Le nuove famiglie professionali: individuazione, profili, competenze

Le nuove famiglie professionali: individuazione, profili, competenze
Abstract: In questo scritto trattiamo la “Famiglia Professionale” intesa come ambito professionale omogeneo caratterizzato dall’affinità delle competenze dei ruoli lavorativi sulla base di orientamenti, finalità e conoscenze comuni, la cui individuazione è estremamente rilevante ai fini dell’inquadramento giuridico del personale e dell’esigibilità delle mansioni di cui all’articolo 52 del decreto legislativo n. 165/2001.
Definizione
Una prima trattazione delle famiglie professionali la rinveniamo nel CCNL del Personale del Comparto Funzioni Centrali Triennio 2019–2021 sottoscritto in data 9 maggio 2022, che al comma 3 dell’art. 13 le definisce come“ambiti professionali omogenei caratterizzati da competenze similari o da una base professionale e di conoscenze comune” specificando che “nell’ambito delle famiglie professionali vengono definite le competenze professionali caratterizzanti ciascuna famiglia nonché, ove richiesti, specifici titoli di studio, abilitazioni, iscrizioni ad albi professionali, esperienze lavorative o professionali”.
Questa la previsione del suddetto contratto il cui art. 18 rinvia all’Amministrazione, in sede di contrattazione integrativa, il compito di definire le famiglie professionali del nuovo ordinamento professionale all’interno delle quali confluiscono, nel rispetto della tabella 2 di trasposizione automatica nel sistema di classificazione, i profili professionali definiti sulla base del precedente sistema ordinamentale.
Secondo il CCNL citato, le famiglie professionali in pratica rappresentano una categorizzazione dei ruoli basata su finalità e competenze che essendo connotati da processi lavorativi affini, facilitano una più chiara strutturazione delle carriere.
L’Aran con Orientamento applicativo CFC105 del 29.11.2022 (identificativo attuale 30986)[1], condiviso, al pari di quelli che verranno in seguito citati, con il Dipartimento della Funzione Pubblica e con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, ha chiarito in cosa consistono le Famiglie Professionali esprimendosi nel senso che vanno intese “come elementi del sistema ordinamentale che classificano le figure professionali necessarie per il funzionamento di un’amministrazione attraverso la individuazione delle competenze professionali (conoscenze, capacità tecnica e/o capacità comportamentali) necessarie per svolgere determinate attività. In tal modo precisa l’Agenzia “l’ordinamento professionale garantisce una maggiore flessibilità organizzativa, agevola la mobilità interna ed esterna, offre strumenti di gestione del personale meglio plasmabili sull’organizzazione del lavoro e/o sulle aspettative dei lavoratori che, non essendo collocati in un profilo professionale specifico, possono aspirare a ricoprire altre posizioni di lavoro nell’ambito della medesima area di inquadramento” e conclude evidenziando che“ le famiglie professionali vanno dunque intese come uno degli elementi che, insieme alle Aree, definiscono l’inquadramento giuridico-contrattuale di ciascun dipendente” tant’è che non certo casualmente ”il CCNL richiede l’indicazione della Famiglia Professionale e dell’Area di appartenenza nel contratto individuale di lavoro”.
Sempre l’Aran con altro Orientamento corrispondente al vecchio ID CFC106 del 29.11.2022 (Identificativo attuale 30989) relativo alle modalità di individuazione delle famiglie professionali, ha chiarito che “occorre partire dall’analisi delle competenze professionali richieste nei diversi ambiti di attività in cui opera l’amministrazione” e che al riguardo può essere utile“focalizzare l’attenzione sui macro-processi che l’amministrazione è chiamata a gestire. Ad esempio, in ogni amministrazione vi sono alcuni processi caratterizzanti, direttamente collegati alla missione istituzionale ed alcuni macro-processi di supporto (ad esempio, i processi trasversali, quale quello di amministrazione e gestione ecc.). In corrispondenza di ciascuno di questi macro-processi e di una determinata area del sistema di classificazione, è possibile individuare una famiglia professionale e le relative competenze professionali richieste. Ad esempio, si potrebbe individuare la famiglia professionale del Funzionario di amministrazione e gestione in corrispondenza del macro-processo “Amministrazione e gestione” e dell’Area “Funzionari”. Tale famiglia professionale dovrebbe poi essere descritta indicando le competenze professionali richieste (conoscenze, capacità tecniche e/o capacità comportamentali). Le conoscenze possono essere indicate anche attraverso un rinvio al titolo di studio richiesto per l’accesso (ad esempio, laurea in discipline giuridiche o economiche)”.
