Ecatombe di Cutro: responsabilità locali o ministeriali?
Ecatombe di Cutro: responsabilità locali o ministeriali?
Il silenzio della Procura di Catanzaro
Con riferimento all’Ecatombe di Cutro, la Procura della Repubblica di Crotone ha deciso di chiedere il rinvio a giudizio di sei pubblici ufficiali locali: quattro della Guardia di Finanza e due della Guardia Costiera:
In proposito allego un mio esposto con cui già il 10 marzo 2023 denunciavo al P.R. di Catanzaro (allora il dott. Gratteri) che, essendo ministeriali le ipotizzabili responsabilità penali (in quanto è centralizzato a livello ministeriale il coordinamento tra i vari plessi competenti), restavano coinvolti i Ministri competenti ai sensi degli artt. 96 Cost. e 6 e segg. della L. Costituzionale n. 1 del 1989, come per altro da sempre avvenuto in simili contesti (nei processi trattati e decisi a Catania e tuttora nel processo a carico del Ministro Salvini in corso a Palermo). Pertanto in sede penale se ne sarebbe dovuto occupare non la Procura della Repubblica di Crotone, ma il Tribunale dei Ministri di Catanzaro per stabilire intanto se e quali Ministri fossero imputabili. Vana è stata ogni mia richiesta volta a conoscere, anche ai sensi dell'art. 116 c.p., l'esito dell'esposto. Tali anomalie e la drammaticità dell'evento reclamano adeguati approfondimenti.
Esposto: Ecatombe di Cutro, 26 febbraio 2023 - artt. 96 Cost. e 6 e segg. della L. Costituzionale n. 1 del 1989.
ILLUSTRISSIMO PROCURATORE DELLA REPUBBLICA DI CATANZARO
Il sottoscritto dott. Rosario Russo........., già Sostituto Procuratore Generale presso la Suprema Corte, oggi in pensione, rassegna quanto segue.
Dal resoconto stenografico ufficiale dell’intervento svolto dal Ministro Piantedosi in Senato il 7 marzo 2023 (v. infra), sembra potersi abdurre che:
- tutte le competenti autorità italiane erano state avvertire perché, a volere trascurare anteriori allarmi, «alle ore 23,03 del 25 febbraio, il Centro situazioni di Varsavia dell'Agenzia Frontex comunica all'International coordination centre di Pratica di Mare e, per conoscenza, al Centro di coordinamento italiano dei soccorsi marittimi, nonché al Centro nazionale di coordinamento l'avvistamento, avvenuto alle 22,26 da parte dell'aereo Frontex Eagle 1, impegnato in un'attività di sorveglianza nello Jonio, di una imbarcazione…» (v. infra a pagina 2);
- le competenti Autorità ben conoscevano il «fenomeno dei cosiddetti sbarchi autonomi, ovvero di quelle imbarcazioni, spesso di minime dimensioni, che giungono sulle nostre coste senza essere intercettate e che non rappresentano un'evenienza rara, in quanto riconducibili a una precisa strategia degli scafisti di elusione dei controlli alle frontiere marittime» (v. infra a pagina 2);
- pertanto le stesse Autorità probabilmente avevano la possibilità di dedurre agevolmente che l’imbarcazione fotografata per tempo dall’areo Frontex stava tentando esattamente uno dei predetti, niente affatto rari, «sbarchi autonomi», non potendosi altrimenti spiegare la «risposta termica dei sensori di bordo e quindi la possibile presenza di persone sottocoperta», ivi ristrette proprio per impedirne la rilevazione visiva aerea (infra a pag. 2); d’altronde la stessa predisposizione dei predetti sensori ed il loro corrente utilizzo dimostra che l’espediente dell’occultamento sottocoperta era ben noto agli operatori;
- probabilmente fa parte del comune patrimonio investigativo che gli scafisti impediscano non solo il rilevamento visivo nel modo anzidetto, ma anche, e a fortiori, l’invio di allarmi telefonici[1]; ragion per cui l’intervento propriamente salvifico della Guardia Costiera (dipendente dal Ministro delle infrastrutture) ragionevolmente si attiva ogni qual volta si presenti – ovvero sia sospettata - una situazione di pericolo in mare, ancorché non espressamente denunciata;
- in questa cornice fattuale fu perciò tanto coerente quanto doveroso l’immediato intervento in mare della Guardia di Finanza (dipendente dal Ministero dell’economia e finanze), dopo avere contattata «l'autorità marittima di Reggio Calabria» (v. infra a pagina 2); intervento che, dispiegatosi in due diversi momenti, abortì perché «le due unità navali della Guardia di finanza sono costrette a rientrare in porto a causa delle pessime condizioni meteo marine in atto; alle ore 3,48 la Guardia di finanza informa l'autorità marittima di Reggio Calabria del suo rientro» (v. infra a pagina 3).
