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Enti locali: assunzioni di disabili e vincoli del Patto di stabilità

Nota a Corte dei conti per la Regione siciliana - Sezioni riunite in sede consultiva, Deliberazione n. 49/2011/SS.RR./PAR
Gli oneri sostenuti dalle amministrazioni pubbliche per l’assunzione di soggetti appartenenti alle categorie protette sono esclusi dal computo delle spese per il personale rilevanti ai fini del Patto interno di stabilità.

Sicché il divieto di procedere a nuove assunzioni per l’Ente locale che abbia violato le disposizioni relative al Patto di Stabilità non si applica alle procedure di reclutamento di soggetti tutelati dalle disposizioni in materia di diritto al lavoro dei disabili di cui alla legge 12 marzo 1999 n. 68

Lo hanno chiarito le Sezioni riunite della Corte dei conti per la Regione siciliana in sede consultiva, nel testo del parere n. 49/2011, diretto a far luce sul coordinamento tra le disposizioni di contenimento della spesa pubblica di personale recate dall’art. 76, comma 4, del Decreto Legge 112/2008, (convertito con modificazioni nella legge 133/2008) e la disciplina in materia di diritto al lavoro degli appartenenti alle categorie protette.

Da una parte, infatti, l’art. 76, comma 4, del citato D.L. 112/2008 prevede che, in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno nell’esercizio precedente, è fatto divieto agli enti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. Il divieto si estende anche alla stipula di contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della disposizione sanzionatoria.

Dall’altra l’art. 3 della alla legge 12 marzo 1999 n. 68 fa carico ai datori di lavoro pubblici e privati di assumere alle proprie dipendenze (entro i limiti delle quote di riserva espressamente indicate) di persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, invalidi del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33 per cento, non vedenti o sordomuti, di cui alle leggi 27 maggio 1970, n. 382, e successive modificazioni, e 26 maggio 1970, n. 381, e successive modificazioni, invalidi di guerra, invalidi civili di guerra e per servizio con minorazioni ascritte dalla prima all’ottava categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra.

La questione trae origine dall’ampia e generica formulazione dell’art. 76, comma 4, del citato D.L. 112/2008 che, riferendosi alle assunzioni di personale “a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale”, e non prevedendo alcuna deroga per le assunzioni di soggetti appartenenti alle categorie protette, a prima vista sembra diretto a ricomprendere anche queste forme di reclutamento nell’ambito dei vincoli imposti agli enti inadempienti alle regole del Patto di stabilità.

Ma le assunzioni che riguardano le categorie protette ai fini esclusivi del rispetto della quota di riserva si riferiscono ad un obbligo previsto da una disposizione che persegue l’interesse, di rilevanza costituzionale, dell’inserimento e dell’integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro: una finalità che prevale sul divieto sanzionatorio di assumere.

Tuttavia la Corte non risolve la questione solo sul piano della superiorità assiologica delle disposizioni in materia di tutela del diritto al lavoro dei disabili rispetto alle esigenze di razionalizzazione della finanza pubblica, ma anche alla luce dell’interpretazione teleologica delle disposizioni concernenti il divieto di assumere posto a carico degli enti inadempienti al Patto.

Sotto questo profilo, infatti, viene rilevato che la sanzione del divieto di assumere ha una finalità volta a rafforzare l’obbligo del rispetto del patto di stabilità interno e quindi del più attento utilizzo delle risorse finanziarie, e, come tale, può trovare applicazione solo con riferimento alle procedure di reclutamento attivate discrezionalmente, o comunque volontariamente, dall’amministrazione pubblica.

Mentre invece, ai sensi del citato art. 3 della legge n. 68/1999, l’ assunzione di soggetti disabili rientranti nelle categorie protette costituisce un obbligo posto dal legislatore a carico delle amministrazioni pubbliche e rinforzato, peraltro, da un’espressa previsione sanzionatoria.

Alla luce di simili argomentazioni è giocoforza ritenere che “pur non rinvenendosi nella disposizione legislativa dell’art. 76, comma 4, del D.L. 112/2008, (convertito con modificazioni nella legge 133/2008) un’espressa deroga, tale divieto non possa essere esteso alle assunzioni che l’Ente è tenuto ad effettuare, nell’ambito della rispettiva quota di riserva, al fine di ottemperare agli obblighi di cui alla legge 68/99 in materia di diritto al lavoro dei disabili”.

