x

x

I requisiti della delega di funzioni nel Decreto Legislativo n. 81/2008, alla luce delle modifiche del Decreto Legislativo n. 106 del 2009

Abstract:

L’analisi dei requisiti della delega di funzioni nel Testo Unico di Sicurezza sul Lavoro, il Decreto legislativo n. 81 del 2008, deve necessariamente partire dal dato normativo degli articoli 16 e 17 del medesimo Testo Unico. Elementi indefettibili per la validità della delega sono, infatti, i requisiti di carattere oggettivo e soggettivo, quali la forma scritta, la certezza della data, l’adeguata e tempestiva pubblicità della delega, il possesso da parte del delegato di tutti i gli elementi di professionalità ed esperienza richiesti dalla natura specifica delle funzioni delegate ed infine la possibilità da parte dello stesso delegato di disporre di tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni a lui delegate. Il Decreto correttivo del 2009 è intervenuto sul tema precisando il contenuto dell’obbligo di vigilanza a carico del datore di lavoro e fornendo una regolamentazione dell’istituto della subdelega.

La delega di funzioni per definizione è: “l’atto organizzativo interno all’impresa, con il quale un soggetto a ciò abilitato (delegante) – in presenza di determinati requisiti oggettivi e soggettivi, positivi e negativi – trasferisce ad un altro soggetto (delegato) doveri originariamente gravanti su di lui, il cui omesso o negligente impedimento può dare luogo a responsabilità penale (ALDOVRANDI, Orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in materia di delega di compiti penalmente rilevanti, in Riv. Trim. Dir. Pen., 1995, 699).

La delega è stata dunque individuata, rispetto a strutture complesse quali quelle imprenditoriali, come strumento per meglio organizzare l’attività lavorativa e gli obblighi in materia di sicurezza, ripartendo anche le relative responsabilità.

Va detto, come premessa di ordine metodologico, che la delega incide sulla distribuzione delle responsabilità penali, inerenti alla violazione della normativa in materia di salute e sicurezza, ma non sulla responsabilità civile che resta invece disciplinata dagli articoli 2087 e 2049 del codice civile.

All’articolo 16 del Decreto Legislativo n. 81 del 2008 si deve l’espressa previsione di una regola generale di distribuzione dei compiti prevenzionistici, che ha relegato a mere eccezioni le ipotesi di obblighi non delegabili, già menzionati dall’articolo 1 comma 4 ter del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, poi recepite nell’articolo 17 dell’attuale Testo Unico.

L’articolo 16, infatti, individua condizioni e limiti di validità della delega, ammettendola sulla base di requisiti di carattere oggettivo e soggettivo; bisogna sottolineare che il Decreto correttivo del 2009 è intervenuto sul tema precisando il contenuto dell’obbligo di vigilanza a carico del datore di lavoro e fornendo una regolamentazione dell’istituto della subdelega, come preciseremo nel prossimo paragrafo.

Prima di esaminare nel dettaglio la delega di funzioni, è opportuno prendere in considerazione l’articolo 17 che individua gli adempimenti non delegabili da parte del datore di lavoro, che sono attualmente: la valutazione di tutti i rischi con la conseguente redazione del documento previsto e la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei rischi . In realtà l’espressa previsione di non delegabilità delle funzioni relative alle attività di cui all’articolo 17 non comporta che questi compiti debbano essere personalmente svolti da parte del datore di lavoro che potrebbe non disporre delle necessarie competenze nelle specifiche e complesse materie tecniche. In tal senso, il datore di lavoro potrebbe attribuire comunque a terzi idonei e competenti un “incarico di esecuzione.

