Corte d’Appello di Trento: affidamento figli e contributo al mantenimento

LA CORTE D’APPELLO DI TRENTO - SEZIONE DISTACCATA DI BOLZANO

Sezione civile

riunita in Camera di consiglio nelle persone dei Signori Magistrati:

Dott. Giuseppe Bisignano - Presidente

Dott. Armin Kapeller - Consigliere rel.

Dott. Elsa Vesco - Consigliere

nel procedimento civile iscritto sub n. 66/2007 V.G., vertente tra

Tizio

- reclamante –

c o n t r o

Caia

- reclamata –

P.M. – intervenuto

avente per oggetto: reclamo contro il decreto dd. 01/06/207 del Tribunale di Bolzano,

ha pronunciato il seguente

DECRETO

a scioglimento della riserva formulata alla udienza del 03/12/2008;

visti gli atti,

sentiti i procuratori delle parti;

osserva quanto segue con riferimento al primo motivo di reclamo:

Preliminarmente va rilevato che il presente reclamo ha per oggetto unicamente le statuizioni specificamente impugnate con il ricorso depositato in data 21/06/2007. Ciò premesso, va ricordato che l’intera materia relativa all’affidamento dei figli in caso di separazione personale dei genitori, ha subito una profonda innovazione in seguito all’entrata in vigore della legge 54/2006, il cui art. 1 ha sostituito l’art. 155 CC, il quale, a sua volta, rispetto alla formulazione originaria, era stato sostituito dall’art. 36 della legge 151/1975. Il primo comma dell’art. 155 CC, innovato come sopra, prevede che, anche in caso di separazione personale dei genitori, il figlio minore ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione ed istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale (diritto alla “bigenitorialità”).

Prosegue il comma 2° che per realizzare la finalità di cui al comma precedente, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi, adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati ad entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati.

Il legislatore, dettando la disciplina normativa ora illustrata, non ha fatto altro che adeguare la legislazione interna, a quanto previsto – in materia di diritti fondamentali del minore – dalla Convenzione di New York del 1989, ratificata con legge 176/91, la quale, tra l’altro, prevede che il minore ha diritto di ricevere cura, istruzione ed educazione da entrambi i genitori (art. 18 della suddetta Convenzione; un dovere in tal senso – da parte dei genitori – era già stato sancito dalla Costituzione italiana nell’art.- 30, 1° c.). Il diritto del minore di mantenere un rapporto continuativo con entrambi i genitori, era anche stato sancito dall’art. 9 della citata Convenzione (tutela delle relazioni familiari).

L’obiettivo che il legislatore si è prefisso con la norma di cui al comma 1° del suddetto art. 155 CC, viene realizzato concretamente con il dettato del 2° comma, cioè col cosiddetto affidamento condiviso, soluzione, questa, da preferire (“valuta prioritariamente”) rispetto all’affidamento monogenitoriale. Il criterio fondamentale, al quale il giudice deve attenersi, è costituito dall’interesse morale e materiale del minore; si tiene altresì conto della personalità di ciascuno dei genitori, della loro disponibilità e

dell’ambiente in cui ciascuno di essi vive.

L’affidamento monogenitoriale (soluzione residuale ed eventuale) può essere disposto (art. 155 bis, 1° c., CC) qualora il giudice ritenga – con provvedimento motivato – che l’affidamento ad un solo genitore sia contrario all’interesse del minore.

Dal dettato normativo ora illustrato risulta inequivocabilmente che – secondo il legislatore del 2006 – l’affidamento bigenitoriale deve essere la regola, dalla quale si può deflettere soltanto in presenza di (provate) circostanze contrarie all’interesse del minore.

La Suprema Corte, con la recente sentenza n. 16593/08 (interpretando il combinato disposto degli artt. 155 e 155 bis CC), ha statuito che in tema di separazione personale dei coniugi, alla regola dell’affidamento condiviso dei figli, può derogarsi soltanto ove la sua applicazione risulti “pregiudizievole per l’interesse del minore”, con la duplice conseguenza che l’eventuale pronuncia di affidamento esclusivo (monogenitoriale) dovrà essere sorretta da una motivazione non solo più in positivo sull’idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sull’inidoneità educativa ovvero manifesta carenza dell’altro genitore e che l’affidamento condiviso non può ragionevolmente ritenersi precluso dalla mera conflittualità (come nel caso de quo) esistente tra i coniugi poiché altrimenti avrebbe un’applicazione solo residuale, finendo di fatto con il coincidere con il “vecchio” affidamento congiunto.

Illustrato così il contesto normativo (del 2006) nell’ambito del quale ora deve operare ed orientarsi il giudice, si osserva, con riferimento al caso de quo ed in relazione al motivo di reclamo n. 1 che, ad avviso di questa Corte, la richiesta del Tizio intesa ad ottenere l’affidamento condiviso dei due figli avuti dalla Caia, può essere accolta.