Attesa la drammaticità dell’evento, sia consentito allo scrivente - in quanto cittadino informato dei fatti – segnalare all’illustrissimo Destinatario del presente esposto che non è dato comprendere:
- perché il Ministro collochi alle ore 3,55 - allorché sull'utenza di emergenza 112 giunse una generica richiesta di soccorso telefonica - «il momento preciso in cui per la prima volta si concretizza l'esigenza di soccorso per le autorità italiane» (v. infra a pagina 3), sebbene ben prima, sulla scia dell’allarme Frontex (ore 23,03), si fosse attivata due volte la Guardia di Finanza;
- perché la «rete radar costiera», le cui rilevazioni vengono subito diramate a tutte le amministrazioni competenti, sia stata consultata dalla Guardia di Finanza soltanto alle ore 3,50 (v. infra a pagina 3);
- perché l’Autorità marittima e la Guardia Costiera, sebbene avvertite a più riprese da Frontex e dalla Guardia di Finanza, siano rimaste silenti e inerti, pur essendo probabilmente in grado di ovviare all’acclarata impotenza della Guardia stessa in ragione delle criticità meteorologiche. Il che a maggior ragione allarma se, come rileva lo steso Ministro, «In altre parole, le attività di law enforcement e di polizia, che fanno capo al Ministro dell'interno, e quelle di soccorso in mare, che competono al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, esigono la cooperazione e la sinergia tutte le volte che i contesti operativi concreti lo richiedono ed in primis quando si tratta di salvaguardare l'incolumità delle persone». E inoltre: «Tra l'altro, è anche per questa ragione che esistono i centri di coordinamento, che operano e si interfacciano ventiquattro ore su ventiquattro e sette giorni su sette in composizione prevalentemente interforze e disponendo di apparati tecnologici adeguati alle finalità» (v. infra a pagina 5).
Cooperazione? Sinergia? Centri di coordinamento?
Con ogni riguardo.
Rosario Russo
(già Sostituto Procuratore Generale presso la Suprema Corte)
INTERVENTO DEL MINISTRO DELL’INTERNO
Senato, 7 marzo 2023
Ministro dell'interno. Signor Presidente, onorevoli senatori, il Governo ha immediatamente accolto l'invito del Parlamento a riferire in merito al naufragio di un'imbarcazione in legno che trasportava migranti, avvenuto nelle prime ore del mattino del 26 febbraio scorso nel mare antistante la località Steccato di Cutro, in provincia di Crotone.
Voglio rinnovare prima di tutto il cordoglio mio personale e di tutto il Governo per le vittime di questo ennesimo, tragico naufragio e la vicinanza alle loro famiglie e ai loro superstiti...
(OMISSIS)
Va comunque precisato che, sulla base degli elementi acquisiti dal Ministero della giustizia, gli scafisti decidono di sbarcare in un luogo ritenuto più sicuro e di notte, temendo che nella località preventivata potessero esservi dei controlli. Il piano prevedeva l'arrivo a ridosso della riva sabbiosa, con il successivo sbarco e la fuga sulla terraferma.