Secondo l’Agenzia a prescindere dal metodo di individuazione è importante definire le “famiglie professionali” mediante parametri ampi in grado di ricomprendere, al loro interno, più “posizioni di lavoro”in modo da agevolare i percorsi di mobilità e di sviluppo all’interno dell’organizzazione ferma restando la possibilità, qualora la complessità organizzativa dell’amministrazione o ente lo richieda, che le competenze professionali potranno essere ulteriormente differenziate in ulteriori posizioni lavorative (ad esempio, la posizione di “Funzionario di amministrazione e gestione - specialista paghe e contributi” nell’ambito della Famiglia professionale di “Funzionario di amministrazione e gestione”). Si tratta, in tal caso, di una facoltà datoriale esercitabile discrezionalmente per esigenze di tipo organizzativo e non di un obbligo il cui assolvimento è imposto dal CCNL.
Una definizione delle “famiglie professionali” nei suddetti termini, secondo l’Aran aiuta anche ad avere un quadro di riferimento maggiormente stabile nel tempo a fronte, invece, di un maggiore dinamismo delle “posizioni di lavoro”, che diventano modificabili senza necessità di porre in discussione il superiore livello costituito, appunto, dalle famiglie professionali.
Profili e competenze
Già il decreto del Dipartimento della funzione pubblica 8 maggio 2018 (G.U. Serie Generale n. 173 del 27/07/2018) ad oggetto “Linee di indirizzo per la predisposizione dei piani dei fabbisogni di personale da parte delle amministrazioni pubbliche” aveva evidenziato l’importanza del piano triennale del fabbisogno da definire in coerenza e a valle dell’attività di programmazione complessivamente intesa che, oltre ad essere necessaria in ragione delle prescrizioni di legge, rappresenta sia la base delle regole costituzionali di buona amministrazione, efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa che lo strumento imprescindibile di un apparato-organizzazione chiamato a garantire il miglioramento della qualità dei servizi offerti a cittadini ed imprese.
La giusta scelta delle competenze professionali, si legge nel decreto, costituisce“il presupposto per meglio perseguire gli obiettivi di performance organizzativa, e la giusta scelta delle professioni e delle relative competenze professionali che servono alle amministrazioni pubbliche e l’attenta ponderazione che gli organi competenti sono chiamati a prestare nell’individuazione della forza lavoro e nella definizione delle risorse umane necessarie, appaiono un presupposto indispensabile per ottimizzare l’impiego delle risorse pubbliche disponibili e per meglio perseguire gli obiettivi di performance organizzativa e di erogazione di migliori servizi alla collettività”.
Per la funzione pubblica diventa, quindi, basilare definire i fabbisogni prioritari o emergenti in relazione alle politiche di governo, individuando le vere professionalità, infungibili, non fondandole esclusivamente su logiche di sostituzione ma su una maggiore inclinazione verso le nuove professioni e le competenze occorrenti per rendere al passo con i tempi l’organizzazione del lavoro e l’offerta dei servizi all’utenza.
Successivamente, ed allo scopo di supportare ulteriormente le amministrazioni il Dipartimento della Funzione Pubblica, con decreto 22 luglio 2022 (G.U. Serie Generale n. 215 del 14/09 2022) ha emanato le linee di indirizzo per l’individuazione dei nuovi fabbisogni professionali che rispetto alle precedenti, contenute nel decreto ministeriale dell’8.5.2018, aggiornano e integrano la componente connessa alla programmazione qualitativa e all’individuazione delle competenze che investono i profili e preannunciano lo sviluppo di una strumentazione dedicata nell’ambito delle linee progettuali del PNRR.
Le Linee in parola contengono una metodologia per pervenire, partendo dalla mappatura dei processi, alla definizione delle famiglie professionali (ossia lavori con conoscenze comuni e finalità, approcci professionali e competenze, coinvolti in processi caratterizzati da competenze uguali o similari).
La peculiarità della terminologia adoperata “famiglie professionali” in cui l’accostamento alla “famiglia” sottolinea come le professionalità si acquisiscano in un contesto lavorativo che unisce i suoi componenti in uno stretto legame, analogamente alle famiglie dove i componenti sono uniti tra di loro dal rapporto di parentela.