Ritiene la Corte che non è emerso elemento rilevante alcuno secondo il quale l’affidamento condiviso possa reputarsi contrario all’interesse dei due predetti figli. Il Tizio, ..., ha tenuto sempre una condotta irreprensibile, anche nella sua vita privata e non risulta minimamente una sua inidoneità a partecipare all’educazione dei figli. I suoi impegni di lavoro non sono tali da costituire un reale ostacolo ad occuparsi anche dell’educazione dei suoi due figli; ostativo all’affidamento condiviso non può neppure reputarsi la circostanza che il luogo di lavoro del Tizio (nei pressi di ...) sia troppo distante dal luogo di residenza della Caia (presso la quale attualmente sono collocati i figli), data l’odierna celerità dei mezzi di trasporto, anche pubblici, e la disponibilità di mezzi di telecomunicazione.

E’ ben vero che nel 2001, in sede di separazione, le odierne parti in causa (come ha messo in rilievo la difesa della Caia nella comparsa conclusionale) avevano concordato sul fatto che i figli venissero affidati alla sola Caia. Nel frattempo però, è mutato (può dirsi radicalmente ed incisivamente), il quadro normativo – ispirato, come detto sopra, all’adempimento di obblighi assunti in sede internazionale e ad una più corretta attuazione del dettato costituzionale (art. 30), il quale, nel prevedere, nel comma 1°, il dovere – diritto di mantenere, istruire ed educare, si riferisce ad entrambi i genitori (“dei genitori”); di ciò questa Corte non può non tenere conto, anche perché si tratta di una norma dettata nell’ interesse specifico dei figli e quindi – così almeno reputa questa Corte – sottratto alla disponibilità delle parti.

Il mantenimento, l’istruzione e l’educazione dei figli è un “munus”, oltre ad essere un diritto naturale dei coniugi. La dizione del 1° comma dell’art. 30 della Costituzione antepone la parola “dovere” a quella di “diritto”. Quanto all’individuazione dei soggetti cui spetta di esercitare il suddetto dovere - diritto, dalla semplice lettura del 1° comma dell’art. 30 della Costituzione risulta (in base ad una interpretazione letterale, alla quale è da attribuire il primato rispetto ad altri criteri ermeneutici (art. 12, 1° c., delle disposizione s. legge in generale (cosiddette preleggi)) che tale dovere – diritto spetta ad entrambi i genitori. Ciò è anche una conseguenza del principio di parità dei coniugi, sancito dall’art. 29, 2° c., della Costituzione (e attuato poi, in larga misura, con la legge 151 del 1975) La formula “dovere –diritto”, usata nell’art. 30, 2° comma, della Costituzione, è da interpretare nel senso che il complesso dei doveri e dei diritti dei genitori nei confronti dei figli, è oggetto di interesse pubblico (e non attiene esclusivamente o prevalentemente all’interesse privato). Logica conseguenza ne è che il mantenimento, l’istruzione e l’educazione dei figli è una “funzione pubblica”.

Il 2° comma dell’art. 30 della Costituzione contiene una deroga al principio sancito dal 1° comma di tale articolo, prevedendo che il disposto del 1° comma non trova applicazione in un caso, cioè nel caso di incapacità genitoriale (e soltanto in tale ipotesi). Come già esposto sopra, la Suprema corte ha statuito che la mera conflittualità tra i genitori separati (conflittualità che, nel caso in esame, è di una certa asprezza, ma comunque non tale da assurgere ad una totale incomunicabilità tra i genitori di Mevia e Mevio), non è idonea a far venir meno i presupposti per l’affidamento condiviso e a privare il minore del suo diritto ad avere rapporti continuativi con entrambi i genitori. In materia di affidamento dei minori deve essere salvaguardato anzitutto l’interesse del minore.

Si impone – ad avviso di questa Corte – una nuova disciplina del diritto di visita e di avere con sé i figli in favore del Tizio rispetto a quanto statuito nella sentenza di separazione per realizzare concretamente il diritto dei figli a mantenere un rapporto equilibrato e continuo anche con il loro padre, di ricevere cura, educazione ed istruzione anche da parte di questo ultimo e di conservare rapporto significativi con gli ascendenti ed i parenti di ciascun ramo genitoriale, il tutto nell’interesse precipuo dei minori.

