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I nuovi poteri cautelari, istruttori e sanzionatori attribuiti all’AGCM dal c.d. Decreto Bersani

1 Premessa

Con l’entrata in vigore della Legge 4 agosto 2006 n. 248[1], ovvero della legge di conversione del Decreto Legge 4 luglio 2006 n. 223, meglio noto come “Decreto Bersani”, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’“AGCM” o l’“Autorità”) si è vista finalmente riconoscere quei poteri cautelari, istruttori e sanzionatori che da tempo sono attribuiti alla Commissione europea (nell’ambito delle sue funzioni di organo preposto alla tutela della normativa antitrust comunitaria) e alle autorità antitrust dei principali paesi europei ed extracomunitari.

In particolare, ai sensi dell’art. 14 della Legge 248/2006, la legge antitrust italiana che ha altresì istituito l’AGCM (Legge 10 ottobre 1990, n. 287), è stata integrata con i seguenti articoli:

Articolo 14-bis – Misure cautelari

“1. Nei casi di urgenza dovuta al rischio di un danno grave e irreparabile per la concorrenza, l’Autorità può, d’ufficio, ove constati ad un sommario esame la sussistenza di un’infrazione, deliberare l’adozione di misure cautelari.

2. Le decisioni adottate ai sensi del comma 1 non possono essere in ogni caso rinnovate o prorogate.

3. L’Autorità, quando le imprese non adempiano a una decisione che dispone misure cautelari, può infliggere sanzioni amministrative pecuniarie fino al 3 per cento del fatturato.”

Articolo 14-ter – Impegni

“1. Entro tre mesi dalla notifica dell’apertura di un’istruttoria per l’accertamento della violazione degli articoli 2 o 3 della presente legge o degli articoli 81 o 82 del Trattato CE, le imprese possono presentare impegni tali da far venire meno i profili anticoncorrenziali oggetto dell’istruttoria. L’Autorità, valutata l’idoneità di tali impegni, può, nei limiti previsti dall’ordinamento comunitario, renderli obbligatori per le imprese e chiudere il procedimento senza accertare l’infrazione.

2. L’Autorità in caso di mancato rispetto degli impegni resi obbligatori ai sensi del comma 1 può irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10 per cento del fatturato.

3. L’Autorità può d’ufficio riaprire il procedimento se:

a) si modifica la situazione di fatto rispetto ad un elemento su cui si fonda la decisione;

b) le imprese interessate contravvengono agli impegni assunti;

c) la decisione si fonda su informazioni trasmesse dalle parti che sono incomplete inesatte o fuorvianti”.

Articolo 15, comma 2-bis – Programma di clemenza

“L’Autorità, in conformità all’ordinamento comunitario, definisce con proprio provvedimento generale i casi in cui, in virtù della qualificata collaborazione prestata dalle imprese nell’accertamento di infrazioni alle regole di concorrenza, la sanzione amministrativa pecuniaria può essere non applicata ovvero ridotta nelle fattispecie previste dal diritto comunitario”.

Nel paragrafo che segue saranno esaminati i nuovi poteri cautelari attribuiti all’Autorità cercando di effettuare un confronto con le interim measures che possono essere disposte dalla Commissione europea alla luce delle disposizioni contenute nel Regolamento (CE) n. 1/2003.

Nel terzo paragrafo sarà invece analizzato il nuovo art. 14-ter, Legge 287/1990, che introduce nella disciplina antitrust italiana una procedura molto simile alla c.d. commitment procedure prevista, nell’ambito della normativa antitrust comunitaria, dall’art. 9 del citato Reg. 1/2003.

Infine, nel quarto paragrafo si effettuerà un raffronto tra il programma di clemenza previsto dal suddetto art. 15, comma 2-bis, Legge 287/1990, e la Leniency Notice comunitaria del 2002.

2.1 I nuovi poteri cautelari dell’AGCM

Come si è visto, l’Autorità dispone ora di nuovi poteri cautelari da esercitare d’ufficio mediante decisione da adottarsi prima o durante l’istruttoria avviata per l’accertamento di una condotta anticoncorrenziale vietata ai sensi degli artt. 2 o 3, Legge 287/1990, e 81 o 82 del Trattato CE.

L’esercizio di tale potere, tuttavia, è subordinato alla sussistenza di due condizioni.

In primo luogo, deve sussistere il requisito dell’urgenza, ovvero il rischio di un danno grave ed irreparabile per la concorrenza qualora la condotta anticoncorrenziale alla quale la misura cautelare deve essere applicata non venga neutralizzata al più presto[2].

In secondo luogo l’Autorità deve, prima facie (ovvero in seguito ad un sommario esame della situazione), ravvisare il requisito della probabile sussistenza di una infrazione degli artt. 2 o 3, Legge 287/1990, o degli artt. 81 o 82 del Trattato CE. Poiché il potere cautelare in esame può essere esercitato d’ufficio dall’Autorità, va da sé che il suddetto esame sommario della situazione possa essere effettuato anche inaudita altera parte.

In considerazione del fatto che la disposizione in esame non sembra porre limiti alla tipologia di misure cautelari che possono essere disposte dall’AGCM, si deve ritenere che in presenza delle suddette condizioni l’Autorità possa disporre le misure cautelari più disparate ritenute idonee alla neutralizzazione di una probabile condotta anticoncorrenziale (ovviamente, per il tempo necessario a fare piena luce su tale condotta anticoncorrenziale e, se necessario, fino alla conclusione dell’istruttoria che dovrà decidere se sussiste o meno violazione della normativa antitrust nazionale o comunitaria).

Una importante limitazione al suddetto potere cautelare è dato dal fatto che in nessun caso le misure cautelari disposte ai sensi dell’art. 14-bis potranno essere rinnovate o prorogate. Pertanto, l’AGCM potrà disporre una sola volta le suddette misure cautelari e una volta scadute o revocate, tali misure non potranno più essere disposte nuovamente.

Infine, allo scopo di dare forza coercitiva alle misure cautelari disposte dall’Autorità, il terzo comma dell’art. 14-bis stabilisce che quando le imprese non adempiano a una decisione dell’AGCM che dispone misure cautelari, quest’ultima può infliggere a ciascuna impresa inadempiente una sanzione pecuniaria fino al limite del 3% del fatturato realizzato da ciascuna delle suddette imprese nell’anno precedente. Ne consegue che l’inosservanza della decisione che dispone misure cautelari può comportare per tali imprese pesanti conseguenze economiche.

Si segnala inoltre che l’art. 14-bis ha lasciato inalterato il potere della Corte d’appello competente per territorio di ricevere ricorsi per la concessione di misure cautelari nei casi previsti dal secondo comma dell’art. 33, L. 287/1990.

Infatti, ai sensi di tale ultimo articolo, “i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti di urgenza in relazione alla violazione delle disposizioni di cui ai titoli dal I al IV sono promossi davanti alla corte d’appello competente per territorio”.

Questa competenza concorrente in materia cautelare potrebbe creare qualche dubbio interpretativo; infatti, l’art. 14-bis L. 287/1990 prevede solo il potere dell’Autorità di esercitare d’ufficio il proprio potere cautelare ma non stabilisce se tale potere possa essere o meno azionato da una specifica domanda delle parti interessate; inoltre, se si tiene presente che l’art. 33 prevede già la possibilità per le parti interessate di rivolgersi alla Corte d’appello competente per territorio per ottenere i provvedimenti d’urgenza necessari, si potrebbe concludere che il potere cautelare previsto dall’art. 14-bis è azionabile solo d’ufficio da parte dell’Autorità non potendo quest’ultima ricevere eventuali domande in tal senso dalle parti interessate (in quanto tale pratica si troverebbe in conflitto con il disposto del suddetto art. 33).

Tuttavia, appare preferibile interpretare le due norme in questione come norme tra loro assolutamente concorrenti, attribuendo pertanto all’AGCM il compito di ricevere e valutare le eventuali richieste di misure cautelari presentate dalle parti interessate nelle questioni antitrust più complicate (in virtù della sua maggiore competenza in materia concorrenziale), lasciando alle Corti d’appello il compito di ricevere e valutare le eventuali richieste di misure cautelari nell’ambito delle questioni antitrust meno complicate.

Quest’ultima soluzione appare confermata anche dalla lettura dell’art. 5, Reg. 1/2003 il quale stabilisce che “le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri sono competenti ad applicare gli articoli 81 e 82 del trattato in casi individuali. A tal fine, agendo d’ufficio o in seguito a denuncia, possono (…) disporre misure cautelari”

Ciò detto, per meglio comprendere come e in quali casi l’AGCM potrà esercitare in futuro questo nuovo potere cautelare, è opportuno analizzare come la Commissione europea ha utilizzato in passato questo stesso potere[3].

2.2 Il potere cautelare della Commissione europea

Come accennato, anche la Commissione europea, nell’ambito della propria funzione di organo preposto alla tutela della normativa antitrust comunitaria, dispone di poteri cautelari da esercitare nelle more del procedimento principale volto all’accertamento di condotte anticoncorrenziali poste in essere in violazione dei divieti previsti dagli artt. 81 e 82 del Trattato CE.

Infatti, ai sensi dell’art. 8 Reg. 1/2003, “nei casi di urgenza dovuta al rischio di un danno grave e irreparabile per la concorrenza la Commissione può, d’ufficio, ove constati prima facie la sussistenza di un’infrazione, adottare mediante decisione misure cautelari.

Le decisioni adottate ai sensi del paragrafo 1 sono applicabili per un determinato periodo di tempo e possono, se necessario ed opportuno, essere rinnovate”.

Tuttavia, già durante la vigenza del Regolamento (CEE) n. 17/62[4] dottrina e giurisprudenza comunitaria avevano riconosciuto tale potere cautelare in capo alla Commissione europea per effetto delle disposizioni contenute nell’art. 3, par. 1, Reg. 17/62 in forza del quale “se la Commissione constata, su domanda o d’ufficio, una infrazione alle disposizioni dell’articolo 85 [ora 81] o dell’articolo 86 [ora 82] del Trattato, può obbligare, mediante decisione, le imprese ed associazioni di imprese interessate a porre fine all’infrazione constatata”.

Sebbene nel suddetto testo normativo non si facesse espresso riferimento al potere della Commissione di imporre provvedimenti cautelari (c.d. interim measures), dottrina e giurisprudenza comunitaria erano comunque arrivate a riconoscere pacificamente la sussistenza di tale potere in capo alla Commissione europea[5].

Tale potere cautelare, infatti, venne riconosciuto per la prima volta dalla Corte di Giustizia nella sentenza Camera Care Limited / Commissione[6]. In tale procedimento che costituì a tutti gli effetti un leading case, Camera Care denunciò alla Commissione i propri fornitori, Hasselblad Ltd. e Victor Hasselblad A/B, per l’arbitraria interruzione da parte di questi ultimi delle forniture di materie prime e per il successivo rifiuto di vendere i macchinari necessari alla fabbricazione delle medesime materie prime.

Per tale motivo Camera Care, adducendo l’impossibilità di procurarsi diversamente le materie prime a causa del particolare sistema di accordi tra la Hasselblad ed i propri distributori e temendo per la propria sopravvivenza sul mercato, chiese alla Commissione la concessione di provvedimenti provvisori che ordinassero alla Hasselblad la ripresa delle forniture. La Commissione respinse tale richiesta ritenendo che non le competesse alcun potere cautelare.

Sulla questione la Corte di Giustizia, attivata da un ricorso presentato da Camera Care contro la decisione della Commissione, ha stabilito che “in una prospettiva del genere, la Commissione deve anche poter prendere, nell’ambito del controllo ad essa affidato in materia di concorrenza (…) disposizioni cautelari, in quanto possano apparire indispensabili per evitare che l’esercizio del potere di decisione previsto dall’art. 3 non finisca col diventare inefficace o persino illusorio, a motivo del comportamento di determinate imprese”[7].