Un sistema aperto caratterizzato dalla tendenza al cambiamento, ove si realizzano i processi di sviluppo e di apprendimento dei dipendenti che, attraverso l’esperienza dell’appartenenza e della differenziazione, acquisiscono un senso di identità.
L’individuazione e rilevazione delle competenze dei dipendenti pubblici è alla base dell’inquadramento della dimensione qualitativa del concetto di “fabbisogno di personale” per come è attualmente delineato dall’impianto normativo del decreto legislativo n. 165 del 2001, che lo definisce come l’insieme delle tipologie di professioni e competenze meglio rispondenti alle esigenze dell’amministrazione, con particolare riferimento al complesso di elementi cognitivi, capacità e attitudini del personale da assumere anche per sostenere la transizione digitale ed ecologica della pubblica Amministrazione.
In questo modo, l’assetto organizzativo assume una struttura agile, in grado di adattare le proprie professionalità e competenze ai mutevoli fabbisogni degli utenti, identificando i profili di ruolo di cui l’amministrazione ha bisogno. Si tratta, infatti, di un processo finalizzato ad una graduale riduzione delle figure amministrative generaliste a beneficio di quelle specifiche (esperti di informatica, e-procurement, project management, transizione digitale ecc.).
Tale sistema, aggiornato nel tempo, consente di sostituire i profili obsoleti con quelli nuovi definendo un insieme di ruoli che essendo integrabile scongiura il rischio di proporre modelli rigidi ed inadeguati alle mutevoli esigenze degli Enti del comparto.
Le Linee di Indirizzo sui nuovi fabbisogni emanate con il citato Decreto del 22.7.2022 includono, sotto forma di glossario, le definizioni dei principali termini adoperati che si ritiene utile riportare integralmente:
- Area/categoria di inquadramento: è il contenitore giuridico definito dai CCNL a cui corrisponde un livello omogeneo di conoscenze e capacità necessarie per l’espletamento di una vasta e diversificata gamma di attività lavorative.
- Famiglia professionale: è un ambito professionale omogeneo caratterizzato da competenze similari o da una base professionale e di conoscenze comune.
- Profilo professionale: è l’insieme delle attività e caratteristiche che riempiono di contenuto la definizione di una figura professionale.
- Profilo di ruolo: è la descrizione delle finalità, responsabilità e competenze che caratterizzano un determinato ruolo.
- Profilo di competenza: insieme delle competenze necessarie per svolgere un determinato ruolo, descritte rispetto ad un modello di riferimento.
- Compito: singola attività svolta per il raggiungimento di un risultato.
- Mansione: insieme di compiti (più o meno omogenei) che connotano lo spazio organizzativo affidato ad una persona.
- Posizione: il punto occupato dal titolare di una mansione nella struttura organizzativa;
Ruolo: il comportamento atteso dalla persona cui è affidata una posizione. - Struttura: insieme delle posizioni contenute nell’organizzazione.
- Competenze: è l’insieme di conoscenze, capacità tecniche e capacità comportamentali.
Analisi e individuazione dei nuovi fabbisogni professionali
Le profonde trasformazioni e innovazioni che hanno interessato il mondo del lavoro messo in crisi il concetto di “qualifica professionale” nella prospettiva delle “famiglie professionali” basate sulla nozione delle ”competenze” e sull’idea di trasferirle all’interno di sistemi professionali facendo leva sul fatto che la combinazione dei termini “famiglia professionale”, è più coerente con la dinamica del lavoro che in tal modo viene regolato e valorizzato.
Secondo questa impostazione, la “famiglia professionale” è, infatti, concepita come l’insieme di più figure, ruoli, profili professionali, ecc., che hanno in comune non solo i percorsi e le competenze strategiche ma anche la cultura che li contraddistingue e la collocazione organizzativa.
Una pubblica Amministrazione moderna, per poter fornire risposte con immediatezza alle sfide poste dalla continua evoluzione delle trasformazioni economiche, sociali e tecnologiche deve individuare figure e competenze professionali confacenti alla nuova realtà del mondo lavorativo, nel rispetto dei principi di merito, trasparenza ed imparzialità, mediante l’introduzione di strumenti in grado di valorizzare le attitudini e le abilità richieste per lo svolgimento delle attività e delle responsabilità da affidare, in aggiunta alle conoscenze.
