova il suo primum movens la questione relativa all’obiettiva esigenza per l’artista di poter trarre beneficio del successo delle proprie opere e del conseguente aumento di valore delle medesime atteso che, a quell’epoca, erano soltanto i galleristi e gli acquirenti a beneficiare di tale successo commerciale in quanto i primi con l’acquisto di un’opera effettuavano un investimento che sarebbe andato a buon fine nel tempo ed i secondi godevano, in ragione delle commissioni delle opere, da loro scelte e proposte, successive al primo passaggio, della percentuale relativa all’aumento di valore delle opere medesime.
La prima normativa che ha introdotto il prefato principio è la legge francese del 20 maggio del 1920 il cui contenuto disciplina l’ipotesi della remunerazione nel tempo valida anche per gli artisti di arti figurative.
In seguito a suddetta legge l’istituto del droit de suite è stato riconosciuto dalla convenzione di Berna del 1948 relativa alla protezione delle opere letterarie ed artistiche ratificata in Italia soltanto nel 1973.
Nonostante la previsione del diritto di seguito in ambito europeo per anni il medesimo è stato applicato dalle parti esclusivamente su base volontaristica.
In Italia il droit de suite era stato previsto e regolamentato dal codice civile (articoli 144 del codice civile e seguenti) unitamente alla disciplina del diritto d’autore, sebbene l’utilizzazione vera e propria dello stesso è avvenuta soltanto con il Decreto Legislativo del 13 febbraio 2006 n° 118, cioè con una normativa finalizzata all’adeguamento di quanto disposto dall’Unione Europea con la direttiva comunitaria 84 del 2001.
Difatti, unicamente in occasione del processo di armonizzazione del diritto interno con il diritto comunitario la legge italiana riconosce all’autore di un’opera uno speciale diritto di seguito, ovvero il diritto per l’autore di opere relative ad arti figurative o di manoscritti di percepire una percentuale sul prezzo di vendita degli originali delle proprie opere in occasione delle vendite successive alla prima, mentre per quanto concerne le copie delle opere d’arte, le medesime per poter rientrare nell’ambito tutelato dalla normativa devono essere prodotte in numero limitato e la loro produzione deve essere autorizzata dall’artista che le produce oppure le suddette opere devono essere firmate e numerate in base alle disposizioni e sotto l’autorità dell’artista stesso.
Il droit de suite in base a quanto disposto dal Decreto Legislativo n°118 del 2006 rientra a pieno titolo nell’ambito dei diritti patrimoniali d’autore poiché il medesimo è intrinsecamente correlato ai profili economici che il sistema italiano riconosce all’autore di opere d’arte e rientra così per certi versi anche tra i diritti morali d’autore in quanto il diritto di seguito è irrinunciabile ed inalienabile.
Tali caratteristiche connotano il diritto di seguito come un diritto patrimoniale autonomo.
Siffatto diritto inoltre è proprio degli autori e dei loro eredi. In caso di mancanza di eredi entro il sesto grado i compensi sono devoluti all’ENAP ovvero all’istituto di previdenza ed assistenza degli artisti.
In base a quanto appena esposto risulta dunque necessario porre in risalto che il droit de suite dura per tutto l’arco temporale della vita dell’autore e si perpetua sino a settant’anni dopo la sua morte con l’ulteriore caratteristica che lo stesso si connota come un diritto inalienabile che non può, quindi, essere oggetto di rinuncia da parte dell’artista, neanche preventivamente così come invece avviene in Australia.
Per quanto concerne invece il compenso, esso è a carico del venditore ed è dovuto per tutte le vendite successive alla prima alle quali il medesimo abbia partecipato in qualità di venditore, acquirente, intermediario o professionista del mercato dell’arte.
Ne consegue che, sono dunque escluse dall’ambito del diritto di seguito tutte le vendite dirette tra privati.
L’importo del compenso viene calcolato sulla base di una percentuale in relazione a quanto ottenuto per ogni vendita al netto dell’imposta e non può essere superiore a € 12.500,00.
La percentuale applicabile ad ogni opera viene indicata dalla legge sulla base di scaglioni di valore ed è del 4% in relazione alla parte del prezzo di vendita compresa tra € 3.000,00 e € 50.000,00, del 3% in relazione alla parte del prezzo di vendita compresa tra € 50.000,01 e € 200.000,00, dell’ 1% per la parte del prezzo di vendita compresa tra € 200.000,01 e € 350.000,00, dello 0,5% per la parte del prezzo di vendita compresa tra € 350.000,01 e € 500.000,00 ed infine dello 0,25% per la parte del prezzo di vendita superiore a € 500.000,00.
Va ricordato altresì che con l’espressione prezzo di vendita si intende la somma che va corrisposta dall’acquirente al venditore detratte le tasse sulla cui cifra risultante dev’essere calcolato il diritto di seguito di cui il venditore dell’opera ed il mediatore professionale o intermediario sono debitori solidali nei confronti della SIAE.
Vi è poi da aggiungere che il diritto di seguito non si applica quando il venditore abbia acquistato l’opera direttamente dall’autore nei tre anni precedenti la vendita e quando il prezzo di quest’ultima non superi € 10.000,00.
Inoltre, secondo la legge, la vendita si presume effettuata oltre i tre anni dall’acquisto salvo che il venditore fornisca prova contraria.
In ogni Stato che ha aderito alla normativa comunitaria relativa al droit de suite vi è un soggetto o un ente incaricato di incassare suddetto diritto per conto degli artisti ed in Italia è la SIAE, soggetto che agisce anche nei confronti degli artisti interessati non associati all’ente medesimo.