Il Tizio ha il dovere – diritto di avere con se i figli per la durata di 6 settimane – continuativamente – durante le ferie scolastiche estive e precisamente dall’ 1/7/ al 15/8 di ogni anno, prelevandoli presso la residenza della Caia ed ivi riportandoli al termine del periodo suddetto e dopo la scadenza dei periodi che seguono; inoltre sei giorni durante le festività di Natale (dal 23/12 al 29/12), quattro giorni durante quelle di Pasqua nonché quattro giorni durante le ferie in occasione del Carnevale. Le spese di viaggio per sè stesso e quelle occorrenti per i figli sono interamente a carico del Tizio; idem le spese di mantenimento dei figli durante i giorni in cui il Tizio li avrà con sè.

I figli, durante i periodi di tempo che non trascorrono con il padre, sono collocati presso la madre, ove hanno la loro residenza.

La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori.

Le decisioni di maggior interesse per i figli relative ad istruzione, educazione e salute, sono assunte di comune accordo, tenendo conto delle capacità, inclinazioni naturali ed aspirazioni dei figli. Le decisioni di ordinaria amministrazione vengono esercitate separatamente.

E passiamo ad esaminare il secondo motivo di gravame proposto dal Tizio. Non reputa la Corte di dover procedere all’ audizione dei figli (che ora hanno 11 anni e non dodici (art. 155 sexies, c. 1° c.c.); ciò al fine di evitare agli stessi un trauma psicologico che (con ogni probabilità) si verificherebbe qualora dovessero prendere posizione, sia pure implicitamente, a favore di uno o dell’altro genitore. Neppure vanno disposte indagini a mezzo della polizia tributaria (in ordine ad eventuali “entrate in nero” della Caia); indagini di elevata difficoltà (e spesso di assai limitata utilità) come esperienze – ormai ultraventennali – hanno ampiamente dimostrato.

Non condivide, questa Corte, la tesi del Tizio secondo la quale presupposto per la revisione dell’assegno di mantenimento per i figli è la sopravvenienza di “fatti nuovi”. Si osserva in proposito che l’art. 155 ter CC prevede che i genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione della disposizioni concernenti, tra l’altro, anche la misura e le modalità del contributo nel mantenimento dei figli. Come si vede, il legislatore, con la nuova disposizione di legge, ha eliminato il requisito dei fatti nuovi (o circostanze nuove che dir si voglia) . Già prima dell’innovazione legislativa (legge 54/2006) che coll’art. 1, 2° comma, ha inserito nel CC l’art. 155 ter, la giurisprudenza, ripetutamente, aveva propugnato la tesi secondo la quale, per la revisione dei provvedimenti relativi alla prole, data l’impossibilità di un’efficacia di giudicato di detti provvedimenti, neppure nella più limitata misura del rebus sic stantibus, non era richiesto il verificarsi di nuove circostanze (si veda p.es. Tribunale Padova 2/12/2005, Tribunale di Trapani 24/5/2005). In questo senso esistono anche sentenze della Suprema Corte (Cass. 10632/04, 9484/02, 4499/02). Va comunque osservato che ora il legislatore, con la formulazione dell’art. 155 ter CC, ha eliminato ogni (ragionevole) incertezza in proposito. Coll’art. 155 CC, come modificato dall’art. 1, 1° comma, della legge 54/06, sono stati anche determinati i criteri, ai quali il giudice deve attenersi nella determinazione del contributo nel mantenimento dei figli. Va tenuto conto dei rispettivi redditi dei coniugi (“in misura proporzionale al reddito”) nonché: 1) delle attuali esigenze dei figli 2) del tenore di vita goduto dai figli in costanza di convivenza con entrambi i genitori, 3) dei tempi di permanenza presso ciascun genitore, 4) delle risorse economiche di entrambi i genitori 5) della valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

Valutati debitamente i criteri ora esposti nonché le risultanze delle dichiarazioni dei redditi acquisite e dimesse, la Corte reputa che la determinazione del contributo nel mantenimento dei figli (posto a carico del Tizio), come operato dal giudice di primo grado (€ 320,00 mensili per ciascun figlio), sia congrua. L’importo di € 450,00 complessive (corrispondente a ca. lire 900.000 di cui alla sentenza di separazione - punto 2° della parte dispositiva – sarebbe ora del tutto insufficiente per garantire ai figli (che all’epoca della sentenza di separazione avevano ca. 4 anni e mezzo e che adesso hanno 11 anni di età) un tenore di vita approssimativamente analogo a quello che avevano quando i genitori convivevano (il legislatore si è adoperato al fine di evitare – nella misura e nei modi in cui ciò è possibile – ai figli condizioni deteriori rispetto a quelle che avevano durante la convivenza genitoriale; ciò in considerazione del fatto che sarebbe profondamente ingiusto non evitare ai figli – per quanto fattibile – le conseguenze della disgregazione del rapporto coniugale, la cui responsabilità non è di certo ad essi imputabile.

