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CAPO IV – NUOVE CONTESTAZIONI

Note introduttive

Nell’ordinaria fisiologia del dibattimento è tutt’altro che marginale l’evenienza che l’istruttoria ivi compiuta renda necessari mutamenti della contestazione per via dell’emersione di fatti diversamente caratterizzati rispetto all’iniziale ipotesi d’accusa (art. 516), di reati concorrenti o circostanze aggravanti (art. 517) o perfino di fatti nuovi prima ignorati (art. 519).

Le norme del Capo IV regolano questi casi e consentono al PM di modificare opportunamente l’imputazione così da adattarla alle nuove conoscenze acquisite nella fase dibattimentale.

La disciplina codicistica muove da una considerazione di fondo: è preferibile che ai mutamenti dell’accusa non segua – non necessariamente – il rifacimento del giudizio o la sua assegnazione a un diverso giudice.

Le nuove contestazioni producono dunque ordinariamente i loro effetti nel medesimo contesto in cui sono emersi i fatti che le hanno giustificate.

Se tuttavia i mutamenti dell’accusa generano conseguenze in ordine alla competenza per materia, tali da comportare l’attribuzione del giudizio a un giudice superiore, il legislatore impone che la cognizione del fatto sia riservata a quest’ultimo.

Lo stesso criterio è previsto se dalla nuova contestazione derivi l’attribuzione al tribunale in composizione collegiale di un fatto inizialmente attribuito al tribunale in composizione monocratica ma in tal caso la relativa questione deve essere rilevata o eccepita entro stretti termini decadenziali.

Una regolamentazione identica è prevista allorché la modifica dell’imputazione comporti la necessità di celebrazione dell’udienza preliminare.

Se la nuova contestazione ha ad oggetto un fatto nuovo, la regola standard è che il PM proceda nelle forme ordinarie. Il rappresentante della pubblica accusa può tuttavia ugualmente chiedere al giudice l’autorizzazione a contestare il fatto nella medesima udienza. Il giudice vi acconsente se concorrono due condizioni: il consenso dell’imputato e l’assenza di pregiudizi alla speditezza del giudizio.

È fin troppo ovvio che le nuove contestazioni comportano implicazioni di non poco conto per l’imputato e la sua difesa. Il legislatore si premura quindi (artt. 519 e 520) di assicurare anzitutto che la modifica giunga effettivamente a conoscenza dell’interessato e di consentirgli del tempo necessario per adeguare il programma difensivo alla nuova situazione. L’imputato è inoltre legittimato a chiedere nuove prove ma questa sua facoltà è esercitabile a norma dell’art. 507 sicché è interamente assoggettata al potere discrezionale del giudice ed ai requisiti stringenti dell’istruttoria integrativa.

Gli artt. 521 e ss. disciplinano infine il potere del giudice di definire il fatto contestato in modo diverso da quello prescelto dall’accusa pubblica, i limiti entro i quali questo potere giudiziale può manifestarsi e le conseguenze che derivano da un suo uso difforme ai precetti codicistici.

È questa, in rapida sintesi, la complessiva regolamentazione dei fatti modificativi delle imputazioni e delle loro conseguenze sul piano processuale.

L’impressione generata dall’impianto normativo è quella di uno strutturale e rilevante squilibrio tra accusa e difesa.

Per una precisa ed inequivocabile scelta legislativa, il PM continua ad essere l’indiscusso dominus dell’imputazione anche nella fase dibattimentale, cioè nel momento procedimentale in cui la configurazione di partenza dell’accusa ha condizionato, spesso in modo irreversibile, i programmi probatori delle parti sicché è quantomai difficile discostarsene, anche quando sarebbe necessario per reagire adeguatamente alle nuove contestazioni.

Come se non bastasse, indirizzi giurisprudenziali più che consolidati (compiutamente esposti nella rassegna giurisprudenziale) hanno consentito modifiche delle imputazioni dovute non ad effettive novità emerse nell’istruttoria dibattimentale (nuove contestazioni fisiologiche) ma a cambiamenti di strategia del PM che, sulla base dello sviluppo istruttorio, ritiene conveniente ed opportuno ripensare il manifesto d’accusa senza che nessun elemento nuovo lo consenta (nuove contestazioni tardive o patologiche).

La Corte costituzionale, più volte interpellata su tali modifiche di fatto del diritto vivente, le ha costantemente stigmatizzate con plurime decisioni di incostituzionalità ma le correzioni di sistema che ne sono derivate, se ne hanno attenuato la lesività degli interessi difensivi (ad esempio, ammettendo la facoltà di accesso ai riti speciali in caso di nuove contestazioni), non sono comunque riuscite a ridare alle norme in esame il significato loro attribuito dal legislatore, cioè la loro finalizzazione alla tutela della fissità tendenziale dell’accusa in sede dibattimentale.