Tuttavia, anche il potere cautelare di cui dispone la Commissione europea è soggetto alla sussistenza di determinate condizioni che sono pressoché identiche a quelle previste dall’art. 14-bis, Legge 287/1990 (con la sola eccezione della condizione ulteriore della tutela degli interessi legittimi della parte nei cui confronti si dovrebbe applicare la misura provvisoria, come si vedrà tra breve).

Pertanto, anche al fine di meglio comprendere la portata delle condizioni alle quali è subordinato l’esercizio del potere cautelare dell’AGCM previsto dal suddetto art. 14-bis, appare utile esaminare come la dottrina e la giurisprudenza comunitaria hanno in passato interpretato le condizioni alla quali è subordinato il potere cautelare della Commissione europea.

2.3 Presupposti di applicabilità delle interim measures da parte della Commissione

Secondo la casistica della Corte di Giustizia, del Tribunale di prima istanza e della Commissione, la concessione di provvedimenti cautelari, i quali devono necessariamente avere natura provvisoria e conservativa, non possono andare oltre quanto necessario all’obiettivo e devono mirare esclusivamente alla ricostituzione dello status quo ante[8], è subordinata a 3 condizioni:

(i) sussistenza, prima facie, di una probabile violazione agli artt. 81 e/o 82 Trattato CE[9];

(ii) urgenza della misura cautelare allo scopo alternativo[10] di a) evitare un danno grave ed irreparabile alla parte richiedente, oppure b) evitare un danno intollerabile per l’interesse pubblico[11]; e

(iii) tutela degli interessi legittimi dell’impresa nei cui confronti si dovrebbe applicare la misura provvisoria[12].

Scopo del primo requisito è di permettere alla Commissione, sulla base delle prove fornite dal richiedente o reperite in forza dei suoi poteri istruttori, di accertare la sussistenza o meno di una probabile infrazione agli artt. 81 e 82 del Trattato CE.

Tuttavia non è necessario che la Commissione constati definitivamente che vi è stata infrazione[13] poiché non è possibile equiparare il requisito dell’accertamento prima facie di un’infrazione con il requisito della certezza da soddisfare attraverso una decisione finale[14].

Pertanto sarà sufficiente, e doveroso per la Commissione, limitarsi ad accertare la possibile violazione in atto delle norme concorrenziali non richiedendosi, invece, alcuna constatazione definitiva di tale violazione[15].

Per quanto concerne il secondo requisito, nel caso La Cinq, il Tribunale ha ritenuto sussistere l’urgenza ogniqualvolta si debba evitare un danno grave e irreparabile alla parte richiedente; infatti, “l’esistenza di uno stato d’urgenza (…) è in realtà solo un aspetto della condizione relativa al rischio di un danno grave ed irreparabile”[16].

Sembra quindi potersi desumere che basti dimostrare la sussistenza del pericolo di un danno grave e irreparabile per il richiedente ovvero di un danno intollerabile per l’interesse pubblico per evidenziare il carattere urgente di una interim measure[17].

È doveroso sottolineare che, secondo il Tribunale[18], il rischio di danno grave ed irreparabile per il richiedente non equivale necessariamente al pericolo di cessazione d’attività o di fallimento dell’impresa. Infatti, il rischio in parola può consistere tanto nel rischio di danno che nessuna decisione finale potrà riparare, quanto in quello di danno che non potrà essere riparato alla fine del procedimento amministrativo di concessione delle misure cautelari.

Tuttavia il Tribunale ha anche affermato, conformemente alla giurisprudenza consolidata in materia, che un danno di natura puramente finanziaria non può, salvo ipotesi eccezionali, essere considerato come irreparabile o difficilmente riparabile se può essere oggetto di una successiva compensazione finanziaria[19].

Per quanto concerne il requisito del danno intollerabile per l’interesse pubblico, il caselaw comunitario ha raramente precisato la portata di una simile previsione. Nel caso NDC Health/IMS Health, per esempio, la Commissione e, in sede di ricorso, il Tribunale di prima istanza hanno inteso il pericolo di riduzione o eliminazione della concorrenza come danno intollerabile per l’interesse pubblico[20].

Merita infine osservare che il presunto pericolo di danno grave e irreparabile idoneo a giustificare l’urgenza della misura cautelare può venire meno nelle more del procedimento amministrativo per effetto di accordi intervenuti tra le parti; in tal caso il procedimento si conclude mancando una delle condizioni fondamentali per la concessione di misure cautelari[21].

Riguardo al terzo requisito, già nell’ordinanza Camera Care/Commissione, la Corte di Giustizia aveva posto l’attenzione sull’esigenza di tutelare gli interessi legittimi dell’impresa alla quale applicare le interim measures[22]. Tale esigenza è stata successivamente confermata nei casi Sea Containers/Stena Sealink[23] e NDC Health/IMS Health[24].

2.4 Alcune brevi considerazioni finali in materia di provvedimenti cautelari

Come si è visto, la casistica comunitaria in materia di concessione e diniego di misure cautelari è piuttosto vasta e potrà pertanto costituire un valido supporto per l’AGCM nell’esercizio dei soi nuovi poteri cautelari.

Tuttavia, si deve osservare, con riferimento al requisito dell’urgenza, che l’art. 14-bis L. 287/1990, si limita a stabilire che esso può estrinsecarsi nel “rischio di un danno grave e irreparabile per la concorrenza” mentre la casistica comunitaria ha ritenuto che l’urgenza sussista tanto nel caso in cui si intenda evitare un danno grave ed irreparabile alla parte richiedente, quanto nel caso in cui si intenda evitare un danno intollerabile per l’interesse pubblico.

Inoltre, la casistica comunitaria ha dimostrato di voler prendere in debita considerazione, nell’ambito del procedimento volto alla concessione o al diniego della misura cautelare, anche gli interessi contrapposti della parte o delle parti alla quale o alle quali i provvedimenti cautelari dovranno essere applicati; invece, l’art. 14-bis L. 287/1990 non effettua alcun riferimento alla tutela degli interessi legittimi dell’impresa nei cui confronti si dovrebbe applicare la misura provvisoria.

Infine, la casistica comunitaria ha evidenziato anche un altro aspetto tipico delle misure cautelari sul quale tace, invece, l’art. 14-bis L. 287/1990; si tratta della natura impugnabile della decisione con la quale si dispone una misura cautelare.

A tale riguardo, la Corte ha affermato che la forma e le motivazioni delle misure cautelari devono essere tali da permettere al giudice comunitario di effettuare su di esse il controllo di legittimità affinché siano rispettati gli interessi della parte a cui applicare la misura cautelare[25].

Inoltre, nell’ordinanza Camera Care/Commissione, la Corte ha stabilito che “il ruolo della Corte di Giustizia è di controllo giurisdizionale degli atti della Commissione in materia. Al riguardo i diritti dei soggetti giuridici sono protetti dal fatto che, nel caso in cui provvedimenti provvisori stabiliti dalla Commissione pregiudicassero gli interessi legittimamente tutelabili di qualsiasi parte interessata, questa avrebbe sempre la possibilità, mediante gli appropriati strumenti giudiziari, di ottenere la revisione della decisione adottata, ricorrendo, se del caso, a provvedimenti d’urgenza in forza dell’art. 185 [ora 242] o dell’art. 186 [ora 243] del Trattato CEE”.

Pertanto, le decisioni della Commissione sulle misure cautelari sono impugnabili in primo grado dinanzi al Tribunale di prima istanza e in secondo grado dinanzi alla Corte per soli motivi di diritto.

Per quanto concerne i motivi di impugnazione, la giurisprudenza del giudice comunitario offre preziose delucidazioni. Nel caso La Cinq, ad esempio, il Tribunale ha delimitato l’ambito di tale sindacato giurisdizionale stabilendo che “il sindacato giurisdizionale [del giudice comunitario] deve limitarsi alla verifica dell’osservanza delle norme di procedura e di motivazione, nonché dell’esattezza materiale dei fatti, dell’insussistenza d’errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere”[26].

Inoltre, nell’ordinanza NDC Health/IMS Health di sospensione delle misure cautelari, il Tribunale ha stabilito che “la richiedente [IMS] deve … dimostrare l’esistenza di una grave controversia o almeno di ragionevoli dubbi sulla validità della valutazione provvisoria delle regole di concorrenza effettuata dalla Commissione… Ciononostante, nel valutare gli elementi che possono giustificare la sospensione del provvedimento impugnato, a motivo dei danni che può causare, si deve tener conto del fatto che questo provvedimento costituisce di per sé un provvedimento provvisorio adottato dalla Commissione nel corso di un’istruttoria che non è ancora terminata. Si deve perciò esaminare se esista o meno un grave rischio che le conseguenze dannose della decisione impugnata, qualora abbia immediata esecuzione, superino quelle di un provvedimento cautelare e causino nel frattempo danni molto maggiori degli inconvenienti, inevitabili ma passeggeri, che derivano da tale provvedimento provvisorio”[27].

Infine, sempre nel caso NDC Health/IMS Health, il Tribunale ha aggiunto che l’applicazione delle misure cautelari debba essere sospesa tutte le volte in cui sussista un rischio “reale e concreto” che, durante la pendenza del procedimento principale, tale applicazione possa provocare alla parte che le subisce un danno grave ed irreparabile maggiore di quello che si voleva evitare concedendo tali misure[28].

Ciò detto, si deve in ogni caso puntualizzare che sebbene l’art. 14-bis L. 287/1990 non stabilisca nulla in materia di impugnabilità delle misure cautelari disposte dall’AGCM, troverà in ogni caso applicazione l’art. 33 L. 287/1990 in forza del quale contro le decisioni dell’AGCM è proponibile ricorso al TAR Lazio e contro l’eventuale decisione avversa di quest’ultimo ricorso al Consiglio di Stato.

Ovviamente, nella valutazione dei motivi di ricorso avverso la decisione dell’AGCM che dispone misure cautelari, potrà essere utile fare riferimento alla casistica comunitaria in materia di impugnazione delle interim measures disposte dalla Commissione.

Infine, merita di essere segnalata un’altra differenza, macroscopica, che emerge dal confronto tra il disposto del secondo comma dell’art. 14-bis L. 287/1990 ed il disposto dell’art. 8, secondo paragrafo, Reg. 1/2003; infatti, la legislazione nazionale prevede il divieto assoluto di rinnovo delle misure cautelari, mentre la normativa comunitaria prevede la possibilità “se necessario ed opportuno” di rinnovare le misure cautelari disposte dalla Commissione europea.

3.1 Gli impegni

L’art. 14-ter, L. 287/1990 introduce nell’ambito della normativa antitrust italiana uno strumento ben noto alla prassi della Commissione europea[29].

A livello comunitario, infatti, l’art. 9, paragrafo 1, Reg. 1/2003 stabilisce che “qualora intenda adottare una decisione volta a far cessare un’infrazione e le imprese interessate propongano degli impegni tali da rispondere alle preoccupazioni espresse loro dalla Commissione nella sua valutazione preliminare, la Commissione può, mediante decisione, rendere detti impegni obbligatori per le imprese. La decisione può essere adottata per un periodo di tempo determinato e giunge alla conclusione che l’intervento della Commissione non è più giustificato”

In ambito comunitario, la c.d. “commitment procedure” prevista dal citato art. 9, Reg. 1/2003, è stata applicata per la prima volta nel settembre del 2004 quando la Commissione europea ha pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (GUUE) gli impegni assunti dalla Ligaverband in merito alla commercializzazione dei diritti di trasmissione del campionato di calcio tedesco (la Bundesliga)[30].

In quell’occasione, gli impegni assunti dalla Ligaverband permisero una maggiore liberalizzazione dei diritti di trasmissione delle partite di calcio tedesche, in particolare nel settore dei nuovi media, quali l’UMTS e Internet a banda larga, superando le preoccupazioni espresse dalla Commissione europea.

Allo stesso modo, anche l’Autorità, quando si troverà a dover analizzare delle condotte tendenzialmente anticoncorrenziali alla luce degli artt. 2 o 3 della L. 287/1990, potrà accettare gli eventuali impegni proposti dalle parti “indagate” al fine di “far venire meno i profili anticoncorrenziali oggetto dell’istruttoria”[31].