Autorevole dottrina (FIORELLA, Il trasferimento di funzioni nel diritto penale dell’impresa, Firenze, 1985, 53; MINGHELLI, Sicurezza del lavoro, “ad impossibilia nemo tenetur” ed efficacia della delega di funzioni, RIDPP, 1986, 352.) sul punto, ha distinto tra le 2 figure dell’incarico di funzioni “in senso proprio” e dell’incarico di “mera esecuzione”, dalle quali discendono diverse conseguenze giuridiche. Nel primo caso, il soggetto formalmente qualificato trasferisce i propri compiti ad un terzo, il quale, sul piano materiale, potrà essere considerato soggetto attivo del reato, proprio perché riveste le funzioni proprie della persona obbligata all’osservanza del precetto antinfortunistico. Nell’incarico di esecuzione, invece, il soggetto originariamente obbligato non trasferisce ad altri la propria funzione, ma ne delega semplicemente il momento attuativo. La delega è dunque puramente esecutiva e costituisce un semplice strumento operativo del delegante. Quest’ultimo mantiene integralmente il potere di organizzazione della struttura imprenditoriale, con le connesse responsabilità e fermi restando gli ordinari criteri di imputazione soggettiva del fatto penale. Da ciò ne discende che, qualora il datore di lavoro attribuisse a terzi, idonei e competenti, gli obblighi non delegabili ex articolo 17 del Testo Unico, non si spoglierebbe della posizione di garanzia, rimanendo sempre a lui attribuita formalmente la funzione non delegabile.

Tali previsioni di legge devono essere poi confrontate con il principio della non delegabilità del controllo datoriale sul sistema generale della sicurezza sul lavoro (RUSSO A., Delega di funzioni e obblighi del datore di lavoro non delegabili, in Il Testo Unico della salute e sicurezza sul lavoro dopo il correttivo, (D.lgs. n. 106/2009) , a cura di TIRABOSCHI e FANTINI, Giuffrè, 2009, 349).

Quanto ai requisiti della delega di funzioni da parte del datore, essa deve anzitutto risultare da atto scritto avente data certa; la forma scritta è quindi elemento essenziale dell’atto di delega (ad substantiam). Bisogna sottolineare che il legislatore non fa riferimento all’individuazione specifica dei compiti del delegato, ma è da ritenere che nell’atto scritto di delega questi debbano essere specificati (Su questo punto, Cass. Sez. IV Pen., 1 aprile 2004, n. 27857, in Dir. Giust. , 2004, n. 32, 47, dove si accoglie la tesi che la forma in esame risulti più confacente al criterio di trasparenza e di controllabilità delle scelte datoriali in un settore, quale quello della sicurezza, che assume particolare rilevanza pubblica.) Va peraltro detto che in relazione alla forma scritta sono sorti diversi dubbi sul fatto se essa fosse prevista ad substantiam o ad probationem. In particolare, il dato normativo sul punto è equivoco: da un lato, infatti, l’articolo 16 contempla tale requisito come un presupposto di validità della delega; dall’altro, l’articolo in questione usa il verbo risultare che è sinonimo di documentare, avvalorando la tesi della forma scritta ad probationem. Un indirizzo giurisprudenziale (da ultimo ribadito da Cass. Sez. Pen. 6 giugno 2007, n. 32014, RV. 237141, o anche in Cass. Sez. Pen., 13 marzo 2003, n. 22931, RV. 225322) ritiene altresì che sia sufficiente una delega espressa e documentata con certezza, ammettendo la possibilità di provarne la sussistenza anche in assenza di un atto scritto, per il principio di libertà dei mezzi di prova vigente nel diritto processuale penale.

Il criterio della forma scritta va necessariamente messo in collegamento con il criterio della adeguata e tempestiva pubblicità della delega che, secondo l’orientamento della Corte di Cassazione sarebbe soddisfatto con atto notarile o con atto sottoscritto davanti ad un pubblico ufficiale non bastando la mera scrittura privata o atti interni (LAI, Diritto della salute e della sicurezza sul lavoro, Giappichelli, Torino, 2010, 69). Questo non esclude che il requisito della pubblicità possa anche essere soddisfatto tramite pubblicità interna alla azienda al fine di far conoscere l’atto di delega a tutti i dipendenti (ad esempio tramite affissione in bacheca o circolari interne). Al riguardo, si precisa che il Ministero dello Sviluppo Economico (MSE), con parere n. 31280, in risposta ad un quesito posto dalla Camera di Commercio di Pordenone, con la nota del 23.09.2008, n. 12144/22.3, ha precisato che la pubblicità della delega di funzioni ex articolo 16 non deve essere data mediante iscrizione del delegato alla sicurezza nel Registro delle Imprese, ma è sufficiente che ne venga data notizia con mezzi che soddisfino una forma di pubblicità interna al luogo di lavoro. In tal modo, l’informazione risulta più efficace, ovviamente essendo più facilmente ed immediatamente conoscibile.