Le varie riforme che hanno interessato il lavoro pubblico coinvolgono anche le modalità di selezione, valutazione e carriera dei dipendenti pubblici che si saldano, a loro volta, con la formazione e alla riprogettazione del sistema dei profili professionali secondo un modello articolato per competenze, ossia conoscenze, capacità tecniche e capacità comportamentali, che diventano il contenuto descrittivo delle famiglie professionali e delle singole posizioni di lavoro presenti all’interno dell’organizzazione.
Questo modello, guidando le diverse leve di gestione del personale in coerenza con le prestazioni e con le competenze attese in una amministrazione moderna ed efficiente, funge da “anello di congiunzione” tra riforma del reclutamento, sviluppo delle carriere e formazione professionale, in una logica di gestione integrata delle risorse umane competency-based organization, senza trascurare gli aspetti motivazionali e valoriali tipici del civil service.
L’attuazione di ciò dipende, oltre che dalla capacità tecnico-professionale del management, anche dalla qualità dei modelli organizzativi adottati e, in particolare, dalla articolazione, coerenza ed aggiornamento delle competenze dei lavoratori che vi operano all’interno.
La rapida obsolescenza dei contenuti descrittivi statici delle vecchie qualifiche funzionali richieste per lo svolgimento delle attività necessarie al raggiungimento delle mission delle amministrazioni pubbliche impongono di identificare, prima ancora dei nuovi profili professionali, le modalità stesse di analisi e descrizione di tali profili, in modo da intercettare una pluralità di dimensioni che oltrepassando le conoscenze teoriche, il titolo di studio e la mera elencazione dei compiti da svolgere sono in grado di pervenire all’identificazione di un sistema basato sulle “competenze”.
Ciò richiede di spostare l’attenzione da cosa viene fatto (mansioni e attività) a come vengono svolti i compiti e a quali conoscenze, capacità tecniche e comportamentali, e di quale profondità e ampiezza, siano indispensabili al loro svolgimento ottimale.
E’, quindi, necessario adottare, con la dovuta gradualità, un cambio di paradigma, coniugando la programmazione dei fabbisogni di personale con un modello organizzativo volto a non concludere la descrizione del profilo all’assolvimento delle mansioni previste dalla posizione di lavoro che i dipendenti ricoprono al momento di ingresso nel pubblico impiego, bensì a riconoscerne e accompagnarne l’evoluzione, verso una caratterizzazione fondata sulla specificità dei saperi, sulla qualità della prestazione e sulla motivazione al servizio, elementi centrali, questi, anche nel disegnare carriere dinamiche per i più meritevoli e accrescere l’attrattività del lavoro pubblico, in una logica di employer branding da intendere come peculiarità della posizione di lavoro.
Una gestione per competenze mira a promuovere l’integrazione orizzontale di tutte le leve della programmazione strategica dei fabbisogni (procedure di reclutamento e selezione, sistemi di misurazione e valutazione, piani di formazione, percorsi di carriera) e l’allineamento verticale delle stesse con la strategia generale dell’amministrazione, grazie all’evoluzione del ruolo delle politiche di gestione del personale.
Un passo decisivo verso il raggiungimento di questo ambizioso obiettivo si è concretizzato nella revisione del sistema di classificazione del personale attuata con i CCNL del settore pubblico per il triennio 2019 - 2021 pervenendo alla definizione di un nuovo inquadramento del personale pubblico e un riordino totale sia della classificazione che della disciplina di alcuni istituti, tra cui il sistema delle carriere, che ha consentito di delineare un ordinamento professionale più moderno e maggiormente consono alle necessità delle pubbliche amministrazioni, con un approccio uniforme tra i vari comparti di contrattazione.
Questa trasformazione ha condotto alla sostituzione della qualifica con le “competenze” come categoria-base per superare ogni problema riguardo alle relazioni tra lavoratore e organizzazioni di lavoro[2].
Le competenze vanno, quindi, identificate nell’idoneità professionale del dipendente intesa come capacità di affrontare una serie di problemi che si presentano all’interno della specifica area di appartenenza.
Con l’introduzione della “famiglia professionale”, dunque, le organizzazioni dispongono di uno strumento capace di disegnare le relazioni tra individuo/lavoratore/dipendente ed organizzazioni in grado di valorizzare l’aspetto socio-economico del lavoro, in chiave allargata che amplifichi senza semplificarli i fattori in gioco.
In definitiva, la famiglia professionale presenta una serie di caratteristiche (valori, saperi specifici, relazioni, percorsi formativi) ed è composta da più profili professionali, che rappresentano le competenze riferite a specifici ruoli caratterizzati da un bagaglio professionale e formativo e risultano variabili nel corso del tempo in ragione delle modifiche organizzative e tecnologiche.