Art. 516 - Modifica della imputazione

1. Se nel corso dell’istruzione dibattimentale il fatto risulta diverso da come è descritto nel decreto che dispone il giudizio, e non appartiene alla competenza di un giudice superiore, il pubblico ministero modifica l’imputazione e procede alla relativa contestazione.

1-bis. Se a seguito della modifica il reato risulta attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica, l’inosservanza delle disposizioni sulla composizione del giudice è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, immediatamente dopo la nuova contestazione ovvero, nei casi indicati dagli articoli 519 comma 2 e 520 comma 2, prima del compimento di ogni altro atto nella nuova udienza fissata a norma dei medesimi articoli.

1-ter. Se a seguito della modifica risulta un reato per il quale è prevista l’udienza preliminare, e questa non si è tenuta, l’inosservanza delle relative disposizioni è eccepita, a pena di decadenza, entro il termine indicato dal comma 1-bis.

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Art. 517 - Reato concorrente e circostanze aggravanti risultanti dal dibattimento

1. Qualora nel corso dell’istruzione dibattimentale emerga un reato connesso a norma dell’articolo 12 comma 1 lettera b) ovvero una circostanza aggravante e non ve ne sia menzione nel decreto che dispone il giudizio, il pubblico ministero contesta all’imputato il reato o la circostanza, purché la cognizione non appartenga alla competenza di un giudice superiore.

1-bis. Si applicano le disposizioni previste dall’articolo 516, commi 1-bis e 1-ter.



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Art. 518 - Fatto nuovo risultante dal dibattimento

1. Fuori dei casi previsti dall’articolo 517, il pubblico ministero procede nelle forme ordinarie se nel corso del dibattimento risulta a carico dell’imputato un fatto nuovo non enunciato nel decreto che dispone il giudizio e per il quale si debba procedere di ufficio.

2. Tuttavia il presidente, qualora il pubblico ministero ne faccia richiesta, può autorizzare la contestazione nella medesima udienza, se vi è consenso dell’imputato presente e non ne deriva pregiudizio per la speditezza dei procedimenti.



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Art. 519 - Diritti delle parti

1. Nei casi previsti dagli articoli 516, 517 e 518 comma 2, salvo che la contestazione abbia per oggetto la recidiva, il presidente informa l’imputato che può chiedere un termine per la difesa.

2. Se l’imputato ne fa richiesta, il presidente sospende il dibattimento per un tempo non inferiore al termine per comparire previsto dall’articolo 429, ma comunque non superiore a quaranta giorni. In ogni caso l’imputato può chiedere l’ammissione di nuove prove a norma dell’articolo 507.

3. Il presidente dispone la citazione della persona offesa, osservando un termine non inferiore a cinque giorni.

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Art. 520 - Nuove contestazioni all’imputato assente

1. Quando intende contestare i fatti o le circostanze indicati negli articoli 516 e 517 all’imputato assente, il pubblico ministero chiede al presidente che la contestazione sia inserita nel verbale del dibattimento e che il verbale sia notificato per estratto all’imputato.

2. In tal caso il presidente sospende il dibattimento e fissa una nuova udienza per la prosecuzione, osservando i termini indicati nell’articolo 519 commi 2 e 3.

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Art. 521 - Correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza

1. Nella sentenza il giudice può dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione, purché il reato non ecceda la sua competenza né risulti attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica.

2. Il giudice dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero se accerta che il fatto è diverso da come descritto nel decreto che dispone il giudizio ovvero nella contestazione effettuata a norma degli articoli 516, 517 e 518 comma 2.

3. Nello stesso modo il giudice procede se il pubblico ministero ha effettuato una nuova contestazione fuori dei casi previsti dagli articoli 516, 517 e 518 comma 2.

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Art. 521-bis - Modifiche della composizione del giudice a seguito di nuove contestazioni

1. Se, in seguito ad una diversa definizione giuridica o alle contestazioni previste dagli articoli 516, commi 1-bis e 1-ter, 517, comma 1-bis, e 518, il reato risulta tra quelli attribuiti alla cognizione del tribunale per cui è prevista l’udienza preliminare e questa non si è tenuta, il giudice dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero.

2. L’inosservanza della disposizione prevista dal comma 1 deve essere eccepita, a pena di decadenza, nei motivi di impugnazione.

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Art. 522 - Nullità della sentenza per difetto di contestazione

1. L’inosservanza delle disposizioni previste in questo capo è causa di nullità.

2. La sentenza di condanna pronunciata per un fatto nuovo, per un reato concorrente o per una circostanza aggravante senza che siano state osservate le disposizioni degli articoli precedenti è nulla soltanto nella parte relativa al fatto nuovo, al reato concorrente o alla circostanza aggravante.

 

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