Un ulteriore requisito prevede il possesso da parte del delegato di tutti i gli elementi di professionalità ed esperienza richiesti dalla natura specifica delle funzioni delegate. Tale precetto costituisce la traduzione a livello legislativo del principio giurisprudenziale della culpa in eligendo posto a carico del datore. L’idoneità in questione sembra doversi accertare non tanto sul possessori titoli di studio quanto sulla base delle competenze effettivamente acquisite dal soggetto delegato nello svolgimento di attività simili a quelle a lui assegnate (SOPRANI, La delega di funzioni, in Dir. Prat. Lav., 2009, n. 38, 2205 e ss. ). L’idoneità andrebbe dunque ricondotta alla dimostrata competenza ed esperienza in analoghe funzioni di prevenzione da parte del delegato (Così, fra le tante, Cass. Sez. III Pen., 27 gennaio 2000, n. 881, DPL, serie oro, n. 5/01, 108 ss.). Una parte della giurisprudenza (Cass. Sez. Pen. 17 giugno 1997, n. 5780, in Lex24), sul punto, rileva come l’idoneità tecnico-professionale debba essere ricondotta a specifiche funzioni antinfortunistiche precedentemente esercitate. Altra parte minoritaria della giurisprudenza (fra cui Cass. Sez. II Pen., 10 agosto 2000, n. 794, Studium Juris, n. 4/01, 474; Cass. 30 settembre 2002, D & L, n. 40/02, 2661) ha rilevato come la capacità tecnica e la “professionalità” del delegato debba essere riferita alla gestione dell’impresa, come intesa dall’art. 2082 del codice civile e vada collegata all’attribuzione a tale soggetto dell’autonomia gestionale e decisionale e di disponibilità economica.

Il soggetto delegato deve inoltre disporre di tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni a lui delegate. In sostanza, quindi, la mera competenza professionale deve essere accompagnata dalla possibilità concreta di formare e verificare l’operato dei dipendenti . Unitamente a tali poteri il soggetto delegato deve anche avere autonomia finanziaria per far fronte in piena autonomia alle esigenze connesse alla sicurezza sul lavoro (Trib. Roma, 31 marzo 2005, in Guida al Diritto 2005, n. 17, 85).

Un ultimo rilievo sta nel fatto che la delega deve essere accettata dal delegato per iscritto, elemento che la distingue dal conferimento di incarico; il che implica la possibilità di una rinuncia ai poteri conferiti da parte del delegato.

L’articolo 16, comma 3, del Testo Unico, stabilisce che la delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro sul corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite. Il datore, infatti, in quanto primo titolare di una posizione di garanzia in tema di salute e sicurezza sul lavoro, in caso di delega è tenuto comunque a vigilare e controllare che le norme di prevenzione vengano praticate e fatte osservare dal delegato (Sul punto, Cass., Sez. IV Pen., 28 gennaio 2009, n. 4123, in Dir Rel Ind., 2009, con nota di GIOVANNONE e RUSSO) . L’obbligo di vigilanza, però, va contemperato con il divieto di ingerenza nella sfera del delegato (In tali termini, già Cass. Sez. Pen., 24 marzo 1981, Riv. Pen., 1982, 309) che farebbe inevitabilmente venire meno l’efficacia della delega. Il dovere di vigilanza in questione, peraltro, si somma a quello che generalmente spetta al datore sul corretto operato dei propri collaboratori.