Sulla base degli elementi acquisiti da Guardia di finanza e Guardia costiera, alle ore 23,03 del 25 febbraio, il Centro situazioni di Varsavia dell'Agenzia Frontex comunica all'International coordination centre di Pratica di Mare e, per conoscenza, al Centro di coordinamento italiano dei soccorsi marittimi, nonché al Centro nazionale di coordinamento l'avvistamento, avvenuto alle 22,26 da parte dell'aereo Frontex Eagle 1, impegnato in un'attività di sorveglianza nello Jonio, di una imbarcazione in buono stato di galleggiabilità, con una persona visibile sopra coperta in acque internazionali, a circa 40 miglia nautiche dalle coste calabresi.
Frontex segnalava che l'unità navigava con rotta 296 a velocità di sei nodi. L'assetto aereo, oltre ad aver captato una chiamata satellitare diretta in Turchia ed evidenziato boccaporti aperti in corrispondenza della prua, segnalava una risposta termica dei sensori di bordo e quindi la possibile presenza di persone sottocoperta.
Fatta la segnalazione, l'aereo Frontex faceva rientro alla base per l'esigenza di rifornirsi di carburante. Alle 23,37, la Guardia di finanza di Vibo Valentia contatta l'autorità marittima di Reggio Calabria, rappresentando che una sua unità navale - come da pianificazione operativa - era già in mare e che vi sarebbe rimasta fino alle ore 6 per attività di polizia sul caso segnalato.
In tale contesto, in base alle relazioni acquisite, il quadro della situazione in possesso della Guardia costiera in quel momento si fondava sui seguenti elementi: innanzitutto la segnalazione Frontex circa l'imbarcazione non rappresentava una situazione di pericolo; in secondo luogo, non c'erano state chiamate di soccorso di nessun genere; in terzo luogo, sullo scenario era presente un'unità navale della Guardia di finanza dedicata all'evento, che avrebbe potuto fornire ulteriori elementi mediante riscontro diretto e che, qualora fosse stato necessario, avrebbe potuto svolgere attività di soccorso quale risorsa concorrente, in linea con le previsioni del Piano search and rescue marittimo nazionale; da ultimo, non erano variate le condizioni meteo marine.
Pertanto, a mezzanotte circa l'unità della Guardia di finanza, considerato il tempo stimato in circa sette ore dall'avvistamento da parte dell'aereo Frontex, necessario al caicco per raggiungere le acque territoriali (presupposto, questo, per l'esercizio delle funzioni di polizia), rientra temporaneamente alla base di Crotone per un rabbocco di carburante. Contemporaneamente, oltre al rifornimento, veniva organizzato un nuovo assetto navale rafforzato con un maggiore dislocamento, in grado di poter meglio affrontare le condizioni del mare. A mezzanotte e mezza del 26 febbraio, al fine di approfondire i dati relativi alla telefonata satellitare a cui prima ho fatto riferimento, la centrale di coordinamento operativo del comando operativo aeronavale della Guardia di finanza di Pratica di Mare chiede a Frontex di condividere il numero di utenza satellitare per tracciare il contatto; Frontex, nel comunicare l'utenza, evidenzia che la stessa era riferita ad un dispositivo ricevente situato in Turchia e che quindi non era suscettibile di localizzazione.
Tornando al racconto dei sopravvissuti, intorno alle ore 1,30 del 26 febbraio, nonostante il peggioramento delle condizioni del mare, gli scafisti decidono di riprendere la navigazione. Alle ore 2,20 circa, da quanto risulta dai rapporti acquisiti, i due assetti navali della Guardia di finanza, la motovedetta rientrata per il rifornimento insieme ad un'altra unità navale di più ampie dimensioni, riprendono la navigazione alla ricerca dell'imbarcazione. Tuttavia, alle ore 3,30 circa, le due unità navali della Guardia di finanza sono costrette a rientrare in porto a causa delle pessime condizioni meteo marine in atto; alle ore 3,48 la Guardia di finanza informa l'autorità marittima di Reggio Calabria del suo rientro, confermando il quadro conoscitivo sopra tratteggiato, che non conteneva ulteriori elementi né riguardo alla posizione né riguardo ad eventuali criticità relative all'imbarcazione. Alle ore 3,50 la stessa sala operativa della Guardia di finanza di Vibo Valentia, mediante la postazione della propria rete radar costiera, acquisisce per la prima volta un target: verosimilmente l'imbarcazione riconducibile a quella segnalata da Frontex. Alle ore 3,55 la sala operativa del comando provinciale della Guardia di finanza di Vibo Valentia contatta le sale operative del Corpo dei comandi provinciali di Catanzaro e di Crotone, nonché quelle della Polizia di Stato e dei Carabinieri di Crotone e Catanzaro, alle quali chiede l'invio di pattuglie nella zona di interesse, specificando altresì che le unità navali della Guardia di finanza non avevano stabilito alcun contatto con il natante e che, a causa delle avverse condizioni del mare, quest'ultimo non poteva essere raggiunto, motivo per cui le loro unità navali erano state costrette a rientrare.
