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Personale dipendente dagli Enti locali: indennità per condizioni di lavoro

Articolo 70-bis del Contratto Collettivo Nazionale, una nuova tipologia di indennità economica
indennità condizioni di lavoro
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Abstract

In questo scritto gli autori analizzano l’articolo 70-bis del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro – Comparto Funzioni Locali sottoscritto in data 21.5.2018, che, in chiave semplificativa delle procedure di erogazione delle varie componenti del trattamento accessorio del personale degli Enti locali, ha introdotto una nuova tipologia di indennità economica, denominata “Indennità condizioni di lavoro”, con cui si unificano in una unica voce le precedenti indennità di rischio, disagio e maneggio valori. Tale indennizzo, fermo restando i presupposti di fatto che giustificano l’erogazione dei compensi serve, comunque, a remunerare lo svolgimento, da parte dei lavoratori, di attività disagiate o rischiose in quanto pericolose o dannose per la salute o implicanti il maneggio di valori.

 

Sommario

1. Quadro normativo preesistente

2. Indennità di rischio

3. Indennità di disagio

4. Indennità per maneggio valori

5. Indennità per condizioni di lavoro

 

Quadro normativo preesistente

Le condizioni di lavoro che comportano rischio, disagio e maneggio di valori in precedenza erano disciplinate singolarmente ed il riconoscimento delle indennità era legato al presupposto della continuità dell’attività svolta dal dipendente, con l’esclusione dell’erogazione, più volte ribadito dall’ARAN, per attività svolte dal dipendente in modo saltuario, sporadico o comune non continuativo.

Le indennità di rischio sono previste per la prima volta dall’allegato B al decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 347 e venivano fissate in Lire 120.000 per dodici mensilità.

Con l’articolo 34, lettera f) del decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1987, n. 268, il suddetto importo veniva elevato a Lire 240.000 annue lorde (dodici mensilità).

L’istituto è stato poi disciplinato dall’articolo 37 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro 14 settembre 2000 (c.d. code contrattuali) il quale ha portato l’importo mensile a Lire 40.000 e, successivamente, l’articolo 41 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro 22 gennaio 2004 che ha rideterminato la misura in € 30 mensili lorde.

L’indennità di disagio trova il suo unico riferimento contrattuale nell’articolo 17, comma 2, lettera e) del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro 1° aprile 1999 per: “compensare l’esercizio di attività svolte in condizioni particolarmente disagiate da parte del personale delle categorie A , B e C”.

Prima del CCNL 14 settembre 2000, l’indennità maneggio valori non era, invece, disciplinata in modo distinto per i dipendenti degli Enti locali: inizialmente l’articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica 25 giugno 1983, n. 347 e, successivamente, l’articolo 34, comma 1, lettera h) del decreto del Presidente della Repubblica n. 268 del 13 maggio 1987, rinviavano alla disciplina prevista per i dipendenti dello Stato prevista dall’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 5 maggio 1975.

L’ indennità maneggio valori è stata formalmente istituita con l’articolo 36 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro 14 settembre 2000 (c.d. “code contrattuali”), che affida alla contrattazione collettiva integrativa la determinazione dei valori correlati alla indennità maneggio valori, stabilendo una indennità giornaliera proporzionata al valore medio mensile dei valori maneggiati con un minimo di lire 1000 ad un massimo di lire 3000.

 

Indennità di rischio

L’indennità di rischio, in base alle disposizioni dei contratti nazionali, è rimessa alla contrattazione collettiva decentrata integrativa (in seguito, contrattazione collettiva decentrata) che individua i soggetti e le prestazioni di lavoro che comportano continua e diretta esposizione a rischi pregiudizievoli per la salute e per l’integrità del personale che legittimano il ricorso a questo compenso.

A titolo esemplificativo e non esaustivo ogni Ente locale, nell’ambito dell’autonomia gestionale e in base alla propria struttura organizzativa, può teoricamente prevedere situazioni di rischio per:

1) utilizzo di mezzi e attrezzature atti a determinare lesioni, traumi, ecc.;

2) interventi di segnaletica stradale notturna;

3) interventi alla rete di pubblica illuminazione;

4) attività che comportano esposizione a sostanze pericolose, etc.;

5) inalazione di polveri, gas, particelle dannosi alla salute, ecc.;

6) contatto con agenti chimici, biologici, radianti, ecc.

Preliminarmente si rileva che detta indennità non va corrisposta in modo indistinto a tutti i dipendenti appartenenti a una determinata categoria e/o specifici profili professionali (compreso il personale della Polizia Municipale) né essere legato al solo svolgimento dei compiti e delle mansioni ordinariamente previste nell’ambito del profilo posseduto dal lavoratore, essendo indispensabile procedere ad una valutazione dei contenuti della prestazione lavorativa.

Il rischio rappresenta una situazione o condizione lavorativa diversa da quella che caratterizza i contenuti tipici e generali delle ordinarie prestazioni di lavoro da rendere secondo ruolo/mansioni/profilo di inquadramento, il cui compenso può essere erogato solo in presenza di specifici contenuti afferenti la singola figura professionale ed il ruolo ad essa assegnato (situazioni previste in sede di contrattazione collettiva integrativa). Infatti, esso deve essere soprattutto una utile occasione per premiare chi è maggiormente sottoposto con la propria attività riferite a specifiche condizioni di esposizione a rischi pregiudizievoli per la salute e l’integrità fisica dell’operatore che hanno i caratteri della continuità e della immediatezza espositiva.

