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I passaggi generazionali in studio

Analogiche
Ph. Anna Fasolo / Analogiche

In un contesto economico dove le aziende sono per oltre l’80% familiari e gli studi professionali vicini al 100%, va da sé che il passaggio generazionale rappresenti un momento delicato e quasi imprescindibile nella vita di un’organizzazione di lavoro. Nella professione quasi sempre in passato il testimone è passato dal genitore ai figli.

L’Italia è piena di storie familiari dalle lunghe tradizioni che passano di mano in mano. Dal negozio all’azienda, dalla Sicilia al Trentino, ogni angolo dell’italica terra ha visto il passaggio del testimone da una generazione all’altra.

Questa buona (secondo alcuni, cattiva) abitudine ha caratterizzato per generazioni anche la professione forense. Nel dopoguerra in poi sono stati principalmente i figli di avvocato a fare gli avvocati, e ciò per mille ragioni, a cominciare dall’avviamento che non doveva andare disperso, alle possibilità di essere mantenuti agli studi, alla mentalità che il rampollo imparava a respirare da tenera età. Dopo gli anni ’70 non è più stato (soltanto) così, e ai figli d’arte si sono aggiunti i neofiti (generazionalmente parlando) che si affacciavano alle aule giudiziarie armati delle migliori intenzioni.

Oggi il fenomeno delle dinastie forensi è decisamente più circoscritto di un tempo, in quanto gli studi stanno assumendo l’assetto di un’impresa dove il lavoro di team è centrale, la multidisciplinarietà pure e la dislocazione geografica sul territorio insieme all’uso delle tecnologie fanno il resto.

Vediamo dunque cosa è cambiato e cosa è utile sapere oggi a chi si appresta a prendere le redini dello Studio e a chi si appresta a cederle.

Se fino al decennio scorso il passaggio sembrava quasi un fatto naturale, avveniva da sé, lentamente con il ridimensionamento del genitore in termini quantitativi e l’avanzamento delle nuove forze, oggi le cose sono più complicate.

 

Il passaggio generazionale nello studio legale

Esiste oggi una coincidenza tra il passaggio del testimone e il cambiamento di pelle dello studio. Il passaggio epocale che la professione forense sta attraversando di fatto sta accelerando i passaggi generazionali all’interno degli studi, in quanto le vecchie generazioni tendono a resistere il più possibile all’innovazione aspettando il cambio al comando e lasciando così che siano i figli ad innovare. Lo vedo regolarmente quando gli studi mi chiamano per lo sviluppo del sito Internet e per affrontare nuove modalità di business development, a cominciare dalla comunicazione, mai fatta prima in studio. Chi è stato per decenni abituato a lavorare e fare il professionista “tecnico”, lasciando al passaparola fare il proprio ruolo, non vive di buon grado doversi ora, magari a sessant’anni, mettere a studiare comunicazione o tecniche di leadership o gestione del tempo e dello stress.

Ecco che in questo contesto, l’arrivo dei giovani è visto come l’arrivo della cavalleria nei film western dove il fortino era assediato dagli indiani. Gli indiani di oggi non hanno archi e frecce, ma ugualmente fanno paura con i loro nomi anglofoni di social network, SEO, SEM, ranking, brand e chi più ne ha più ne metta. La frase che più di frequente si sente in questi contesti è “non me ne voglio certo occupare io, ci penserà mio figlio…”.

 

Dalla certezza all’incertezza del futuro

Se dunque un tempo si poteva parlare di passaggio del testimone in occasione del passaggio generazionale (“caro figlio ti lascio non solo beni materiali e di relazione, ma anche una esperienza, una professionalità, un modo di fare la professione”), oggi il genitore lascia al figlio con l’incertezza dettata dal “tutto è cambiato” e non so se ti puoi basare su ciò che è stato per costruire ciò che sarà. La pandemia non ha fatto altro che accelerare questi cambiamenti e rendere ancora più incerto il futuro che prima sembrava ciclicamente ripetersi.

Oggi il genitore avvocato non sa più fare previsioni sul futuro professionale dello studio e vive più di speranza (che il figlio ce la faccia a leggere i segnali del cambiamento) che di certezze.

 

Come affrontare al meglio il passaggio?

