Conflitto di interesse del dirigente del personale: brevi note sul parere ANAC del 9 Luglio 2025

Conflitto di interesse del dirigente del personale: brevi note sul parere ANAC del 9 Luglio 2025
Abstract
Il parere reso dall’ANAC il 9 luglio 2025, in tema di conflitto di interessi di un dirigente preposto alla gestione del personale, offre indicazioni di portata generale, utili a delineare i confini delle ipotesi di conflitto c.d. “strutturale”, ben oltre il caso specifico della liquidazione della retribuzione di risultato.
Premessa
L’ANAC con Parere del 9 luglio 2025 - Fascicolo Anac 2620/2025, rispondendo ad a una richiesta di un ente locale in merito alla valutazione della sussistenza di un potenziale conflitto di interesse a carico di un dirigente di una Città Metropolitana preposto alla gestione del personale, ha fornito, in funzione di ottica collaborativa, alcune indicazioni per la prevenzione dello stesso che si ritiene utile trattare in virtù della valenza generale dei principi richiamati dall’Autorità, invocabili, a nostro avviso, non solo per gli atti di liquidazione della retribuzione di risultato ma per tutte le ipotesi di conflitto “strutturale”.
L’Autorità anticorruzione, dopo aver premesso che il Conflitto di Interesse si configura quando un pubblico funzionario, direttamente o indirettamente, favorisce interessi privati a discapito dell’interesse pubblico, lo riconduce, circoscrivendone la nozione, a qualsiasi situazione che possa compromettere, anche in via astratta, il corretto funzionamento dell’amministrazione ed ha precisato che, oltre ai casi specifici previsti dalla legge, il conflitto può derivare anche da situazioni non espressamente disciplinate, ma che, sostanzialmente, minano l’indipendenza e l’integrità del funzionario nell’esercizio del suo potere decisionale compromettendo l’imparzialità e il buon andamento dell’azione amministrativa.
Conflitto di Interessi: tipizzato e non tipizzato
L’Autorità ha, dunque, distinto le fattispecie di conflitto cd. “tipizzate” identificabili in quelle situazioni esplicitamente previste dalla legge come interessi propri del dirigente o di suoi familiari stretti, o rapporti di frequentazione abituale con soggetti con cui ha relazioni economiche o legali, specificamente descritte negli artt. 7 e 14 d.P.R. n. 62 del 2013, dalle “non tipizzate” sintetizzate nell’espressione “gravi ragioni di convenienza” riportata dal penultimo periodo dell’art. 7 del citato DPR n. 62 /2013 che sebbene non disciplinate dalla legge e, quindi, non facilmente individuabili, sono, comunque, in grado di determinare il rischio di un conflitto, come accade nel caso di interessi o relazioni preesistenti che condizionano l’indipendenza e l’imparzialità del dirigente/funzionario le cui competenze “in materia di amministrazione e gestione del personale” per gli enti locali, si ricorda, sono conferite dall’organo di vertice (Sindaco, Presidente Provincia) ai sensi dell’art. 107 comma 3, lett. e) del D.Lgs. n. 267/2000. I conflitti “non tipizzati” derivano, quindi, dalla posizione ricoperta dal dirigente e possono palesarsi sia in specifici atti che in situazioni ricorrenti e diffusi.
La funzione dell’astensione
L’astensione da parte del dirigente/funzionario costituisce una misura di tipo preventivo finalizzata a scongiurare il rischio di conflitti di interesse. Occorre, però, tenere conto che in presenza di un conflitto “strutturale” e ricorrente, l’astensione potrebbe non essere idonea a garantire il regolare svolgimento dell’attività amministrativa, poiché metterebbe in pericolo la continuità della stessa azione amministrativa. In sostanza, l’astensione ha lo scopo di tutelare la trasparenza del processo decisionale, assicurando che chi ricopre ruoli di responsabilità non si trovi in situazioni in cui i propri interessi personali o professionali possano interferire con l’esercizio del potere pubblico.
Si tratta, quindi, di una misura preventiva finalizzata ad evitare il rischio che il dirigente sia influenzato da interessi esterni o interni che possano alterare l’obiettività del suo operato.
Valutazione della discrezionalità
L’Autorità sottolinea l’esigenza di esaminare con attenzione il grado di discrezionalità del potere che il dirigente deve esercitare nell’adozione dell’atto di liquidazione della retribuzione di risultato e richiamando il principio evocato nella sentenza del Consiglio di Stato n. 1961 del 16 maggio 2016, ove viene evidenziato che “la natura vincolata del potere, esclude che vi siano spazi per poter apprezzare profili di imparzialità” osserva che in caso di atti vincolati il rischio che si verifichi un conflitto di interessi è tanto più ridotto quanto più risultino limitati i margini di discrezionalità attraverso i quali il pubblico funzionario potrebbe astrattamente veicolare l’interesse privato.