Si noti che, a differenza di quanto previsto in ambito comunitario, la disciplina nazionale prevede un periodo limite di “tre mesi dalla notifica dell’apertura di un’istruttoria” per la presentazione degli impegni; ne consegue che scaduto tale termine, le imprese sotto indagine non potranno più presentare impegni.

Nel caso, invece, di impegni presentati nel rispetto del suddetto termine, l’AGCM dovrà valutare l’idoneità di tali impegni a fare venire meno i profili anticoncorrenziali oggetto dell’istruttoria e, qualora tale valutazione dia esito positivo, potrà rendere tali impegni obbligatori per le imprese che li hanno proposti e chiudere il procedimento senza accertare l’infrazione.

Gli impegni proposti dalle imprese “indagate” potranno essere di tipo comportamentale (ad esempio, con l’impegno di cessare determinati comportamenti anticoncorrenziali) oppure strutturali (ad esempio, con l’impegno di dimettere una o più attività/rami d’azienda in favore di terzi concorrenti).

Come si vede pertanto, la proposizione e l’accettazione degli impegni produce l’effetto di chiudere l’istruttoria avviata dall’AGCM per l’accertamento e l’eventuale sanzionamento di condotte anticoncorrenziali; ne consegue che le imprese in odore di sanzione per condotte anticoncorenziali, potranno optare per una particolare forma di ravvedimento operoso proponendo all’AGCM impegni volti a neutralizzare i profili di anticoncorrenzialità evidenziati dall’AGCM.

Una volta accettati dall’AGCM, gli impegni diventano obbligatori per le imprese che li hanno proposti, con la conseguenza che in caso di loro violazione da parte di tali imprese, l’Autorità, che vigilerà sul rispetto dei medesimi impegni, potrà comminare alle imprese una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10% del fatturato di ciascuna impresa.

Infine, l’accettazione degli impegni non preclude all’AGCM la possibilità di riaprire il procedimento nei confronti delle imprese che hanno proposto tali impegni qualora:

(i) si sia modificata la situazione di fatto rispetto ad un elemento su cui si fonda la decisione;

(ii) le imprese interessate contravvengono agli impegni assunti; oppure

(iii) la decisione si fonda su informazioni incomplete inesatte o fuorvianti.

4.1 Il programma di clemenza dell’AGCM

Come visto, ai sensi dell’art. 15, comma 2-bis, L. 287/1990, l’AGCM “in conformità all’ordinamento comunitario, definisce con proprio provvedimento generale i casi in cui, in virtù della qualificata collaborazione prestata dalle imprese nell’accertamento di infrazioni alle regole di concorrenza, la sanzione amministrativa pecuniaria può essere non applicata ovvero ridotta nelle fattispecie previste dal diritto comunitario”.

Tale disposizione rappresenta una importantissima novità per la disciplina antitrust italiana e può costituire una validissimo strumento nell’individuazione e nel sanzionamento di cartelli segreti[32].

In generale, infatti, i programmi di clemenza, come applicati a livello comunitario e dalle autorità antitrust dei principali Paesi UE, prevedono l’immunità totale per la prima impresa che rivela all’autorità antitrust competente l’esistenza di un cartello segreto (di cui tale impresa denunciante fa parte) ottenendo come premio per la sua collaborazione l’immunità totale oppure una sensibile riduzione delle sanzioni previste dalla normativa antitrust di riferimento; a ciò si aggiunga che sono previste riduzioni delle sanzioni anche per le imprese che non sono state le prime a svelare l’esistenza di un cartello di cui fanno parte.

Pertanto, va da sé che, allettate dalla prospettiva di non essere sanzionate, le imprese desiderose di uscire allo scoperto e di denunciare un cartello di cui fanno parte potranno collaborare con l’AGCM per favorire l’individuazione e la repressione di tale cartello.

Anche in questo caso, alla luce della mancanza di caselaw significativo da parte dell’AGCM[33], sarà utile guardare alla disciplina antitrust comunitaria dove la normativa di riferimento è costituita dalla Comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (c.d. “Leniency Notice”)[34].

4.2 La Leniency Notice comunitaria

La Leniency Notice comunitaria riguarda le intese segrete tra due o più imprese concorrenti volte alla fissazione dei prezzi, delle quote di produzione o di vendita, oppure alla ripartizione dei mercati, compresa la manipolazione delle gare d’appalto, oppure ancora alla restrizione delle importazioni o esportazioni. Tali pratiche sono tra le più gravi restrizioni della concorrenza di cui la Commissione europea, nell’ambito delle sue funzioni di organo preposto alla tutela delle normative antitrust comunitarie, sia chiamata ad occuparsi.

Inoltre, nel limitare artificiosamente la concorrenza che normalmente esisterebbe tra loro, le imprese facenti parte di cartelli segreti si sottraggono proprio a quegli stimoli che le indurrebbero ad innovare, sia in termini di sviluppo dei prodotti, sia in termini d’introduzione di processi produttivi più efficienti.

Pertanto, consapevole del fatto che alcune imprese aderenti a simili intese illegali, pur volendo porre fine alla loro partecipazione e informare la Commissione dell’esistenza dell’intesa, ne sono dissuase dalle ammende elevate cui sono potenzialmente esposte, la Commissione europea ha ritenuto che sia nell’interesse della Comunità accordare un trattamento favorevole alle imprese che offrono la loro cooperazione. Infatti, il vantaggio che i consumatori e i cittadini traggono dalla scoperta e dall’eliminazione dei cartelli segreti è primario rispetto all’interesse di infliggere sanzioni pecuniarie alle imprese che consentono alla Commissione di scoprire e vietare pratiche di questo tipo.

Ciò detto, la Leniency Notice del 2002 stabilisce a quali condizioni le imprese che collaborano all’individuazione e alla repressione dei cartelli possono beneficiare dell’immunità totale dalle ammende (o ottenerne la riduzione).

In particolare, l’immunità totale dalle ammende viene concessa (punti da 8 a 10 della Leniency Notice):

(a) alla prima impresa partecipante al cartello che informi la Commissione dell’esistenza di un’intesa non ancora individuata (e della quale la Commissione stessa non abbia alcuna notizia), fornendo alla Commissione informazioni sufficienti per consentirle di avviare le indagini volte all’individuazione del cartello; oppure

(b) alla prima impresa partecipante al cartello segreto che fornisca alla Commissione europea elementi di prova che le consentano di constatare un’infrazione, qualora la Commissione sia già in possesso di informazioni sufficienti per avviare un accertamento ma in ogni caso non idonee per constatare l’esistenza della violazione. Questo tipo di immunità può essere concessa solo se nessun altra impresa partecipante al cartello segreto stia già beneficiando dell’immunità in virtù dell’ipotesi sub a).

Oltre a ciò, per ottenere l’immunità totale l’impresa denunciante deve altresì soddisfare le condizioni cumulative definite al punto 11 della Leniency Notice, ovvero:

(i) assicurare una piena, permanente e tempestiva collaborazione alla Commissione, per tutta la durata del procedimento amministrativo volto all’accertamento del cartello segreto, nonché fornire alla Commissione tutti gli elementi di prova in suo possesso;

(ii) cessare immediatamente di partecipare al cartello; e

(iii) non avere agito in passato, in alcun modo, per costringere altre imprese a partecipare al cartello.

Qualora non sia possibile ottenere l’immunità totale dall’ammenda (ad esempio perché manca anche una sola delle condizioni sopra illustrate, oppure perché un’altra impresa partecipante al medesimo cartello sta già beneficiando dell’immunità totale), rimane aperta la possibilità di ottenere una riduzione dell’importo dell’ammenda nel caso in cui l’impresa denunciante (1) fornisca alla Commissione elementi di prova che costituiscano un “valore aggiunto significativo” rispetto a quelli già in suo possesso[35] e (2) cessi di partecipare al cartello.

Pertanto, la sanzione astrattamente comminabile all’impresa rea di avere partecipato ad un cartello segreto, potrà essere ridotta in misura variabile a seconda del momento in cui la Commissione accerta la sussistenza delle condizioni per potere beneficiare della riduzione della pena[36].

Infatti, la misura della riduzione dell’ammenda viene stabilita dalla Commissione seguendo un sistema di forcelle previsto proprio dalla Leniency Notice (punto 23):

- alla prima impresa che soddisfa le suddette condizioni può essere accordata una riduzione compresa tra il 30 ed il 50% della sanzione “edittale”;

- alla la seconda impresa che soddisfa le suddette condizioni può essere accordata una riduzione compresa tra il 20 ed il 30% della sanzione “edittale”; e

- alle altre imprese che soddisfano le suddette condizioni può essere accordata una riduzione massima del 20% della sanzione “edittale”.

All’interno di ciascuna forbice, l’importo finale della riduzione dipende a sua volta dal momento in cui gli elementi di prova vengono presentati e dalla loro qualità (ovvero al loro grado di valore aggiunto come meglio definito al punto 22 della Leniency Notice). Viene preso in considerazione altresì il grado di cooperazione fornita durante tutto il procedimento della Commissione.

Dal punto di vista procedurale, la richiesta di immunità o di riduzione dell’ammenda segue i seguenti steps:

(i) inoltrare alla Commissione una richiesta di immunità ai sensi della Leniency Notice (il miglior modo è rappresentato dall’invio a mezzo fax, in quanto tale forma di comunicazione garantisce la ricezione immediata della “denuncia” da parte della Commissione e, pertanto, la precedenza rispetto a qualsiasi altra eventuale denuncia proveniente da altre imprese partecipanti al cartello);

(ii) ricevuta la richiesta di immunità o di riduzione dell’ammenda, la Commissione invia all’impresa denunciante conferma scritta attestante la data di presentazione della denuncia stesa;

(iii) in seguito, la Commissione verifica la sussistenza dei requisiti previsti dalla Leniency Notice e accorda per iscritto l’immunità condizionata al rispetto degli ulteriori caveat definiti dal punto 11 (c.d. “immunità condizionale”) ovvero comunica la propria intenzione di applicare la riduzione secondo una determinata forbice.

Nel frattempo, la Commissione non prenderà in considerazione altre richieste di immunità o di riduzione provenienti da altre imprese partecipanti al medesimo cartello fino a quando non sia stata adottata una posizione su una richiesta già esistente in relazione allo stesso cartello denunciato (punti 18 e 25).

Al termine del procedimento amministrativo la Commissione accorderà l’immunità o la riduzione dell’ammenda nella sua decisione finale[37].

Infine, si deve rilevare che se in una qualsiasi fase del procedimento amministrativo volto all’accertamento e alla repressione del cartello denunciato dovesse venire meno anche una sola delle condizioni richieste dalla Leniency Notice (anche e ciò anche qualora l’immunità sia già stata concessa), la Commissione potrà revocare il beneficio dell’immunità.



[1] GURI n. 186 del 11.08.2006, Serie Generale ; ai sensi dell’art. 1 della Legge 248/2006, tale legge è entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, avvenuta appunto in data 11 agosto 2006.

[2] Per una disamina del concetto di urgenza secondo la dottrina e la giurisprudenza comunitaria, si veda infra, par. 2.3.

[3] Si consideri che ai sensi dell’art. 1 ultimo comma, Legge 287/1990, tutta la normativa anitrust italiana deve essere interpretata alla luce delle disciplina antitrust comunitaria ; pertanto, anche l’AGCM, quando si troverà a dovere esercitare questo nuovo potere cautelare, farà affidamento sul caselaw della Commissione europea.

[4] GUCE 13 del 21.02.1962, pp. 204-211; il Reg. 17/62 è oggi abrogato e sostituito dal citato Reg. 1/2003.