Lo stesso articolo 16, comma 3, come modificato del Decreto n. 106 del 2009 prevede che l’obbligo di vigilanza in questione da parte del datore si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo ex articolo 30, comma 4.

Tale presunzione legale (relativa) non sembra del tutto convincente perché nei modelli di organizzazione e gestione il sistema di controllo risponde alla finalità di controllare che tale modello funzioni sia efficace nel tempo e non alla finalità antinfortunistica, ed è affidato ad un soggetto terzo indipendente dal datore di lavoro.

Un ulteriore condizione che appare opportuno esaminare è quella di un altro requisito, di elaborazione giurisprudenziale antecedente al Testo Unico, per la legittima utilizzabilità della delega: ossia il riferimento alla complessità organizzativa dell’impresa, intesa in senso spaziale, quale notevole ampiezza della struttura aziendale, eventualmente articolata in più sedi e stabilimenti, che renderebbe impossibile l’adempimento personale di tutti gli obblighi antinfortunistici da parte dell’imprenditore.

Solo in tale ipotesi troverebbe difatti giustificazione una ripartizione dei ruoli e delle connesse responsabilità all’interno dell’impresa. In quest’ottica, la delega potrebbe esimere la responsabilità del delegante (Così, anteriormente al 2008, ad es. Cass. Sez. Pen., 18 gennaio 2000, n. 566, in Ventiquattrore Avvocato, 2004, 95).

Questa posizione è stata ampiamente criticata da parte della dottrina e della giurisprudenza che ha ritenuto riduttivo far coincidere il concetto di complessità aziendale con l’elemento dimensionale “quantitativo”, tralasciando del tutto il profilo “qualitativo”. Inoltre, tale corrente ha evidenziato come questo presupposto contrasti con le esigenze di specializzazione e divisione dei compiti nelle aziende, riconosciute dall’ordinamento giuridico come forma di espressione di libertà di iniziativa economica, contemplata dall’articolo 41 della Costituzione (BELLAGAMBA, CARITI La Responsabilità Penale per infortuni sul lavoro, UTET, 1998).

Alla luce del silenzio del legislatore del 2008 sul punto, tale tesi appare preferibile. La delega è quindi ammissibile anche per imprese di piccole e medie dimensioni, per le quali possono sussistere legittimi motivi che giustifichino la delega di funzioni.

2. La Subdelega

Una rilevante novità introdotta con l’intervento correttivo del 2009 è quella in tema di sub-delega di funzioni. L’articolo 16, comma 3 bis, inserito dal D. Lgs. 106 del 2009, permette al soggetto delegato, previa intesa con il datore di lavoro, di delegare a sua volta specifiche funzioni in tema di salute e di sicurezza sul lavoro. Tale possibilità, lmitata ad un solo livello di sub-delega, con il divieto di un effetto “a cascata”, complica il quadro di accertamento della responsabilità a vari livelli, ponendosi anche in contrasto con l’orientamento della dottrina prevalente (LAI, Diritto della salute e della sicurezza sul lavoro, cit., 73. Sull’ammissibilità della subdelega e sui problemi ad essa connessi, una riassunto esauriente delle diverse posizioni dottrinali è effettuato da A. RUSSO, in Testo Unico, cit., 348).

La subdelega è ammessa solo per specifiche funzioni e non esclude l’obbligo per il delegante in merito al corretto adempimento delle funzioni trasferite. Bisogna dunque escludere, in questo caso, che l’obbligo di vigilanza possa essere assolto in caso di adozione ed efficace attuazione di modelli di organizzazione e di gestione per la sicurezza, in assenza di un espresso richiamo al comma 3 dell’articolo 16 (RUSSO, Il Testo Unico della salute e sicurezza sul lavoro dopo il correttivo, cit., 348).

La subdelega deve altresì rispettare i medesimi criteri di validità fissati dall’articolo 16, primo e secondo comma. Pertanto anche essa deve risultare da atto scritto recante data certa. Anche il subdelegato, inoltre, deve possedere i medesimi requisiti previsti per l’esercizio delle funzioni che vengono a loro volta delegate.

