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Gli strumenti dell’impresa per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni corruttivi. Modelli di Organizzazione e di Gestione, Sistemi di Gestione per la Prevenzione della Corruzione: interazioni e divergenze

Company tools for the prevention and contrast of corruption. Organizational and Management Models, Anti-bribery Management Systems: interactions and divergences
Mario Rigamonti - Solo fiori
Mario Rigamonti - Solo fiori

Abstract

L’elaborato in costituisce una riflessione sulla possibilità che i Modelli di Organizzazione e di Gestione ex decreto legislativo 231/2001 trovino concreta attuazione attraverso gli elementi costitutivi dei Sistemi di Gestione aziendale in riferimento alla prevenzione dei fenomeni corruttivi, da cui possa conseguire una valutazione di idoneità del Modello 231 a costituire esimente per la responsabilità amministrativa da reato dell’ente incolpato.

This paper is a reflection about the possibility that the Organizational and Management Models pursuant to Legislative Decree 231/2001 can be concretely implemented through the elements of the Anti-bribery Management Systems, which can lead to an assessment of suitability of Model 231 as an exemption for the administrative liability of the Company subjected to trial.

 

Sommario

1. Premessa: la rilevanza economico-giuridica dei fenomeni corruttivi e gli strumenti a disposizione dell’impresa

2. Il Modello di Organizzazione e di Gestione e i Sistemi di gestione aziendale

3. I Sistemi di Gestione per la prevenzione della corruzione: lo Standard UNI ISO 37001:2016

4. Conclusioni

 

1. Premise: the economic and legal relevance of Corruption and tools available to Companies

2. Organisational and Management Model and Business Management Systems

3. Anti-bribery Management Systems: the UNI ISO 37001:2016 Standard

4. Conclusions

 

1. Premessa: la rilevanza economico-giuridica dei fenomeni corruttivi e gli strumenti a disposizione dell’impresa

Le problematiche connesse agli episodi di corruzione rivestono oggi un particolare rilievo non solo in un’ottica di pura esegesi giuridica, ma anche su due altre direttrici: da un lato viene in gioco, a livello europeo, la percezione del fenomeno corruttivo in relazione allo stanziamento dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza; dall’altro lato sotto il profilo delle innovazioni legislative apportate mediante l’introduzione nell’ordinamento italiano del nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.

Quanto al primo aspetto, la recente Relazione sullo Stato di diritto 2022 della Commissione europea[1] ha evidenziato i potenziali effetti negativi che la corruzione può spiegare nei confronti della corretta e lineare attuazione degli obiettivi stabiliti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

La Relazione de qua comprende una panoramica delle tendenze riscontrate in tutta l’Unione Europea e ventisette capitoli dedicati ai singoli Paesi, nei quali sono analizzati gli sviluppi in ciascuno Stato membro da luglio 2021[2].

Nell’ambito della materia attinente alle fattispecie corruttive, la Relazione riporta che nell’Indice di percezione della corruzione 2021 di Transparency International l’Italia ha ricevuto un punteggio di 56/100 e si è classificata al tredicesimo posto nell’Unione europea e al quarantaduesimo posto a livello mondiale, registrando un significativo miglioramento rispetto al quinquennio precedente[3].

Sul piano delle riforme, invece, si sottolineano diversi aspetti di interesse economico, politico e sociale, ponendo l’accento sia sullo stato della riforma della giustizia e dei processi[4], sia sulla proposta di legge in materia di conflitti di interesse per i titolari di cariche politiche[5], sia ancora sul nuovo Piano Nazionale Anticorruzione, la cui ultimazione era attesa entro il termine della corrente stagione estiva in linea con la formulazione di un nuovo decreto atto a coordinare le misure di prevenzione anticorruzione in linea con il PNRR italiano (il decreto legge 9 giugno 2021, n. 80, che ha introdotto un Piano integrato di attività e organizzazione volto a coordinare le misure preventive relative alle prestazioni e agli esiti con l’obiettivo generale di semplificazione e digitalizzazione). Proprio su quest’ultimo punto, come accennato, si concentrano le preoccupazioni dell’Europa per i pericoli che la commissione di atti corruttivi e le infiltrazioni della criminalità organizzata nel sostrato economico di settori d’impresa particolarmente delicati (si pensi a quello delle energie rinnovabili e dell’edilizia) rappresentano per la corretta gestione delle risorse derivanti dagli stanziamenti del PNRR: «I rischi di corruzione legati alla pandemia di COVID-19 rimangono elevati e la corruzione è sempre più utilizzata per infiltrazioni nell’economia legale italiana. Nel corso del 2021 l’aumento del rischio di corruzione durante la pandemia di COVID-19 ha determinato un aumento di questo fenomeno e dei reati connessi, con tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia legale, che rappresentano una delle principali sfide per la lotta alla corruzione in Italia. Secondo gli investigatori, le reti criminali hanno approfittato in particolare delle necessità che la pandemia ha creato per PMI economicamente fragili e dell’ottenimento di aiuti di Stato e sovvenzioni pubbliche, con somme utilizzate impropriamente per altri scopi e non recuperate. Destano preoccupazione tendenze analoghe per le future assegnazioni di fondi pubblici del PNRR, data la notevole entità dei fondi erogabili».