Le esigenze dei figli da tenere in conto non vanno di certo limitati strettamente all’aspetto del mantenimento (inteso come vitto ed abbigliamento), ma vanno sicuramente estese anche all’aspetto scolastico, sportivo, sanitario, sociale, ricreativo e nella valutazione delle stesse non va trascurata la posizione sociale dei genitori (nel caso nostro il padre è ..., la madre è ...) e vanno tenute in considerazione anche le attitudini dei figli.

Per quanto concerne il dedotto aumento di reddito della Caia, è ben vero che esso si è verificato; non va però trascurato il fatto che pure il reddito del Tizio ha subito un rilevante aumento (per convincersi di ciò è sufficiente paragonare (ved. doc. in atti!) il reddito conseguito dal Tizio nel 2001 e quello avuto nel 2006. Nonostante un aumento di reddito da parte della Caia, il divario reddituale tra i coniugi Tizio-Caia resta ancora (si vedono le dichiarazioni dei redditi relativamente al 2006, in atti) rilevante nel senso che la Caia ha un reddito inferiore di ca. il 35% rispetto a quello del Tizio.

Non va poi trascurato il lavoro casalingo che la Caia svolge per almeno 10 mesi all’anno in favore dei figli che ormai frequentano la scuola media.

Per quanto concerne le spese straordinarie (e per tali si intendono, a titolo esemplificativo, quelle sanitarie non mutuabili, scolastiche, sportive, culturali, extrascolastiche e ricreative confacenti allo status sociale dei figli) esse, tenuto conto dell’entità del reddito dei genitori, vanno poste per il 65% a carico del Tizio e per il 35% a carico della Caia.

Data l’elevata conflittualità tra il Tizio e la Caia, le spese straordinarie non devono essere preventivamente concordate (anche se da fare in modo ragionevole e tenendo presente esclusivamente l’interesse dei figli all’esercizio fisico e alla crescita socio-culturale).

Ad avviso di questa Corte, non è necessario procedere ad incombenti istruttori in quanto la documentazione in atti offre senz’altro elementi idonei ai fini della decisione.

Per quanto concerne le spese di lite, tenuto conto della soccombenza reciproca e, comunque, dell’esito complessivo del giudizio (cfr. Cass. 7314/93), la Corte ravvisa i presupposti per una compensazione integrale delle stesse tra le parti.

Ciò premesso e visti gli artt. 737 e segg. cpc, 147 e 148, 155 e segg. CC, 92, 2° c., CPc

in parziale accoglimento del reclamo proposto da Tizio contro il decreto dd. 1/6/07 del Tribunale di Bolzano e in parziale riforma dello stesso,

ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa e reietta

dispone

l’affidamento condiviso dei figli Mevia ed Mevio ad entrambi i genitori, con collocazione prevalente degli stessi presso la madre Caia

dichiara

il padre Tizio tenuto ad un contributo nel mantenimento dei due figli predetti nella misura di € 320,00 mensili per ciascun figlio, con le modalità ed i tempi di versamento di cui all’impugnato decreto e con la rivalutazione monetaria (e la decorrenza della stessa) ivi indicata

dichiara

il padre Tizio tenuto a sostenere nella misura pari al 65% e la madre nella misura del 35%, le spese straordinarie (in favore dei figli) costituite da tutte le spese sanitarie non mutuabili, da quelle scolastiche, sportive, culturali, extrascolastiche e ricreative di cui in premessa; per tali spese non occorre il preventivo accordo tra i coniugi separati, ma esse devono essere fatte nella misura in cui sono confacenti allo status sociale dei figli e vengono sostenuti nell’esclusivo interesse dei figli;

dichiara

che il padre Tizio ha il dovere-diritto di avere con sé i figli per la durata di 6 settimane, continuativamente, durante le ferie estive (e precisamente dall’1/7/ al 15/8 di ogni anno), prelevandoli presso la residenza della Caia ed ivi riportandoli; inoltre 6 giorni durante le Festività di Natale dal 23/12 al 29/12, 4 giorni durante le Festività di Pasqua, 4 giorni durante le ferie di Carnevale. I figli vanno, in ogni occasione, prelevati dal Tizio presso la residenza della Caia e dal Tizio ivi riportati al termine dei periodi suddetti. Le spese di viaggio occorrenti per esso Tizio e per i figli, sono a carico integrale del Tizio; idem le spese di mantenimento dei figli durante i giorni in cui il Tizio li avrà con sé

dichiara

che la potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori e che le decisioni di maggior interesse per i figli relative ad istruzione, educazione e salute sono assunte di comune accordo; le decisioni di ordinaria amministrazione vengono esercitate separatamente.

dichiara

le spese di lite – di entrambi i gradi – integralmente compensate tra le parti.

IL CONSIGLIERE EST.