Abstract:

L’analisi dei requisiti della delega di funzioni nel Testo Unico di Sicurezza sul Lavoro, il Decreto legislativo n. 81 del 2008, deve necessariamente partire dal dato normativo degli articoli 16 e 17 del medesimo Testo Unico. Elementi indefettibili per la validità della delega sono, infatti, i requisiti di carattere oggettivo e soggettivo, quali la forma scritta, la certezza della data, l’adeguata e tempestiva pubblicità della delega, il possesso da parte del delegato di tutti i gli elementi di professionalità ed esperienza richiesti dalla natura specifica delle funzioni delegate ed infine la possibilità da parte dello stesso delegato di disporre di tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni a lui delegate. Il Decreto correttivo del 2009 è intervenuto sul tema precisando il contenuto dell’obbligo di vigilanza a carico del datore di lavoro e fornendo una regolamentazione dell’istituto della subdelega.

La delega di funzioni per definizione è: “l’atto organizzativo interno all’impresa, con il quale un soggetto a ciò abilitato (delegante) – in presenza di determinati requisiti oggettivi e soggettivi, positivi e negativi – trasferisce ad un altro soggetto (delegato) doveri originariamente gravanti su di lui, il cui omesso o negligente impedimento può dare luogo a responsabilità penale (ALDOVRANDI, Orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in materia di delega di compiti penalmente rilevanti, in Riv. Trim. Dir. Pen., 1995, 699).

La delega è stata dunque individuata, rispetto a strutture complesse quali quelle imprenditoriali, come strumento per meglio organizzare l’attività lavorativa e gli obblighi in materia di sicurezza, ripartendo anche le relative responsabilità.

Va detto, come premessa di ordine metodologico, che la delega incide sulla distribuzione delle responsabilità penali, inerenti alla violazione della normativa in materia di salute e sicurezza, ma non sulla responsabilità civile che resta invece disciplinata dagli articoli 2087 e 2049 del codice civile.

All’articolo 16 del Decreto Legislativo n. 81 del 2008 si deve l’espressa previsione di una regola generale di distribuzione dei compiti prevenzionistici, che ha relegato a mere eccezioni le ipotesi di obblighi non delegabili, già menzionati dall’articolo 1 comma 4 ter del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, poi recepite nell’articolo 17 dell’attuale Testo Unico.

L’articolo 16, infatti, individua condizioni e limiti di validità della delega, ammettendola sulla base di requisiti di carattere oggettivo e soggettivo; bisogna sottolineare che il Decreto correttivo del 2009 è intervenuto sul tema precisando il contenuto dell’obbligo di vigilanza a carico del datore di lavoro e fornendo una regolamentazione dell’istituto della subdelega, come preciseremo nel prossimo paragrafo.

Prima di esaminare nel dettaglio la delega di funzioni, è opportuno prendere in considerazione l’articolo 17 che individua gli adempimenti non delegabili da parte del datore di lavoro, che sono attualmente: la valutazione di tutti i rischi con la conseguente redazione del documento previsto e la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei rischi . In realtà l’espressa previsione di non delegabilità delle funzioni relative alle attività di cui all’articolo 17 non comporta che questi compiti debbano essere personalmente svolti da parte del datore di lavoro che potrebbe non disporre delle necessarie competenze nelle specifiche e complesse materie tecniche. In tal senso, il datore di lavoro potrebbe attribuire comunque a terzi idonei e competenti un “incarico di esecuzione.