Diventa dunque necessario che dante causa e avente causa siano consapevoli che il messaggio non può più essere “continua ciò che io ho cominciato”, bensì “sappi trasformare ciò che ho cominciato io”. Il primo passo è dunque la giusta mentalità, il giusto approccio al passaggio generazionale non come continuità materiale, ma come continuità di intenti. Tradotto: non fare ciò che hai visto fare a me, ma fai ciò che riterrai opportuno.

 

Sfide da affrontare

Ogni passaggio generazionale pone delle sfide. Vediamo quali sono le principali oggi nello studio.

  1. Cambiamenti organizzativi. Il fatto che la generazione precedente abbia condotto in solitaria la navigazione non vuole affatto dire che in futuro paghi questa scelta. Forse potrebbe essere opportuno scegliere buoni compagni di viaggio e strutturarsi in forma associata, per esempio; quindi attenzione rimanere legati a ciò che è stato. Sempre nei cambiamenti organizzativi rientrano nuove considerazioni sulla scelta dei praticanti e sulla loro permanenza in studio; un tempo erano vissuti come forza lavoro che al superamento dell’esame diventavano automaticamente potenziali concorrenti. Oggi che c’è bisogno di fare squadra, il praticante andrebbe selezionato con cura e fatto crescere come risorsa stabile, più che come manovalanza spot.
  2. Relazioni in studio. Succedere al fondatore non è mai semplice, anche per le relazioni che intorno a lui si sono nel tempo costituite con gli altri dell’organizzazione. Farsi accettare da segretarie più longeve del rampollo non è semplice, come non è semplice farsi rispettare da collaboratori storici del papà, che riconoscono solo in lui l’autorità. Calma, tatto e buon senso aiuteranno. Niente fretta, mi raccomando.
  3. La gestione di una figura ingombrante. Spesso poi capita che chi lascia il testimone, lo faccia in modo più teorico che pratico. In altre parole, vorrebbe lasciare il testimone, ma non ce la fa, è più forte di lui il richiamo alle sudate carte. D’altra parte, dopo decine di anni trascorsi in campo, è difficile per chiunque sedersi in panchina a guardare il match. Ecco che il genitore continua a venire in studio, semplicemente con tempi più rilassati, ma come sempre mette becco nelle attività che dovrebbe ora gestire il figlio; ecco che interviene a smontare la decisione presa dal giovane professionista, a portare la propria “saggezza” adombrando la figura del nuovo titolare. Questa in altre parole si chiama anche azione di disturbo o delegittimazione…che altro non porta che demotivazione della giovane leva, confusione di ruoli e funzioni, complicazioni organizzative. Meglio in questi casi che il genitore, che si è conquistato il meritato risposo, se lo goda sotto qualche ombrellone esotico, tra panama e cocktail e lasci al figlio il diritto di fare le proprie scelte e i propri errori.
  4. La gestione dei clienti. Non di poco conto è poi il passaggio generazionale sull’impatto che ha sui clienti di studio. Abituato il cliente al capello brizzolato del genitore, deve ritarare il proprio giudizio sulla fluente (non sempre) chioma del figlio. Alla saggezza deve imparare ad apprezzare la velocità, all’astuzia l’energia. Prima con il genitore l’incontro era sempre di persona, ora il figlio propone la videoconference; il genitore faceva rispondere dalla segretaria, il figlio manda sms o email. Insomma, un’altra storia, oltre che un’altra generazione. Conquistarsi la fiducia e la stima sarà una bella sfida, ma è l’unica strada che abbiamo.
  5. Uno studio tecnologico. Codici, enciclopedia, riviste di carta addio… Il genitore lascia praticamente dei cimeli oggi al figlio, una libreria stupenda con libri rilegati e raccolte di giurisprudenza formato magnum… Da questi particolari si vede se lo studio è di generazioni, oppure se è una start up. I primi hanno cimeli messi lì a ricordare vecchi fasti, come i vecchi dischi di vinile in bella vista. Ora compete al figlio riorganizzare lo studio anche dal punto di vista delle dotazioni tecnologiche: computer e intranet, area riservata, sito, impianto di videoconference. Insomma, anche alla segretaria paterna, figura di mezzo tra la badante e la segretaria, ci dovrà pensare il figlio a dare nuove funzioni, in attesa che la pensione giunga a maturazione e possa sostituirla con un bel cellulare e un computer per far tutto da sé.

Il “vecchio” passaggio generazionale, in conclusione, sta diventando un vero e proprio passaggio epocale anche dentro lo studio e non più solo fuori dallo studio.