Competenze che a loro volta possono ripartirsi in:
- generali se riferite a tutta la famiglia professionale ai vari livelli;
- settoriali se necessarie in relazione a tecniche particolari proprie rispetto ad altre figure della medesima famiglia professionale.
Le Linee di Indirizzo del 22.7.2022 indicano la necessità di identificare, prima ancora dei nuovi profili professionali, le modalità stesse di analisi e descrizione di tali profili, in modo da intercettare una pluralità di dimensioni che vadano oltre quella delle sole conoscenze teoriche, del titolo di studio e dell’elencazione dei compiti da svolgere, per approdare, invece, all’identificazione di un sistema di “competenze”.
In primo luogo si rende, quindi, necessario procedere alla mappatura dei processi, che le norme nel tempo hanno imposto agli enti a vari scopi (ricordiamo, per esempio, ai fini del calcolo del rischio di corruzione o della verifica delle condizioni abilitanti all’introduzione dello smart working).
I processi e cioè la descrizione in sequenza di un flusso di lavoro,a loro volta, sono classificati in gruppi omogenei (es. tra i processi di supporto o trasversali, si possono identificare i processi relativi alle risorse economiche, i processi relativi alle risorse umane, i processi relativi alle risorse tecnologiche, ecc.). Nell’ambito dei suddetti gruppi vengono identificati gli ambiti professionali omogenei caratterizzati da competenze similari o da una base professionale e di conoscenze comuni (quelle che le linee di indirizzo chiamano appunto “famiglie professionali”).
Per ciascuna famiglia, si definiscono poi i profili professionali da collocare, come appena detto, nelle singole aree contrattuali e necessari per presidiare i processi dell’ente (ad esempio, per l’area dei funzionari, l’esperto in gestione delle risorse umane e sviluppo organizzativo).
Per ogni figura professionale individuata si definisce un profilo di competenza, in termini di conoscenze e capacità tecniche e comportamentali richieste.
Per raggiungere l’obiettivo, inoltre, si ritiene necessario che per ciascuno dei profili sia individuato un quadro organico dell’insieme delle attività richieste piuttosto che un elenco di compiti specifici. Si favorisce in tal modo l’impostazione dell’esercizio del potere datoriale dello ius variandi, che trova ragione di applicazione solo qualora sia funzionale alle esigenze di flessibilità gestionale.
In merito è utile rilevare che l’esercizio dello ius variandi è del tutto precluso agli organi di governo delle amministrazioni pubbliche, trattandosi di una competenza rientrante nelle prerogative gestionali ascritte a ciascun dirigente o responsabile di servizio che dispongono dell’autonomo potere di modificare il profilo professionale dei dipendenti assegnati alle strutture che dirigono, ai
sensi degli artt. 16 e 17 del D.Lgs. n. 165/2001 (per gli enti locali è l’art. 107, comma 3, lettera e) del D.Lgs. n. 267/2000 che prevede espressamente, tra le attribuzioni dei dirigenti, “gli atti di amministrazione e gestione del personale”).
L’operazione si rende necessaria in quanto l’accrescimento delle professionalità del proprio personale serve, in primis, ad incentivarlo a restare presso la stessa amministrazione.
In secondo luogo, serve a migliorare i servizi che vengono erogati alla collettività, introducendo percorsi formativi stimolanti in grado di aumentare non solo il livello di intelligenza emotiva, soprattutto di chi ricopre ruoli decisionali e organizzativi e creare il cd. “benessere organizzativo” consapevoli che un ambiente di lavoro sereno e stimolante contribuisce alla crescita professionale del dipendente anche in rapporto al raggiungimento del risultato atteso e dell’impatto dei provvedimenti emessi sulla collettività destinataria degli stessi.
Quindi, l’analisi dei fabbisogni rappresenta uno strumento strategico che partendo dal numero di dipendenti cessati dall’amministrazione, può individuare le professioni che qualitativamente sono richieste per accompagnare l’evoluzione dell’ente, superando una logica di mera sostituzione delle cessazioni e adottando una prospettiva inter-funzionale nella definizione dei profili mancanti.
In questo modo, la stessa organizzazione assume una struttura agile, in grado di adattare le proprie professionalità e competenze ai mutevoli fabbisogni degli utenti, identificando i profili di ruolo di cui l’amministrazione ha bisogno. Ci vuole, in estrema sintesi, una visione dell’amministrazione degli anni futuri.