Autorevole dottrina (FIORELLA, Il trasferimento di funzioni nel diritto penale dell’impresa, Firenze, 1985, 53; MINGHELLI, Sicurezza del lavoro, “ad impossibilia nemo tenetur” ed efficacia della delega di funzioni, RIDPP, 1986, 352.) sul punto, ha distinto tra le 2 figure dell’incarico di funzioni “in senso proprio” e dell’incarico di “mera esecuzione”, dalle quali discendono diverse conseguenze giuridiche. Nel primo caso, il soggetto formalmente qualificato trasferisce i propri compiti ad un terzo, il quale, sul piano materiale, potrà essere considerato soggetto attivo del reato, proprio perché riveste le funzioni proprie della persona obbligata all’osservanza del precetto antinfortunistico. Nell’incarico di esecuzione, invece, il soggetto originariamente obbligato non trasferisce ad altri la propria funzione, ma ne delega semplicemente il momento attuativo. La delega è dunque puramente esecutiva e costituisce un semplice strumento operativo del delegante. Quest’ultimo mantiene integralmente il potere di organizzazione della struttura imprenditoriale, con le connesse responsabilità e fermi restando gli ordinari criteri di imputazione soggettiva del fatto penale. Da ciò ne discende che, qualora il datore di lavoro attribuisse a terzi, idonei e competenti, gli obblighi non delegabili ex articolo 17 del Testo Unico, non si spoglierebbe della posizione di garanzia, rimanendo sempre a lui attribuita formalmente la funzione non delegabile.

Tali previsioni di legge devono essere poi confrontate con il principio della non delegabilità del controllo datoriale sul sistema generale della sicurezza sul lavoro (RUSSO A., Delega di funzioni e obblighi del datore di lavoro non delegabili, in Il Testo Unico della salute e sicurezza sul lavoro dopo il correttivo, (D.lgs. n. 106/2009) , a cura di TIRABOSCHI e FANTINI, Giuffrè, 2009, 349).

Quanto ai requisiti della delega di funzioni da parte del datore, essa deve anzitutto risultare da atto scritto avente data certa; la forma scritta è quindi elemento essenziale dell’atto di delega (ad substantiam). Bisogna sottolineare che il legislatore non fa riferimento all’individuazione specifica dei compiti del delegato, ma è da ritenere che nell’atto scritto di delega questi debbano essere specificati (Su questo punto, Cass. Sez. IV Pen., 1 aprile 2004, n. 27857, in Dir. Giust. , 2004, n. 32, 47, dove si accoglie la tesi che la forma in esame risulti più confacente al criterio di trasparenza e di controllabilità delle scelte datoriali in un settore, quale quello della sicurezza, che assume particolare rilevanza pubblica.) Va peraltro detto che in relazione alla forma scritta sono sorti diversi dubbi sul fatto se essa fosse prevista ad substantiam o ad probationem. In particolare, il dato normativo sul punto è equivoco: da un lato, infatti, l’articolo 16 contempla tale requisito come un presupposto di validità della delega; dall’altro, l’articolo in questione usa il verbo risultare che è sinonimo di documentare, avvalorando la tesi della forma scritta ad probationem. Un indirizzo giurisprudenziale (da ultimo ribadito da Cass. Sez. Pen. 6 giugno 2007, n. 32014, RV. 237141, o anche in Cass. Sez. Pen., 13 marzo 2003, n. 22931, RV. 225322) ritiene altresì che sia sufficiente una delega espressa e documentata con certezza, ammettendo la possibilità di provarne la sussistenza anche in assenza di un atto scritto, per il principio di libertà dei mezzi di prova vigente nel diritto processuale penale.

Il criterio della forma scritta va necessariamente messo in collegamento con il criterio della adeguata e tempestiva pubblicità della delega che, secondo l’orientamento della Corte di Cassazione sarebbe soddisfatto con atto notarile o con atto sottoscritto davanti ad un pubblico ufficiale non bastando la mera scrittura privata o atti interni (LAI, Diritto della salute e della sicurezza sul lavoro, Giappichelli, Torino, 2010, 69). Questo non esclude che il requisito della pubblicità possa anche essere soddisfatto tramite pubblicità interna alla azienda al fine di far conoscere l’atto di delega a tutti i dipendenti (ad esempio tramite affissione in bacheca o circolari interne). Al riguardo, si precisa che il Ministero dello Sviluppo Economico (MSE), con parere n. 31280, in risposta ad un quesito posto dalla Camera di Commercio di Pordenone, con la nota del 23.09.2008, n. 12144/22.3, ha precisato che la pubblicità della delega di funzioni ex articolo 16 non deve essere data mediante iscrizione del delegato alla sicurezza nel Registro delle Imprese, ma è sufficiente che ne venga data notizia con mezzi che soddisfino una forma di pubblicità interna al luogo di lavoro. In tal modo, l’informazione risulta più efficace, ovviamente essendo più facilmente ed immediatamente conoscibile.

