TFR - Cassazione: non sono ricomprese nel calcolo le ferie non godute e l’indennità di mancato preavviso
La Corte di Cassazione ha stabilito che le indennità di mancato preavviso e di mancato godimento delle ferie sono escluse dal computo del Trattamento di fine rapporto. Nel primo caso perché non dipendenti dal rapporto di lavoro, nel secondo caso se le parti hanno già concordato ciò nel CCNL.
Nel caso di specie, la Corte territoriale respingeva l’appello proposto da una società avverso la sentenza di primo grado che l’aveva condannata al pagamento in favore di un gruppo di dipendenti di differenze su TFR, per omesso conteggio, nella liquidazione, dell’indennità sostitutiva del preavviso e dell’indennità per le ferie non godute, “in quanto gli stessi erano da considerarsi emolumenti aventi loro causa e non mera occasione nel rapporto di lavoro, pertanto rientranti nella previsione dell’articolo 2120 del Codice Civile”.
La società datrice di lavoro proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione e falsa applicazione di varie disposizioni del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) applicato in azienda e del Codice Civile, in particolare dell’articolo 2120 (rubricato “Disciplina del trattamento di fine rapporto”), per errata inclusione nella base di computo del TFR delle indennità di mancato preavviso e delle ferie non godute.
I giudici di legittimità hanno ritenuto il ricorso fondato. Innanzitutto, per quanto concerne l’indennità di mancato preavviso, questa “non rientra nella base del computo del Tfr, siccome non dipendente dal rapporto di lavoro, per la sua riferibilità ad un periodo non lavorato, una volta avvenuta la cessazione del predetto rapporto”. Ciò per effetto della natura obbligatoria del preavviso.
In relazione all’indennità di mancato godimento delle ferie, fondamentali sono le previsioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro che si applicano in azienda. In particolare, potendo la Corte di Cassazione interpretare le norme contrattuali per effetto del novellato articolo 360, primo comma, n.3 del Codice di Procedura Civile, i giudici hanno rilevato, in primis, la presenza nel CCNL applicato in azienda di un elenco tassativo di voci da considerare come base di calcolo dell’indennità di buonuscita, tra le quali non era stata ricompresa, in sede di contrattazione collettiva, l’indennità di mancato godimento delle ferie.
Ma sulla base di questo semplice elemento non era possibile ritenere fondate le pretese della ricorrente. L’articolo 2120, secondo comma, del Codice Civile, disciplina il trattamento di fine rapporto secondo il principio di onnicomprensività della retribuzione, nel senso della computabilità in esso di ogni compenso di natura retributiva della prestazione di lavoro, salvo che avvenga a titolo occasionale o di rimborso spese, e al contempo “salvo diversa previsione dei contratti collettivi”.
L’aver previsto nel contratto collettivo nazionale un elenco tassativo di voci da considerare come base di calcolo del TFR non determina di per sé, attraverso una lettura a contrario delle disposizioni contrattuali, l’esclusione dell’indennità di mancato godimento delle ferie dal calcolo dello stesso. In virtù del fatto che anche le relazioni sindacali, come i rapporti negoziali, devono ispirarsi a buona fede, le eccezioni al principio della onnicomprensività della retribuzione devono essere esplicite. Di conseguenza, per escludere le indennità di mancato godimento delle ferie dal procedimento di calcolo del TFR è necessaria una previsione esplicita, chiara e diretta.
Ciononostante, la Corte ha ugualmente ritenuto fondata la tesi della ricorrente, in quanto ha rilevato nel contratto collettivo una chiara ed univoca volontà delle parti di escludere tali indennità dal calcolo del TFR. Nel CCNL i giudici hanno rilevato come le parti avessero dichiarato di intendere il concetto di “retribuzione dovuta e corrisposta in un anno, agli effetti dell’articolo 2120 del Codice Civile, come la sommatoria di vari elementi retributivi tassativamente indicati”, tra i quali però non figuravano le indennità per il mancato godimento delle ferie.
Definendo in modo diverso e autonomo la nozione di retribuzione anche ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto, le parti avevano espresso in modo chiaro e diretto la comune volontà di escludere le indennità in oggetto da tale calcolo. In virtù di ciò, la sentenza impugnata risultava in contrasto con le disposizioni del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro.
I giudici della Cassazione sono giunti ad affermare che: “né l’indennità di mancato preavviso, né l’indennità di mancato godimento delle ferie rientrano nella base del computo del Tfr. Non la prima, siccome non dipendente dal rapporto di lavoro, per la sua riferibilità ad un periodo non lavorato, una volta avvenuta la cessazione del predetto rapporto, per la natura obbligatoria del rapporto. Non la seconda, in quanto esclusa dal calcolo del Tfr in modo non indiretto ma chiaro ed univoco, non già per espressa menzione ma ben ricavabile dalla disciplina di un’autonoma e diversa nozione di retribuzione, contenuta negli accordi collettivi nazionali applicati in azienda”. Di conseguenza, hanno accolto il ricorso e cassato la sentenza impugnata.
