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Assenza di scritture obbligatorie, non sempre indice di lavoro irregolare

Nota a: Corte di Cassazione - Sezione Tributaria, Ordinanza 23 novembre 2010 n. 23727
La normativa prevista dal DPR n.1224 del 1965 (T.U. delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) all’art. 20 prescrive, a carico dei datori di lavoro, l’obbligo di tenere il libro matricola e il libro di paga, inerenti ai prestatori d’opera alle loro dipendenze.

La ratio di tali scritture obbligatorie risiede nella necessità di fornire la prova di regolare assunzione dei lavoratori presenti sui luoghi di lavoro, in caso di controlli effettuati dall’istituto assicuratore.

A tal fine, ai sensi dell’art. 21 della medesima normativa, il libro di paga e quello di matricola debbono essere presentati nel luogo in cui si esegue il lavoro, ad ogni richiesta, agli incaricati dell’istituto assicuratore e non possono essere rimossi, neanche temporaneamente, dal luogo di lavoro.

Le disposizioni suddette non dichiarano espressamente che, in caso di assenza delle scritture obbligatorie nei luoghi di lavoro, si pone una presunzione assoluta ed insuperabile di assunzione di lavoratori in nero, tale da legittimare l’applicazione automatica delle sanzioni di cui all’art. 3, comma 3, Legge n.73 del 2002.

L’assenza di un tale “automatismo” nel testo della disposizione pone dei problemi interpretativi di non poco conto.

Infatti, se si dovesse ritenere implicitamente esistente una presunzione assoluta di impiego di lavoratori in nero dall’assenza, in sede, delle scritture obbligatoriamente prescritte, al datore di lavoro non resterebbe che sottostare alle relative sanzioni.

In caso contrario, il datore di lavoro avrebbe comunque la possibilità di dimostrare la regolarità delle assunzioni.

Sul punto è intervenuta di recente la Suprema Corte di Cassazione, sezione tributaria, che, con Ordinanza del 23 novembre 2010 n. 23727, ha negato l’esistenza di un collegamento automatico fra l’assenza di scritture obbligatorie sul luogo di lavoro e irregolarità delle assunzioni, rimettendo la relativa decisione alle normali regole dell’onere della prova.

La decisione in commento è stata espressa a seguito di un ricorso proposto dalla Agenzia delle Entrate, avverso una sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Basilicata, la quale ha confermato una sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Matera (n.88/2004) che aveva accolto il ricorso di un contribuente avverso l’avviso di irrogazione di sanzioni ex art. 3, comma 3 della L.73/2002.

La ricorrente Agenzia delle Entrate lamentava la violazione e falsa applicazione del DPR n.1224 del 1965 artt. 20 e 21 e della Legge n.73/2002, art.3, comma 3, in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c..

In particolare, la Commissione Tributaria Regionale della Basilicata avrebbe erroneamente annullato la sanzione ritenendo non sufficiente, ai fini probatori, la mancata presenza, in sede, dei libri matricola.

La Suprema Corte, con la decisione in commento, ha ritenuto infondata la censura mossa dalla Agenzia delle Entrate in quanto basata sul presupposto, dalla Corte non condiviso, che, ai sensi del DPR n.1224 del 1965, art. 20, l’assenza di scritture obbligatorie sul luogo di lavoro, pone una presunzione assoluta ed insuperabile di assunzione di lavoratori in nero, presunzione che la disposizione, tuttavia, non rivela.



La normativa prevista dal DPR n.1224 del 1965 (T.U. delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) all’art. 20 prescrive, a carico dei datori di lavoro, l’obbligo di tenere il libro matricola e il libro di paga, inerenti ai prestatori d’opera alle loro dipendenze.

La ratio di tali scritture obbligatorie risiede nella necessità di fornire la prova di regolare assunzione dei lavoratori presenti sui luoghi di lavoro, in caso di controlli effettuati dall’istituto assicuratore.

A tal fine, ai sensi dell’art. 21 della medesima normativa, il libro di paga e quello di matricola debbono essere presentati nel luogo in cui si esegue il lavoro, ad ogni richiesta, agli incaricati dell’istituto assicuratore e non possono essere rimossi, neanche temporaneamente, dal luogo di lavoro.

Le disposizioni suddette non dichiarano espressamente che, in caso di assenza delle scritture obbligatorie nei luoghi di lavoro, si pone una presunzione assoluta ed insuperabile di assunzione di lavoratori in nero, tale da legittimare l’applicazione automatica delle sanzioni di cui all’art. 3, comma 3, Legge n.73 del 2002.

L’assenza di un tale “automatismo” nel testo della disposizione pone dei problemi interpretativi di non poco conto.

Infatti, se si dovesse ritenere implicitamente esistente una presunzione assoluta di impiego di lavoratori in nero dall’assenza, in sede, delle scritture obbligatoriamente prescritte, al datore di lavoro non resterebbe che sottostare alle relative sanzioni.

In caso contrario, il datore di lavoro avrebbe comunque la possibilità di dimostrare la regolarità delle assunzioni.

Sul punto è intervenuta di recente la Suprema Corte di Cassazione, sezione tributaria, che, con Ordinanza del 23 novembre 2010 n. 23727, ha negato l’esistenza di un collegamento automatico fra l’assenza di scritture obbligatorie sul luogo di lavoro e irregolarità delle assunzioni, rimettendo la relativa decisione alle normali regole dell’onere della prova.

La decisione in commento è stata espressa a seguito di un ricorso proposto dalla Agenzia delle Entrate, avverso una sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Basilicata, la quale ha confermato una sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Matera (n.88/2004) che aveva accolto il ricorso di un contribuente avverso l’avviso di irrogazione di sanzioni ex art. 3, comma 3 della L.73/2002.

La ricorrente Agenzia delle Entrate lamentava la violazione e falsa applicazione del DPR n.1224 del 1965 artt. 20 e 21 e della Legge n.73/2002, art.3, comma 3, in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c..

In particolare, la Commissione Tributaria Regionale della Basilicata avrebbe erroneamente annullato la sanzione ritenendo non sufficiente, ai fini probatori, la mancata presenza, in sede, dei libri matricola.

La Suprema Corte, con la decisione in commento, ha ritenuto infondata la censura mossa dalla Agenzia delle Entrate in quanto basata sul presupposto, dalla Corte non condiviso, che, ai sensi del DPR n.1224 del 1965, art. 20, l’assenza di scritture obbligatorie sul luogo di lavoro, pone una presunzione assoluta ed insuperabile di assunzione di lavoratori in nero, presunzione che la disposizione, tuttavia, non rivela.