Un ulteriore requisito prevede il possesso da parte del delegato di tutti i gli elementi di professionalità ed esperienza richiesti dalla natura specifica delle funzioni delegate. Tale precetto costituisce la traduzione a livello legislativo del principio giurisprudenziale della culpa in eligendo posto a carico del datore. L’idoneità in questione sembra doversi accertare non tanto sul possessori titoli di studio quanto sulla base delle competenze effettivamente acquisite dal soggetto delegato nello svolgimento di attività simili a quelle a lui assegnate (SOPRANI, La delega di funzioni, in Dir. Prat. Lav., 2009, n. 38, 2205 e ss. ). L’idoneità andrebbe dunque ricondotta alla dimostrata competenza ed esperienza in analoghe funzioni di prevenzione da parte del delegato (Così, fra le tante, Cass. Sez. III Pen., 27 gennaio 2000, n. 881, DPL, serie oro, n. 5/01, 108 ss.). Una parte della giurisprudenza (Cass. Sez. Pen. 17 giugno 1997, n. 5780, in Lex24), sul punto, rileva come l’idoneità tecnico-professionale debba essere ricondotta a specifiche funzioni antinfortunistiche precedentemente esercitate. Altra parte minoritaria della giurisprudenza (fra cui Cass. Sez. II Pen., 10 agosto 2000, n. 794, Studium Juris, n. 4/01, 474; Cass. 30 settembre 2002, D & L, n. 40/02, 2661) ha rilevato come la capacità tecnica e la “professionalità” del delegato debba essere riferita alla gestione dell’impresa, come intesa dall’art. 2082 del codice civile e vada collegata all’attribuzione a tale soggetto dell’autonomia gestionale e decisionale e di disponibilità economica.

Il soggetto delegato deve inoltre disporre di tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni a lui delegate. In sostanza, quindi, la mera competenza professionale deve essere accompagnata dalla possibilità concreta di formare e verificare l’operato dei dipendenti . Unitamente a tali poteri il soggetto delegato deve anche avere autonomia finanziaria per far fronte in piena autonomia alle esigenze connesse alla sicurezza sul lavoro (Trib. Roma, 31 marzo 2005, in Guida al Diritto 2005, n. 17, 85).

Un ultimo rilievo sta nel fatto che la delega deve essere accettata dal delegato per iscritto, elemento che la distingue dal conferimento di incarico; il che implica la possibilità di una rinuncia ai poteri conferiti da parte del delegato.

L’articolo 16, comma 3, del Testo Unico, stabilisce che la delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro sul corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite. Il datore, infatti, in quanto primo titolare di una posizione di garanzia in tema di salute e sicurezza sul lavoro, in caso di delega è tenuto comunque a vigilare e controllare che le norme di prevenzione vengano praticate e fatte osservare dal delegato (Sul punto, Cass., Sez. IV Pen., 28 gennaio 2009, n. 4123, in Dir Rel Ind., 2009, con nota di GIOVANNONE e RUSSO) . L’obbligo di vigilanza, però, va contemperato con il divieto di ingerenza nella sfera del delegato (In tali termini, già Cass. Sez. Pen., 24 marzo 1981, Riv. Pen., 1982, 309) che farebbe inevitabilmente venire meno l’efficacia della delega. Il dovere di vigilanza in questione, peraltro, si somma a quello che generalmente spetta al datore sul corretto operato dei propri collaboratori.

