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Art. 519 - Diritti delle parti

1. Nei casi previsti dagli articoli 516, 517 e 518 comma 2, salvo che la contestazione abbia per oggetto la recidiva, il presidente informa l’imputato che può chiedere un termine per la difesa.

2. Se l’imputato ne fa richiesta, il presidente sospende il dibattimento per un tempo non inferiore al termine per comparire previsto dall’articolo 429, ma comunque non superiore a quaranta giorni. In ogni caso l’imputato può chiedere l’ammissione di nuove prove a norma dell’articolo 507.

3. Il presidente dispone la citazione della persona offesa, osservando un termine non inferiore a cinque giorni.

Rassegna giurisprudenziale

Diritti delle parti (art. 519)

È costituzionalmente illegittimo l’art. 519 comma 2 nella parte in cui, nei casi previsti dall’art. 516, non consente al PM e alle parti private diverse dall’imputato di chiedere l’ammissione di nuove prove ed ancora limitatamente all’inciso “a norma dell’art. 507” (Corte costituzionale, sentenza 241/1992).

È costituzionalmente illegittimo l’art. 519 comma 2 nella parte in cui, in caso di nuova contestazione effettuata a norma dell’art. 517, non consente al PM e alle parti private diverse dall’imputato di chiedere l’ammissione di nuove prove (Corte costituzionale, sentenza 50/1995).

Disciplinando le conseguenze endodibattimentali delle contestazioni, il codice di rito specifica espressamente all’art. 519, significativamente rubricato “Diritti delle parti”, quali sono i soli diritti che conseguono al mero fatto della contestazione suppletiva. In particolare, all’imputato destinatario della contestazione suppletiva è attribuito (solo) il diritto di chiedere un termine per la difesa.

Si è ritenuto che tale previsione indica inequivocamente che, innanzitutto, non vi è alcuno iato tra i segmenti del dibattimento, che si è svolto fino a quel momento nella pienezza del contraddittorio, né alcuna necessità strutturale di rinnovare atti assunti nella fase precedente.

Anzi, proprio la previsione dei termini a difesa presuppone la conservazione di efficacia di quanto fino a quel momento acquisito al processo, appunto nel contraddittorio, e la contestuale riespansione di tutti i diritti di difesa in relazione alla nuova contestazione, che si basa proprio su quanto emerso nel dibattimento partecipato (Sez. 2, 36880/2018).

Nel caso in cui il PM proceda, sulla base di una fonte dichiarativa, a contestare all’imputato un reato concorrente ai sensi dell’art. 517, tali dichiarazioni possono essere legittimamente utilizzate dal giudice per la decisione qualora il difensore si sia limitato a prendere atto della contestazione suppletiva, senza chiedere, ai sensi dell’art. 519, commi 2 e 3, di effettuare un controesame della fonte dichiarativa specificamente relativo all’oggetto della suddetta contestazione (Sez. 3, 47666/2014).

È manifestamente infondata l’eccezione di legittimità costituzionale dell’art. 519 comma 1, nella parte in cui assegna all’imputato il diritto ad ottenere un termine a difesa nel caso di contestazione di circostanze aggravanti facendo eccezione per l’ipotesi di contestazione della recidiva, perché tale eccezione trova la sua ragion d’essere obiettiva nel fatto che i precedenti penali non rappresentano fatti nuovi, essendo ovviamente noti all’imputato.

Pertanto la contestazione di essi non suscita l’esigenza di una speciale attività difensiva che necessiti di un termine ulteriore (Sez. 2, 6310/2017).

Deve ritenersi che escludano l’imputabilità della sospensione o del rinvio sia l’esercizio del diritto alla prova sia, più in generale, l’esercizio del diritto alla difesa, inteso quest’ultimo nel senso delle disposizioni che impongono di riconoscere al difensore un termine “per prendere cognizione ‘degli atti o per informarsi sui fatti oggetto del procedimento” (art. 108) o, in generale, alla parte un termine per approntare la difesa (artt. 184, 451, 519) (SU, 1021/2002).

Nell’ipotesi di nuova contestazione effettuata dal PM ai sensi dell’art. 516, qualora dal verbale di udienza non risulti specificatamente che il presidente abbia informato l’imputato del diritto di chiedere un termine per la difesa ex art. 519, non sussiste alcuna nullità della sentenza a norma dell’art. 522 se dal detto verbale emerga che, dopo tale contestazione, nulla hanno opposto le difese.

La menzione dell’acquiescenza delle stesse alla contestazione appare, infatti, comprensiva, di tutta l’attività orale svolta in quel contesto dalle parti, compresa la cognizione della possibilità di avere un termine e l’espressa rinuncia ad avvalersi di tale facoltà (Sez. 4, 47074/2016).Una volta riconosciuto il diritto al termine a difesa, ai sensi dell’art. 519, comma 1, è onere dell’imputato proporre le richieste difensive che ritenga necessarie (Sez. 5, 14201/2015).