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Diritto d’autore: il diritto di comunicazione nella giurisprudenza della Corte di Giustizia

Diritto d’autore: il diritto di comunicazione nella giurisprudenza della Corte di Giustizia
Diritto d’autore: il diritto di comunicazione nella giurisprudenza della Corte di Giustizia

Abstract: Sin dall’adozione della Direttiva 2001/29/CE, l’interpretazione della nozione di diritto di comunicazione è stata oggetto di numerose decisioni della Corte di Giustizia. L’interpretazione della norma ad opera dei giudici di Bruxelles è stata fondamentale per individuare alcuni criteri utili per stabilire se uno specifico atto di comunicazione rientra o meno nell’ambito di applicazione della norma.

Ai sensi dell’articolo 3 della Direttiva 2001/29/CE, è riconosciuto in via esclusiva agli autori il diritto di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente. Detto diritto deve essere inteso in senso lato, in quanto concerne tutte le comunicazioni al pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine, e comprende qualsiasi trasmissione o ritrasmissione di un’opera al pubblico, su filo o senza filo, inclusa la radiodiffusione.

La nozione di diritto di comunicazione appena descritta è stata oggetto di numerosi ricorsi alla Corte di Giustizia che hanno contribuito a delineare i confini dell’ambito di applicazione del diritto esclusivo, attraverso il consolidamento di alcuni parametri necessari per stabilire se, nel caso specifico, ci si trovi davanti ad un atto di comunicazione o meno.

Considerato che alla nozione di comunicazione deve essere data una interpretazione ampia e tale da ricomprendervi qualsiasi trasmissione di opere protette, che prescinde dal mezzo o dal procedimento tecnico utilizzati, la Corte ha messo in evidenza, in primo luogo, il ruolo imprescindibile dell’utente inteso come colui che effettua la comunicazione. La prima necessità è quella di stabilire con esattezza il momento in cui l’utente effettua l’atto e, di conseguenza, sia tenuto ad adempiere agli obblighi derivanti dalla sua attività, come ad esempio versare una remunerazione gli artisti interpreti o esecutori e i produttori di un fonogramma comunicato al pubblico. Secondo la Corte di Giustizia si parla di utente quando un soggetto “interviene, con piena cognizione delle conseguenze del suo comportamento, per dare ai suoi clienti accesso a un’emissione radiodiffusa, contenente l’opera, stante che, in mancanza del suo intervento, il potenziale pubblico non potrebbe fruire dell’opera diffusa pur trovandosi all’interno della zona di copertura dell’emissione medesima (C-162/10, Phonographic Performance Limited v. Irlanda e Attorney General, punto 31). Il criterio qui espresso in modo generale ha avuto un’applicazione estremamente flessibile da parte della stessa Corte, contemplando casi diversi tra loro: sono stati considerati a tutti gli effetti utenti, così come in precedenza definiti, soggetti che effettuano la trasmissione di partite di calcio in un pub (C-403/08, FA Premier League v. QC Leisure), la diffusione di opere musicali in camere d’albergo (C-306/05, SGAE v. Rafael Hoteles), o anche in uno studio dentistico (C-135/10, Società Consortile Fonografici v. Del Corso).

In secondo luogo, la Corte si è concentrata sulla nozione di pubblico, pacificamente interpretata come un numero indeterminato e piuttosto considerevole di potenziali beneficiari della comunicazione. Con riguardo al carattere di indeterminatezza del pubblico, la Corte riprende la definizione della nozione di “comunicazione al pubblico” data dal glossario dell’OMPI che, seppur sprovvisto di forza cogente di diritto, contribuisce ciò nonostante all’interpretazione della nozione di pubblico: per comunicazione al pubblico si intende il “rendere un’opera (…) percepibile in modo adeguato dalla gente in generale, vale a dire senza limitazioni ad individui specifici appartenenti ad un gruppo privato” (C 162/10, Phonographic Performance (Ireland) Limited v. Ireland, Attorney General, punto 34). Il criterio relativo al “numero di persone piuttosto considerevole”, precisa poi la Corte, mira a evidenziare che la nozione di pubblico comporta una certa soglia de minimis, escludendo da detta nozione una pluralità di fruitori troppo esigua, se non addirittura insignificante Al fine di determinare il numero dei potenziali fruitori è necessario tenere conto degli effetti cumulativi che derivano dalla comunicazione delle opere; sotto questo profilo è rilevante non soltanto sapere quante persone abbiano accesso contemporaneamente alla medesima opera ma, altresì, quante fra di esse abbiano accesso alla stessa in successione (C-135/10, Società Consortile Fonografici (SCF) v. Del Corso, punti 86-87).

