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Corruzione e strumenti di prevenzione

La successione delle leggi ed il sistema multilivello
Corruzione e strumenti di prevenzione
Corruzione e strumenti di prevenzione

Abstract:

Il tema della corruzione di chi riveste un ruolo pubblico è sempre estremamente dibattuto e seguito dai canali d’informazione, in quanto il cittadino si sente danneggiato in prima persona da una condotta antigiuridica. In queste settimane il dibattito politico si è concentrato su alcuni esponenti di Governo, in particolare il Sottosegretario Siri, raggiunto dall’avvio di un’indagine proprio per asseriti reati corruttivi. Il presente contributo si propone di fare chiarezza sul tema della corruzione, analizzando il caso mediatico e cercando di proporre soluzioni alternative per contrastare queste fattispecie delittuose.

 

Indice:

1. Introduzione al tema

2. Il caso mediatico e l’impatto della riforma “Spazzacorrotti”

3. Conclusioni operative

 

1. Introduzione al tema

Preliminarmente, è doveroso rilevare come il sistema penale italiano di contrasto alla corruzione sia un ambito normativo in costante evoluzione e percorso da continui progetti e tentativi di riforma e, pertanto, multilivello. Per tali ragioni, la struttura degli strumenti preventivi alla corruzione ha matrici nazionali importanti – legate al regime giuridico del Paese – con numerose influenze internazionali.

In particolare, una ragione profonda di tale tratto strutturale è, infatti, ravvisabile nelle forti spinte alle internazionalizzazione–armonizzazione del diritto penale nel comparto della c.d. lotta alla corruzione.

Nelle strategie di contrasto alla corruzione, il periodo che va dalla metà degli anni novanta del secolo passato al primo decennio del secolo attuale si è caratterizzato per la proliferazione di strumenti giuridici ultranazionali, di livello “regionale”, “interregionale” o “globale”:

  • vari testi di rango internazionale pattizio (convenzioni), vincolanti per gli Stati contraenti;
  • moltissimi atti di c.d. soft law prodotti da organismi pubblici internazionali, dal valore prettamente esortativo.

Inoltre, il sistema di contrasto alla corruzione delineato in seguito alla Legge 6 novembre 2012 n. 190 (la cd. Legge Severino) si rivela intrinsecamente multilivello anche perché è fondato sulla relazione e la fondamentale combinazione tra misure preventive e previsioni sanzionatorie, tra sanzioni amministrative e penali. Da ultimo, il sistema sanzionatorio contempla, in aggiunta alle ipotesi di responsabilità penale, la responsabilità amministrativa degli enti da reato. Ciascuno dei due sistemi punitivi è corredato dal ricorso a strumenti di giustizia penale patrimoniale intesa a confiscare i profitti illecitamente lucrati.

Brevemente, nel nostro Codice Penale le fattispecie corruttive sono inserite nella parte che disciplina i delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione; in particolare, l’articolo 318 Codice Penale sanziona la “corruzione per l’esercizio della funzione”, mentre l’articolo 319 Codice Penale la “corruzione per un atto contrari ai doveri d’ufficio”.

In entrambi i casi, il pubblico ufficiale è punito nel momento in cui accetta la promessa del denaro o di altra utilità. Dunque, il Legislatore – in ottica repressiva – ha voluto anticipare il momento consumativo del reato.

 

2. Il caso mediatico e l’impatto della riforma “Spazzacorrotti”

I fenomeni di corruzione creano clamore e dibattito nell’opinione pubblica ma quando il soggetto coinvolto è un politico, allora l’eco mediatica è impareggiabile.

Un esempio in tal senso è rinvenibile nel caso Siri, Senatore della Lega, indagato dalla Procura della Repubblica di Roma per aver asseritamente ricevuto somme da un imprenditore per l’approvazione di una norma legata alla costruzione di impianti eolici, che avrebbe favorito società dello stesso impegnate nel campo dell’energia eolica.