La SIAE costituisce anche il soggetto incaricato a ricevere i diritti dei propri aderenti da parte delle società d’autori estere nei cui Stati il diritto di seguito è stato introdotto.
Inoltre la legge statuisce che la disciplina del droit de suite venga applicata anche alle opere di autori anonimi i quali hanno sempre e comunque il diritto di rivelare la propria identità e dimostrare quindi la paternità dell’opera. L’unica differenza tra le opere di autori noti ed anonimi consiste nel fatto che i 70 anni durante i quali il diritto di seguito viene corrisposto non vengono calcolati dalla morte dell’artista bensì dal momento in cui l’opera è stata portata lecitamente a conoscenza del pubblico.
In base alla direttiva 84 del 2001 sono oggetto del diritto di seguito le opere degli artisti comunitari mentre per quanto riguarda gli artisti extracomunitari la normativa non ha posto alcun limite ma, al contrario ha lasciato un’ampia libertà di scelta legislativa a ciascuno Stato.
In Italia il legislatore, data la presenza di numerosi artisti di nazionalità non comunitaria residenti nel nostro paese, ha equiparato detti artisti a quelli italiani e comunitari, mentre, invece, tutti gli altri artisti non comunitari non residenti nel territorio dello Stato possono godere di tale equiparazione solo se il diritto di seguito viene riconosciuto a condizione di reciprocità.
Il sistema legislativo appena descritto sembrerebbe essere efficiente e remunerativo per gli autori, però nella realtà dei fatti vi sono numerosissimi casi in cui gli artisti non vengono pagati per le opere vendute o addirittura non è possibile risalire all’effettivo prezzo di vendita dell’opera d’arte.
Ciò avviene perché molti operatori del mercato dell’arte contemporanea e moderna e molti collezionisti prediligono mercati di Paesi in cui il diritto di seguito non è applicato (U.S.A., eccetto la California) o anche perché i medesimi preferiscono operare all’interno di Stati in cui le aliquote relative alle percentuali sono inferiori rispetto a quelle italiane, ovvero perché il sistema italiano che ha un iter burocratico molto complesso e farraginoso fatto di molti e defatiganti passaggi in buona sostanza non fa altro che rallentare l’andamento del mercato.
Infatti il meccanismo italiano finisce con il penalizzare tutti i soggetti che fanno parte del circuito artistico in quanto l’acquirente si ritrova gravato da oneri economici più alti rispetto che in altri Paesi e ciò porta l’acquirente medesimo ad offrire prezzi più bassi rispetto a quelli che normalmente sarebbe disposto a offrire, con l’ulteriore ovvia conseguenza che il venditore, se l’offerta non è consona alle aspettative, rischia di percepire un prezzo inferiore rispetto a quello cui potrebbe aspirare di incassare.
A questo aggiungasi che, l’artista di fronte a una cessione a basso prezzo corre il rischio di incamerare anch’egli una cifra inferiore rispetto al potenziale guadagno che il reale valore dell’opera può a lui garantire.
Inoltre, l’inefficacia del sistema italiano per ciò che attiene al diritto di seguito è costituita anche dal fatto che le opere d’arte vengono considerate beni di lusso.
Il risultato finale di tale dato paradigmatico consiste nell’applicazione da parte del legislatore di un’aliquota sulle opere artistiche superiore rispetto a quella apposta da altri Paesi europei ed extraeuropei, e ciò ovviamente comporta, come sopra evidenziato, un trasferimento del mercato dell’arte dall’Italia all’estero con conseguenze negative sul circuito italiano e sugli artisti.
Al contrario se le opere d’arte fossero rese più accessibili al ceto medio, si potrebbero trarre numerosi vantaggi quali l’ampliamento del mercato a un pubblico maggiore. Inoltre la riduzione dell’aliquota sulle opere d’arte porta ad incentivare gli artisti a non fuggire all’estero per poter trarre guadagno dalla propria arte, come invece avviene attualmente.
La preferenza dei protagonisti tutelati dal diritto di seguito e dei venditori d’aste verso altri mercati sta lentamente logorando il sistema del mercato dell’arte italiano dato che galleristi e venditori fanno sempre più fatica a tirare avanti poiché le vendite ed i conseguenti acquisti sono vertiginosamente scesi così come il popolo dei collezionisti risulta essersi ridotto per via della eccessiva onerosità dei costi di mercato.
Ci si trova oggi in una situazione molto difficile perché ora come ora solo la classe dei cosiddetti ricchi è in condizioni di acquistare o collezionare opere d’arte con la conseguenza che tutto ciò va a discapito degli artisti emergenti, i quali sono schiacciati da un sistema che alla fine predilige l’artista più noto o eventuali opere del passato che vengono riselezionate perché fautrici di maggiore garanzia economica.
Alla luce di quanto finora esposto sarebbe dunque auspicabile una riforma ad hoc della materia relativa al diritto di seguito; riforma preordinata a colmare le non indifferenti lacune del sistema giuridico italiano, che con la attuale normativa scoraggia enormemente la proliferazione del mercato di opere d’arte.
Difatti, l’approntamento di una nuova legge, da un lato darebbe maggiore importanza al talento degli artisti emergenti e dall’altro attraverso l’applicazione di oneri fiscali inferiori a quelli attuali si garantirebbe nuova linfa all’intero circuito artistico.
In conclusione è necessario che il legislatore apra gli occhi prima che nel nostro Paese, che risulta depositario del più importante ed imponente patrimonio artistico del mondo, si determini una spirale recessiva che faccia crollare in maniera totale e definitiva il mercato con a seguito, a ruota, il fallimento dei suoi attori principali ovvero artisti, galleristi e venditori di aste.