Pochi minuti dopo, sull'utenza di emergenza 112 giunge una richiesta di soccorso telefonica da un numero internazionale che veniva geolocalizzato dall'operatore della centrale operativa del comando provinciale dei Carabinieri di Crotone e comunicato, con le coordinate geografiche, alla sala operativa della capitaneria di porto di Crotone. È questo il momento preciso in cui per la prima volta si concretizza l'esigenza di soccorso per le autorità italiane.
Alle ore 4,19 la centrale operativa del comando provinciale dei Carabinieri di Crotone invia nella località geolocalizzata, Foce Tacina di Steccato di Cutro, la pattuglia del Nucleo radiomobile della compagnia di Crotone; alle ore 4,30 circa, tramite il numero di emergenza 1530, la capitaneria di porto riceve una segnalazione circa la presenza di una barca a 40 metri dalla foce del fiume Tacina; pochi minuti dopo il segnalante richiamava specificando che l'imbarcazione si trovava a 50 metri dalla riva, che si stava muovendo in direzione della spiaggia e che erano presenti persone a bordo. Veniva pertanto informato il centro secondario del soccorso marittimo di Reggio Calabria, che disponeva l'invio di una motovedetta con imbarco di un team sanitario e di pattuglie via terra, chiedendo altresì l'intervento dei Vigili del fuoco, del 118 e della questura di Crotone, per l'attivazione dei soccorsi in terra.
Nel contempo, in località Steccato di Cutro, convergevano militari dei carabinieri, personale della locale questura e di altre Forze di polizia, nonché sanitari, personale dei Vigili del fuoco e della capitaneria di porto. Sul posto intervengono per primi i carabinieri che, nell'immediato, traggono in salvo un uomo e un bambino, (quest'ultimo purtroppo deceduto poco dopo) bloccando subito uno degli scafisti.
Davanti agli occhi dei soccorritori, i corpi di tante vittime innocenti: bambini, donne e uomini riversi sulla battigia, i naufraghi e quel che rimaneva dell'imbarcazione incagliata a circa 40 metri dalla spiaggia.
Tornando ai momenti immediatamente precedenti al naufragio e quindi ai racconti dei sopravvissuti, la navigazione era proseguita fino alle ore 3,50, allorquando, a circa 200 metri dalla costa, erano stati avvistati dalla barca dei lampeggianti provenienti dalla spiaggia.
A quel punto, gli scafisti, temendo la presenza delle Forze dell'ordine lungo la costa, effettuano una brusca virata, nel tentativo di cambiare direzione per allontanarsi da quel tratto di mare. Proprio in quel momento, in quel frangente, la barca, trovandosi molto vicina alla costa ed in mezzo ad onde alte, urta con ogni probabilità il basso fondale, una secca, e, per effetto della rottura della parte inferiore dello scafo, comincia ad imbarcare acqua.
Sempre sulla base delle dichiarazioni dei superstiti, a quel punto due degli scafisti si buttano in acqua, mentre un terzo viene fermato dai migranti per impedirgli di lasciarli soli sulla barca incagliata. Molti altri migranti, nel frattempo, salgono sul ponte in cerca di aiuto e lo scafista rimasto a bordo, approfittando del momento di caos, riesce ad abbandonare la barca su un gommone di piccole dimensioni e a far salire poi gli altri due scafisti per dirigersi verso la costa.
In quel preciso momento, una forte onda capovolge la barca di legno e tutti i migranti cadono in mare, mentre la barca viene distrutta.