[5] Dec. Comm. del 29.07.1983, ECS/AKZO, punto 22; C. Giust. 28.02.1984, cause riunite 228 e 229/82, Ford, punti 18 e 19; Dec. Comm. del 29.07.1987, BBI/Boosey & Hawkes; TPI 12.07.1991, causa T-23/90, Eco-System/Peugeot, punto 19; TPI 24.01.1992, causa T-44/90, La Cinq, punto 27; Dec. Comm. del 21.01.1993, Sea Containers/Stena Sealink, punti 55 e 56; Dec. Comm. del 16.05.1995, Irish Continental Group/CCI Morlaix, punto 49; Ord. TPI del 16.03.1998, causa T-235/1995, Anthony Goldstein/Commissione, punto 4; Dec. Comm. del 03.07.2001, NDC Health/IMS Health, punto 37.

[6] Ord. C. Giust. del 17.01.1980, causa 792/79- R, Camera Care Limited/Commissione.

[7] Ord. C. Giust. Camera Care Limited/Commissione, cit., punto 18. Tuttavia, l’Avv. Gen. Jean-Pierre Warner, nelle proprie conclusioni, aveva proposto di escludere il riconoscimento di qualsiasi potere cautelare in capo alla Commissione in quanto non espressamente previsto dall’art. 3 Reg. 17/62. Conclusioni presentate il 09.01.1980 nella causa 792/79 R, Camera Care Limited/Commissione.

[8] Dec. Comm. BBI/Boosey & Hawkes, cit., punti 24 e 36; Dec. Comm. ECS/AKZO, cit., punto 24; Dec. Comm. NDC Health/IMS Health, cit., punto 42; Dec. Comm. NDC Health/IMS Health, cit., punto 216. Si noti tuttavia, che nel caso Irish Continental Group/CCI Morlaix, cit., la Commissione ha aggiunto che una misura cautelare può autorizzare l’ingresso di un nuovo operatore sul mercato purché accompagnata da motivazioni che devono essere più forti di quelle di una normale misura cautelare, punti 51 e 52.

[9] Sent. TPI Eco-System/Peugeot, cit., punto 61; Sent. TPI La Cinq, cit., punti 62 e 66; Dec. Comm. NDC Health/IMS Health, cit., punto 39.

[10] Sweet & Maxwell, “EC Antitrust Procedure”, 2000, p. 229, par. 6.06; Bellamy & Child, “European Community Law of Competition” fifth edition, 2001, p. 921, parr. 12-060 e ss.

[11] Ord. C. Giust. Camera Care Limited/Commissione, cit., punto 19; Dec. Comm. ECS/AKZO, cit., punto 23; Sent. TPI Eco-System/Peugeot, cit., punto 22; Dec. Comm. NDC Health/IMS Health, cit., punto 41.

[12] Dec. Comm. NDC Health/IMS Health, cit., punto 42.

[13] Dec. Comm. BBI/Boosey & Hawkes, cit., punto 14.

[14] Sent. TPI Eco-System/Peugeot, cit., punto 61, che ha deciso sul ricorso presentato contro la Dec. Comm. del 26.03.1990, Eco-System/Peugeot; Sent. TPI La Cinq, cit., punti 60-65.

[15] Dec. Comm. Irish Continental Group/CCI Morlaix, cit., punto 69; Dec. Comm. NDC Health/IMS Health, cit., punti 41 e 186, ragionamento peraltro confermato dallo stesso TPI nella sua ordinanza di sospensione della Dec. Comm. NDC Health/IMS Health (punti 41 e 180).

[16] Sent. TPI La Cinq, cit., punto 28.

[17] Dal caselaw comunitario emerge un’ampia elencazione di esempi di urgenza. A titolo esemplificativo, si ricordano l’interruzione delle forniture e il contestuale rifiuto di ripresa delle stesse (Dec. Comm. NDC Health/IMS Health, cit., punto 2; Dec. Comm. BBI/Boosey & Hawkes, cit., punti 22-23) ed il rifiuto di accesso ad una infrastruttura portuale nell’imminenza dell’apertura della stagione turistica con contestuale impossibilità di svolgere l’attività concorrenziale (Dec. Comm. Irish Continental Group/CCI Morlaix, cit., punto 70).

[18] Sent. TPI La Cinq, cit., punti 70 e 78-83; Dec. Comm. NDC Health/IMS Health, cit., punti 188 e 189 dove, in particolare, il rischio di danno grave e irreparabile consisteva nella duplice possibilità di perdere clienti attuali e non attrarre clienti potenziali (punto 193).

[19] Ord. Pres. TPI, NDC Health/IMS Health, cit., punto 119; Ord. C. Giust. del 15.06.1993, causa C-213/91, Abertal Sat/Commissione, punto 24; Ord. TPI dell’01.10.1997, caso T-230/97, Comafrica and Dole/Commissione, punto 32; Ord. C. Giust. dell’11.04.2001, Commissione/Cambridge Healthcare Supplies Ltd, punto 113; Ord. TPI del 15.06.2001, caso T-339/00 R, Bactria/Commissione, punto 94.

[20] Dec. Comm. NDC Health/IMS Health, cit., punti 190 e ss.; Ord. TPI IMS Health, punto 141.

[21] Dec. Comm. del 21.12.1993, Sea Containers/Stena Sealink, punto 79.

[22] Ord. C. Giust. Camera Care Limited/Commissione, cit., punto 19.

[23] Dec. Comm. Sea Containers/Stena Sealink, cit., punto 56.

[24] Dec. Comm. NDC Health/IMS Health, cit., punto 42.

[25] Ord. C. Giust. Camera Care Limited/Commissione, cit., punto 19; Sent. TPI Eco-System/Peugeot, cit., punto 21; Sent. TPI La Cinq, cit., punto 42.

[26] Sent. TPI La Cinq, cit., punto 5.

[27] Ord. TPI IMS Health, cit., punti 93 e 117; v. anche Ord. Pres. C. di Giust. del 29.09.1982, cause riunite 228 e 229/82 R, Ford/Commissione, cit., punto 8.

[28] Ord. TPI IMS Health, cit., punto 132; Ord. Pres. C. di Giust Ford/Commissione, cit., punti 11 e 14 dove si legge che“… nel valutare gli elementi che possono giustificare la sospensione del provvedimento impugnato, a motivo dei danni che può causare, si deve tener conto del fatto che questo provvedimento costituisce di per sè un provvedimento provvisorio adottato dalla Commissione nel corso di un’istruttoria che non è ancora terminata. … Esiste un grave rischio che le conseguenze dannose della decisione impugnata, qualora abbia immediata esecuzione, superino quelle di un provvedimento cautelare e causino nel frattempo danni molto maggiori degli inconvenienti inevitabili, ma passeggeri, derivanti da un provvedimento del genere. Si deve quindi sospendere l’esecuzione della decisione impugnata in modo da ricondurla entro i limiti di un provvedimento conservativo …”.

[29] L’uso degli impegni è molto diffuso nella disciplina comunitaria sul controllo delle operazioni di concentrazione. Si veda a tale riguardo il Reg. (CE) n. 139/2004.

[30] Il caso della Ligaverband costituisce, fino ad oggi, il primo e unico caso in cui si è ricorso alla “commitment procedure”.

[31] Nei casi in cui, invece, l’AGCM applica gli artt. 81 o 82 del Trattato CE, il potere di accettare impegni, così come quello di disporre misure cautelari, gli era già stato riconosciuto dall’art. 5 del Reg. 1/2003.

[32] Da tempo l’AGCM auspicava la possibilità di avvalersi dei c.d. programmi di clemenza e già nella relazione annuale del 2003 si palesava l’opportunità di introdurre un simile strumento nella normativa antitrust italiana.

[33] Tuttavia, sebbene l’AGCM non disponesse di un proprio programma di clemenza, ha sempre riconosciuto, in applicazione dei principi comunitari ai quali l’intera disciplina antitrust italiana si ispira, forti riduzioni di pena in favore delle imprese che collaboravano attivamente ai fini dell’individuazione e della repressione dei cartelli o di condotte anticoncorrenziali.

[34] GUCE C 45 del 19.02.2002, pag. 3 e ss. Tale programma di clemenza comunitario, sostituisce il precedente e obsoleto leniency program contenuto nella comunicazione del 1996 (in GUCE C 207 del 18.07.1996, pag. 4). Allo stesso modo, ben 18 Stati membri UE hanno già introdotto nella propria legislazione antitrust nazionale appositi programmi di clemenza.

[35] Il concetto di “valore aggiunto” si riferisce alla misura in cui gli elementi di prova forniti rafforzano, per la loro stessa natura e/o per il loro grado di precisione, la capacità della Commissione di dimostrare i fatti in questione.

[36] Circa le modalità seguite dalla Commissione per il calcolo delle ammende, si rinvia alla Comunicazione della Commissione del 1° settembre 2006 intitolata “Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 23, paragrafo 2, lettera a) del Regolamento (CE) n. 1/2003” in GUUE C 210 del 01.09.2006, pag. 2 e ss (tale comunicazione sostituisce la precedente del 1998 pubblicata in GUCE C 9 del 14.01.1998, pag. 3 e ss.).

In estrema sintesi, la suddetta Comunicazione prevede il seguente metodo di calcolo delle sanzioni:

1) fermo restando che le sanzioni non possono superare il tetto massimo del 10% del fatturato totale annuo realizzato dall’impresa responsabile della violazione nell’anno precedente (art. 23, par. 2, Reg. 1/2003), la base di calcolo per la determinazione dell’ammenda sarà costituita dal valore totale delle vendite, che siano direttamente o indirettamente collegabili alla condotta anticoncorrenziale, effettuate dall’impresa responsabile dell’infrazione nell’anno precedente a quello dell’accertamento dell’infrazione stessa (nel caso in cui l’infrazione sia posta in essere da un gruppo di imprese, tale valore verrà calcolato per ciascuna di tali imprese separatamente);

2) da questo valore verrà calcolata una somma variabile (in funzione della gravità dell’infrazione) fino al massimo del 30%; tale somma sarà poi moltiplicata per il numero di anni durante i quali si è verificata l’infrazione (periodi inferiori a 6 mesi saranno calcolati come metà anno mentre periodi superiori saranno calcolati come anni interi);

3) in aggiunta alla suddetta somma e a prescindere dalla durata dell’infrazione, è previsto un ulteriore aggravio della sanzione (nella misura variabile tra il 15% e il 25% del valore delle vendite) per il semplice fatto di avere partecipato, anche passivamente, ad un cartello (la c.d. “entry-fee”);

4) infine, si deve osservare che la base di calcolo di cui al precedente punto 1) può essere aumentata fino al 100% del valore delle vendite (in deroga, pertanto, al limite del 30%) qualora la Commissione accerti che l’impresa, o le imprese, che hanno posto in essere l’infrazione hanno, in passato, commesso la stessa o simili infrazioni (a tale riguardo rilevano anche le infrazioni accertate dalle autorità antitrust nazionali)

Naturalmente, nel determinare l’ammontare della base di calcolo la Commissione terrà in considerazione anche una serie di circostanze aggravanti (come il ruolo di leader nel cartello o il rifiuto di cooperare con la Commissione durante le indagini) e attenuanti (coinvolgimento limitato nel cartello, cessazione immediata della partecipazione a tale cartello una volta avviate le indagino da parte della Commissione, ecc… ).

[37] Come detto, la Leniency Notice del 2002 sostituisce il precedente e obsoleto leniency program, contenuto nella comunicazione del 1996, il quale prevedeva solo 3 categorie di cooperazione: (i) quella dell’impresa che denunciava il cartello (con una riduzione pari almeno al 75% o esenzione totale dall’ammenda); (ii) quella delle imprese che confermavano l’esistenza di un cartello, permettendo di adottare una decisione (con riduzione dal 50 al 75%) e (iii) quella delle imprese che non si difendevano e non contestavano i fatti addebitati (con riduzione da 10 a 50%).

Com’è agevole notare, la nuova politica in materia di ammende si differenzia da quella che aveva ispirato la comunicazione del 1996 per una maggiore trasparenza e certezza delle condizioni per l’immunità e la riduzione. Difatti, in precedenza si richiedevano all’impresa elementi di prova “determinanti” e si escludeva il beneficio della piena immunità per le società che avessero svolto un ruolo istigatore o una funzione determinante in un cartello, lasciando un notevole margine di interpretazione, e conseguentemente di incertezza, sulla nozione di elementi determinanti, di ruolo istigatore o di ruolo determinante.