In terzo luogo, la Corte ha suggerito come non sia del tutto priva di rilevanza la circostanza che un atto di comunicazione persegua uno scopo di lucro, pur sottolineando che, alla luce della formulazione dell’articolo 3 della Direttiva InfoSoc, nulla lascia intuire che sia una condizione necessaria per la sua esistenza. Il carattere lucrativo dell’atto è stato utilizzato come indice per valutare se il pubblico della comunicazione costituisca ciò a cui mira l’utente, se sia effettivamente ricettivo della comunicazione e non meramente «intercettato» in maniera casuale. In alcune sue decisioni la Corte ha rilevato, ad esempio, l’esistenza di una comunicazione al pubblico nel caso in cui un utente benefici della trasmissione di un’opera protetta, attirando nuovi clienti (C-403/08, FA Premier League v. QC Leisure), o fornendo un servizio ulteriore rispetto a quello “base” per migliorare la qualità della propria offerta (C-306/05, SGAE v. Rafael Hoteles); per contro, ha negato l’esistenza di un atto di comunicazione al pubblico nel caso in cui l’utente che diffonde musica di sottofondo non può ragionevolmente aspettarsi un ampliamento della propria clientela, né l’aumentare la qualità del suo servizio, unicamente in virtù di tale diffusione C-135/10 (Società Consortile Fonografici (SCF) v. Del Corso). A conferma dell’importanza  crescente del carattere lucrativo quale indice di valutazione, la Corte ha recentemente affermato che la mera collocazione su un sito Internet di collegamenti ipertestuali verso opere protette, liberamente disponibili su un altro sito Internet senza l’autorizzazione del titolare del diritto d’autore, può costituire una comunicazione al pubblico qualora questi siano forniti a fini di lucro, ipotesi nella quale si deve presumere la conoscenza da parte di chi colloca detti collegamenti dell’illegittimità della pubblicazione di tali opere su detto altro sito Internet (C‑160/15, GS Media BV v. Sanoma Media Netherlands BV, Playboy Enterprises International Inc., Britt Geertruida Dekker).

In quarto e ultimo luogo, considerato che i titolari di diritti d’autore devono autorizzare qualsiasi atto di comunicazione al pubblico delle opere protette. L’autorizzazione deve essere ottenuta da parte della persona che avvia l’atto di comunicazione, o da quella che interviene in occasione di quest’ultima per rendere le opere protette accessibili ad un pubblico nuovo, ossia un pubblico che non era stato preso in considerazione dagli autori delle opere nell’ambito di un’autorizzazione concessa ad un’altra persona (C-431/09 e C-432/09, Airfield NV e Canal Digitaal BV v. Sabam e Airfield NV v. Agicoa Belgium BVBA).

Ai criteri appena descritti va aggiunto un ulteriore ed inedito parametro, recentemente introdotto dalla Corte di Giustizia, applicabile allo specifico caso della ritrasmissione dei segnali televisivi attraverso reti telematiche.