 

[1] In latino ars ed in greco tέχνη

[2] V° secolo (495 -429) a C  

[3] Dadaismo

[4] Il vecchio

Sommario: 1. Il concetto di arte e la sua evoluzione. 2. Il mercato delle opere d’arte. 3. Il diritto di seguito: genesi, evoluzione ed analisi dell’istituto


1. Il concetto di arte e la sua evoluzione

Con il termine arte[1] si indica la capacità umana di creare o di plasmare qualsiasi oggetto, nonchè tutte le attività umane che portano alla realizzazione di forme creative di espressione estetica che poggiano su accorgimenti tecnici, abilità innate e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall’esperienza.
Detta capacità in epoca antica consisteva nel rispetto della conoscenza dei canoni e delle regole di quel tempo. Ad esempio nell’antica Grecia le arti, tra le quali curiosamente mancavano la pittura e la scultura erano affidate alla protezione delle Muse, personaggi mitologici a cui si rivolgeva l’uomo per attingere ispirazione e conoscenza.
Dall’epoca ellenistica fino ad oggi, il concetto di arte ha viaggiato di pari passo con quello di bellezza anche se i due termini non possono essere definiti coincidenti.
Difatti la bellezza rappresenta il godimento dell’osservazione dell’essenza oggettiva di ciò che ci circonda.
Nell’antichità ed in molti periodi storici era considerata bellezza quella della natura, mentre all’arte era affidato il compito di realizzare uno scopo qualunque esso fosse.
Perciò si considerava arte sia quella del pittore e dello scultore che quella di un falegname o di un fabbro.
Soltanto in epoca recente è stata elaborata la nozione di Belle Arti volta a distinguere la pittura, la scultura e l’architettura dal lavoro di un semplice artigiano.
Tutto ciò, ha portato al ribaltamento dei canoni di bellezza che non è più quella della natura ma quella dell’arte in sé e per sé.
Nonostante l’evoluzione del concetto di arte a volte diversi modelli si ritrovano a coesistere nella stessa epoca, mentre altri si ritrovano anche in epoche differenti.
Ad esempio storicamente coesistono due modelli di bellezza femminile quali la Venere del Botticelli, simbolo di sensualità e femminilità rimasto inalterato nel tempo, e la Venere paleolitica dalle forme molto abbondanti richiamata in epoca recente da Rubens e Renoir.
Come sopra ricordato, i concetti di arte e bellezza pur non connotandosi come elementi coincidenti spesso viaggiano di pari passo in relazione ai canoni e al gusto delle varie epoche.
In Grecia, fino all’avvento di Pericle non esisteva una vera e propria teoria del bello e dell’estetica, soltanto successivamente all’ascesa dell’epoca del prefato despota[2] gli Ellenici utilizzarono il termine καλòν per indicare tutto ciò che piace o è degno di ammirazione in base ai canoni dell’epoca.
Inoltre secondo la mitologia fu Zeus ad assegnare ad ogni uomo una misura appropriata e un giusto limite, ovvero regole in base alle quali ogni essere doveva essere in grado di autodeterminarsi. Detti criteri applicabili ad ogni aspetto della vita umana vennero poi utilizzati come canoni artistici e come principi posti alla base delle teorie dei più grandi filosofi del passato come Talete, Anassimene, Anassimandro, Eraclito, Socrate, Platone ed Aristotele .
Infatti in questo periodo storico la bellezza ideale si esplica non nell’astrattezza del corpo umano ma nella sintesi dei corpi vivi, con la quale a sua volta viene espressa una bellezza psicofisica che tende ad armonizzare l’anima ed il corpo.
Il concetto di bellezza in epoca romana ricalca i canoni greci, mentre nel Medio Evo si evolve e l’uomo viene artisticamente posto al centro del mondo.
L’uomo nel riferito periodo è considerato come un piccolo cosmo all’interno di un grande cosmo che è la natura. Egli è racchiuso dentro un quadrato figura geometrica che in base al numero dei suoi lati si ricollega alla natura che molto spesso si divide in quattro parti (punti cardinali, stagioni ecc.).
E’ inoltre opportuno evidenziare che, accanto al concetto del bello ogni cultura ha affiancato l’idea del brutto. La mitologia greca ad esempio era ricca di figure orripilanti quali fauni, ciclopi, chimere, satiri e minotauri mentre in epoca medievale il brutto corrispondeva a tutto ciò che non era in armonia col disegno divino quindi Satana e i suoi seguaci.
Il Medio Evo è anche l’epoca in cui gli artisti quali piccoli artigiani del bello si dilettano nella raffigurazione dell’amore sacro e dell’amore profano.
La maggior parte di essi però, attraverso le proprie opere, intendeva trasmettere ai propri confratelli di fede il messaggio di Dio la cui comunicazione visiva era sicuramente d’impatto anche per le persone prive di cultura e di istruzione.
Verso l’XI secolo, sulla scia delle poesie provenzali e dei romanzi cavallereschi, nasce artisticamente una particolare immagine della donna pura e casta per mezzo della quale la donna stessa diviene il simbolo di un amore impossibile.
A cavallo tra la fine del Medio Evo e l’Umanesimo e il Rinascimento si assiste ad un ritorno ai canoni classici riadattati alla cultura dell’epoca.
In questo periodo, il principio di proporzione regna sovrano e nasce la terza dimensione nella pittura e nella scultura, innovazione che da maggiore profondità e misticità alle figure che vengono riprodotte.
I soggetti di quest’epoca sono dame, eroi e ovviamente soggetti sacri.
I principali esponenti di questo tipo di arte in Italia sono Botticelli e Piero Della Francesca.