Dr. Armin Kapeller

IL PRESIDENTE

Dr. Giuseppe Bisignano

LA CORTE D’APPELLO DI TRENTO - SEZIONE DISTACCATA DI BOLZANO

Sezione civile

riunita in Camera di consiglio nelle persone dei Signori Magistrati:

Dott. Giuseppe Bisignano - Presidente

Dott. Armin Kapeller - Consigliere rel.

Dott. Elsa Vesco - Consigliere

nel procedimento civile iscritto sub n. 66/2007 V.G., vertente tra

Tizio

- reclamante –

c o n t r o

Caia

- reclamata –

P.M. – intervenuto

avente per oggetto: reclamo contro il decreto dd. 01/06/207 del Tribunale di Bolzano,

ha pronunciato il seguente

DECRETO

a scioglimento della riserva formulata alla udienza del 03/12/2008;

visti gli atti,

sentiti i procuratori delle parti;

osserva quanto segue con riferimento al primo motivo di reclamo:

Preliminarmente va rilevato che il presente reclamo ha per oggetto unicamente le statuizioni specificamente impugnate con il ricorso depositato in data 21/06/2007. Ciò premesso, va ricordato che l’intera materia relativa all’affidamento dei figli in caso di separazione personale dei genitori, ha subito una profonda innovazione in seguito all’entrata in vigore della legge 54/2006, il cui art. 1 ha sostituito l’art. 155 CC, il quale, a sua volta, rispetto alla formulazione originaria, era stato sostituito dall’art. 36 della legge 151/1975. Il primo comma dell’art. 155 CC, innovato come sopra, prevede che, anche in caso di separazione personale dei genitori, il figlio minore ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione ed istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale (diritto alla “bigenitorialità”).

Prosegue il comma 2° che per realizzare la finalità di cui al comma precedente, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi, adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati ad entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati.

Il legislatore, dettando la disciplina normativa ora illustrata, non ha fatto altro che adeguare la legislazione interna, a quanto previsto – in materia di diritti fondamentali del minore – dalla Convenzione di New York del 1989, ratificata con legge 176/91, la quale, tra l’altro, prevede che il minore ha diritto di ricevere cura, istruzione ed educazione da entrambi i genitori (art. 18 della suddetta Convenzione; un dovere in tal senso – da parte dei genitori – era già stato sancito dalla Costituzione italiana nell’art.- 30, 1° c.). Il diritto del minore di mantenere un rapporto continuativo con entrambi i genitori, era anche stato sancito dall’art. 9 della citata Convenzione (tutela delle relazioni familiari).

L’obiettivo che il legislatore si è prefisso con la norma di cui al comma 1° del suddetto art. 155 CC, viene realizzato concretamente con il dettato del 2° comma, cioè col cosiddetto affidamento condiviso, soluzione, questa, da preferire (“valuta prioritariamente”) rispetto all’affidamento monogenitoriale. Il criterio fondamentale, al quale il giudice deve attenersi, è costituito dall’interesse morale e materiale del minore; si tiene altresì conto della personalità di ciascuno dei genitori, della loro disponibilità e

dell’ambiente in cui ciascuno di essi vive.

L’affidamento monogenitoriale (soluzione residuale ed eventuale) può essere disposto (art. 155 bis, 1° c., CC) qualora il giudice ritenga – con provvedimento motivato – che l’affidamento ad un solo genitore sia contrario all’interesse del minore.

Dal dettato normativo ora illustrato risulta inequivocabilmente che – secondo il legislatore del 2006 – l’affidamento bigenitoriale deve essere la regola, dalla quale si può deflettere soltanto in presenza di (provate) circostanze contrarie all’interesse del minore.

La Suprema Corte, con la recente sentenza n. 16593/08 (interpretando il combinato disposto degli artt. 155 e 155 bis CC), ha statuito che in tema di separazione personale dei coniugi, alla regola dell’affidamento condiviso dei figli, può derogarsi soltanto ove la sua applicazione risulti “pregiudizievole per l’interesse del minore”, con la duplice conseguenza che l’eventuale pronuncia di affidamento esclusivo (monogenitoriale) dovrà essere sorretta da una motivazione non solo più in positivo sull’idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sull’inidoneità educativa ovvero manifesta carenza dell’altro genitore e che l’affidamento condiviso non può ragionevolmente ritenersi precluso dalla mera conflittualità (come nel caso de quo) esistente tra i coniugi poiché altrimenti avrebbe un’applicazione solo residuale, finendo di fatto con il coincidere con il “vecchio” affidamento congiunto.

Illustrato così il contesto normativo (del 2006) nell’ambito del quale ora deve operare ed orientarsi il giudice, si osserva, con riferimento al caso de quo ed in relazione al motivo di reclamo n. 1 che, ad avviso di questa Corte, la richiesta del Tizio intesa ad ottenere l’affidamento condiviso dei due figli avuti dalla Caia, può essere accolta.