L’Anac, in sintesi, sostiene che pur riducendo i margini di discrezionalità, bisogna sempre adottare le necessarie precauzioni per evitare conflitti di interesse e consiglia un’attenta valutazione della natura del potere esercitato dal dirigente ritenendo che anche in presenza di margini di discrezionalità limitati sia sempre consigliabile attenersi ad un “criterio generale di prudenza, tenuto conto che difficilmente l’esercizio di un potere si rivela interamente vincolato”.
Tornando al caso dell’atto di liquidazione della propria retribuzione di risultato, se la trasparenza ed indipendenza del processo di valutazione è assicurata ed il calcolo dell’importo spettante è puramente automatico e oggettivo, il conflitto di interesse potrebbe essere da tale da non rendere necessaria l’astensione ma è opportuno che per fugare ogni possibile percezione di parzialità o abuso, l’atto di auto liquidazione rechi la firma anche del Responsabile del procedimento/istruttoria (misura della doppia sottoscrizione delle determine di dirigenziali) e che l’ente sia dotato di un sistema di controllo adeguato da parte di terzi.
Regolamentazione carente ed aumento del rischio di conflitto
L’ANAC evidenzia che, in presenza di una scarsa regolamentazione sulle modalità e tempistiche attuative, il dirigente potrebbe, ad esempio, gestire la liquidazione delle retribuzioni in modo favorevole a sé stesso, anteponendo la propria a quella di altri colleghi. Per prevenire tale rischio, l’amministrazione dovrebbe emanare direttive operative specifiche che definiscano chiaramente l’iter procedimentale e le modalità di liquidazione, minimizzando il margine di discrezionalità e garantendo imparzialità e trasparenza.
Obblighi e responsabilità dell’Amministrazione
L’amministrazione è responsabile della verifica della sussistenza di conflitti di interesse e dell’adozione di misure preventive adeguate. Ha l’obbligo di vigilare attentamente sulla presenza di conflitti di interesse ed attivare le misure previste per garantire l’imparzialità laddove possano emergere fattori abilitanti il conflitto e cioè nelle ipotesi in cui la discrezionalità è elevata e i controlli interni sono deboli o assenti, e, quindi, il dirigente/funzionario potrebbe agire in conflitto con l’interesse pubblico, favorendo” in primis” i propri interessi personali.
Per quanto concerne il conflitto di interesse strutturale, derivante dalla rigidità della struttura amministrativa e che si verifica ogni qualvolta un dirigente o un responsabile, a causa della mancanza di separazione chiara tra i suoi ruoli decisionali e quelli amministrativi, si trova a dover adottare provvedimenti che influenzano direttamente la sua sfera giuridica o economica (ad esempio, l’attribuzione di benefici economici, appalti o autorizzazioni), spetta, quindi all’Amministrazione intervenire mediante misure preventive specifiche del rischio corruttivo, rimediando al “vulnus” che l’Anac individua nella “scarsa regolamentazione” e che si annida nei casi in cui l’assenza di separazione tra poteri e funzioni amplificano il rischio che il conflitto di interessi non sia correttamente identificato e gestito, compromettendo la trasparenza e l’integrità dell’ente pubblico.
Considerazioni finali
A conclusione di questa breve disamina riteniamo utile osservare che l’astensione non sempre rappresenta la soluzione definitiva per la gestione dei conflitti di interesse, soprattutto in situazioni, come nel caso sottoposto ad Anac, in cui il conflitto sia “strutturale e ricorrente” che si verifica, soprattutto negli enti medio-piccoli, quando le condizioni che lo generano sono insite nella natura del compito che il dirigente/funzionario è chiamato a svolgere, rendendo difficile evitare ogni possibile interferenza con gli interessi in gioco. In questi casi, l’astensione, potrebbe addirittura pregiudicare la continuità dell’azione amministrativa stessa.
Un dirigente o funzionario che si astiene troppo frequentemente, rischia di creare un vuoto decisionale che può rallentare o addirittura bloccare l’intero processo amministrativo.
In sintesi l’astensione non può essere considerata una panacea per ogni tipo di conflitto di interesse ed è, quindi, necessaria una visione sistemica che contempli soluzioni più articolate e condivise per tutelare la legittimità e la continuità dell’azione amministrativa.