1 Premessa

Con l’entrata in vigore della Legge 4 agosto 2006 n. 248[1], ovvero della legge di conversione del Decreto Legge 4 luglio 2006 n. 223, meglio noto come “Decreto Bersani”, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’“AGCM” o l’“Autorità”) si è vista finalmente riconoscere quei poteri cautelari, istruttori e sanzionatori che da tempo sono attribuiti alla Commissione europea (nell’ambito delle sue funzioni di organo preposto alla tutela della normativa antitrust comunitaria) e alle autorità antitrust dei principali paesi europei ed extracomunitari.

In particolare, ai sensi dell’art. 14 della Legge 248/2006, la legge antitrust italiana che ha altresì istituito l’AGCM (Legge 10 ottobre 1990, n. 287), è stata integrata con i seguenti articoli:

Articolo 14-bis – Misure cautelari

“1. Nei casi di urgenza dovuta al rischio di un danno grave e irreparabile per la concorrenza, l’Autorità può, d’ufficio, ove constati ad un sommario esame la sussistenza di un’infrazione, deliberare l’adozione di misure cautelari.

2. Le decisioni adottate ai sensi del comma 1 non possono essere in ogni caso rinnovate o prorogate.

3. L’Autorità, quando le imprese non adempiano a una decisione che dispone misure cautelari, può infliggere sanzioni amministrative pecuniarie fino al 3 per cento del fatturato.”

Articolo 14-ter – Impegni

“1. Entro tre mesi dalla notifica dell’apertura di un’istruttoria per l’accertamento della violazione degli articoli 2 o 3 della presente legge o degli articoli 81 o 82 del Trattato CE, le imprese possono presentare impegni tali da far venire meno i profili anticoncorrenziali oggetto dell’istruttoria. L’Autorità, valutata l’idoneità di tali impegni, può, nei limiti previsti dall’ordinamento comunitario, renderli obbligatori per le imprese e chiudere il procedimento senza accertare l’infrazione.

2. L’Autorità in caso di mancato rispetto degli impegni resi obbligatori ai sensi del comma 1 può irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10 per cento del fatturato.

3. L’Autorità può d’ufficio riaprire il procedimento se:

a) si modifica la situazione di fatto rispetto ad un elemento su cui si fonda la decisione;

b) le imprese interessate contravvengono agli impegni assunti;

c) la decisione si fonda su informazioni trasmesse dalle parti che sono incomplete inesatte o fuorvianti”.

Articolo 15, comma 2-bis – Programma di clemenza

“L’Autorità, in conformità all’ordinamento comunitario, definisce con proprio provvedimento generale i casi in cui, in virtù della qualificata collaborazione prestata dalle imprese nell’accertamento di infrazioni alle regole di concorrenza, la sanzione amministrativa pecuniaria può essere non applicata ovvero ridotta nelle fattispecie previste dal diritto comunitario”.

Nel paragrafo che segue saranno esaminati i nuovi poteri cautelari attribuiti all’Autorità cercando di effettuare un confronto con le interim measures che possono essere disposte dalla Commissione europea alla luce delle disposizioni contenute nel Regolamento (CE) n. 1/2003.

Nel terzo paragrafo sarà invece analizzato il nuovo art. 14-ter, Legge 287/1990, che introduce nella disciplina antitrust italiana una procedura molto simile alla c.d. commitment procedure prevista, nell’ambito della normativa antitrust comunitaria, dall’art. 9 del citato Reg. 1/2003.

Infine, nel quarto paragrafo si effettuerà un raffronto tra il programma di clemenza previsto dal suddetto art. 15, comma 2-bis, Legge 287/1990, e la Leniency Notice comunitaria del 2002.

2.1 I nuovi poteri cautelari dell’AGCM

Come si è visto, l’Autorità dispone ora di nuovi poteri cautelari da esercitare d’ufficio mediante decisione da adottarsi prima o durante l’istruttoria avviata per l’accertamento di una condotta anticoncorrenziale vietata ai sensi degli artt. 2 o 3, Legge 287/1990, e 81 o 82 del Trattato CE.

L’esercizio di tale potere, tuttavia, è subordinato alla sussistenza di due condizioni.

In primo luogo, deve sussistere il requisito dell’urgenza, ovvero il rischio di un danno grave ed irreparabile per la concorrenza qualora la condotta anticoncorrenziale alla quale la misura cautelare deve essere applicata non venga neutralizzata al più presto[2].

In secondo luogo l’Autorità deve, prima facie (ovvero in seguito ad un sommario esame della situazione), ravvisare il requisito della probabile sussistenza di una infrazione degli artt. 2 o 3, Legge 287/1990, o degli artt. 81 o 82 del Trattato CE. Poiché il potere cautelare in esame può essere esercitato d’ufficio dall’Autorità, va da sé che il suddetto esame sommario della situazione possa essere effettuato anche inaudita altera parte.

In considerazione del fatto che la disposizione in esame non sembra porre limiti alla tipologia di misure cautelari che possono essere disposte dall’AGCM, si deve ritenere che in presenza delle suddette condizioni l’Autorità possa disporre le misure cautelari più disparate ritenute idonee alla neutralizzazione di una probabile condotta anticoncorrenziale (ovviamente, per il tempo necessario a fare piena luce su tale condotta anticoncorrenziale e, se necessario, fino alla conclusione dell’istruttoria che dovrà decidere se sussiste o meno violazione della normativa antitrust nazionale o comunitaria).

Una importante limitazione al suddetto potere cautelare è dato dal fatto che in nessun caso le misure cautelari disposte ai sensi dell’art. 14-bis potranno essere rinnovate o prorogate. Pertanto, l’AGCM potrà disporre una sola volta le suddette misure cautelari e una volta scadute o revocate, tali misure non potranno più essere disposte nuovamente.

Infine, allo scopo di dare forza coercitiva alle misure cautelari disposte dall’Autorità, il terzo comma dell’art. 14-bis stabilisce che quando le imprese non adempiano a una decisione dell’AGCM che dispone misure cautelari, quest’ultima può infliggere a ciascuna impresa inadempiente una sanzione pecuniaria fino al limite del 3% del fatturato realizzato da ciascuna delle suddette imprese nell’anno precedente. Ne consegue che l’inosservanza della decisione che dispone misure cautelari può comportare per tali imprese pesanti conseguenze economiche.

Si segnala inoltre che l’art. 14-bis ha lasciato inalterato il potere della Corte d’appello competente per territorio di ricevere ricorsi per la concessione di misure cautelari nei casi previsti dal secondo comma dell’art. 33, L. 287/1990.

Infatti, ai sensi di tale ultimo articolo, “i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti di urgenza in relazione alla violazione delle disposizioni di cui ai titoli dal I al IV sono promossi davanti alla corte d’appello competente per territorio”.

Questa competenza concorrente in materia cautelare potrebbe creare qualche dubbio interpretativo; infatti, l’art. 14-bis L. 287/1990 prevede solo il potere dell’Autorità di esercitare d’ufficio il proprio potere cautelare ma non stabilisce se tale potere possa essere o meno azionato da una specifica domanda delle parti interessate; inoltre, se si tiene presente che l’art. 33 prevede già la possibilità per le parti interessate di rivolgersi alla Corte d’appello competente per territorio per ottenere i provvedimenti d’urgenza necessari, si potrebbe concludere che il potere cautelare previsto dall’art. 14-bis è azionabile solo d’ufficio da parte dell’Autorità non potendo quest’ultima ricevere eventuali domande in tal senso dalle parti interessate (in quanto tale pratica si troverebbe in conflitto con il disposto del suddetto art. 33).

Tuttavia, appare preferibile interpretare le due norme in questione come norme tra loro assolutamente concorrenti, attribuendo pertanto all’AGCM il compito di ricevere e valutare le eventuali richieste di misure cautelari presentate dalle parti interessate nelle questioni antitrust più complicate (in virtù della sua maggiore competenza in materia concorrenziale), lasciando alle Corti d’appello il compito di ricevere e valutare le eventuali richieste di misure cautelari nell’ambito delle questioni antitrust meno complicate.

Quest’ultima soluzione appare confermata anche dalla lettura dell’art. 5, Reg. 1/2003 il quale stabilisce che “le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri sono competenti ad applicare gli articoli 81 e 82 del trattato in casi individuali. A tal fine, agendo d’ufficio o in seguito a denuncia, possono (…) disporre misure cautelari”

Ciò detto, per meglio comprendere come e in quali casi l’AGCM potrà esercitare in futuro questo nuovo potere cautelare, è opportuno analizzare come la Commissione europea ha utilizzato in passato questo stesso potere[3].

2.2 Il potere cautelare della Commissione europea

Come accennato, anche la Commissione europea, nell’ambito della propria funzione di organo preposto alla tutela della normativa antitrust comunitaria, dispone di poteri cautelari da esercitare nelle more del procedimento principale volto all’accertamento di condotte anticoncorrenziali poste in essere in violazione dei divieti previsti dagli artt. 81 e 82 del Trattato CE.

Infatti, ai sensi dell’art. 8 Reg. 1/2003, “nei casi di urgenza dovuta al rischio di un danno grave e irreparabile per la concorrenza la Commissione può, d’ufficio, ove constati prima facie la sussistenza di un’infrazione, adottare mediante decisione misure cautelari.

Le decisioni adottate ai sensi del paragrafo 1 sono applicabili per un determinato periodo di tempo e possono, se necessario ed opportuno, essere rinnovate”.

Tuttavia, già durante la vigenza del Regolamento (CEE) n. 17/62[4] dottrina e giurisprudenza comunitaria avevano riconosciuto tale potere cautelare in capo alla Commissione europea per effetto delle disposizioni contenute nell’art. 3, par. 1, Reg. 17/62 in forza del quale “se la Commissione constata, su domanda o d’ufficio, una infrazione alle disposizioni dell’articolo 85 [ora 81] o dell’articolo 86 [ora 82] del Trattato, può obbligare, mediante decisione, le imprese ed associazioni di imprese interessate a porre fine all’infrazione constatata”.

Sebbene nel suddetto testo normativo non si facesse espresso riferimento al potere della Commissione di imporre provvedimenti cautelari (c.d. interim measures), dottrina e giurisprudenza comunitaria erano comunque arrivate a riconoscere pacificamente la sussistenza di tale potere in capo alla Commissione europea[5].

Tale potere cautelare, infatti, venne riconosciuto per la prima volta dalla Corte di Giustizia nella sentenza Camera Care Limited / Commissione[6]. In tale procedimento che costituì a tutti gli effetti un leading case, Camera Care denunciò alla Commissione i propri fornitori, Hasselblad Ltd. e Victor Hasselblad A/B, per l’arbitraria interruzione da parte di questi ultimi delle forniture di materie prime e per il successivo rifiuto di vendere i macchinari necessari alla fabbricazione delle medesime materie prime.

Per tale motivo Camera Care, adducendo l’impossibilità di procurarsi diversamente le materie prime a causa del particolare sistema di accordi tra la Hasselblad ed i propri distributori e temendo per la propria sopravvivenza sul mercato, chiese alla Commissione la concessione di provvedimenti provvisori che ordinassero alla Hasselblad la ripresa delle forniture. La Commissione respinse tale richiesta ritenendo che non le competesse alcun potere cautelare.

Sulla questione la Corte di Giustizia, attivata da un ricorso presentato da Camera Care contro la decisione della Commissione, ha stabilito che “in una prospettiva del genere, la Commissione deve anche poter prendere, nell’ambito del controllo ad essa affidato in materia di concorrenza (…) disposizioni cautelari, in quanto possano apparire indispensabili per evitare che l’esercizio del potere di decisione previsto dall’art. 3 non finisca col diventare inefficace o persino illusorio, a motivo del comportamento di determinate imprese”[7].

Tuttavia, anche il potere cautelare di cui dispone la Commissione europea è soggetto alla sussistenza di determinate condizioni che sono pressoché identiche a quelle previste dall’art. 14-bis, Legge 287/1990 (con la sola eccezione della condizione ulteriore della tutela degli interessi legittimi della parte nei cui confronti si dovrebbe applicare la misura provvisoria, come si vedrà tra breve).

