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Green pass rafforzato: nessuna richiesta fuori dai casi previsti dalla legge

Nuove regole senza Green pass, con Green pass base e rafforzato
Nuove regole senza Green pass, con Green pass base e rafforzato

Datori di lavoro e albergatori che richiedevano il Green pass “rafforzato” sono stati richiamati dal Garante per la protezione dei dati personali. A sollecitare l’intervento dell’autorità, molti cittadini che hanno segnalato quella che, secondo il Garante, è una prassi illegittima. E da qui, la richiesta di evitare l’uso non corretto della funzionalità dell’app di verifica riservata al Green pass “rafforzato”.

Nei luoghi di lavoro e negli alberghi, infatti, è sufficiente esibire il Green pass “di base”, ottenuto cioè tramite il tampone anche dai soggetti non vaccinati e non guariti da Covid.

 

Le indicazioni ministeriali sul Green pass “rafforzato”

Il Garante per la privacy ha ricordato le indicazioni contenute nelle diverse misure del legislatore e nelle Faq predisposte dal ministero della Salute. “Non vi è alcun obbligo - precisa il Garante - di possedere il cosiddetto “Super green pass” per i clienti degli alberghi, i lavoratori o, ad esempio, gli accompagnatori dei pazienti negli ospedali”.

Senza mezzi termini dunque l’autorità definisce “illegittima” qualsiasi richiesta di Green pass “rafforzato” per categorie di soggetti come quelle su indicate, con particolare attenzione all’ambito lavorativo.

 

Via libera del Garante privacy alla revoca di Green pass ai contagiati

Il Garante della privacy invita quindi tutte le realtà richiamate, dai datori di lavoro ai gestori di alberghi al personale sanitario tenuto ai controlli per l’ingresso negli ospedali, a istruire specificamente il personale addetto ai controlli. Fermo restando naturalmente i doveri di controllo periodico da parte dei datori di lavoro sulla validità delle certificazioni verdi consegnate dai lavoratori.

 

La revoca delle certificazioni verdi in caso di contagio

Nel suo intervento il Garante ha evidenziato la liceità della revoca delle certificazioni verdi in caso di contagio sopravvenuto. Passaggio importante da non trascurare è che l’interessato venga informato attraverso tutti i dati di contatto in possesso delle autorità sanitarie. Tra le indicazioni fornite dal Garante in questa occasione, anche una specifica procedura relativa ai “green pass” rilasciati o ottenuti in maniera fraudolenta.

 

Le indicazioni del Garante

L’autorità per la privacy ha precisato poi che il datore di lavoro è tenuto a controllare la perdurante validità del Green pass tramite la lettura del relativo QR code con l’app “VerificaC19” o mediante le previste modalità automatizzate. Questa possibilità è riconosciuta anche nei casi in cui il lavoratore si avvalga della facoltà di consegnare la certificazione verde.

 

Il parere del Garante sulla validità del Green pass

Il Garante per la protezione dei dati personali si è poi espresso in via d’urgenza sullo schema di decreto del presidente del Consiglio dei ministri. Parere favorevole alle disposizioni relative alle certificazioni verdi e agli obblighi vaccinali per alcune categorie di lavoratori: questo il verdetto dell’autorità.

 

Le indicazioni del Garante per i sanitari sospesi

Il Garante è intervenuto poi rispetto agli obblighi di riservatezza da rispettare nei confronti dei sanitari sospesi. In merito a questo aspetto, il Garante ha precisato la disciplina dell’annotazione sugli albi professionali. In particolare, questa annotazione deve avvenire “senza ulteriori specificazioni dalle quali sia possibile desumere il mancato rispetto dell’obbligo vaccinale da parte dell’esercente la professione sanitaria”. Insomma, è possibile che si evinca dall’albo la sospensione, ma non le motivazioni.

 

Le misure contro i Green pass falsi

Il Garante è infine intervenuto per arginare il diffondersi di Green pass falsi attraverso i canali online. Come ulteriore misura di garanzia, a questo scopo, il Garante ha previsto che all’atto del rilascio del Green pass da parte degli operatori sanitari siano registrare alcune informazioni aggiuntive. In particolare, il codice di riferimento dell’operazione, il codice fiscale o l’identificativo del soggetto che ha eseguito l’operazione. E ancora: le modalità di autenticazione dell’operatore sanitario e il codice fiscale o i dati anagrafici dell’interessato; l’identificativo univoco del certificato (UVCI) della certificazione; data e ora dell’operazione.

 

Le indicazioni del Garante al ministero

Il Garante per la protezione dei dati personali ha poi indirizzato al ministero della Salute alcune integrazioni rispetto alla modalità di verifica utilizzata dal verificatore. In particolare sono stati introdotti, all’interno dell’app VerificaC19, elementi testuali, grafici e visivi per le due modalità di verifica (“base” o “rafforzata”).