Sotto il secondo profilo di cui si diceva in apertura, invece, il decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, recante il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155, tra le tante innovazioni introdotte, ha apportato un’importante modifica al testo dell’art. 2086 del Codice civile, aggiungendovi un comma secondo a tenore del quale «L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale […]». Detto dovere di istituire adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili richiama inevitabilmente il proteiforme sistema della compliance aziendale integrata. Si è da più parti prospettato, infatti, che nell’assenza di specifiche norme di compliance sulla crisi d’impresa, la mutuazione degli approcci basati sul rischio (c.d. Risk-based Thinking) e delle operazioni di mappatura dei processi aziendali fornite dalla normazione tecnica (in particolare dalle norme ISO sui Sistemi di Gestione) potrebbe costituire, insieme all’adozione dei Modelli Organizzativi ex decreto legislativo n. 231/2001, una valida opzione per l’istituzione degli adeguati assetti oggi richiesti dalla legge all’imprenditore. Si pensi, più nel dettaglio, alle funzioni svolte dall’Organismo di Vigilanza e dal Responsabile per la Prevenzione della Corruzione (la c.d. Funzione Compliance) in tema di controllo e tracciabilità dei flussi finanziari: il monitoraggio costante – assicurato dall’integrazione e interazione dei Modelli 231 e, per quanto qui interessa, dei Sistemi di Gestione Anticorruzione – delle movimentazione in entrata e in uscita del danaro dell’azienda si rivela una soluzione possibile anche al fine di individuare operazioni sospette che potrebbero minare lo stato di solvenza dell’organizzazione aziendale.

Nel prosieguo, pertanto, in considerazione della rilevanza economica e giuridica dei temi legati alla corruzione e ai Sistemi o Modelli di Gestione che essa intendono prevenire, si cercherà – senza pretesa di esaustività o completezza – di tracciare una riflessione sulle opportunità a disposizione delle imprese e sulla possibilità di far convivere e coniugare gli strumenti presenti oggi nel nostro ordinamento.

 

2. Il Modello di Organizzazione e di Gestione e i Sistemi di Gestione aziendale

Com’è noto, il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, rubricato Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300, ha introdotto per la prima volta nell’ordinamento italiano la responsabilità (c.d. amministrativa da reato) degli enti dotati o meno di personalità giuridica, sia pure limitatamente alla commissione – nell’interesse o vantaggio dell’ente medesimo – di specifiche fattispecie di reato realizzate da soggetti che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente, ovvero da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di questi[6].

Sebbene per lungo tempo non si sia trovato un accordo in dottrina e giurisprudenza sulla natura di questo tipo di responsabilità per le persone giuridiche[7], quel che è certo è che la stessa derivi da una colpa imputabile alla persona giuridica medesima che crea le condizioni nelle quali i soggetti (apicali e non) possono perpetrare gli illeciti penali attinti da maggior disvalore[8]. Tra questi, sicuramente rilevanza primaria – specie per talune realtà aziendali – assumono le fattispecie corruttive, contemplate in seno all’art. 25 del decreto in esame, quali ipotesi di reato-presupposto idonee a far sorgere responsabilità in capo all’ente giuridico nell’interesse del quale le condotte siano state poste in essere o che dalle medesime abbia tratto vantaggio.

 

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[1] Consultabile all’indirizzo https://italy.representation.ec.europa.eu/notizie-ed-eventi/notizie/relazione-sullo-stato-di-diritto-2022-la-commissione-formula-raccomandazioni-specifiche-gli-stati-2022-07-13_it

[2] Inoltre, per la prima volta, la Relazione sullo Stato di diritto 2022 contiene anche delle raccomandazioni mirate per ciascuno Stato membro, aventi lo scopo primario di incoraggiare i Paesi dell’Unione a portare avanti le riforme già avviate o previste e aiutarli a individuare gli ambiti in cui sono necessari miglioramenti. Per quanto attiene all’Italia, si legge: «Oltre a ricordare gli impegni assunti nell’ambito del piano nazionale per la ripresa e la resilienza in relazione ad alcuni aspetti del sistema giudiziario e del quadro anticorruzione, si raccomanda all’Italia di:

· proseguire gli sforzi volti a migliorare ulteriormente il livello di digitalizzazione del sistema giudiziario, in particolare nelle sedi penali e nelle procure;