Al fine di stabilire se uno specifico atto di comunicazione sia soggetto o meno ad autorizzazione da parte del titolare dei diritti, la Corte di Giustizia ha introdotto l’inedito criterio dell’individuazione del mezzo tecnico della specifica trasmissione  (C-607/11, ITV Broadcasting e a. v. TVCatchup Ltd). Da un lato, la Corte prende in considerazione la Direttiva 2001/29/CE che, perseguendo l’obiettivo della realizzazione di un livello elevato di protezione a favore degli autori, stabilisce che la nozione di comunicazione al pubblico dev’essere intesa in senso ampio: per questo motivo, il diritto esclusivo della comunicazione di opere al pubblico è applicabile a qualsiasi trasmissione o ritrasmissione di un’opera al pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine, su filo o senza filo, inclusa la radiodiffusione. Inoltre, l’articolo 3, paragrafo 3, stabilisce che l’autorizzazione dell’inclusione delle opere protette in una comunicazione al pubblico non esaurisce il diritto di autorizzare o di vietare altre comunicazioni di tali opere al pubblico.

Dall’altro lato, gli articoli 2 e 8 della Direttiva 93/83/CEE richiedono una nuova autorizzazione per ogni ritrasmissione simultanea, inalterata e completa, via satellite o via cavo, di una trasmissione iniziale di programmi televisivi o radiofonici che contengono opere protette – sebbene tali programmi possano essere già ricevuti nella loro zona di copertura mediante altri mezzi tecnici, come le onde radioelettriche delle reti terrestri.

Ne consegue che, nel disciplinare le situazioni in cui una determinata opera è oggetto di molteplici utilizzi, il legislatore dell’Unione abbia voluto intendere che ogni trasmissione o ritrasmissione di un’opera che utilizzi uno specifico mezzo tecnico deve essere in linea di principio autorizzata individualmente dall’autore dell’opera di cui trattasi. In tale contesto è peraltro irrilevante la circostanza che la comunicazione sia diretta a un pubblico nuovo (ad esempio nel caso in cui si effettui la trasmissione in streaming di un canale visibile in chiaro sulla TV nazionale), giacché per attivare il diritto esclusivo è sufficiente che la comunicazione sia effettuata ad un pubblico, senza ulteriori requisiti da parte della norma.

Unica eccezione si ha nel caso in cui l’intervento del distributore costituisca soltanto un semplice mezzo tecnico utile alla trasmissione del segnale, con la conseguenza che l’emissione originaria effettuata dall’organismo di radiodiffusione sarebbe, a tutti gli effetti, una comunicazione al pubblico (C-325/14, SBS Belgium NV v. SABAM).

Abstract: Sin dall’adozione della Direttiva 2001/29/CE, l’interpretazione della nozione di diritto di comunicazione è stata oggetto di numerose decisioni della Corte di Giustizia. L’interpretazione della norma ad opera dei giudici di Bruxelles è stata fondamentale per individuare alcuni criteri utili per stabilire se uno specifico atto di comunicazione rientra o meno nell’ambito di applicazione della norma.

Ai sensi dell’articolo 3 della Direttiva 2001/29/CE, è riconosciuto in via esclusiva agli autori il diritto di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente. Detto diritto deve essere inteso in senso lato, in quanto concerne tutte le comunicazioni al pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine, e comprende qualsiasi trasmissione o ritrasmissione di un’opera al pubblico, su filo o senza filo, inclusa la radiodiffusione.

La nozione di diritto di comunicazione appena descritta è stata oggetto di numerosi ricorsi alla Corte di Giustizia che hanno contribuito a delineare i confini dell’ambito di applicazione del diritto esclusivo, attraverso il consolidamento di alcuni parametri necessari per stabilire se, nel caso specifico, ci si trovi davanti ad un atto di comunicazione o meno.