Sempre in questo periodo fioriscono in tutta Europa così come nelle più prestigiose città italiane le associazioni delle Arti e delle Corporazioni; organismi questi volti a regolamentare e a tutelare le attività degli appartenenti ad una medesima categoria di professioni tra le quali rientrano quelle del pittore e dello scultore anche se le loro opere vengono ritenute espressione di artigianato ed essi ancora qualificati come artigiani.
Tra il cinquecento e il seicento nelle Fiandre, a seguito della Riforma protestante, nasce il concetto di bellezza pratica associata a quella sensuale il cui significato viene espresso attraverso la semplicità delle linee che raffigurano una donna semplice ma allo stesso tempo sensuale e, nel contempo, efficiente lavoratrice.
Nel richiamato periodo si assiste anche alla nascita di un’altra corrente, il manierismo, un movimento che dissolve le regole rinascimentali e considera la bellezza come vuota e priva di anima.
Alla bellezza classica i manieristi oppongono una spiritualizzazione che si proietta verso il fantastico.
Nasce così una bellezza onirica attraverso la quale viene espressa una velata lacerazione dell’animo.
Al contrario, verso la metà del seicento si passa dal manierismo al barocco, epoca in cui si cercano nuovi canoni di bellezza che si riassumono nelle espressioni “di stupefacente, di sorprendente e di apparentemente sproporzionato”.
Il secolo barocco esprime un concetto di bellezza che va al di là del bene e del male la cui peculiare caratteristica consiste nel fatto che il bello può essere espresso anche attraverso il brutto.
Il settecento segna invece il passaggio dal rococò alla razionalità, dall’abbandono alla dolcezza del vivere, al culto della ragione ed all’ascesa della borghesia.
Nell’epoca della rivoluzione industriale e dello sviluppo delle città, l’uomo viene rappresentato come essere confuso che si rifugia in un primo momento nella fantasia tipica del romanticismo per giungere, in un secondo momento e cioè verso la seconda metà dell’ottocento, a rimpiangere il passato attraverso la corrente decadentista che ne richiama i valori attraverso un’esasperazione della bellezza e della perfezione che è racchiusa nell’uomo e non nella natura la quale viene considerata sprezzante e inferiore rispetto all’essere umano che deve fare della propria vita una vera e propria opera d’arte.
In detto periodo, nel campo artistico cessa la raffigurazione dei paesaggi mansueti e si da vita all’alterazione delle potenze della natura.
L’unico oggetto, appartenente alla natura, a sopravvivere è il fiore che darà vita al cosiddetto stile floreale o liberty.
La seconda metà dell’ottocento è caratterizzata altresì dall’avvento del simbolismo corrente che impone al tempo stesso una visione dell’arte e una del mondo.
L’artista si pone in contatto con la realtà in maniera diversa, egli non cerca più il cielo e il sacro bensì il vivo della materia.
Detta concezione getta le basi per la nascita dell’impressionismo, movimento che predilige l’istintività dell’artista, il quale intenderà l’arte non più come registrazione e provocazione di un’estasi estetica ma come strumento di conoscenza.
In quest’epoca la nascita della fotografia porterà gli artisti a confrontarsi con la realtà percepita e quella fotografica.
I maggiori esponenti di detto movimento sono Degas e Manet.
Inoltre sempre nel ricordato periodo la fotografia e il cinema muto influenzeranno anche un altro movimento artistico che si sviluppa successivamente al precedente: l’espressionismo.
In siffatta corrente l’artista privilegia il lato emotivo della realtà rispetto a quello percepibile oggettivamente, al punto di esasperarlo (un esempio è L’urlo di Munch).
In questo periodo si esprimono artisti del calibro di Van Gogh, Gauguin e Munch.
Invece, nel XX secolo si sviluppano anche altri movimenti quali il cubismo di Braque e Picasso, il futurismo di Boccioni e Balla, il surrealismo di Dalì e Mirò e l’astrattismo di Kandisky e Mondrian.
Detti artisti sono alla ricerca di una visione diversa, dinamica, irreale, nuova, antistorica e, comunque, sicuramente non tradizionale che la rendono fruibile attraverso il loro pensiero. L’arte viene così, con immediatezza, stravolta insieme alla vita moderna, spazio di elezione nel quale la gente sogna nuovi orizzonti da raggiungere.
L’arte infatti non propone più un’immagine della bellezza naturale, né procura il piacere della contemplazione di forme armoniche e proporzionate ma, al contrario getta le basi per un’interpretazione del mondo diversa contraddistinta dal ritorno ai modelli arcaici o esotici, dall’universo del sogno o dalle fantasie febbrili proprie e tipiche dei malati di mente, dalle visioni suggerite dalla droga, dalla riscoperta della materia, dalla proposizione stralunata di oggetti d’uso in contesti improbabili[3] e dalle pulsioni dell’inconscio.
Anche il cinema e i media divengono, nella dinamica del divenire, a loro modo forme d’arte e iniziano ad imporre i loro modelli di bellezza mutevoli nel tempo, creando forse un po’ di caos tra il grande pubblico che molto spesso accantona l’interesse per le arti più classiche a favore di ciò che viene proposto in tv o alla radio.
In conclusione il cammino dell’arte nei secoli per quanto affascinante è stato molto tortuoso e arduo anche se al giorno d’oggi alcune forme nelle quali l’arte stessa si esplica sono sottovalutate ed è forse anche questo il problema principale in quanto, il ruolo degli artisti e delle gallerie non viene assunto nella giusta ed intrinseca sua considerazione né dal grande pubblico né dallo Stato.