Pertanto, anche al fine di meglio comprendere la portata delle condizioni alle quali è subordinato l’esercizio del potere cautelare dell’AGCM previsto dal suddetto art. 14-bis, appare utile esaminare come la dottrina e la giurisprudenza comunitaria hanno in passato interpretato le condizioni alla quali è subordinato il potere cautelare della Commissione europea.

2.3 Presupposti di applicabilità delle interim measures da parte della Commissione

Secondo la casistica della Corte di Giustizia, del Tribunale di prima istanza e della Commissione, la concessione di provvedimenti cautelari, i quali devono necessariamente avere natura provvisoria e conservativa, non possono andare oltre quanto necessario all’obiettivo e devono mirare esclusivamente alla ricostituzione dello status quo ante[8], è subordinata a 3 condizioni:

(i) sussistenza, prima facie, di una probabile violazione agli artt. 81 e/o 82 Trattato CE[9];

(ii) urgenza della misura cautelare allo scopo alternativo[10] di a) evitare un danno grave ed irreparabile alla parte richiedente, oppure b) evitare un danno intollerabile per l’interesse pubblico[11]; e

(iii) tutela degli interessi legittimi dell’impresa nei cui confronti si dovrebbe applicare la misura provvisoria[12].

Scopo del primo requisito è di permettere alla Commissione, sulla base delle prove fornite dal richiedente o reperite in forza dei suoi poteri istruttori, di accertare la sussistenza o meno di una probabile infrazione agli artt. 81 e 82 del Trattato CE.

Tuttavia non è necessario che la Commissione constati definitivamente che vi è stata infrazione[13] poiché non è possibile equiparare il requisito dell’accertamento prima facie di un’infrazione con il requisito della certezza da soddisfare attraverso una decisione finale[14].

Pertanto sarà sufficiente, e doveroso per la Commissione, limitarsi ad accertare la possibile violazione in atto delle norme concorrenziali non richiedendosi, invece, alcuna constatazione definitiva di tale violazione[15].

Per quanto concerne il secondo requisito, nel caso La Cinq, il Tribunale ha ritenuto sussistere l’urgenza ogniqualvolta si debba evitare un danno grave e irreparabile alla parte richiedente; infatti, “l’esistenza di uno stato d’urgenza (…) è in realtà solo un aspetto della condizione relativa al rischio di un danno grave ed irreparabile”[16].

Sembra quindi potersi desumere che basti dimostrare la sussistenza del pericolo di un danno grave e irreparabile per il richiedente ovvero di un danno intollerabile per l’interesse pubblico per evidenziare il carattere urgente di una interim measure[17].

È doveroso sottolineare che, secondo il Tribunale[18], il rischio di danno grave ed irreparabile per il richiedente non equivale necessariamente al pericolo di cessazione d’attività o di fallimento dell’impresa. Infatti, il rischio in parola può consistere tanto nel rischio di danno che nessuna decisione finale potrà riparare, quanto in quello di danno che non potrà essere riparato alla fine del procedimento amministrativo di concessione delle misure cautelari.

Tuttavia il Tribunale ha anche affermato, conformemente alla giurisprudenza consolidata in materia, che un danno di natura puramente finanziaria non può, salvo ipotesi eccezionali, essere considerato come irreparabile o difficilmente riparabile se può essere oggetto di una successiva compensazione finanziaria[19].

Per quanto concerne il requisito del danno intollerabile per l’interesse pubblico, il caselaw comunitario ha raramente precisato la portata di una simile previsione. Nel caso NDC Health/IMS Health, per esempio, la Commissione e, in sede di ricorso, il Tribunale di prima istanza hanno inteso il pericolo di riduzione o eliminazione della concorrenza come danno intollerabile per l’interesse pubblico[20].

Merita infine osservare che il presunto pericolo di danno grave e irreparabile idoneo a giustificare l’urgenza della misura cautelare può venire meno nelle more del procedimento amministrativo per effetto di accordi intervenuti tra le parti; in tal caso il procedimento si conclude mancando una delle condizioni fondamentali per la concessione di misure cautelari[21].

Riguardo al terzo requisito, già nell’ordinanza Camera Care/Commissione, la Corte di Giustizia aveva posto l’attenzione sull’esigenza di tutelare gli interessi legittimi dell’impresa alla quale applicare le interim measures[22]. Tale esigenza è stata successivamente confermata nei casi Sea Containers/Stena Sealink[23] e NDC Health/IMS Health[24].

2.4 Alcune brevi considerazioni finali in materia di provvedimenti cautelari

Come si è visto, la casistica comunitaria in materia di concessione e diniego di misure cautelari è piuttosto vasta e potrà pertanto costituire un valido supporto per l’AGCM nell’esercizio dei soi nuovi poteri cautelari.

Tuttavia, si deve osservare, con riferimento al requisito dell’urgenza, che l’art. 14-bis L. 287/1990, si limita a stabilire che esso può estrinsecarsi nel “rischio di un danno grave e irreparabile per la concorrenza” mentre la casistica comunitaria ha ritenuto che l’urgenza sussista tanto nel caso in cui si intenda evitare un danno grave ed irreparabile alla parte richiedente, quanto nel caso in cui si intenda evitare un danno intollerabile per l’interesse pubblico.

Inoltre, la casistica comunitaria ha dimostrato di voler prendere in debita considerazione, nell’ambito del procedimento volto alla concessione o al diniego della misura cautelare, anche gli interessi contrapposti della parte o delle parti alla quale o alle quali i provvedimenti cautelari dovranno essere applicati; invece, l’art. 14-bis L. 287/1990 non effettua alcun riferimento alla tutela degli interessi legittimi dell’impresa nei cui confronti si dovrebbe applicare la misura provvisoria.

Infine, la casistica comunitaria ha evidenziato anche un altro aspetto tipico delle misure cautelari sul quale tace, invece, l’art. 14-bis L. 287/1990; si tratta della natura impugnabile della decisione con la quale si dispone una misura cautelare.

A tale riguardo, la Corte ha affermato che la forma e le motivazioni delle misure cautelari devono essere tali da permettere al giudice comunitario di effettuare su di esse il controllo di legittimità affinché siano rispettati gli interessi della parte a cui applicare la misura cautelare[25].

Inoltre, nell’ordinanza Camera Care/Commissione, la Corte ha stabilito che “il ruolo della Corte di Giustizia è di controllo giurisdizionale degli atti della Commissione in materia. Al riguardo i diritti dei soggetti giuridici sono protetti dal fatto che, nel caso in cui provvedimenti provvisori stabiliti dalla Commissione pregiudicassero gli interessi legittimamente tutelabili di qualsiasi parte interessata, questa avrebbe sempre la possibilità, mediante gli appropriati strumenti giudiziari, di ottenere la revisione della decisione adottata, ricorrendo, se del caso, a provvedimenti d’urgenza in forza dell’art. 185 [ora 242] o dell’art. 186 [ora 243] del Trattato CEE”.

Pertanto, le decisioni della Commissione sulle misure cautelari sono impugnabili in primo grado dinanzi al Tribunale di prima istanza e in secondo grado dinanzi alla Corte per soli motivi di diritto.

Per quanto concerne i motivi di impugnazione, la giurisprudenza del giudice comunitario offre preziose delucidazioni. Nel caso La Cinq, ad esempio, il Tribunale ha delimitato l’ambito di tale sindacato giurisdizionale stabilendo che “il sindacato giurisdizionale [del giudice comunitario] deve limitarsi alla verifica dell’osservanza delle norme di procedura e di motivazione, nonché dell’esattezza materiale dei fatti, dell’insussistenza d’errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere”[26].

Inoltre, nell’ordinanza NDC Health/IMS Health di sospensione delle misure cautelari, il Tribunale ha stabilito che “la richiedente [IMS] deve … dimostrare l’esistenza di una grave controversia o almeno di ragionevoli dubbi sulla validità della valutazione provvisoria delle regole di concorrenza effettuata dalla Commissione… Ciononostante, nel valutare gli elementi che possono giustificare la sospensione del provvedimento impugnato, a motivo dei danni che può causare, si deve tener conto del fatto che questo provvedimento costituisce di per sé un provvedimento provvisorio adottato dalla Commissione nel corso di un’istruttoria che non è ancora terminata. Si deve perciò esaminare se esista o meno un grave rischio che le conseguenze dannose della decisione impugnata, qualora abbia immediata esecuzione, superino quelle di un provvedimento cautelare e causino nel frattempo danni molto maggiori degli inconvenienti, inevitabili ma passeggeri, che derivano da tale provvedimento provvisorio”[27].

Infine, sempre nel caso NDC Health/IMS Health, il Tribunale ha aggiunto che l’applicazione delle misure cautelari debba essere sospesa tutte le volte in cui sussista un rischio “reale e concreto” che, durante la pendenza del procedimento principale, tale applicazione possa provocare alla parte che le subisce un danno grave ed irreparabile maggiore di quello che si voleva evitare concedendo tali misure[28].

Ciò detto, si deve in ogni caso puntualizzare che sebbene l’art. 14-bis L. 287/1990 non stabilisca nulla in materia di impugnabilità delle misure cautelari disposte dall’AGCM, troverà in ogni caso applicazione l’art. 33 L. 287/1990 in forza del quale contro le decisioni dell’AGCM è proponibile ricorso al TAR Lazio e contro l’eventuale decisione avversa di quest’ultimo ricorso al Consiglio di Stato.

Ovviamente, nella valutazione dei motivi di ricorso avverso la decisione dell’AGCM che dispone misure cautelari, potrà essere utile fare riferimento alla casistica comunitaria in materia di impugnazione delle interim measures disposte dalla Commissione.

Infine, merita di essere segnalata un’altra differenza, macroscopica, che emerge dal confronto tra il disposto del secondo comma dell’art. 14-bis L. 287/1990 ed il disposto dell’art. 8, secondo paragrafo, Reg. 1/2003; infatti, la legislazione nazionale prevede il divieto assoluto di rinnovo delle misure cautelari, mentre la normativa comunitaria prevede la possibilità “se necessario ed opportuno” di rinnovare le misure cautelari disposte dalla Commissione europea.

3.1 Gli impegni

L’art. 14-ter, L. 287/1990 introduce nell’ambito della normativa antitrust italiana uno strumento ben noto alla prassi della Commissione europea[29].

A livello comunitario, infatti, l’art. 9, paragrafo 1, Reg. 1/2003 stabilisce che “qualora intenda adottare una decisione volta a far cessare un’infrazione e le imprese interessate propongano degli impegni tali da rispondere alle preoccupazioni espresse loro dalla Commissione nella sua valutazione preliminare, la Commissione può, mediante decisione, rendere detti impegni obbligatori per le imprese. La decisione può essere adottata per un periodo di tempo determinato e giunge alla conclusione che l’intervento della Commissione non è più giustificato”

In ambito comunitario, la c.d. “commitment procedure” prevista dal citato art. 9, Reg. 1/2003, è stata applicata per la prima volta nel settembre del 2004 quando la Commissione europea ha pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (GUUE) gli impegni assunti dalla Ligaverband in merito alla commercializzazione dei diritti di trasmissione del campionato di calcio tedesco (la Bundesliga)[30].

In quell’occasione, gli impegni assunti dalla Ligaverband permisero una maggiore liberalizzazione dei diritti di trasmissione delle partite di calcio tedesche, in particolare nel settore dei nuovi media, quali l’UMTS e Internet a banda larga, superando le preoccupazioni espresse dalla Commissione europea.

Allo stesso modo, anche l’Autorità, quando si troverà a dover analizzare delle condotte tendenzialmente anticoncorrenziali alla luce degli artt. 2 o 3 della L. 287/1990, potrà accettare gli eventuali impegni proposti dalle parti “indagate” al fine di “far venire meno i profili anticoncorrenziali oggetto dell’istruttoria”[31].