Considerato che alla nozione di comunicazione deve essere data una interpretazione ampia e tale da ricomprendervi qualsiasi trasmissione di opere protette, che prescinde dal mezzo o dal procedimento tecnico utilizzati, la Corte ha messo in evidenza, in primo luogo, il ruolo imprescindibile dell’utente inteso come colui che effettua la comunicazione. La prima necessità è quella di stabilire con esattezza il momento in cui l’utente effettua l’atto e, di conseguenza, sia tenuto ad adempiere agli obblighi derivanti dalla sua attività, come ad esempio versare una remunerazione gli artisti interpreti o esecutori e i produttori di un fonogramma comunicato al pubblico. Secondo la Corte di Giustizia si parla di utente quando un soggetto “interviene, con piena cognizione delle conseguenze del suo comportamento, per dare ai suoi clienti accesso a un’emissione radiodiffusa, contenente l’opera, stante che, in mancanza del suo intervento, il potenziale pubblico non potrebbe fruire dell’opera diffusa pur trovandosi all’interno della zona di copertura dell’emissione medesima (C-162/10, Phonographic Performance Limited v. Irlanda e Attorney General, punto 31). Il criterio qui espresso in modo generale ha avuto un’applicazione estremamente flessibile da parte della stessa Corte, contemplando casi diversi tra loro: sono stati considerati a tutti gli effetti utenti, così come in precedenza definiti, soggetti che effettuano la trasmissione di partite di calcio in un pub (C-403/08, FA Premier League v. QC Leisure), la diffusione di opere musicali in camere d’albergo (C-306/05, SGAE v. Rafael Hoteles), o anche in uno studio dentistico (C-135/10, Società Consortile Fonografici v. Del Corso).

In secondo luogo, la Corte si è concentrata sulla nozione di pubblico, pacificamente interpretata come un numero indeterminato e piuttosto considerevole di potenziali beneficiari della comunicazione. Con riguardo al carattere di indeterminatezza del pubblico, la Corte riprende la definizione della nozione di “comunicazione al pubblico” data dal glossario dell’OMPI che, seppur sprovvisto di forza cogente di diritto, contribuisce ciò nonostante all’interpretazione della nozione di pubblico: per comunicazione al pubblico si intende il “rendere un’opera (…) percepibile in modo adeguato dalla gente in generale, vale a dire senza limitazioni ad individui specifici appartenenti ad un gruppo privato” (C 162/10, Phonographic Performance (Ireland) Limited v. Ireland, Attorney General, punto 34). Il criterio relativo al “numero di persone piuttosto considerevole”, precisa poi la Corte, mira a evidenziare che la nozione di pubblico comporta una certa soglia de minimis, escludendo da detta nozione una pluralità di fruitori troppo esigua, se non addirittura insignificante Al fine di determinare il numero dei potenziali fruitori è necessario tenere conto degli effetti cumulativi che derivano dalla comunicazione delle opere; sotto questo profilo è rilevante non soltanto sapere quante persone abbiano accesso contemporaneamente alla medesima opera ma, altresì, quante fra di esse abbiano accesso alla stessa in successione (C-135/10, Società Consortile Fonografici (SCF) v. Del Corso, punti 86-87).

In terzo luogo, la Corte ha suggerito come non sia del tutto priva di rilevanza la circostanza che un atto di comunicazione persegua uno scopo di lucro, pur sottolineando che, alla luce della formulazione dell’articolo 3 della Direttiva InfoSoc, nulla lascia intuire che sia una condizione necessaria per la sua esistenza. Il carattere lucrativo dell’atto è stato utilizzato come indice per valutare se il pubblico della comunicazione costituisca ciò a cui mira l’utente, se sia effettivamente ricettivo della comunicazione e non meramente «intercettato» in maniera casuale. In alcune sue decisioni la Corte ha rilevato, ad esempio, l’esistenza di una comunicazione al pubblico nel caso in cui un utente benefici della trasmissione di un’opera protetta, attirando nuovi clienti (C-403/08, FA Premier League v. QC Leisure), o fornendo un servizio ulteriore rispetto a quello “base” per migliorare la qualità della propria offerta (C-306/05, SGAE v. Rafael Hoteles); per contro, ha negato l’esistenza di un atto di comunicazione al pubblico nel caso in cui l’utente che diffonde musica di sottofondo non può ragionevolmente aspettarsi un ampliamento della propria clientela, né l’aumentare la qualità del suo servizio, unicamente in virtù di tale diffusione C-135/10 (Società Consortile Fonografici (SCF) v. Del Corso). A conferma dell’importanza  crescente del carattere lucrativo quale indice di valutazione, la Corte ha recentemente affermato che la mera collocazione su un sito Internet di collegamenti ipertestuali verso opere protette, liberamente disponibili su un altro sito Internet senza l’autorizzazione del titolare del diritto d’autore, può costituire una comunicazione al pubblico qualora questi siano forniti a fini di lucro, ipotesi nella quale si deve presumere la conoscenza da parte di chi colloca detti collegamenti dell’illegittimità della pubblicazione di tali opere su detto altro sito Internet (C‑160/15, GS Media BV v. Sanoma Media Netherlands BV, Playboy Enterprises International Inc., Britt Geertruida Dekker).