Nel caso di specie, la vicenda risulta essere rilevante soprattutto per le conseguenze che il fatto potrebbe avere – ed in realtà ha già avuto – negli equilibri del Governo.

Ma questo non è l’ultimo dei casi che vede coinvolti dei politici in asseriti ed ipotetici fattispecie corruttive, tutte da provare.

Ce n’è per ogni gusto e categoria professionale.

Le reazioni ed i commenti dei rappresentanti politici non si sono fatti attendere: c’è chi, come l’avvocato e Ministro Bongiorno, ha assunto una posizione garantista – che si condivide – chiedendo di aspettare perlomeno la conclusione delle indagini con la relativa discovery per capire meglio i fatti, le contestazioni e permettere all’interessato di esplicare al meglio il suo diritto alla difesa. Anche perché vige, come noto, il principio dell’innocenza sino a condanna passata in giudicato, ma questo aprirebbe un tema tutto da sviluppare.

Venendo al merito della vicenda in esame e ragionando in astratto, sulla base dei pochi elementi di cui siamo a conoscenza, la condotta, quale dato fattuale, è il primo tassello da porre a base di una riflessione: sui giornali si legge spesso di soggetti che avrebbero ricevuto o accettato la promessa di denaro per compiere un atto legato al proprio ufficio. Ipotesi tipica è, come in questo caso il summenzionato articolo 318 Codice Penale “corruzione per l’esercizio della funzione”.

Il secondo tassello da evidenziare risiede nel dato temporale. Proprio il fattore tempo riveste importanza alla luce della riforma della normativa in materia di corruzione: la Legge Spazzacorrotti, che inasprisce le pene per i reati di corruzione sia dal punto di vista sostanziale che da quello dell’esecuzione delle stesse, è entrata in vigore a gennaio del corrente anno.

In particolare, l’innalzamento dei limiti edittali delle pene è così determinato:

  • delitto di corruzione per esercizio della funzione (articolo 318 Codice Penale): 3-8 anni
  • reato di appropriazione indebita (articolo 646 Codice Penale): 2-5 anni
  • indebita percezione delle erogazioni (316 ter Codice Penale): 1-4 anni, se commesso da P.U.

La volontà del Legislatore è evidente fin dalla relazione accompagnatoria, ove era presente in seno alla riforma la «consapevolezza che il potenziamento degli strumenti di contrasto del malaffare dilagante non potesse esaurirsi nell’inasprimento sanzionatorio, destinato a rimanere privo di effettività se non accompagnato da efficaci strumenti di prevenzione e accertamento dei reati».

Come anticipato, la «spazzacorrotti» non solo agisce sul piano sanzionatorio inasprendo le pene ma opera delle importanti limitazioni anche in ordine alla fase di esecuzione della pena.

In questo senso, è doveroso citare la novità per la quale anche per i soggetti coinvolti in reati contro la Pubblica Amministrazione, come già avviene per i condannati per i reati di mafia, sono state introdotte alcune limitazioni per l’accesso ai benefici penitenziari, contenuti nella Legge sull’ordinamento penitenziario.

In particolare, sono stati inseriti nella lista dei reati ostativi di cui all’articolo 4 bis della legge sull’ordinamento penitenziario, anche quelli previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319 bis, 319 ter, 319 quater, primo comma, 320, 321, 322, 322 bis del codice penale.

Tuttavia, i primi problemi – addirittura di costituzionalità – in ordine alla nuova normativa sono emersi con riguardo alle norme processuali.

In particolare, secondo il GIP del Tribunale di Napoli, il nuovo testo ha mancato di prevedere un regime intertemporale, portando ad una conseguente applicabilità immediata della nuova disciplina ai fatti commessi prima della entrata in vigore della legge.