Ritiene la Corte che non è emerso elemento rilevante alcuno secondo il quale l’affidamento condiviso possa reputarsi contrario all’interesse dei due predetti figli. Il Tizio, ..., ha tenuto sempre una condotta irreprensibile, anche nella sua vita privata e non risulta minimamente una sua inidoneità a partecipare all’educazione dei figli. I suoi impegni di lavoro non sono tali da costituire un reale ostacolo ad occuparsi anche dell’educazione dei suoi due figli; ostativo all’affidamento condiviso non può neppure reputarsi la circostanza che il luogo di lavoro del Tizio (nei pressi di ...) sia troppo distante dal luogo di residenza della Caia (presso la quale attualmente sono collocati i figli), data l’odierna celerità dei mezzi di trasporto, anche pubblici, e la disponibilità di mezzi di telecomunicazione.

E’ ben vero che nel 2001, in sede di separazione, le odierne parti in causa (come ha messo in rilievo la difesa della Caia nella comparsa conclusionale) avevano concordato sul fatto che i figli venissero affidati alla sola Caia. Nel frattempo però, è mutato (può dirsi radicalmente ed incisivamente), il quadro normativo – ispirato, come detto sopra, all’adempimento di obblighi assunti in sede internazionale e ad una più corretta attuazione del dettato costituzionale (art. 30), il quale, nel prevedere, nel comma 1°, il dovere – diritto di mantenere, istruire ed educare, si riferisce ad entrambi i genitori (“dei genitori”); di ciò questa Corte non può non tenere conto, anche perché si tratta di una norma dettata nell’ interesse specifico dei figli e quindi – così almeno reputa questa Corte – sottratto alla disponibilità delle parti.

Il mantenimento, l’istruzione e l’educazione dei figli è un “munus”, oltre ad essere un diritto naturale dei coniugi. La dizione del 1° comma dell’art. 30 della Costituzione antepone la parola “dovere” a quella di “diritto”. Quanto all’individuazione dei soggetti cui spetta di esercitare il suddetto dovere - diritto, dalla semplice lettura del 1° comma dell’art. 30 della Costituzione risulta (in base ad una interpretazione letterale, alla quale è da attribuire il primato rispetto ad altri criteri ermeneutici (art. 12, 1° c., delle disposizione s. legge in generale (cosiddette preleggi)) che tale dovere – diritto spetta ad entrambi i genitori. Ciò è anche una conseguenza del principio di parità dei coniugi, sancito dall’art. 29, 2° c., della Costituzione (e attuato poi, in larga misura, con la legge 151 del 1975) La formula “dovere –diritto”, usata nell’art. 30, 2° comma, della Costituzione, è da interpretare nel senso che il complesso dei doveri e dei diritti dei genitori nei confronti dei figli, è oggetto di interesse pubblico (e non attiene esclusivamente o prevalentemente all’interesse privato). Logica conseguenza ne è che il mantenimento, l’istruzione e l’educazione dei figli è una “funzione pubblica”.

Il 2° comma dell’art. 30 della Costituzione contiene una deroga al principio sancito dal 1° comma di tale articolo, prevedendo che il disposto del 1° comma non trova applicazione in un caso, cioè nel caso di incapacità genitoriale (e soltanto in tale ipotesi). Come già esposto sopra, la Suprema corte ha statuito che la mera conflittualità tra i genitori separati (conflittualità che, nel caso in esame, è di una certa asprezza, ma comunque non tale da assurgere ad una totale incomunicabilità tra i genitori di Mevia e Mevio), non è idonea a far venir meno i presupposti per l’affidamento condiviso e a privare il minore del suo diritto ad avere rapporti continuativi con entrambi i genitori. In materia di affidamento dei minori deve essere salvaguardato anzitutto l’interesse del minore.

Si impone – ad avviso di questa Corte – una nuova disciplina del diritto di visita e di avere con sé i figli in favore del Tizio rispetto a quanto statuito nella sentenza di separazione per realizzare concretamente il diritto dei figli a mantenere un rapporto equilibrato e continuo anche con il loro padre, di ricevere cura, educazione ed istruzione anche da parte di questo ultimo e di conservare rapporto significativi con gli ascendenti ed i parenti di ciascun ramo genitoriale, il tutto nell’interesse precipuo dei minori.