2. Il mercato delle opere d’arte

Il mercato delle opere d’arte rappresenta un insieme di attività che vengono definite come beni e servizi artistici le cui caratteristiche sono l’originalità, la creatività, l’inutilità, la realizzazione manuale, la presenza e la trasmissione all’esterno di un significato simbolico e l’esistenza di una qualche forma di proprietà intellettuale.
Già nell’antica Roma si era dato rilievo all’importanza dell’arte e della bellezza tanto che gli artisti venivano incoraggiati e spronati a produrre capolavori artistici e letterari.
Uno dei più grandi sostenitori dell’arte e della cultura fu Gaio Cilnio Mecenate, fido consigliere nonché grande amico dell’imperatore Augusto, il quale istituì un circolo di intellettuali, il primo della storia antica, allo scopo di proteggere gli artisti dell’epoca e di sostenere e far conoscere, a chi ne avesse interesse, le loro opere.
Difatti al giorno d’oggi il termine mecenate è sinonimo di protettore degli artisti.
Mecenate amava circondarsi di intellettuali ed il suo circolo poteva godere della presenza di mostri sacri della letteratura come Virgilio ed Orazio.
Sulla scia dell’antico romano di origini etrusche, nei secoli a venire nacquero molti circoli che non solo ospitavano poeti e letterati ma anche pittori e scultori.
Esempio paradigmatico di mecenatismo sono stati Cosimo[4] de’ Medici e suo figlio Lorenzo il Magnifico i quali hanno accolto e protetto i più grandi talenti dell’epoca.
I circoli hanno rappresentato nei secoli un luogo non solo di arte ma anche di confronto tra coloro che ne hanno fatto parte.
Infatti come affermato in precedenza specialmente in epoca molto antica l’artista era considerato un artigiano e dunque trattato come tale.
Si deve aspettare il XII secolo per ottenere una regolarizzazione degli ordini professionali tra i quali, seppur sempre considerati artigiani, rientrano anche le categorie dei pittori e degli scultori. Tale regolarizzazione è avvenuta attraverso la nascita delle associazioni delle Arti e delle Corporazioni.
Detti organismi avevano anche lo scopo di avviare all’esercizio della professione chiunque volesse intraprendere determinate attività ed avevano un’organizzazione molto efficiente dalla quale hanno preso in seguito spunto i modelli societari odierni.
L’arte, e quindi la formazione degli artisti, erano oggetto di insegnamento all’interno di tali organizzazioni o nelle botteghe degli artisti più affermati come nel caso di Giotto che fu allievo del maestro Cimabue.
Una volta formatosi l’artista creava le proprie opere in maniera autonoma, le quali venivano commissionate o vendute ai privati.
In Italia la città di Roma è un esempio di arte a 360 gradi. Si parte dall’arte romanica per arrivare a quella odierna ma, è soprattutto nel periodo del potere temporale dei Papi che la capitale si arricchisce di tesori di valore inestimabile visto e considerato che ogni Pontefice ha commissionato opere architettoniche, scultoree ed affreschi volti a rendere Roma letteralmente caput mundi dell’arte.
Durante il Rinascimento fioriscono, sotto il ricordato profilo artistico, anche altre città quali Firenze, Bologna e Milano atteso che in questo periodo sono stati conferiti infiniti incarichi per la realizzazione di opere sia da parte della Chiesa che da parte di sovrani e principi dell’epoca, i cui ordini di commissione hanno modificato il ruolo dell’artista che da semplice artigiano si è trasformato in una specie di appaltatore odierno e, dunque, retribuito come tale.
All’incirca intorno della seconda metà del settecento, a seguito alla nascita del concetto di belle arti sono state poste le basi per giungere, tra fine ottocento ed inizio novecento, a quella che che è stata la grande svolta del mondo di cui ci stiamo occupando, ossia all’età dell’Arte Contemporanea.
Il XIX secolo fu un periodo di profonda ed incisiva innovazione ed è proprio in quest’epoca che trova fine l’era dei Mecenati che per secoli avevano commissionato agli artisti opere per palazzi nobiliari, statali, ecclesiastici, chiese e musei.
Nasce, in hoc signo, la categoria dei collezionisti privati che si rafforza notevolmente con il sorgere delle gallerie d’arte private, ossia di quei luoghi adibiti alla diffusione e alla vendita di opere d’arte gestite da galleristi, i quali scoprendo e riconoscendo in anticipo il talento di alcuni artisti operano scelte artistiche e strategie di marketing che riscuotono grande successo.
Dai primi del novecento ad oggi l’artista si trova ad operare a stretto contatto con il gallerista giacché entrambe le figure si correlano in misura talmente pregnante da non consentire all’uno di poter fare a meno dell’altro al contrario dei collezionisti che acquistano e scambiano opere, guidati in ciò dall’esigenza di soddisfare il proprio intimo godimento.
Di altra natura è invece il rapporto viscerale che si determina tra artisti e gallerista, atteso che quest’ultimo, al contrario del collezionista, non acquista quasi mai le opere che espone ma le trattiene in conto vendita dopo averle selezionate.
Ancora altra e diversa è la figura del mercante che acquista direttamente le opere e le propone al gallerista e ai collezionisti, svolgendo così un attività professionale di intermediazione tra l’artista e i soggetti interessati.
In ragione di siffatto delineato sistema il commercio delle opere d’arte diviene una forma di investimento e l’opera d’arte una merce dipendente dalle strategie di mercato.
In Italia a partire dagli anni ’30 fioriscono prestigiose gallerie quali quella dello Obelisco a Roma e verso gli anni ’70 nascono anche le Fiere d’arte come l’ARTEFIERA di Bologna e l’EXPOARTE di Bari.
In Europa le Alte Fiere di risonanza mondiale sono la TEFAF di Maastricht, la FIAC di Parigi, l’ARCO di Madrid e L’ARTBASEL in Svizzera.
Un altro processo di circolazione dell’arte è costituito dalle aste, negozi giuridici che nascono in epoca romana come fattispecie di vendita pubblica e che nel tempo hanno contribuito alla diffusione delle opere d’arte sia valorizzandole che vendendole all’incanto.
Negli anni ’80 le Case d’Asta diventano dei veri e propri committenti di opere d’arte e attraverso lo strumento della trattativa diretta con gli artisti divengono esse stesse soggetti promotori e scopriori di talenti.