Gli oneri sostenuti dalle amministrazioni pubbliche per l’assunzione di soggetti appartenenti alle categorie protette sono esclusi dal computo delle spese per il personale rilevanti ai fini del Patto interno di stabilità.

Sicché il divieto di procedere a nuove assunzioni per l’Ente locale che abbia violato le disposizioni relative al Patto di Stabilità non si applica alle procedure di reclutamento di soggetti tutelati dalle disposizioni in materia di diritto al lavoro dei disabili di cui alla legge 12 marzo 1999 n. 68

Lo hanno chiarito le Sezioni riunite della Corte dei conti per la Regione siciliana in sede consultiva, nel testo del parere n. 49/2011, diretto a far luce sul coordinamento tra le disposizioni di contenimento della spesa pubblica di personale recate dall’art. 76, comma 4, del Decreto Legge 112/2008, (convertito con modificazioni nella legge 133/2008) e la disciplina in materia di diritto al lavoro degli appartenenti alle categorie protette.

Da una parte, infatti, l’art. 76, comma 4, del citato D.L. 112/2008 prevede che, in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno nell’esercizio precedente, è fatto divieto agli enti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. Il divieto si estende anche alla stipula di contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della disposizione sanzionatoria.

Dall’altra l’art. 3 della alla legge 12 marzo 1999 n. 68 fa carico ai datori di lavoro pubblici e privati di assumere alle proprie dipendenze (entro i limiti delle quote di riserva espressamente indicate) di persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, invalidi del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33 per cento, non vedenti o sordomuti, di cui alle leggi 27 maggio 1970, n. 382, e successive modificazioni, e 26 maggio 1970, n. 381, e successive modificazioni, invalidi di guerra, invalidi civili di guerra e per servizio con minorazioni ascritte dalla prima all’ottava categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra.

La questione trae origine dall’ampia e generica formulazione dell’art. 76, comma 4, del citato D.L. 112/2008 che, riferendosi alle assunzioni di personale “a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale”, e non prevedendo alcuna deroga per le assunzioni di soggetti appartenenti alle categorie protette, a prima vista sembra diretto a ricomprendere anche queste forme di reclutamento nell’ambito dei vincoli imposti agli enti inadempienti alle regole del Patto di stabilità.

Ma le assunzioni che riguardano le categorie protette ai fini esclusivi del rispetto della quota di riserva si riferiscono ad un obbligo previsto da una disposizione che persegue l’interesse, di rilevanza costituzionale, dell’inserimento e dell’integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro: una finalità che prevale sul divieto sanzionatorio di assumere.

Tuttavia la Corte non risolve la questione solo sul piano della superiorità assiologica delle disposizioni in materia di tutela del diritto al lavoro dei disabili rispetto alle esigenze di razionalizzazione della finanza pubblica, ma anche alla luce dell’interpretazione teleologica delle disposizioni concernenti il divieto di assumere posto a carico degli enti inadempienti al Patto.

Sotto questo profilo, infatti, viene rilevato che la sanzione del divieto di assumere ha una finalità volta a rafforzare l’obbligo del rispetto del patto di stabilità interno e quindi del più attento utilizzo delle risorse finanziarie, e, come tale, può trovare applicazione solo con riferimento alle procedure di reclutamento attivate discrezionalmente, o comunque volontariamente, dall’amministrazione pubblica.

Mentre invece, ai sensi del citato art. 3 della legge n. 68/1999, l’ assunzione di soggetti disabili rientranti nelle categorie protette costituisce un obbligo posto dal legislatore a carico delle amministrazioni pubbliche e rinforzato, peraltro, da un’espressa previsione sanzionatoria.

Alla luce di simili argomentazioni è giocoforza ritenere che “pur non rinvenendosi nella disposizione legislativa dell’art. 76, comma 4, del D.L. 112/2008, (convertito con modificazioni nella legge 133/2008) un’espressa deroga, tale divieto non possa essere esteso alle assunzioni che l’Ente è tenuto ad effettuare, nell’ambito della rispettiva quota di riserva, al fine di ottemperare agli obblighi di cui alla legge 68/99 in materia di diritto al lavoro dei disabili”.