Il Tizio ha il dovere – diritto di avere con se i figli per la durata di 6 settimane – continuativamente – durante le ferie scolastiche estive e precisamente dall’ 1/7/ al 15/8 di ogni anno, prelevandoli presso la residenza della Caia ed ivi riportandoli al termine del periodo suddetto e dopo la scadenza dei periodi che seguono; inoltre sei giorni durante le festività di Natale (dal 23/12 al 29/12), quattro giorni durante quelle di Pasqua nonché quattro giorni durante le ferie in occasione del Carnevale. Le spese di viaggio per sè stesso e quelle occorrenti per i figli sono interamente a carico del Tizio; idem le spese di mantenimento dei figli durante i giorni in cui il Tizio li avrà con sè.

I figli, durante i periodi di tempo che non trascorrono con il padre, sono collocati presso la madre, ove hanno la loro residenza.

La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori.

Le decisioni di maggior interesse per i figli relative ad istruzione, educazione e salute, sono assunte di comune accordo, tenendo conto delle capacità, inclinazioni naturali ed aspirazioni dei figli. Le decisioni di ordinaria amministrazione vengono esercitate separatamente.

E passiamo ad esaminare il secondo motivo di gravame proposto dal Tizio. Non reputa la Corte di dover procedere all’ audizione dei figli (che ora hanno 11 anni e non dodici (art. 155 sexies, c. 1° c.c.); ciò al fine di evitare agli stessi un trauma psicologico che (con ogni probabilità) si verificherebbe qualora dovessero prendere posizione, sia pure implicitamente, a favore di uno o dell’altro genitore. Neppure vanno disposte indagini a mezzo della polizia tributaria (in ordine ad eventuali “entrate in nero” della Caia); indagini di elevata difficoltà (e spesso di assai limitata utilità) come esperienze – ormai ultraventennali – hanno ampiamente dimostrato.

Non condivide, questa Corte, la tesi del Tizio secondo la quale presupposto per la revisione dell’assegno di mantenimento per i figli è la sopravvenienza di “fatti nuovi”. Si osserva in proposito che l’art. 155 ter CC prevede che i genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione della disposizioni concernenti, tra l’altro, anche la misura e le modalità del contributo nel mantenimento dei figli. Come si vede, il legislatore, con la nuova disposizione di legge, ha eliminato il requisito dei fatti nuovi (o circostanze nuove che dir si voglia) . Già prima dell’innovazione legislativa (legge 54/2006) che coll’art. 1, 2° comma, ha inserito nel CC l’art. 155 ter, la giurisprudenza, ripetutamente, aveva propugnato la tesi secondo la quale, per la revisione dei provvedimenti relativi alla prole, data l’impossibilità di un’efficacia di giudicato di detti provvedimenti, neppure nella più limitata misura del rebus sic stantibus, non era richiesto il verificarsi di nuove circostanze (si veda p.es. Tribunale Padova 2/12/2005, Tribunale di Trapani 24/5/2005). In questo senso esistono anche sentenze della Suprema Corte (Cass. 10632/04, 9484/02, 4499/02). Va comunque osservato che ora il legislatore, con la formulazione dell’art. 155 ter CC, ha eliminato ogni (ragionevole) incertezza in proposito. Coll’art. 155 CC, come modificato dall’art. 1, 1° comma, della legge 54/06, sono stati anche determinati i criteri, ai quali il giudice deve attenersi nella determinazione del contributo nel mantenimento dei figli. Va tenuto conto dei rispettivi redditi dei coniugi (“in misura proporzionale al reddito”) nonché: 1) delle attuali esigenze dei figli 2) del tenore di vita goduto dai figli in costanza di convivenza con entrambi i genitori, 3) dei tempi di permanenza presso ciascun genitore, 4) delle risorse economiche di entrambi i genitori 5) della valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

Valutati debitamente i criteri ora esposti nonché le risultanze delle dichiarazioni dei redditi acquisite e dimesse, la Corte reputa che la determinazione del contributo nel mantenimento dei figli (posto a carico del Tizio), come operato dal giudice di primo grado (€ 320,00 mensili per ciascun figlio), sia congrua. L’importo di € 450,00 complessive (corrispondente a ca. lire 900.000 di cui alla sentenza di separazione - punto 2° della parte dispositiva – sarebbe ora del tutto insufficiente per garantire ai figli (che all’epoca della sentenza di separazione avevano ca. 4 anni e mezzo e che adesso hanno 11 anni di età) un tenore di vita approssimativamente analogo a quello che avevano quando i genitori convivevano (il legislatore si è adoperato al fine di evitare – nella misura e nei modi in cui ciò è possibile – ai figli condizioni deteriori rispetto a quelle che avevano durante la convivenza genitoriale; ciò in considerazione del fatto che sarebbe profondamente ingiusto non evitare ai figli – per quanto fattibile – le conseguenze della disgregazione del rapporto coniugale, la cui responsabilità non è di certo ad essi imputabile.