Sino alla metà degli anni ’80 il pubblico di dette aste era costituito unicamente da mercanti e galleristi successivamente le medesime sono state aperte anche ai collezionisti, che oggi addirittura, nella partecipazione alle aste, risultano essere la componente più numerosa.
Tale apertura ha completamente stravolto gli equilibri del mercato dell’arte, e ciò ha portato sia al mutamento dell’ottica delle motivazioni d’acquisto che oggi si incentra sui peculiari aspetti del collezionismo quali quello speculativo e quello edonistico, sia al disorientamento delle gallerie i cui titolari sono intrappolati nel vortice relativo al maggiore rendimento economico.
In tal modo viene data più pregnante rilevanza al guadagno rispetto ed a discapito del talento dell’artista.
Dalla seconda metà del ‘900 anche i Musei hanno assunto un ruolo di sicuro prestigio nella diffusione dell’arte contemporanea tanto attraverso l’operato dei curatori e dei mass media, quanto dalla diffusione delle pubblicazioni specifiche e di settore e dagli interventi di iniziative promozionali.
Dette strutture sono dei veri e propri contenitori di arte messi a servizio del grande pubblico che specialmente in Italia vengono esclusivamente gestiti dal potere pubblico e ciò ha portato spesso come conseguenza una scarsa quando non anche cattiva manutenzione di moltissime opere.
L’unica concreta soluzione per il panorama artistico italiano, per porre rimedio e freno alla denunciata circostanza sarebbe quella di aprire le porte dell’arte anche ai privati desiderosi di proteggere il patrimonio artistico italiano per metterlo a disposizione del popolo o di chiunque vi abbia interesse.
Va ancora posto in risalto che attualmente la natura simbolica del bene artistico richiede la materializzazione del medesimo simbolo all’interno del mercato.
Ne consegue che l’opera d’arte assume una doppia valenza: economica ed artistica ovvero, la stessa si caratterizza sia per il suo valore di mercato (prezzo) che per il valore relativo all’aspetto artistico.
Un’eventuale analisi del bene artistico dal punto di vista economico oggi si sostanzia nell’esistenza di un nesso tra il valore monetario ed il talento artistico il quale, se è universalmente riconosciuto garantisce un maggior numero di potenziali acquirenti.
Inoltre va ancora evidenziato che è anche necessario considerare che l’arte costituisce un concetto dinamico mutevole nel tempo in relazione alle regole sociali ed alle istituzioni che da secoli condizionano il comportamento dell’individuo che si riflette indiscutibilmente anche nel campo artistico.
Vi è poi da aggiungere che il lavoro artistico al giorno d’oggi viene considerato come fonte di utilità caratterizzato da requisiti di varietà e di qualità il cui prodotto dev’essere durevole nel tempo e possibilmente capace di acquisire sempre maggior valore.
Giusta quanto sopra ricordato lo scambio di opere d’arte nel tempo ha assunto plurime e diverse connotazioni: si è passati, infatti, dal modello dei legami nato con l’artista che vive delle commesse del principe e dal modello dei beni simbolici, ovvero dalla reciprocità del dono tra artisti nell’ambito di una comunità, ai modelli della separazione del mercato in cui l’artista produce il bene per un committente sconosciuto e dell’allocazione ereditaria secondo cui i beni circolano attraverso lasciti ereditari e donazioni.
Invece, per quanto concerne la valutazione artistica ed economica nello scambio di opere d’arte è bene evidenziare che il prezzo di un bene artistico non dipende soltanto dai costi di produzione ma anche dalla qualità artistica percepita dal pubblico.
In base a quanto appena affermato si deduce che, all’interno del mercato agiscono due elementi paradigmatici: la soggettività della valutazione di un bene e le differenze di reddito individuali di talché si ha come oggettivo risultato che diversi agenti o intermediari (galleristi, venditori d’aste) associano a un bene il medesimo valore artistico ma con prezzi differenti.
Ne consegue che tali elementi possono spiazzare eventuali acquirenti od offerenti riguardo alla reale qualità artistica dei beni sicché, per evitare che gli stessi concludano pessimi affari, interviene la figura del gatekeeper ovvero di un agente che esercita un ruolo di guida nella valutazione del bene ed il cui apporto qualora sia efficace determina il prezzo esatto del bene medesimo.
Il gatekeeper può essere tanto un professionista che un dilettante. Nella prima categoria rientra il critico d’arte mentre nella seconda il grande pubblico che determina con i propri acquisti l’andamento del mercato. E’ di tutta evidenza che il compito di detto agente è senz’altro quello di valutare il bene artistico nel modo più corretto possibile senza incorrere in atti fraudolenti in maniera tale da garantire la trasparenza del mercato.
Infine vi è da considerare, ai fini di una corretta valutazione dell’opera d’arte, che il ciclo di vita della medesima può essere diviso in due fasi.
Nella prima fase il bene, che non ha inizialmente acquisito lo status di opera d’arte, viene valutato da chi è competente per poi divenire oggetto di scambi frequenti tra i soggetti del campo artistico, mentre nella seconda il medesimo bene raggiunge il massimo merito artistico e nel momento in cui il suo consumo raggiunge un certo livello di equilibrio si stabilizza. In questo caso se il merito artistico è elevato, lo stock di capitale artistico incorporato nel bene stesso non si riduce se, invece, la storia degli scambi non ha consentito l’accumulo di un merito adeguato l’opera perde il suo valore ed esce dal mercato.
L’uscita dal mercato però può anche non essere definitiva nel senso che non è impossibile che negli anni avvenga un eventuale processo di riselezione di un artista e delle sue opere così come può avvenire il contario ovvero che un grande artista sia dimenticato dal pubblico.
In conclusione da quanto sopra esposto si deduce che le regole del mercato dell’arte sono spesso lasciate al libero arbitrio di chi lavora nel campo artistico e che ciò non giova sicuramente né agli artisti né al mercato stesso la cui funzione ed il cui ruolo devono essere più accuratamente tutelati dalla legge.

