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Crisi di coppia: a chi spettano le somme depositate se il conto bancario è cointestato?

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Crisi di coppia: a chi spettano le somme depositate se il conto bancario è cointestato?

Crisi di coppia: le massime

La cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto sia nei confronti dei terzi, che nei rapporti interni, fa presumere la contitolarità dell'oggetto del contratto, ma tale presunzione dà luogo soltanto all'inversione dell'onere probatorio, e può essere superata attraverso presunzioni semplici – purché gravi, precise e concordanti – dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa.

Nella specie, le parti in lite, cointestatarie di alcuni rapporti bancari, erano due coniugi in regime di separazione dei beni e le somme che confluivano in detti rapporti erano frutto della attività lavorativa del solo marito; la Suprema Corte ha censurato la pronuncia con cui il giudice di merito aveva riconosciuto la spettanza delle somme al cinquanta per cento tra i coniugi, poiché la Corte di appello aveva erroneamente ritenuto di poter desumere l'animus donandi del marito sulla sola base della cointestazione, laddove – invece – si sarebbe dovuto valutare se lo spirito di liberalità assistesse o meno ogni versamento effettuato.

Crisi di coppia: il caso

Tizio e Caia controvertivano in merito alla spettanza delle somme depositate su alcuni rapporti bancari ad essi cointestate. In primo grado, il Tribunale adito dichiarava la esclusiva proprietà delle somme in capo a Tizio. Il giudice di appello, invece, parzialmente riformando la sentenza impugnata, dichiarava Tizio proprietario della metà del valore delle somme riportate sui rapporti bancari e condannava, quindi, Caia al pagamento del relativo importo in favore di Tizio.

La Corte di Appello così argomentava: con la cointestazione del conto alla moglie, Tizio aveva inteso realizzare una donazione indiretta di metà del valore delle somme versate, somme che pacificamente pur provenivano da disponibilità esclusive del marito. Quanto al contenuto delle cassette di sicurezza, da ultimo, il giudice di seconde cure riteneva che l’appellante non avesse offerto prova dell’animus donandi da parte di Tizio, il quale veniva identificato quale esclusivo titolare dei beni in esse contenuti.

Tizio proponeva ricorso per cassazione sulla base di due motivi: (i) con il primo, chiedeva se dovesse escludersi nella operazione di apertura di un contratto di deposito bancario cointestato, tra coniugi in regime di separazione dei beni, la riconducibilità di detto negozio alla donazione indiretta delle somme depositate, successivamente all’apertura, da uno solo dei due cointestatari; (ii) con il secondo motivo, denunciava il vizio di motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio, nonché l’erronea applicazione delle norme in tema di donazione da parte del giudice di seconde cure.

Il ricorrente sottolineava che nel giudizio si era comprovato che la volontà del marito, nell’aprire i rapporti bancari in modo cointestato, era quella di venire incontro alle lagnanze della moglie, consentendole di essere formalmente partecipe di un nuovo conto di risparmio, le cui disponibilità, una volta confluite in deposito, sarebbero state rese disponibili per soddisfare solo eventuali esigenze comuni.

Onde sovvenire alle pressanti richieste della moglie, quest’ultima – già prima che fosse aperto il nuovo rapporto cointestato – aveva beneficiato di una delega del marito in relazione ad un conto, intestato solo a lui, su cui erano confluiti i proventi della attività lavorativa di Tizio.

Il marito, in altri termini, sosteneva di non avere mai in alcun modo inteso acconsentire a che la moglie attingesse liberamente e per esigenze personali alle somme che sarebbero transitate sul conto corrente intestato ad entrambi e di non avere mai, perciò, dato luogo ad alcuna donazione indiretta, peraltro – nella specie – relativa a beni futuri, in quanto all’atto dell’apertura il conto era privo di alcuna provvista; esso veniva alimentato – solo in seguito – coi proventi del solo lavoro del marito.

Resisteva con controricorso Caia.

Crisi di coppia: la decisione

La Suprema Corte muove dalla lettura dell’articolo 1854 del Codice Civile, a mente del quale “Nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto”. Detta norma, viene letta congiuntamente all’articolo 1298 del Codice Civile, che – in tema di obbligazioni solidali e, con specifico riguardo ai rapporti interni tra creditori solidali – stabilisce, al secondo comma, che “Le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente”.

Il Supremo Collegio chiarisce, però, che simili norme introducono una mera presunzione di contitolarità e che simile presunzione semplice può essere vinta attraverso presunzioni di segno contrario, purché gravi, precise e concordanti, dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione.

Il giudice di legittimità, inoltre, espressamente censura l’argomentazione addotta dalla Corte di merito che, nello stabilire la spettanza della metà delle somme a Caia a titolo di donazione indiretta, aveva inferito la ricorrenza dello spirito di liberalità di Tizio sulla base della sola cointestazione, laddove – invece – l’indagine circa la ricorrenza dell'animus donandi si sarebbe dovuta condurre su ogni versamento effettuato.

La Seconda Sezione accoglie il ricorso e cassa con rinvio la sentenza impugnata.

Crisi di coppia: i precedenti

In senso conforme alla massima enunciata, si vedano: Cassazione, Sentenza n. 28839/2008, nonché Cassazione, Sentenza n. 4496/2010.