Per l’analisi dei fabbisogni è fondamentale che la dirigenza ricorra a tecniche di job analisys (metodo che analizza e raccoglie informazioni consentendo l’identificazione delle peculiarità di ciascuna posizione lavorativa), job description (descrizione analitica delle mansioni e delle responsabilità di un profilo ricoperto all’interno dell’Ente) e job profiling (procedura interna che identifica, in una scheda sintetica, il profilo ideale per ricoprire una posizione aziendale) per definire dal punto di vista qualitativo il fabbisogno di personale da reclutare.
Le amministrazioni devono richiedere non più solo le conoscenze teoriche dei dipendenti (sapere), ma anche le capacità tecniche (saper fare) e comportamentali (saper essere).
Un processo che porterà, inevitabilmente, ad una progressiva riduzione delle figure amministrative aspecifiche (o generaliste) a favore, ad esempio, di esperti del digitale, di e-procurement, di transizione al verde, di project management.
Il sistema, poi, si aggiornerà nel tempo, consentendo di depennare i profili obsoleti e individuare i profili nuovi e creare competenze diffuse nel sistema in tema di gestione del personale.
In questo modo si potrà definire un sistema dei ruoli che possa essere aggiornato e integrato continuamente, evitando di proporre modelli rigidi e predefiniti, uguali per tutti.
La definizione dei nuovi profili professionali, quindi, permetterà di acquisire quei profili specializzati che attualmente prediligono il settore privato.
Il ruolo della contrattazione collettiva integrativa nei CCNL Funzioni Centrali
Occorre premettere che la contrattazione collettiva integrativa, ai sensi di quanto prevede il comma 2 dell’art. 7 del CCNL Funzioni Centrali 2019-2021, riproposto integralmente nel successivo CCNL 2022-2024, sottoscritto in data 27 gennaio 2025, nelle amministrazioni articolate al loro interno in una pluralità di uffici, individuati come autonome sedi di elezione di RSU, si svolge su due livelli:
- nazionale (“contrattazione integrativa nazionale”);
- di sede di RSU (“contrattazione integrativa di sede territoriale”).
Nelle altre amministrazioni, si svolge, invece,secondo un unico livello “contrattazione integrativa di sede unica”.
In merito all’individuazione delle famiglie e i relativi profili è bene, dunque, evidenziare il ruolo che svolge la contrattazione integrativa ed a tal fine va richiamato l’art. 7, comma 6 del suddetto CCNL nella parte in cui dispone che sono oggetto di contrattazione integrativa nazionale o di sede unica “l’individuazione delle famiglie professionali e delle relative competenze professionali (lettera z)”.
L’Aran in risposta alla domanda sul contenuto del contratto integrativo che definisce le famiglie professionali con Orientamento applicativo vecchio ID CFC 107 del 30.11.2022 (identificativo attuale 30993) ha premesso che “La contrattazione collettiva integrativa ha la funzione di “integrare” il CCNL nelle materie e nei limiti dallo stesso CCNL individuati. Ne consegue, come regola generale, che non andrebbero ripetuti gli elementi già definiti in sede di contrattazione nazionale” e richiamando il dianzi citato articolo 7, comma 6, lett. z) del CCNL Funzioni Centrali ha precisato che” Non vanno, pertanto, indicate mansioni e attività da svolgere, ma le famiglie professionali (ad esempio, “Funzionario di amministrazione e gestione”) e le competenze professionali richieste per operare nell’ambito di ciascuna famiglia professionale ”evidenziando, infine, che: ”Il contratto collettivo integrativo dovrebbe anche contenere una tabella di confluenza tra vecchi profili e nuove famiglie professionali, avendo presente che tale trasposizione deve avvenire a parità di area di inquadramento, sulla base di quanto previsto nella Tabella 2 allegata al CCNL 9 maggio 2022”.
Valga a titolo di esempio il Contratto Collettivo Nazionale Integrativo del personale del Ministero dell’Interno, destinatario del C.C.N.L. del comparto Funzioni centrali 2019/2021 con cui sono state individuate, in armonia con quanto previsto a livello generale, le “famiglie professionali” ovvero gli ambiti professionali caratterizzati da competenze assimilabili che, in relazione alle esigenze dell’Amministrazione civile, sono stati dettagliati in apposita tabella denominata “Sistema degli ambiti e delle famiglie professionali”.