3. Il diritto di seguito: genesi, analisi e disciplina dell’istituto

Il diritto di seguito o droit de suite è un istituto che è stato a lungo oggetto di studio e di dibattito sia tra i giuristi che tra i protagonisti del mondo dell’arte (artisti, aventi causa di artisti deceduti, galleristi, case d’asta, collezionisti ed acquirenti).
Le scaturigini di questa autonoma figura racchiusa nel diritto d’autore si rinvengono nella Parigi agli inizi del secolo scorso, periodo questo in cui la capitale francese ha rappresentato il fulcro indiscusso dell’arte figurativa mondiale.
Parigi nel su ricordato periodo è stata meta agognata di tutti i più grandi artisti dell’epoca: francesi, italiani, spagnoli, tedeschi, olandesi, americani ed inglesi i quali erano tutti colà convenuti poiché in quella splendida città francese erano presenti le più prestigiose gallerie d’arte del ‘900, i cui galleristi erano i più abili promotori del lavoro degli artisti medesimi.
In tale contesto culturale ed artistico trova il suo primum movens la questione relativa all’obiettiva esigenza per l’artista di poter trarre beneficio del successo delle proprie opere e del conseguente aumento di valore delle medesime atteso che, a quell’epoca, erano soltanto i galleristi e gli acquirenti a beneficiare di tale successo commerciale in quanto i primi con l’acquisto di un’opera effettuavano un investimento che sarebbe andato a buon fine nel tempo ed i secondi godevano, in ragione delle commissioni delle opere, da loro scelte e proposte, successive al primo passaggio, della percentuale relativa all’aumento di valore delle opere medesime.
La prima normativa che ha introdotto il prefato principio è la legge francese del 20 maggio del 1920 il cui contenuto disciplina l’ipotesi della remunerazione nel tempo valida anche per gli artisti di arti figurative.
In seguito a suddetta legge l’istituto del droit de suite è stato riconosciuto dalla convenzione di Berna del 1948 relativa alla protezione delle opere letterarie ed artistiche ratificata in Italia soltanto nel 1973.
Nonostante la previsione del diritto di seguito in ambito europeo per anni il medesimo è stato applicato dalle parti esclusivamente su base volontaristica.
In Italia il droit de suite era stato previsto e regolamentato dal codice civile (articoli 144 del codice civile e seguenti) unitamente alla disciplina del diritto d’autore, sebbene l’utilizzazione vera e propria dello stesso è avvenuta soltanto con il Decreto Legislativo del 13 febbraio 2006 n° 118, cioè con una normativa finalizzata all’adeguamento di quanto disposto dall’Unione Europea con la direttiva comunitaria 84 del 2001.
Difatti, unicamente in occasione del processo di armonizzazione del diritto interno con il diritto comunitario la legge italiana riconosce all’autore di un’opera uno speciale diritto di seguito, ovvero il diritto per l’autore di opere relative ad arti figurative o di manoscritti di percepire una percentuale sul prezzo di vendita degli originali delle proprie opere in occasione delle vendite successive alla prima, mentre per quanto concerne le copie delle opere d’arte, le medesime per poter rientrare nell’ambito tutelato dalla normativa devono essere prodotte in numero limitato e la loro produzione deve essere autorizzata dall’artista che le produce oppure le suddette opere devono essere firmate e numerate in base alle disposizioni e sotto l’autorità dell’artista stesso.
Il droit de suite in base a quanto disposto dal Decreto Legislativo n°118 del 2006 rientra a pieno titolo nell’ambito dei diritti patrimoniali d’autore poiché il medesimo è intrinsecamente correlato ai profili economici che il sistema italiano riconosce all’autore di opere d’arte e rientra così per certi versi anche tra i diritti morali d’autore in quanto il diritto di seguito è irrinunciabile ed inalienabile.
Tali caratteristiche connotano il diritto di seguito come un diritto patrimoniale autonomo.
Siffatto diritto inoltre è proprio degli autori e dei loro eredi. In caso di mancanza di eredi entro il sesto grado i compensi sono devoluti all’ENAP ovvero all’istituto di previdenza ed assistenza degli artisti.
In base a quanto appena esposto risulta dunque necessario porre in risalto che il droit de suite dura per tutto l’arco temporale della vita dell’autore e si perpetua sino a settant’anni dopo la sua morte con l’ulteriore caratteristica che lo stesso si connota come un diritto inalienabile che non può, quindi, essere oggetto di rinuncia da parte dell’artista, neanche preventivamente così come invece avviene in Australia.
Per quanto concerne invece il compenso, esso è a carico del venditore ed è dovuto per tutte le vendite successive alla prima alle quali il medesimo abbia partecipato in qualità di venditore, acquirente, intermediario o professionista del mercato dell’arte.
Ne consegue che, sono dunque escluse dall’ambito del diritto di seguito tutte le vendite dirette tra privati.
L’importo del compenso viene calcolato sulla base di una percentuale in relazione a quanto ottenuto per ogni vendita al netto dell’imposta e non può essere superiore a € 12.500,00.
La percentuale applicabile ad ogni opera viene indicata dalla legge sulla base di scaglioni di valore ed è del 4% in relazione alla parte del prezzo di vendita compresa tra € 3.000,00 e € 50.000,00, del 3% in relazione alla parte del prezzo di vendita compresa tra € 50.000,01 e € 200.000,00, dell’ 1% per la parte del prezzo di vendita compresa tra € 200.000,01 e € 350.000,00, dello 0,5% per la parte del prezzo di vendita compresa tra € 350.000,01 e € 500.000,00 ed infine dello 0,25% per la parte del prezzo di vendita superiore a € 500.000,00.
Va ricordato altresì che con l’espressione prezzo di vendita si intende la somma che va corrisposta dall’acquirente al venditore detratte le tasse sulla cui cifra risultante dev’essere calcolato il diritto di seguito di cui il venditore dell’opera ed il mediatore professionale o intermediario sono debitori solidali nei confronti della SIAE.
Vi è poi da aggiungere che il diritto di seguito non si applica quando il venditore abbia acquistato l’opera direttamente dall’autore nei tre anni precedenti la vendita e quando il prezzo di quest’ultima non superi € 10.000,00.