· proseguire azioni efficaci a livello di polizia e di procura contro la corruzione ad alto livello, anche aumentando la digitalizzazione e l’interconnessione dei registri [c. n.];

· adottare norme complessive sui conflitti di interessi e regolamentare il lobbying istituendo un registro operativo delle attività dei rappresentanti di interessi, compresa un’impronta legislativa;

· affrontare efficacemente la pratica di incanalare le donazioni attraverso fondazioni e associazioni politiche e introdurre un registro elettronico unico per le informazioni sul finanziamento dei partiti e delle campagne;

· introdurre garanzie legislative e di altro tipo per riformare il regime della diffamazione e la protezione del segreto professionale e delle fonti giornalistiche, tenendo conto delle norme europee in materia di protezione dei giornalisti;

· intensificare gli sforzi per costituire un’istituzione nazionale per i diritti umani tenendo conto dei principi di Parigi delle Nazioni Unite».

[3] Inoltre, si riportano i dati statistici dell’indagine speciale Eurobarometro 2022 sulla corruzione, i quali mostrano che «l’89% degli intervistati ritiene che la corruzione sia diffusa nel suo Paese (media UE: 68%) e il 32% degli intervistati ritiene di subirne personalmente gli effetti nel quotidiano (media UE: 24%). Per quanto riguarda le imprese, il 91% delle aziende reputa che la corruzione sia diffusa (media UE: 63%) e il 41% ritiene che sia un problema nel mondo degli affari (media UE: 34%). Inoltre, il 39% dei rispondenti ritiene che l’efficacia dei procedimenti penali sia sufficientemente dissuasiva dalle pratiche di corruzione (media UE: 34%), mentre secondo il 29% delle imprese le persone e le aziende che corrompono un funzionario di alto grado ricevono una punizione adeguata (media UE: 29%)».

[4] «L’Italia è impegnata a monitorare in modo proattivo l’impatto della riforma della giustizia penale per quanto riguarda i casi di corruzione conclusi in appello senza sentenza. La riforma della giustizia penale è stata adottata nel settembre 2021 e mira a ridurre i tempi di esaurimento eccessivi, di cui si ritiene, tra l’altro, che abbiano ostacolato gli sforzi dell’Italia per perseguire e giudicare efficacemente i casi di corruzione, compromettendo il diritto a un processo rapido e a una buona amministrazione».

[5] «Sussistono preoccupazioni in merito alla proposta legislativa sui conflitti di interesse per i titolari di cariche politiche, compresi i parlamentari, pendente in Parlamento ormai da anni. Il disegno di legge comprende una definizione di conflitto di interessi e introduce misure di integrità più rigorose per i titolari di cariche di governo nazionali, regionali e locali. Finché la nuova legge non sarà adottata ed entrerà in vigore, la legislazione sui conflitti di interesse rimarrà frammentaria».

[6] Art. 5, d.lgs. n. 231/2001:

«L’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:

a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;

b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).

L’ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi».

[7] Paradigmatica, a proposito, la sentenza della Corte di cassazione n. 27735/2010, secondo la quale «Il D.Lgs. n. 231 del 2001 ha introdotto un tertium genus di responsabilità rispetto ai sistemi tradizionali di responsabilità penale e amministrativa, prevedendo un’autonoma responsabilità amministrativa dell’ente in caso di commissione, nel suo interesse o a suo vantaggio, di uno dei reati espressamente elencati nella sezione 3^ da parte di un soggetto che riveste una posizione apicale, sul presupposto che il fatto-reato è fatto della società, di cui essa deve rispondere».

[8] «L’analisi ermeneutica è pervenuta ad una ricostruzione dell’illecito contestato al soggetto collettivo come una forma di fattispecie complessa, ove l’ente non concorre nella realizzazione del reato presupposto a titolo di concorso colposo per non aver impedito il reato ma, piuttosto, risponde di un proprio deficit organizzativo.

Emerge, quindi, il caposaldo interpretativo secondo cui la mera commissione del reato non è quindi di per sé sufficiente a fondare la responsabilità dell’ente.

Ciò che deve essere verificato è l’idoneità del Modello a impedire che i soggetti interni all’ente commettano determinati reati, e ciò a prescindere da qualsiasi valutazione di carattere psicologico.

Oggetto della valutazione del giudice deve essere l’assetto normativo aziendale preordinato alla prevenzione» (SARDELLA, F., La valutazione dei modelli organizzativi: aspetti legali e sistemi di certificazione. I punti di forza del D. Lgs. 231/2001 e le prospettive di riforma, in Giurisprudenza penale, 2021/1-bis, 15, consultabile all’indirizzo https://www.giurisprudenzapenale.com/wp-content/uploads/2021/01/Contributo02_singolo.pdf).

Per un approfondimento sul punto, si vedano Corte Costituzionale, 18 luglio 2014, n. 218 e Cassazione, Sez. V, Sentenza n. 2251/2011.