In quarto e ultimo luogo, considerato che i titolari di diritti d’autore devono autorizzare qualsiasi atto di comunicazione al pubblico delle opere protette. L’autorizzazione deve essere ottenuta da parte della persona che avvia l’atto di comunicazione, o da quella che interviene in occasione di quest’ultima per rendere le opere protette accessibili ad un pubblico nuovo, ossia un pubblico che non era stato preso in considerazione dagli autori delle opere nell’ambito di un’autorizzazione concessa ad un’altra persona (C-431/09 e C-432/09, Airfield NV e Canal Digitaal BV v. Sabam e Airfield NV v. Agicoa Belgium BVBA).

Ai criteri appena descritti va aggiunto un ulteriore ed inedito parametro, recentemente introdotto dalla Corte di Giustizia, applicabile allo specifico caso della ritrasmissione dei segnali televisivi attraverso reti telematiche.

Al fine di stabilire se uno specifico atto di comunicazione sia soggetto o meno ad autorizzazione da parte del titolare dei diritti, la Corte di Giustizia ha introdotto l’inedito criterio dell’individuazione del mezzo tecnico della specifica trasmissione  (C-607/11, ITV Broadcasting e a. v. TVCatchup Ltd). Da un lato, la Corte prende in considerazione la Direttiva 2001/29/CE che, perseguendo l’obiettivo della realizzazione di un livello elevato di protezione a favore degli autori, stabilisce che la nozione di comunicazione al pubblico dev’essere intesa in senso ampio: per questo motivo, il diritto esclusivo della comunicazione di opere al pubblico è applicabile a qualsiasi trasmissione o ritrasmissione di un’opera al pubblico non presente nel luogo in cui esse hanno origine, su filo o senza filo, inclusa la radiodiffusione. Inoltre, l’articolo 3, paragrafo 3, stabilisce che l’autorizzazione dell’inclusione delle opere protette in una comunicazione al pubblico non esaurisce il diritto di autorizzare o di vietare altre comunicazioni di tali opere al pubblico.

Dall’altro lato, gli articoli 2 e 8 della Direttiva 93/83/CEE richiedono una nuova autorizzazione per ogni ritrasmissione simultanea, inalterata e completa, via satellite o via cavo, di una trasmissione iniziale di programmi televisivi o radiofonici che contengono opere protette – sebbene tali programmi possano essere già ricevuti nella loro zona di copertura mediante altri mezzi tecnici, come le onde radioelettriche delle reti terrestri.

Ne consegue che, nel disciplinare le situazioni in cui una determinata opera è oggetto di molteplici utilizzi, il legislatore dell’Unione abbia voluto intendere che ogni trasmissione o ritrasmissione di un’opera che utilizzi uno specifico mezzo tecnico deve essere in linea di principio autorizzata individualmente dall’autore dell’opera di cui trattasi. In tale contesto è peraltro irrilevante la circostanza che la comunicazione sia diretta a un pubblico nuovo (ad esempio nel caso in cui si effettui la trasmissione in streaming di un canale visibile in chiaro sulla TV nazionale), giacché per attivare il diritto esclusivo è sufficiente che la comunicazione sia effettuata ad un pubblico, senza ulteriori requisiti da parte della norma.

Unica eccezione si ha nel caso in cui l’intervento del distributore costituisca soltanto un semplice mezzo tecnico utile alla trasmissione del segnale, con la conseguenza che l’emissione originaria effettuata dall’organismo di radiodiffusione sarebbe, a tutti gli effetti, una comunicazione al pubblico (C-325/14, SBS Belgium NV v. SABAM).