Le esigenze dei figli da tenere in conto non vanno di certo limitati strettamente all’aspetto del mantenimento (inteso come vitto ed abbigliamento), ma vanno sicuramente estese anche all’aspetto scolastico, sportivo, sanitario, sociale, ricreativo e nella valutazione delle stesse non va trascurata la posizione sociale dei genitori (nel caso nostro il padre è ..., la madre è ...) e vanno tenute in considerazione anche le attitudini dei figli.

Per quanto concerne il dedotto aumento di reddito della Caia, è ben vero che esso si è verificato; non va però trascurato il fatto che pure il reddito del Tizio ha subito un rilevante aumento (per convincersi di ciò è sufficiente paragonare (ved. doc. in atti!) il reddito conseguito dal Tizio nel 2001 e quello avuto nel 2006. Nonostante un aumento di reddito da parte della Caia, il divario reddituale tra i coniugi Tizio-Caia resta ancora (si vedono le dichiarazioni dei redditi relativamente al 2006, in atti) rilevante nel senso che la Caia ha un reddito inferiore di ca. il 35% rispetto a quello del Tizio.

Non va poi trascurato il lavoro casalingo che la Caia svolge per almeno 10 mesi all’anno in favore dei figli che ormai frequentano la scuola media.

Per quanto concerne le spese straordinarie (e per tali si intendono, a titolo esemplificativo, quelle sanitarie non mutuabili, scolastiche, sportive, culturali, extrascolastiche e ricreative confacenti allo status sociale dei figli) esse, tenuto conto dell’entità del reddito dei genitori, vanno poste per il 65% a carico del Tizio e per il 35% a carico della Caia.

Data l’elevata conflittualità tra il Tizio e la Caia, le spese straordinarie non devono essere preventivamente concordate (anche se da fare in modo ragionevole e tenendo presente esclusivamente l’interesse dei figli all’esercizio fisico e alla crescita socio-culturale).

Ad avviso di questa Corte, non è necessario procedere ad incombenti istruttori in quanto la documentazione in atti offre senz’altro elementi idonei ai fini della decisione.

Per quanto concerne le spese di lite, tenuto conto della soccombenza reciproca e, comunque, dell’esito complessivo del giudizio (cfr. Cass. 7314/93), la Corte ravvisa i presupposti per una compensazione integrale delle stesse tra le parti.

Ciò premesso e visti gli artt. 737 e segg. cpc, 147 e 148, 155 e segg. CC, 92, 2° c., CPc

in parziale accoglimento del reclamo proposto da Tizio contro il decreto dd. 1/6/07 del Tribunale di Bolzano e in parziale riforma dello stesso,

ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa e reietta

dispone

l’affidamento condiviso dei figli Mevia ed Mevio ad entrambi i genitori, con collocazione prevalente degli stessi presso la madre Caia

dichiara

il padre Tizio tenuto ad un contributo nel mantenimento dei due figli predetti nella misura di € 320,00 mensili per ciascun figlio, con le modalità ed i tempi di versamento di cui all’impugnato decreto e con la rivalutazione monetaria (e la decorrenza della stessa) ivi indicata

dichiara

il padre Tizio tenuto a sostenere nella misura pari al 65% e la madre nella misura del 35%, le spese straordinarie (in favore dei figli) costituite da tutte le spese sanitarie non mutuabili, da quelle scolastiche, sportive, culturali, extrascolastiche e ricreative di cui in premessa; per tali spese non occorre il preventivo accordo tra i coniugi separati, ma esse devono essere fatte nella misura in cui sono confacenti allo status sociale dei figli e vengono sostenuti nell’esclusivo interesse dei figli;

dichiara

che il padre Tizio ha il dovere-diritto di avere con sé i figli per la durata di 6 settimane, continuativamente, durante le ferie estive (e precisamente dall’1/7/ al 15/8 di ogni anno), prelevandoli presso la residenza della Caia ed ivi riportandoli; inoltre 6 giorni durante le Festività di Natale dal 23/12 al 29/12, 4 giorni durante le Festività di Pasqua, 4 giorni durante le ferie di Carnevale. I figli vanno, in ogni occasione, prelevati dal Tizio presso la residenza della Caia e dal Tizio ivi riportati al termine dei periodi suddetti. Le spese di viaggio occorrenti per esso Tizio e per i figli, sono a carico integrale del Tizio; idem le spese di mantenimento dei figli durante i giorni in cui il Tizio li avrà con sé

dichiara

che la potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori e che le decisioni di maggior interesse per i figli relative ad istruzione, educazione e salute sono assunte di comune accordo; le decisioni di ordinaria amministrazione vengono esercitate separatamente.

dichiara

le spese di lite – di entrambi i gradi – integralmente compensate tra le parti.

IL CONSIGLIERE EST.

Dr. Armin Kapeller

IL PRESIDENTE

Dr. Giuseppe Bisignano