Occorre, infatti, tener presente che:
- l’individuazione delle famiglie professionali è rilevante ai fini:
a.1) dell’inquadramento giuridico del personale;
a.2) dell’esigibilità delle mansioni di cui all’articolo 52 del decreto legislativo n. 165/2001.
- il contratto individuale, oltre all’area di appartenenza deve indicare anche la specifica famiglia professionale attribuita.
I Profili Professionali nel CCNL Funzioni Locali
Nel CCNL relativo al personale del comparto funzioni locali relativo al triennio 2019 – 2021, sottoscritto il 16 novembre 2022le “famiglie professionali” non sono state individuate come nel CCNL Funzioni Centrali.
Il CCNL in parola, che ha introdotto il nuovo sistema di classificazione del personale con l’obiettivo di “attualizzare le declaratorie delle aree professionali adattandole ai nuovi contesti organizzativi, anche al fine di facilitare il riconoscimento delle competenze delle risorse umane” fa ancora riferimento ai “profili professionali” che descrivono “il contenuto professionale delle attribuzioni proprie dell’area” stabilendo all’art. 12 comma 6, che “ Gli enti, in relazione al proprio modello organizzativo, identificano i profili professionali e li collocano nelle corrispondenti aree nel rispetto delle relative declaratorie, di cui all’Allegato A”.
Non è superfluo considerare che, pur essendo definiti con la suddetta terminologia rappresentano “profili di ruolo” intesi come categorizzazione dei ruoli lavorativi basata su orientamenti, finalità e competenze simili, come le famiglie professionali.
E’ da ritenere, quindi, opportuno che anche gli Enti locali procedano a una revisione dei profili professionali secondo le linee di indirizzo del 22.7.2022, descrivendo il contenuto professionale delle attribuzioni proprie di ogni area e collocando ciascun profilo all’interno di essa, tenendo presente che:
- l’Area di inquadramento (che in base alla tabella di trasposizione includerà le ex categorie) rappresenta il contenitore giuridico a cui corrisponde un livello omogeneo di conoscenze e capacità necessarie per l’espletamento di una vasta e diversificata gamma di attività lavorative;
- il Profilo professionale va inteso come l’insieme delle attività e caratteristiche che riempiono di contenuto la definizione di una figura professionale;
- il Profilo di ruolo identifica le finalità, responsabilità e competenze che caratterizzano un determinato ruolo;
- il Profilo di competenza è costituito dalle conoscenze necessarie per svolgere un determinato ruolo, descritte rispetto ad un modello di riferimento.
Per gli enti del comparto Funzioni Locali l’individuazione dei profili professionali è materia soggetta a confronto con le Organizzazioni Sindacali, che, ai sensi dell’articolo 4 del CCNL 2019/2021, possono attivare tale modalità di relazione sindacale entro 5 giorni dalla ricezione dell’informazione prevista dall’articolo 5.
Il confronto, qualora attivato, deve avvenire non oltre 10 giorni dalla richiesta.
Il periodo complessivo durante il quale si svolgono gli incontri non può essere superiore a 30 giorni, a seguito dei quali all’Amministrazione è consentito procedere all’approvazione del nuovo assetto dei profili professionali (revisione e/o introduzione di nuovi profili), esplicitando gli eventuali impatti sui profili professionali in essere (ad esempio, se un profilo professionale viene inglobato in un profilo professionale più ampio).
In tal modo si ottiene una struttura dell’ordinamento professionale a “imbuto” in cui:
- l’Area di inquadramento (in cui confluiscono le ex categorie) definisce i macro-livelli di responsabilità e autonomia;
- il profilo definisce le macro-attività di competenza;
- la posizione di lavoro definisce le specifiche conoscenze, competenze ed attitudini necessarie a ricoprirla.
Per raggiungere l’obiettivo, inoltre, è necessario, ad avviso di chi scrive, che per ciascuno dei profili sia individuato un quadro organico dell’insieme delle attività richieste piuttosto che un elenco di compiti specifici. In tal modo si favorisce l’esercizio del potere datoriale dello ius variandi, che trova ragione di applicazione solo qualora sia funzionale alle esigenze di flessibilità gestionale.
In merito è utile rilevare che l’esercizio dello ius variandi è del tutto precluso agli organi di governo delle amministrazioni pubbliche trattandosi di una competenza rientrante nelle prerogative gestionali ascritte a ciascun dirigente o responsabile di servizio che dispone dell’autonomo potere di modificare il profilo professionale dei dipendenti assegnati alle strutture che dirige, ai sensi degli artt. 16 e 17 del D.Lgs. n. 165/2001 (per gli enti locali l’art. 107 comma 3, lettera e) del D.Lgs. n. 267/2000 prevede espressamente, tra le attribuzioni dei dirigenti “gli atti di amministrazione e gestione del personale”).