Fin qui la ricostruzione di questo tragico naufragio, che ha posto al centro del dibattito, anche mediatico, la questione delle competenze rispetto agli interventi in mare.
Per rendere comprensibile il quadro normativo, a costo di qualche semplificazione, preciso che gli interventi operativi in mare sono riconducibili a due missioni statali: quella del law enforcement e quella della ricerca e soccorso, la cosiddetta SAR. Devo subito evidenziare, tuttavia, che sebbene si tratti di due funzioni statali qualitativamente diverse, è tutt'altro che infrequente che un determinato evento, in ipotesi nato come di law enforcement, si evolva successivamente in un evento SAR, come pure può verificarsi l'inverso, dato che in mare il quadro situazionale si modifica repentinamente, talvolta in modo profondo, e considerato soprattutto che, anche nelle attività di contrasto dei reati quali immigrazione illegale, traffico di esseri umani, contrabbando, traffico di armi o droga o di reati ambientali, può in concreto porsi un problema di tutela dell'incolumità della vita umana in mare.
Ed è proprio per questo che gli assetti navali di polizia sono attrezzati anche per operazioni di soccorso. Del resto, questo aspetto replica un modello ordinamentale che, ai sensi delle nostre leggi, vede le Forze di polizia chiamate a prestare soccorso in qualsiasi contesto operino, anche quali strutture operative del servizio di protezione civile.
Voglio dire che l'esigenza di tutela della vita ha sempre la priorità, quale che sia l'iniziale natura dell'intervento operativo in mare. In altre parole, le attività di law enforcement e di polizia, che fanno capo al Ministro dell'interno, e quelle di soccorso in mare, che competono al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, esigono la cooperazione e la sinergia tutte le volte che i contesti operativi concreti lo richiedono ed in primis quando si tratta di salvaguardare l'incolumità delle persone.
Non esistono né possono esistere barriere tra corpi dello Stato che operano in un campo, quello degli interventi in mare, che si fonda sulla cooperazione e sul coordinamento, proprio perché il conseguimento dei risultati in quel contesto, più ancora che in altri, non può che avvenire con il concorso e il contributo di tutti gli attori coinvolti, come peraltro il diritto interno e quello internazionale impongono.
Le attività di contrasto all'immigrazione irregolare sono sempre pronte a coniugarsi con le attività di ricerca e soccorso in mare, proprio in ragione, lo voglio ribadire, del superiore interesse di tutela della vita umana. Tra l'altro, è anche per questa ragione che esistono i centri di coordinamento, che operano e si interfacciano ventiquattro ore su ventiquattro e sette giorni su sette in composizione prevalentemente interforze e disponendo di apparati tecnologici adeguati alle finalità. Si tratta di un impegno costante, faticoso e rischioso, di tanti uomini e donne dello Stato, che sarebbe ingeneroso, anzi - consentitemi - offensivo, svalutare e disconoscere. (Applausi).
A tale proposito, inoltre, evidenzio che il quadro normativo nazionale, peraltro sottoposto a vincoli di natura internazionale con specifico riguardo alla materia del soccorso in mare, non è assolutamente stato modificato dall'attuale Governo. Peraltro, le modalità tecnico-operative dei salvataggi non possono essere in alcun modo sottoposte a condizionamenti di natura politica o a interventi esterni alla catena di comando. Dunque sostenere che i soccorsi sarebbero stati condizionati o addirittura impediti dal Governo costituisce una grave falsità, che offende soprattutto l'onore e la professionalità dei nostri operatori, che sono impegnati quotidianamente in mare in scenari particolarmente difficili. (Applausi. Commenti).
PRESIDENTE. Senatore Borghi, la richiamo all'ordine. Vi prego di lasciare parlare il Ministro. Sapete che dopo c'è la possibilità per tutti i membri dei Gruppi di intervenire.
PIANTEDOSI, ministro dell'interno. Grazie, Presidente.
