C’era una volta la Cina (4)

Per cercare di capire la Cina, bisognava osservarla con occhi cinesi
occhi cinesi
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C’era una volta la Cina (4)


In Asia, ed in Cina in particolare, tutto è simbolico.

Un giorno, in occasione della Festa della Repubblica del 1° Ottobre, vidi sulla Piazza Tian An Men delle grandi decorazioni floreali a forma di pagoda e di barca. I pochi stranieri presenti commentavano la bellezza dei fiori e delle forme create con essi. In realtà la pagoda era la copia di un’altra situata a Taiwan ed il messaggio era pertanto: “Riunire Taiwan alla madrepatria”; la barca rappresentava il duplicato di una simile su cui si era tenuto nel 1921 un congresso clandestino del Partico Comunista Cinese. L’invito era quindi a richiamarsi alle linee guida stabilite in quell’occasione.

Per cercare di capire la Cina, bisognava osservarla con occhi cinesi.

Lin Yu-tang, nel suo libro “Il mio Paese e il mio popolo”, ha scritto: “A volte sembrò ai cinesi che l’intera sfera del conoscibile fosse stata esaurita dai loro antichi progenitori, detta l’ultima parola sulla filosofia umana. Di conseguenza si applicarono più seriamente alla faccenda di saper vivere la vita che a quella di progredire. In questo cammino varcarono la soglia di tutte le arti ed entrarono nell’aula della stessa arte di vivere. Ed arte e vita divennero una cosa sola”.

Un giorno un mio amico cinese, maestro di pittura ideografica, mi donò un rotolo montato su seta con una antica poesia di epoca Tang, dipinta e a lui regalata dal suo maestro quando aveva 80 anni. Per capirla, bisogna immaginare di essere su una barchetta trasportata dalla corrente di un fiume. In lontananza si vede il corso d’acqua girare oltre un monte e ciò crea la sensazione che il fiume (che simboleggia la nostra vita) finisca, ma così non è. È un messaggio di speranza che vorrei qui condividere con chi legge. Io l’ho tradotta così:

All’estremo del monte

Il fiume gira

Parrebbe non esserci passaggio

Ma ombreggiato di salici

E splendente di fiori

Ancora appare un villaggio

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