Riflessioni conclusive
Dalla globalizzazione dell’economia e dai mutamenti organizzativi intervenuti negli ultimi anni che hanno interessato sia i sistemi produttivi che la qualità del prodotto/servizio fornito che hanno determinato la trasformazione del modo di lavorare a seguito della progressiva introduzione di nuove e sofisticate tecnologie, è nata l’esigenza di riqualificare e valorizzare le competenze del personale dipendente liberandole dalla “qualifica professionale”, che era riferita prevalentemente ai titoli di studio, in modo da migliorare l’efficienza dell’azione amministrativa con evidenti benefici in termini di flessibilità gestionale, soprattutto nelle realtà dove la rigidità della gestione (mansioni incapaci di adattarsi a nuove situazioni e non più corrispondenti alle reali esigenze) ostacolava la mobilità interna al settore o tra settori (trasversale).
Tale situazione, oltre a non essere più in grado di fornire le dovute risposte alle richieste di nuove professionalità inibisce il bisogno di valorizzare le competenze dimostrate dai dipendenti.
Per un affinamento dell’organizzazione (struttura, ruoli, modalità di funzionamento) caratterizzato da una gestione “partecipativa” al cambiamento sia da parte degli attori interni – dirigenti e dipendenti – sia del contesto esterno – altri enti, associazioni di categoria, ordini professionali, c’è, quindi, bisogno non solo di un processo di rinnovamento, ma di identificare anche le modalità di gestione del processo.
Per affrontare le sfide del cambiamento (ad esempio, transizione digitale delle pubbliche Amministrazioni, lavoro a distanza o smart working,project cycle management, etc.) è opportuno procedere ad una modifica e/o riduzione dei profili professionali con immediati benefici in termini di flessibilità gestionale.
Per fare ciò è necessario creare un apparato organizzativo ed una rete informativa di chi fa lo stesso mestiere, e solo dopo aver aggregato ed organizzato coloro che appartengono alla medesima famiglia professionale si potrà intervenire, positivamente, sul benessere organizzativo e sul sistema di valutazione della performance[3].
Stimolare l’attenzione, di coloro che gestiscono le risorse umane nella pubblica Amministrazione, sulla professionalità e competenza (e motivarla), può, quindi, rappresentare la chiave di lettura per uscire dalla logica del mero adempimento burocratico (cd. “rispetto delle regole”) a favore di quella del risultato e dell’impatto delle azioni pubbliche sulla collettività, destinataria del lavoro di chi opera nella pubblica amministrazione.
In altre parole bisogna acquisire la consapevolezza che le persone non rappresentano solo un costo per l’Ente pubblico, ma costituiscono l’insieme di conoscenze, capacità, competenze a disposizione della pubblica Amministrazione e giocano un ruolo fondamentale nel favorire la creazione di benessere economico che si traduce anche in soddisfazione sociale non solo per i collaboratori ma per tutta la comunità in cui l’Ente opera.
Avere una visione più olistica della persona, secondo la quale a ciascun lavoratore bisogna offrire un ambiente di lavoro condiviso e comprensibile, favorire quel senso di appartenenza all’organizzazione e che dia loro un senso di realizzazione personale in un contesto lavorativo che contribuisca a conseguire il benessere di ciascuno, facendolo sentire, per il contributo fornito, parte del tutto.
[1] Gli Orientamenti applicativi Aran citati nel corso della trattazione sono reperibili al seguente link: https://www.aranagenzia.it/orientamentiapplicativi/?accordion_check%5B0%5D=area_funz_centrali&search_tag&selected_tags&c=famiglie&orient_check%5B0%5D=COMPARTO+FUNZIONI+CENTRALI
[2] Nicoli D. - Famiglie professionali e competenze. Nuovi riferimenti per l’analisi delle professioni e la formazione. Rassegna CNOS – Problemi esperienze prospettive per la formazione professionale – ANNO 17/N. 2 - 2001
[3] Gentili F. - Famiglie professionali: le conosciamo davvero? Uno sguardo sulle risorse umane della PA centrale, nell’ottica dell’organizzazione aziendale e del benessere organizzativo – Pratica - Risorse Umane • 3/2024