La Corte di Appello di Lecce ha censurato, poi, l’assenza di previsione in seno alla riforma di un regime intertemporale, circostanza che ha posto “sullo stesso piano, sotto il profilo della esecuzione della pena, chi ha commesso il reato potendo contare su un impianto normativo che gli avrebbe consentito di non scontare in carcere una pena, eventualmente residua, inferiore a 4 anni e chi ha commesso o commette il fatto dopo l’entrata in vigore della Legge”.

 

3. Conclusioni operative

Proprio prendendo le mosse dalla vicenda Siri – per la quale si auspica positiva soluzione – e dalla riforma approvata ad inizio anno, risulta doveroso ragionare sulla reale convenienza di un provvedimento strutturato in questa maniera e sull’opportunità di riformare il sistema penale corruttivo in ottica preventiva.

Permettetemi, infatti, di dire che la sensazione che aleggia è quella che agire esclusivamente dal punto di vista repressivo, per quanto l’aggravio edittale sia severo, non possa bastare da sé a combattere i fenomeni corruttivi, a qualsivoglia titolo occorsi. Occorre agire su un livello temporale precedente: sulla prevenzione. La prevenzione è il solo strumento utile a contrastare efficacemente i reati corruttivi. Gli strumenti ci sono, occorre solo implementarli e…usarli! O meglio, obbligare all’utilizzo.

La legge anticorruzione risulta carente proprio perché agisce solo sul trattamento sanzionatorio, inasprendo le pene e ponendo più incisive regole per godere dei benefici in esecuzione di pena, ma non prende in alcun modo in considerazione l’introduzione di nuovi strumenti preventivi e ad effetto premiale, se non la previsione di una causa di non punibilità (articolo 323 ter Codice Penale) per il soggetto che, dopo aver commesso uno dei reati di corruzione, turbata libertà degli incanti e induzione indebita a dare o promettere utilità, decida di collaborare e denuncia il reato prima di avere notizia che è instaurato nei suoi confronti  un procedimento penale e comunque entro 4 mesi dalla commissione.

Occorrono strumenti preventivi e premiali più incisivi: un grosso passo avanti in questo senso è stato fatto con l’approvazione della Legge 179 del 2017 che, in tema di whistleblowing garantisce una piena ed efficace tutela ai soggetti che, in seno ad un’organizzazione pubblica o privata, compiono una segnalazione riguardo alla configurazione di un delitto corruttivo.

Sul punto è doveroso, poi, evidenziare l’assoluta necessità di introdurre l’obbligatorietà del Modello Organizzativo e Gestionale “231”, oltreché per le imprese private, anche per tutte le amministrazioni pubbliche e finanche per i partiti.

Solo un assetto organizzativo adeguato con un annesso sistema di misure e strumenti preventivi e premiali può incidere veramente nella lotta alla corruzione, soprattutto in seno agli enti pubblici.

Negli ultimi due anni il Legislatore, pur prestando grande attenzione ed impegno alla lotta ed alla repressione ai reati contro la Pubblica Amministrazione non ha, tuttavia, agito incisivamente proprio nel settore pubblico, dove ad oggi non sono stati ancora predisposti idonei strumenti che possono sterilizzare il fenomeno prima che si configuri la fattispecie corruttiva.

Alla luce di quanto detto, preme mettere in evidenza l’esigenza di riprendere in mano la recente Proposta di Legge n. 726, comunicata alla Presidenza il 30 luglio 2018. In questo Disegno di Legge, viene ribadita la fondamentale esigenza di prevedere l’obbligatorietà del Modello Organizzativo Gestionale per tutte le società che abbiano riportato un totale dell’attivo dello stato patrimoniale non inferiore a 4.400.000 euro o ricavi delle vendite e delle prestazioni non inferiori a 8.800.000 euro. Queste società, secondo l’articolo 1 della proposta di legge, dovranno – obbligatoriamente – approvare il MOG depositando la relativa delibera di approvazione presso la camera di commercio competente, circostanza – quest’ultima – ora inattuabile sulla base della norma vigente.