Lo stesso articolo 16, comma 3, come modificato del Decreto n. 106 del 2009 prevede che l’obbligo di vigilanza in questione da parte del datore si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo ex articolo 30, comma 4.

Tale presunzione legale (relativa) non sembra del tutto convincente perché nei modelli di organizzazione e gestione il sistema di controllo risponde alla finalità di controllare che tale modello funzioni sia efficace nel tempo e non alla finalità antinfortunistica, ed è affidato ad un soggetto terzo indipendente dal datore di lavoro.

Un ulteriore condizione che appare opportuno esaminare è quella di un altro requisito, di elaborazione giurisprudenziale antecedente al Testo Unico, per la legittima utilizzabilità della delega: ossia il riferimento alla complessità organizzativa dell’impresa, intesa in senso spaziale, quale notevole ampiezza della struttura aziendale, eventualmente articolata in più sedi e stabilimenti, che renderebbe impossibile l’adempimento personale di tutti gli obblighi antinfortunistici da parte dell’imprenditore.

Solo in tale ipotesi troverebbe difatti giustificazione una ripartizione dei ruoli e delle connesse responsabilità all’interno dell’impresa. In quest’ottica, la delega potrebbe esimere la responsabilità del delegante (Così, anteriormente al 2008, ad es. Cass. Sez. Pen., 18 gennaio 2000, n. 566, in Ventiquattrore Avvocato, 2004, 95).

Questa posizione è stata ampiamente criticata da parte della dottrina e della giurisprudenza che ha ritenuto riduttivo far coincidere il concetto di complessità aziendale con l’elemento dimensionale “quantitativo”, tralasciando del tutto il profilo “qualitativo”. Inoltre, tale corrente ha evidenziato come questo presupposto contrasti con le esigenze di specializzazione e divisione dei compiti nelle aziende, riconosciute dall’ordinamento giuridico come forma di espressione di libertà di iniziativa economica, contemplata dall’articolo 41 della Costituzione (BELLAGAMBA, CARITI La Responsabilità Penale per infortuni sul lavoro, UTET, 1998).

Alla luce del silenzio del legislatore del 2008 sul punto, tale tesi appare preferibile. La delega è quindi ammissibile anche per imprese di piccole e medie dimensioni, per le quali possono sussistere legittimi motivi che giustifichino la delega di funzioni.

2. La Subdelega

Una rilevante novità introdotta con l’intervento correttivo del 2009 è quella in tema di sub-delega di funzioni. L’articolo 16, comma 3 bis, inserito dal D. Lgs. 106 del 2009, permette al soggetto delegato, previa intesa con il datore di lavoro, di delegare a sua volta specifiche funzioni in tema di salute e di sicurezza sul lavoro. Tale possibilità, lmitata ad un solo livello di sub-delega, con il divieto di un effetto “a cascata”, complica il quadro di accertamento della responsabilità a vari livelli, ponendosi anche in contrasto con l’orientamento della dottrina prevalente (LAI, Diritto della salute e della sicurezza sul lavoro, cit., 73. Sull’ammissibilità della subdelega e sui problemi ad essa connessi, una riassunto esauriente delle diverse posizioni dottrinali è effettuato da A. RUSSO, in Testo Unico, cit., 348).

La subdelega è ammessa solo per specifiche funzioni e non esclude l’obbligo per il delegante in merito al corretto adempimento delle funzioni trasferite. Bisogna dunque escludere, in questo caso, che l’obbligo di vigilanza possa essere assolto in caso di adozione ed efficace attuazione di modelli di organizzazione e di gestione per la sicurezza, in assenza di un espresso richiamo al comma 3 dell’articolo 16 (RUSSO, Il Testo Unico della salute e sicurezza sul lavoro dopo il correttivo, cit., 348).

La subdelega deve altresì rispettare i medesimi criteri di validità fissati dall’articolo 16, primo e secondo comma. Pertanto anche essa deve risultare da atto scritto recante data certa. Anche il subdelegato, inoltre, deve possedere i medesimi requisiti previsti per l’esercizio delle funzioni che vengono a loro volta delegate.