Si noti che, a differenza di quanto previsto in ambito comunitario, la disciplina nazionale prevede un periodo limite di “tre mesi dalla notifica dell’apertura di un’istruttoria” per la presentazione degli impegni; ne consegue che scaduto tale termine, le imprese sotto indagine non potranno più presentare impegni.

Nel caso, invece, di impegni presentati nel rispetto del suddetto termine, l’AGCM dovrà valutare l’idoneità di tali impegni a fare venire meno i profili anticoncorrenziali oggetto dell’istruttoria e, qualora tale valutazione dia esito positivo, potrà rendere tali impegni obbligatori per le imprese che li hanno proposti e chiudere il procedimento senza accertare l’infrazione.

Gli impegni proposti dalle imprese “indagate” potranno essere di tipo comportamentale (ad esempio, con l’impegno di cessare determinati comportamenti anticoncorrenziali) oppure strutturali (ad esempio, con l’impegno di dimettere una o più attività/rami d’azienda in favore di terzi concorrenti).

Come si vede pertanto, la proposizione e l’accettazione degli impegni produce l’effetto di chiudere l’istruttoria avviata dall’AGCM per l’accertamento e l’eventuale sanzionamento di condotte anticoncorrenziali; ne consegue che le imprese in odore di sanzione per condotte anticoncorenziali, potranno optare per una particolare forma di ravvedimento operoso proponendo all’AGCM impegni volti a neutralizzare i profili di anticoncorrenzialità evidenziati dall’AGCM.

Una volta accettati dall’AGCM, gli impegni diventano obbligatori per le imprese che li hanno proposti, con la conseguenza che in caso di loro violazione da parte di tali imprese, l’Autorità, che vigilerà sul rispetto dei medesimi impegni, potrà comminare alle imprese una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10% del fatturato di ciascuna impresa.

Infine, l’accettazione degli impegni non preclude all’AGCM la possibilità di riaprire il procedimento nei confronti delle imprese che hanno proposto tali impegni qualora:

(i) si sia modificata la situazione di fatto rispetto ad un elemento su cui si fonda la decisione;

(ii) le imprese interessate contravvengono agli impegni assunti; oppure

(iii) la decisione si fonda su informazioni incomplete inesatte o fuorvianti.

4.1 Il programma di clemenza dell’AGCM

Come visto, ai sensi dell’art. 15, comma 2-bis, L. 287/1990, l’AGCM “in conformità all’ordinamento comunitario, definisce con proprio provvedimento generale i casi in cui, in virtù della qualificata collaborazione prestata dalle imprese nell’accertamento di infrazioni alle regole di concorrenza, la sanzione amministrativa pecuniaria può essere non applicata ovvero ridotta nelle fattispecie previste dal diritto comunitario”.

Tale disposizione rappresenta una importantissima novità per la disciplina antitrust italiana e può costituire una validissimo strumento nell’individuazione e nel sanzionamento di cartelli segreti[32].

In generale, infatti, i programmi di clemenza, come applicati a livello comunitario e dalle autorità antitrust dei principali Paesi UE, prevedono l’immunità totale per la prima impresa che rivela all’autorità antitrust competente l’esistenza di un cartello segreto (di cui tale impresa denunciante fa parte) ottenendo come premio per la sua collaborazione l’immunità totale oppure una sensibile riduzione delle sanzioni previste dalla normativa antitrust di riferimento; a ciò si aggiunga che sono previste riduzioni delle sanzioni anche per le imprese che non sono state le prime a svelare l’esistenza di un cartello di cui fanno parte.

Pertanto, va da sé che, allettate dalla prospettiva di non essere sanzionate, le imprese desiderose di uscire allo scoperto e di denunciare un cartello di cui fanno parte potranno collaborare con l’AGCM per favorire l’individuazione e la repressione di tale cartello.

Anche in questo caso, alla luce della mancanza di caselaw significativo da parte dell’AGCM[33], sarà utile guardare alla disciplina antitrust comunitaria dove la normativa di riferimento è costituita dalla Comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (c.d. “Leniency Notice”)[34].

4.2 La Leniency Notice comunitaria

La Leniency Notice comunitaria riguarda le intese segrete tra due o più imprese concorrenti volte alla fissazione dei prezzi, delle quote di produzione o di vendita, oppure alla ripartizione dei mercati, compresa la manipolazione delle gare d’appalto, oppure ancora alla restrizione delle importazioni o esportazioni. Tali pratiche sono tra le più gravi restrizioni della concorrenza di cui la Commissione europea, nell’ambito delle sue funzioni di organo preposto alla tutela delle normative antitrust comunitarie, sia chiamata ad occuparsi.

Inoltre, nel limitare artificiosamente la concorrenza che normalmente esisterebbe tra loro, le imprese facenti parte di cartelli segreti si sottraggono proprio a quegli stimoli che le indurrebbero ad innovare, sia in termini di sviluppo dei prodotti, sia in termini d’introduzione di processi produttivi più efficienti.

Pertanto, consapevole del fatto che alcune imprese aderenti a simili intese illegali, pur volendo porre fine alla loro partecipazione e informare la Commissione dell’esistenza dell’intesa, ne sono dissuase dalle ammende elevate cui sono potenzialmente esposte, la Commissione europea ha ritenuto che sia nell’interesse della Comunità accordare un trattamento favorevole alle imprese che offrono la loro cooperazione. Infatti, il vantaggio che i consumatori e i cittadini traggono dalla scoperta e dall’eliminazione dei cartelli segreti è primario rispetto all’interesse di infliggere sanzioni pecuniarie alle imprese che consentono alla Commissione di scoprire e vietare pratiche di questo tipo.

Ciò detto, la Leniency Notice del 2002 stabilisce a quali condizioni le imprese che collaborano all’individuazione e alla repressione dei cartelli possono beneficiare dell’immunità totale dalle ammende (o ottenerne la riduzione).

In particolare, l’immunità totale dalle ammende viene concessa (punti da 8 a 10 della Leniency Notice):

(a) alla prima impresa partecipante al cartello che informi la Commissione dell’esistenza di un’intesa non ancora individuata (e della quale la Commissione stessa non abbia alcuna notizia), fornendo alla Commissione informazioni sufficienti per consentirle di avviare le indagini volte all’individuazione del cartello; oppure

(b) alla prima impresa partecipante al cartello segreto che fornisca alla Commissione europea elementi di prova che le consentano di constatare un’infrazione, qualora la Commissione sia già in possesso di informazioni sufficienti per avviare un accertamento ma in ogni caso non idonee per constatare l’esistenza della violazione. Questo tipo di immunità può essere concessa solo se nessun altra impresa partecipante al cartello segreto stia già beneficiando dell’immunità in virtù dell’ipotesi sub a).

Oltre a ciò, per ottenere l’immunità totale l’impresa denunciante deve altresì soddisfare le condizioni cumulative definite al punto 11 della Leniency Notice, ovvero:

(i) assicurare una piena, permanente e tempestiva collaborazione alla Commissione, per tutta la durata del procedimento amministrativo volto all’accertamento del cartello segreto, nonché fornire alla Commissione tutti gli elementi di prova in suo possesso;

(ii) cessare immediatamente di partecipare al cartello; e

(iii) non avere agito in passato, in alcun modo, per costringere altre imprese a partecipare al cartello.

Qualora non sia possibile ottenere l’immunità totale dall’ammenda (ad esempio perché manca anche una sola delle condizioni sopra illustrate, oppure perché un’altra impresa partecipante al medesimo cartello sta già beneficiando dell’immunità totale), rimane aperta la possibilità di ottenere una riduzione dell’importo dell’ammenda nel caso in cui l’impresa denunciante (1) fornisca alla Commissione elementi di prova che costituiscano un “valore aggiunto significativo” rispetto a quelli già in suo possesso[35] e (2) cessi di partecipare al cartello.

Pertanto, la sanzione astrattamente comminabile all’impresa rea di avere partecipato ad un cartello segreto, potrà essere ridotta in misura variabile a seconda del momento in cui la Commissione accerta la sussistenza delle condizioni per potere beneficiare della riduzione della pena[36].

Infatti, la misura della riduzione dell’ammenda viene stabilita dalla Commissione seguendo un sistema di forcelle previsto proprio dalla Leniency Notice (punto 23):

- alla prima impresa che soddisfa le suddette condizioni può essere accordata una riduzione compresa tra il 30 ed il 50% della sanzione “edittale”;

- alla la seconda impresa che soddisfa le suddette condizioni può essere accordata una riduzione compresa tra il 20 ed il 30% della sanzione “edittale”; e

- alle altre imprese che soddisfano le suddette condizioni può essere accordata una riduzione massima del 20% della sanzione “edittale”.

All’interno di ciascuna forbice, l’importo finale della riduzione dipende a sua volta dal momento in cui gli elementi di prova vengono presentati e dalla loro qualità (ovvero al loro grado di valore aggiunto come meglio definito al punto 22 della Leniency Notice). Viene preso in considerazione altresì il grado di cooperazione fornita durante tutto il procedimento della Commissione.

Dal punto di vista procedurale, la richiesta di immunità o di riduzione dell’ammenda segue i seguenti steps:

(i) inoltrare alla Commissione una richiesta di immunità ai sensi della Leniency Notice (il miglior modo è rappresentato dall’invio a mezzo fax, in quanto tale forma di comunicazione garantisce la ricezione immediata della “denuncia” da parte della Commissione e, pertanto, la precedenza rispetto a qualsiasi altra eventuale denuncia proveniente da altre imprese partecipanti al cartello);

(ii) ricevuta la richiesta di immunità o di riduzione dell’ammenda, la Commissione invia all’impresa denunciante conferma scritta attestante la data di presentazione della denuncia stesa;

(iii) in seguito, la Commissione verifica la sussistenza dei requisiti previsti dalla Leniency Notice e accorda per iscritto l’immunità condizionata al rispetto degli ulteriori caveat definiti dal punto 11 (c.d. “immunità condizionale”) ovvero comunica la propria intenzione di applicare la riduzione secondo una determinata forbice.

Nel frattempo, la Commissione non prenderà in considerazione altre richieste di immunità o di riduzione provenienti da altre imprese partecipanti al medesimo cartello fino a quando non sia stata adottata una posizione su una richiesta già esistente in relazione allo stesso cartello denunciato (punti 18 e 25).

Al termine del procedimento amministrativo la Commissione accorderà l’immunità o la riduzione dell’ammenda nella sua decisione finale[37].

Infine, si deve rilevare che se in una qualsiasi fase del procedimento amministrativo volto all’accertamento e alla repressione del cartello denunciato dovesse venire meno anche una sola delle condizioni richieste dalla Leniency Notice (anche e ciò anche qualora l’immunità sia già stata concessa), la Commissione potrà revocare il beneficio dell’immunità.



[1] GURI n. 186 del 11.08.2006, Serie Generale ; ai sensi dell’art. 1 della Legge 248/2006, tale legge è entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, avvenuta appunto in data 11 agosto 2006.

[2] Per una disamina del concetto di urgenza secondo la dottrina e la giurisprudenza comunitaria, si veda infra, par. 2.3.

[3] Si consideri che ai sensi dell’art. 1 ultimo comma, Legge 287/1990, tutta la normativa anitrust italiana deve essere interpretata alla luce delle disciplina antitrust comunitaria ; pertanto, anche l’AGCM, quando si troverà a dovere esercitare questo nuovo potere cautelare, farà affidamento sul caselaw della Commissione europea.

[4] GUCE 13 del 21.02.1962, pp. 204-211; il Reg. 17/62 è oggi abrogato e sostituito dal citato Reg. 1/2003.

[5] Dec. Comm. del 29.07.1983, ECS/AKZO, punto 22; C. Giust. 28.02.1984, cause riunite 228 e 229/82, Ford, punti 18 e 19; Dec. Comm. del 29.07.1987, BBI/Boosey & Hawkes; TPI 12.07.1991, causa T-23/90, Eco-System/Peugeot, punto 19; TPI 24.01.1992, causa T-44/90, La Cinq, punto 27; Dec. Comm. del 21.01.1993, Sea Containers/Stena Sealink, punti 55 e 56; Dec. Comm. del 16.05.1995, Irish Continental Group/CCI Morlaix, punto 49; Ord. TPI del 16.03.1998, causa T-235/1995, Anthony Goldstein/Commissione, punto 4; Dec. Comm. del 03.07.2001, NDC Health/IMS Health, punto 37.