Inoltre, permettetemi di precisare che trovo incomprensibile aver messo in connessione il cosiddetto decreto ONG con il naufragio di Cutro, in primo luogo perché né nello Ionio, né lungo la cosiddetta rotta turca hanno mai operato navi di organizzazioni non governative (Applausi) e poi perché le regole introdotte con il citato provvedimento partono dal presupposto che prima di tutto devono essere sempre assicurati il soccorso e l'assistenza dei migranti, a tutela della loro incolumità.
Per capire come in concreto si raccordino tra di loro le competenze dei vari soggetti istituzionali coinvolti e se, alla luce delle procedure esistenti, vi siano stati degli errori, è essenziale chiarire che l'attivazione dell'intero sistema SAR non può prescindere dalla segnalazione di una situazione di emergenza. Solo ed esclusivamente se c'è tale segnalazione, si attiva il dispositivo di search and rescue; laddove invece non venga segnalato un distress, l'evento operativo è gestito come un intervento di polizia, anche in ragione di quanto prima osservato circa la capacità di soccorso delle nostre unità navali.
È esattamente quanto avvenuto nel caso in questione.
Nell'evento il primo dato certo - lo sottolineo ancora - è che l'assetto aereo Frontex, che per primo ha individuato l'imbarcazione alle ore 22,26 del 25 febbraio, a 40 miglia nautiche dall'Italia, non ha rilevato e quindi non ha segnalato una situazione di distress a bordo, limitandosi a evidenziare la presenza di una persona sopra coperta e di possibili altre persone sotto coperta e una buona galleggiabilità dell'imbarcazione. Frontex annotava altresì che l'imbarcazione procedeva a velocità regolare (6 nodi l'ora), non appariva sovraccarica e non sbandava. Peraltro, nessuna segnalazione di allarme o richiesta di aiuto proveniva dall'imbarcazione in questione.
È utile precisare che l'assetto aeronavale Frontex che ha rilevato l'imbarcazione stava operando, nel quadro della missione "Themis", in un'area della cosiddetta rotta orientale, rispetto alla quale il Ministero dell'interno aveva formalmente richiesto già dal 2021 a Frontex il potenziamento del dispositivo di sorveglianza, poi avvenuto grazie al dispiegamento di un ulteriore mezzo aereo.
L'assetto Frontex, poiché l'evento rilevato alle 22,26 del 25 febbraio non aveva né lasciava supporre una condizione di distress, lo segnalava correttamente alle autorità italiane di law enforcement e, per conoscenza, anche a quelle di soccorso marittimo, nonché al proprio quartier generale, come previsto dalle procedure esistenti, affinché le autorità nazionali competenti gestissero l'evento con strumenti appropriati per tale tipo di operazione, in base al proprio ordinamento. Aggiungo che Frontex, oltre a fornire alle autorità nazionali un early warning, cioè una notifica precoce di quanto constatato, effettua un monitoraggio dell'imbarcazione sospetta rilevata, interrotta, nel nostro caso, unicamente perché l'aereo era a corto di carburante e quindi doveva ritornare alla base.
Per quanto riguarda i nostri assetti navali operativi in mare, sui quali in questi giorni circolano appunto le illazioni più disparate, fermo restando ovviamente il doveroso accertamento da parte dell'autorità giudiziaria, trovo ingiusto non riconoscere i risultati ottenuti dalle nostre strutture responsabili degli interventi operativi in termini di salvataggio di vite in mare. Aggiungo altresì che i fatti di Cutro si inseriscono nel fenomeno dei cosiddetti sbarchi autonomi, ovvero di quelle imbarcazioni, spesso di minime dimensioni, che giungono sulle nostre coste senza essere intercettate e che non rappresentano un'evenienza rara, in quanto riconducibili a una precisa strategia degli scafisti di elusione dei controlli alle frontiere marittime.
«OMISSIS»
[1] Ma Frontex aveva già intercettato e comunicato alle autorità italiane «una chiamata satellitare diretta in Turchia» proveniente dall’imbarcazione segnalata: v. infra pag. 3. Come emerge dallo stesso intervento del Ministro, gli scafisti consentono di lanciare l’allarme soltanto dopo avere abbandonato a bordo di altri mezzi l’imbarcazione, per evitare di essere arrestati dai soccorritori.