(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 27 agosto 2015, n. 17248)
La Corte di Cassazione ha stabilito che le indennità di mancato preavviso e di mancato godimento delle ferie sono escluse dal computo del Trattamento di fine rapporto. Nel primo caso perché non dipendenti dal rapporto di lavoro, nel secondo caso se le parti hanno già concordato ciò nel CCNL.
Nel caso di specie, la Corte territoriale respingeva l’appello proposto da una società avverso la sentenza di primo grado che l’aveva condannata al pagamento in favore di un gruppo di dipendenti di differenze su TFR, per omesso conteggio, nella liquidazione, dell’indennità sostitutiva del preavviso e dell’indennità per le ferie non godute, “in quanto gli stessi erano da considerarsi emolumenti aventi loro causa e non mera occasione nel rapporto di lavoro, pertanto rientranti nella previsione dell’articolo 2120 del Codice Civile”.
La società datrice di lavoro proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione e falsa applicazione di varie disposizioni del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) applicato in azienda e del Codice Civile, in particolare dell’articolo 2120 (rubricato “Disciplina del trattamento di fine rapporto”), per errata inclusione nella base di computo del TFR delle indennità di mancato preavviso e delle ferie non godute.
I giudici di legittimità hanno ritenuto il ricorso fondato. Innanzitutto, per quanto concerne l’indennità di mancato preavviso, questa “non rientra nella base del computo del Tfr, siccome non dipendente dal rapporto di lavoro, per la sua riferibilità ad un periodo non lavorato, una volta avvenuta la cessazione del predetto rapporto”. Ciò per effetto della natura obbligatoria del preavviso.
In relazione all’indennità di mancato godimento delle ferie, fondamentali sono le previsioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro che si applicano in azienda. In particolare, potendo la Corte di Cassazione interpretare le norme contrattuali per effetto del novellato articolo 360, primo comma, n.3 del Codice di Procedura Civile, i giudici hanno rilevato, in primis, la presenza nel CCNL applicato in azienda di un elenco tassativo di voci da considerare come base di calcolo dell’indennità di buonuscita, tra le quali non era stata ricompresa, in sede di contrattazione collettiva, l’indennità di mancato godimento delle ferie.
Ma sulla base di questo semplice elemento non era possibile ritenere fondate le pretese della ricorrente. L’articolo 2120, secondo comma, del Codice Civile, disciplina il trattamento di fine rapporto secondo il principio di onnicomprensività della retribuzione, nel senso della computabilità in esso di ogni compenso di natura retributiva della prestazione di lavoro, salvo che avvenga a titolo occasionale o di rimborso spese, e al contempo “salvo diversa previsione dei contratti collettivi”.
L’aver previsto nel contratto collettivo nazionale un elenco tassativo di voci da considerare come base di calcolo del TFR non determina di per sé, attraverso una lettura a contrario delle disposizioni contrattuali, l’esclusione dell’indennità di mancato godimento delle ferie dal calcolo dello stesso. In virtù del fatto che anche le relazioni sindacali, come i rapporti negoziali, devono ispirarsi a buona fede, le eccezioni al principio della onnicomprensività della retribuzione devono essere esplicite. Di conseguenza, per escludere le indennità di mancato godimento delle ferie dal procedimento di calcolo del TFR è necessaria una previsione esplicita, chiara e diretta.
Ciononostante, la Corte ha ugualmente ritenuto fondata la tesi della ricorrente, in quanto ha rilevato nel contratto collettivo una chiara ed univoca volontà delle parti di escludere tali indennità dal calcolo del TFR. Nel CCNL i giudici hanno rilevato come le parti avessero dichiarato di intendere il concetto di “retribuzione dovuta e corrisposta in un anno, agli effetti dell’articolo 2120 del Codice Civile, come la sommatoria di vari elementi retributivi tassativamente indicati”, tra i quali però non figuravano le indennità per il mancato godimento delle ferie.
Definendo in modo diverso e autonomo la nozione di retribuzione anche ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto, le parti avevano espresso in modo chiaro e diretto la comune volontà di escludere le indennità in oggetto da tale calcolo. In virtù di ciò, la sentenza impugnata risultava in contrasto con le disposizioni del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro.
I giudici della Cassazione sono giunti ad affermare che: “né l’indennità di mancato preavviso, né l’indennità di mancato godimento delle ferie rientrano nella base del computo del Tfr. Non la prima, siccome non dipendente dal rapporto di lavoro, per la sua riferibilità ad un periodo non lavorato, una volta avvenuta la cessazione del predetto rapporto, per la natura obbligatoria del rapporto. Non la seconda, in quanto esclusa dal calcolo del Tfr in modo non indiretto ma chiaro ed univoco, non già per espressa menzione ma ben ricavabile dalla disciplina di un’autonoma e diversa nozione di retribuzione, contenuta negli accordi collettivi nazionali applicati in azienda”. Di conseguenza, hanno accolto il ricorso e cassato la sentenza impugnata.
(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 27 agosto 2015, n. 17248)