[6] Ord. C. Giust. del 17.01.1980, causa 792/79- R, Camera Care Limited/Commissione.

[7] Ord. C. Giust. Camera Care Limited/Commissione, cit., punto 18. Tuttavia, l’Avv. Gen. Jean-Pierre Warner, nelle proprie conclusioni, aveva proposto di escludere il riconoscimento di qualsiasi potere cautelare in capo alla Commissione in quanto non espressamente previsto dall’art. 3 Reg. 17/62. Conclusioni presentate il 09.01.1980 nella causa 792/79 R, Camera Care Limited/Commissione.

[8] Dec. Comm. BBI/Boosey & Hawkes, cit., punti 24 e 36; Dec. Comm. ECS/AKZO, cit., punto 24; Dec. Comm. NDC Health/IMS Health, cit., punto 42; Dec. Comm. NDC Health/IMS Health, cit., punto 216. Si noti tuttavia, che nel caso Irish Continental Group/CCI Morlaix, cit., la Commissione ha aggiunto che una misura cautelare può autorizzare l’ingresso di un nuovo operatore sul mercato purché accompagnata da motivazioni che devono essere più forti di quelle di una normale misura cautelare, punti 51 e 52.

[9] Sent. TPI Eco-System/Peugeot, cit., punto 61; Sent. TPI La Cinq, cit., punti 62 e 66; Dec. Comm. NDC Health/IMS Health, cit., punto 39.

[10] Sweet & Maxwell, “EC Antitrust Procedure”, 2000, p. 229, par. 6.06; Bellamy & Child, “European Community Law of Competition” fifth edition, 2001, p. 921, parr. 12-060 e ss.

[11] Ord. C. Giust. Camera Care Limited/Commissione, cit., punto 19; Dec. Comm. ECS/AKZO, cit., punto 23; Sent. TPI Eco-System/Peugeot, cit., punto 22; Dec. Comm. NDC Health/IMS Health, cit., punto 41.

[12] Dec. Comm. NDC Health/IMS Health, cit., punto 42.

[13] Dec. Comm. BBI/Boosey & Hawkes, cit., punto 14.

[14] Sent. TPI Eco-System/Peugeot, cit., punto 61, che ha deciso sul ricorso presentato contro la Dec. Comm. del 26.03.1990, Eco-System/Peugeot; Sent. TPI La Cinq, cit., punti 60-65.

[15] Dec. Comm. Irish Continental Group/CCI Morlaix, cit., punto 69; Dec. Comm. NDC Health/IMS Health, cit., punti 41 e 186, ragionamento peraltro confermato dallo stesso TPI nella sua ordinanza di sospensione della Dec. Comm. NDC Health/IMS Health (punti 41 e 180).

[16] Sent. TPI La Cinq, cit., punto 28.

[17] Dal caselaw comunitario emerge un’ampia elencazione di esempi di urgenza. A titolo esemplificativo, si ricordano l’interruzione delle forniture e il contestuale rifiuto di ripresa delle stesse (Dec. Comm. NDC Health/IMS Health, cit., punto 2; Dec. Comm. BBI/Boosey & Hawkes, cit., punti 22-23) ed il rifiuto di accesso ad una infrastruttura portuale nell’imminenza dell’apertura della stagione turistica con contestuale impossibilità di svolgere l’attività concorrenziale (Dec. Comm. Irish Continental Group/CCI Morlaix, cit., punto 70).

[18] Sent. TPI La Cinq, cit., punti 70 e 78-83; Dec. Comm. NDC Health/IMS Health, cit., punti 188 e 189 dove, in particolare, il rischio di danno grave e irreparabile consisteva nella duplice possibilità di perdere clienti attuali e non attrarre clienti potenziali (punto 193).

[19] Ord. Pres. TPI, NDC Health/IMS Health, cit., punto 119; Ord. C. Giust. del 15.06.1993, causa C-213/91, Abertal Sat/Commissione, punto 24; Ord. TPI dell’01.10.1997, caso T-230/97, Comafrica and Dole/Commissione, punto 32; Ord. C. Giust. dell’11.04.2001, Commissione/Cambridge Healthcare Supplies Ltd, punto 113; Ord. TPI del 15.06.2001, caso T-339/00 R, Bactria/Commissione, punto 94.

[20] Dec. Comm. NDC Health/IMS Health, cit., punti 190 e ss.; Ord. TPI IMS Health, punto 141.

[21] Dec. Comm. del 21.12.1993, Sea Containers/Stena Sealink, punto 79.

[22] Ord. C. Giust. Camera Care Limited/Commissione, cit., punto 19.

[23] Dec. Comm. Sea Containers/Stena Sealink, cit., punto 56.

[24] Dec. Comm. NDC Health/IMS Health, cit., punto 42.

[25] Ord. C. Giust. Camera Care Limited/Commissione, cit., punto 19; Sent. TPI Eco-System/Peugeot, cit., punto 21; Sent. TPI La Cinq, cit., punto 42.

[26] Sent. TPI La Cinq, cit., punto 5.

[27] Ord. TPI IMS Health, cit., punti 93 e 117; v. anche Ord. Pres. C. di Giust. del 29.09.1982, cause riunite 228 e 229/82 R, Ford/Commissione, cit., punto 8.

[28] Ord. TPI IMS Health, cit., punto 132; Ord. Pres. C. di Giust Ford/Commissione, cit., punti 11 e 14 dove si legge che“… nel valutare gli elementi che possono giustificare la sospensione del provvedimento impugnato, a motivo dei danni che può causare, si deve tener conto del fatto che questo provvedimento costituisce di per sè un provvedimento provvisorio adottato dalla Commissione nel corso di un’istruttoria che non è ancora terminata. … Esiste un grave rischio che le conseguenze dannose della decisione impugnata, qualora abbia immediata esecuzione, superino quelle di un provvedimento cautelare e causino nel frattempo danni molto maggiori degli inconvenienti inevitabili, ma passeggeri, derivanti da un provvedimento del genere. Si deve quindi sospendere l’esecuzione della decisione impugnata in modo da ricondurla entro i limiti di un provvedimento conservativo …”.

[29] L’uso degli impegni è molto diffuso nella disciplina comunitaria sul controllo delle operazioni di concentrazione. Si veda a tale riguardo il Reg. (CE) n. 139/2004.

[30] Il caso della Ligaverband costituisce, fino ad oggi, il primo e unico caso in cui si è ricorso alla “commitment procedure”.

[31] Nei casi in cui, invece, l’AGCM applica gli artt. 81 o 82 del Trattato CE, il potere di accettare impegni, così come quello di disporre misure cautelari, gli era già stato riconosciuto dall’art. 5 del Reg. 1/2003.

[32] Da tempo l’AGCM auspicava la possibilità di avvalersi dei c.d. programmi di clemenza e già nella relazione annuale del 2003 si palesava l’opportunità di introdurre un simile strumento nella normativa antitrust italiana.

[33] Tuttavia, sebbene l’AGCM non disponesse di un proprio programma di clemenza, ha sempre riconosciuto, in applicazione dei principi comunitari ai quali l’intera disciplina antitrust italiana si ispira, forti riduzioni di pena in favore delle imprese che collaboravano attivamente ai fini dell’individuazione e della repressione dei cartelli o di condotte anticoncorrenziali.

[34] GUCE C 45 del 19.02.2002, pag. 3 e ss. Tale programma di clemenza comunitario, sostituisce il precedente e obsoleto leniency program contenuto nella comunicazione del 1996 (in GUCE C 207 del 18.07.1996, pag. 4). Allo stesso modo, ben 18 Stati membri UE hanno già introdotto nella propria legislazione antitrust nazionale appositi programmi di clemenza.

[35] Il concetto di “valore aggiunto” si riferisce alla misura in cui gli elementi di prova forniti rafforzano, per la loro stessa natura e/o per il loro grado di precisione, la capacità della Commissione di dimostrare i fatti in questione.

[36] Circa le modalità seguite dalla Commissione per il calcolo delle ammende, si rinvia alla Comunicazione della Commissione del 1° settembre 2006 intitolata “Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 23, paragrafo 2, lettera a) del Regolamento (CE) n. 1/2003” in GUUE C 210 del 01.09.2006, pag. 2 e ss (tale comunicazione sostituisce la precedente del 1998 pubblicata in GUCE C 9 del 14.01.1998, pag. 3 e ss.).

In estrema sintesi, la suddetta Comunicazione prevede il seguente metodo di calcolo delle sanzioni:

1) fermo restando che le sanzioni non possono superare il tetto massimo del 10% del fatturato totale annuo realizzato dall’impresa responsabile della violazione nell’anno precedente (art. 23, par. 2, Reg. 1/2003), la base di calcolo per la determinazione dell’ammenda sarà costituita dal valore totale delle vendite, che siano direttamente o indirettamente collegabili alla condotta anticoncorrenziale, effettuate dall’impresa responsabile dell’infrazione nell’anno precedente a quello dell’accertamento dell’infrazione stessa (nel caso in cui l’infrazione sia posta in essere da un gruppo di imprese, tale valore verrà calcolato per ciascuna di tali imprese separatamente);

2) da questo valore verrà calcolata una somma variabile (in funzione della gravità dell’infrazione) fino al massimo del 30%; tale somma sarà poi moltiplicata per il numero di anni durante i quali si è verificata l’infrazione (periodi inferiori a 6 mesi saranno calcolati come metà anno mentre periodi superiori saranno calcolati come anni interi);

3) in aggiunta alla suddetta somma e a prescindere dalla durata dell’infrazione, è previsto un ulteriore aggravio della sanzione (nella misura variabile tra il 15% e il 25% del valore delle vendite) per il semplice fatto di avere partecipato, anche passivamente, ad un cartello (la c.d. “entry-fee”);

4) infine, si deve osservare che la base di calcolo di cui al precedente punto 1) può essere aumentata fino al 100% del valore delle vendite (in deroga, pertanto, al limite del 30%) qualora la Commissione accerti che l’impresa, o le imprese, che hanno posto in essere l’infrazione hanno, in passato, commesso la stessa o simili infrazioni (a tale riguardo rilevano anche le infrazioni accertate dalle autorità antitrust nazionali)

Naturalmente, nel determinare l’ammontare della base di calcolo la Commissione terrà in considerazione anche una serie di circostanze aggravanti (come il ruolo di leader nel cartello o il rifiuto di cooperare con la Commissione durante le indagini) e attenuanti (coinvolgimento limitato nel cartello, cessazione immediata della partecipazione a tale cartello una volta avviate le indagino da parte della Commissione, ecc… ).

[37] Come detto, la Leniency Notice del 2002 sostituisce il precedente e obsoleto leniency program, contenuto nella comunicazione del 1996, il quale prevedeva solo 3 categorie di cooperazione: (i) quella dell’impresa che denunciava il cartello (con una riduzione pari almeno al 75% o esenzione totale dall’ammenda); (ii) quella delle imprese che confermavano l’esistenza di un cartello, permettendo di adottare una decisione (con riduzione dal 50 al 75%) e (iii) quella delle imprese che non si difendevano e non contestavano i fatti addebitati (con riduzione da 10 a 50%).

Com’è agevole notare, la nuova politica in materia di ammende si differenzia da quella che aveva ispirato la comunicazione del 1996 per una maggiore trasparenza e certezza delle condizioni per l’immunità e la riduzione. Difatti, in precedenza si richiedevano all’impresa elementi di prova “determinanti” e si escludeva il beneficio della piena immunità per le società che avessero svolto un ruolo istigatore o una funzione determinante in un cartello, lasciando un notevole margine di interpretazione, e conseguentemente di incertezza, sulla nozione di elementi determinanti, di ruolo istigatore o di ruolo determinante.