Inoltre, secondo la legge, la vendita si presume effettuata oltre i tre anni dall’acquisto salvo che il venditore fornisca prova contraria.
In ogni Stato che ha aderito alla normativa comunitaria relativa al droit de suite vi è un soggetto o un ente incaricato di incassare suddetto diritto per conto degli artisti ed in Italia è la SIAE, soggetto che agisce anche nei confronti degli artisti interessati non associati all’ente medesimo.
La SIAE costituisce anche il soggetto incaricato a ricevere i diritti dei propri aderenti da parte delle società d’autori estere nei cui Stati il diritto di seguito è stato introdotto.
Inoltre la legge statuisce che la disciplina del droit de suite venga applicata anche alle opere di autori anonimi i quali hanno sempre e comunque il diritto di rivelare la propria identità e dimostrare quindi la paternità dell’opera. L’unica differenza tra le opere di autori noti ed anonimi consiste nel fatto che i 70 anni durante i quali il diritto di seguito viene corrisposto non vengono calcolati dalla morte dell’artista bensì dal momento in cui l’opera è stata portata lecitamente a conoscenza del pubblico.
In base alla direttiva 84 del 2001 sono oggetto del diritto di seguito le opere degli artisti comunitari mentre per quanto riguarda gli artisti extracomunitari la normativa non ha posto alcun limite ma, al contrario ha lasciato un’ampia libertà di scelta legislativa a ciascuno Stato.
In Italia il legislatore, data la presenza di numerosi artisti di nazionalità non comunitaria residenti nel nostro paese, ha equiparato detti artisti a quelli italiani e comunitari, mentre, invece, tutti gli altri artisti non comunitari non residenti nel territorio dello Stato possono godere di tale equiparazione solo se il diritto di seguito viene riconosciuto a condizione di reciprocità.
Il sistema legislativo appena descritto sembrerebbe essere efficiente e remunerativo per gli autori, però nella realtà dei fatti vi sono numerosissimi casi in cui gli artisti non vengono pagati per le opere vendute o addirittura non è possibile risalire all’effettivo prezzo di vendita dell’opera d’arte.
Ciò avviene perché molti operatori del mercato dell’arte contemporanea e moderna e molti collezionisti prediligono mercati di Paesi in cui il diritto di seguito non è applicato (U.S.A., eccetto la California) o anche perché i medesimi preferiscono operare all’interno di Stati in cui le aliquote relative alle percentuali sono inferiori rispetto a quelle italiane, ovvero perché il sistema italiano che ha un iter burocratico molto complesso e farraginoso fatto di molti e defatiganti passaggi in buona sostanza non fa altro che rallentare l’andamento del mercato.
Infatti il meccanismo italiano finisce con il penalizzare tutti i soggetti che fanno parte del circuito artistico in quanto l’acquirente si ritrova gravato da oneri economici più alti rispetto che in altri Paesi e ciò porta l’acquirente medesimo ad offrire prezzi più bassi rispetto a quelli che normalmente sarebbe disposto a offrire, con l’ulteriore ovvia conseguenza che il venditore, se l’offerta non è consona alle aspettative, rischia di percepire un prezzo inferiore rispetto a quello cui potrebbe aspirare di incassare.
A questo aggiungasi che, l’artista di fronte a una cessione a basso prezzo corre il rischio di incamerare anch’egli una cifra inferiore rispetto al potenziale guadagno che il reale valore dell’opera può a lui garantire.
Inoltre, l’inefficacia del sistema italiano per ciò che attiene al diritto di seguito è costituita anche dal fatto che le opere d’arte vengono considerate beni di lusso.
Il risultato finale di tale dato paradigmatico consiste nell’applicazione da parte del legislatore di un’aliquota sulle opere artistiche superiore rispetto a quella apposta da altri Paesi europei ed extraeuropei, e ciò ovviamente comporta, come sopra evidenziato, un trasferimento del mercato dell’arte dall’Italia all’estero con conseguenze negative sul circuito italiano e sugli artisti.
Al contrario se le opere d’arte fossero rese più accessibili al ceto medio, si potrebbero trarre numerosi vantaggi quali l’ampliamento del mercato a un pubblico maggiore. Inoltre la riduzione dell’aliquota sulle opere d’arte porta ad incentivare gli artisti a non fuggire all’estero per poter trarre guadagno dalla propria arte, come invece avviene attualmente.
La preferenza dei protagonisti tutelati dal diritto di seguito e dei venditori d’aste verso altri mercati sta lentamente logorando il sistema del mercato dell’arte italiano dato che galleristi e venditori fanno sempre più fatica a tirare avanti poiché le vendite ed i conseguenti acquisti sono vertiginosamente scesi così come il popolo dei collezionisti risulta essersi ridotto per via della eccessiva onerosità dei costi di mercato.
Ci si trova oggi in una situazione molto difficile perché ora come ora solo la classe dei cosiddetti ricchi è in condizioni di acquistare o collezionare opere d’arte con la conseguenza che tutto ciò va a discapito degli artisti emergenti, i quali sono schiacciati da un sistema che alla fine predilige l’artista più noto o eventuali opere del passato che vengono riselezionate perché fautrici di maggiore garanzia economica.
Alla luce di quanto finora esposto sarebbe dunque auspicabile una riforma ad hoc della materia relativa al diritto di seguito; riforma preordinata a colmare le non indifferenti lacune del sistema giuridico italiano, che con la attuale normativa scoraggia enormemente la proliferazione del mercato di opere d’arte.
Difatti, l’approntamento di una nuova legge, da un lato darebbe maggiore importanza al talento degli artisti emergenti e dall’altro attraverso l’applicazione di oneri fiscali inferiori a quelli attuali si garantirebbe nuova linfa all’intero circuito artistico.
In conclusione è necessario che il legislatore apra gli occhi prima che nel nostro Paese, che risulta depositario del più importante ed imponente patrimonio artistico del mondo, si determini una spirale recessiva che faccia crollare in maniera totale e definitiva il mercato con a seguito, a ruota, il fallimento dei suoi attori principali ovvero artisti, galleristi e venditori di aste.

 

[1] In latino ars ed in greco tέχνη

[2] V° secolo (495 -429) a C  

[3] Dadaismo

[4] Il vecchio