Ciò comporta la necessità di un’attenta e ponderata valutazione dell’ambiente e delle condizioni di lavoro per verificare se gli stessi sono in grado di fare emergere una situazione di continua e diretta esposizione del lavoratore a rischi di pregiudizi per la sua salute o per la sua integrità personale.

Dovrebbe trattarsi, comunque, di situazioni o condizioni che non contraddistinguono in modo specifico i contenuti tipici e generali delle mansioni di un determinato profilo professionale, dato che queste sono già state valutate e remunerate con il trattamento economico stipendiale previsto per il suddetto profilo (ad esempio, di corrisponderla ai lavoratori che utilizzano il personal computer considerato che l’uso del medesimo rientra, oggi, nell’ordinario strumento di lavoro e la indennità per i video terminalisti, prevista dai vecchi contratti pubblicistici, non esiste più), essendo piuttosto riconducibili alle specifiche modalità ed alle caratteristiche ambientali in cui le mansioni stesse vengono concretamente espletate.

Si deve, inoltre, evitare la sovrapposizione tra l’indennità di rischio e quella di disagio, in presenza di una sola  fattispecie: possono, invece, essere cumulate a fronte di fattispecie diverse qualora siano aggiuntive rispetto a quelle ordinariamente previste nel profilo professionale (ad esempio non ha diritto sia all’indennità di rischio che di disagio il vigile urbano che presta la sua attività fuori dagli uffici, come non ha diritto all’indennità di rischio nel caso in cui utilizzi la pistola).

L’indennità di rischio è erogabile, secondo la disciplina contrattuale, solo nei giorni di effettiva prestazione lavorativa. Si esclude, quindi, che possa essere erogata forfettariamente, prescindendo da questo criterio. L’ARAN si è sempre espressa nel senso che l’indennità di rischio non spetta nei  casi di fruizione di periodi di assenza a qualsiasi titolo del personale, ivi comprese quelle riconducibili alla fruizione da parte della dipendente del congedo di maternità e del congedo parentale. A tal fine non è superfluo ricordare che è buona norma indicare nel contratto collettivo decentrato che per “giorni di effettivo servizio” si intendono i giorni con effettiva presenza in servizio per almeno il 50% dell'orario dovuto nella giornata di riferimento.

 

Indennità di disagio

Questa indennità, finanziata anch’essa dal fondo del trattamento accessorio del personale di cui all’articolo 15 del CCNL 1° aprile 1999, può essere corrisposta a tutti i dipendenti di categoria A, B, C (compreso il personale operativo della Polizia Municipale) che svolgono la loro attività in condizioni particolarmente disagiate, la cui pratica attuazione è rimessa alla contrattazione collettiva decentrata.

È una condizione peculiare della prestazione lavorativa del singolo dipendente che non può coincidere con le ordinarie prestazioni di lavoro da rendere secondo ruolo/mansioni/profilo di inquadramento, riscontrabile in un numero limitato di potenziali beneficiari non assumendo alcun rilievo i profili e/o le categorie professionali di appartenenza.

Per questa indennità si possono ipotizzare a titolo indicativo, anche qui potendo ogni Ente locale nell’autonomia gestionale ed in base alla propria struttura organizzativa, situazioni di disagio per:

1) turno di lavoro in orario frazionato, plurisettimanale;

2) prestazione lavorativa resa all’aperto ed in condizioni climatiche avverse;

3) utilizzo di strumenti e/o attrezzature disagevole (esempio, strumenti a vibrazione, martelli pneumatici, ecc.) quando non rientrano nella casistica nelle situazioni di rischio;

4) frequenti spostamenti sul territorio;

5) interventi di manutenzione, gravosità delle condizioni di lavoro in grado di provocare uno squilibrio psico-fisico, ecc.).

Se ne deduce che questo tipo di salario accessorio non può essere corrisposto ai dipendenti di una intera categoria e/o profilo professionale, essendo indispensabile procedere ad un accertamento della condizione di specifico disagio che non è strettamente connaturata alle prestazioni lavorative tipiche di alcune tipologie di lavoratori, diverse da quelle della generalità degli altri dipendenti (ad esempio, non è riconoscibile questa indennità ai vigili urbani o agli operai che svolgono la loro attività sulle strade, o ai dipendenti che utilizzano il personal computer).

Deve trattarsi, comunque, di modalità della prestazione realmente ed effettivamente differenziate da quelle degli altri lavoratori e che non caratterizzano in modo tipico le mansioni di un determinato profilo professionale, dato che queste sono già state valutate e remunerate con il trattamento stipendiale previsto per il suddetto profilo (esempio, sono considerate attività disagiate quelle che richiedono una particolare articolazione dell’orario di lavoro – esclusa la turnazione, o quelle connesse all’erogazione di servizi in front office per un periodo superiore a un numero di ore giornaliero).

La suddetta clausola contrattuale non fornisce indicazioni specifiche sulle ipotesi legittimanti, sulla quantificazione concreta e sulle modalità di erogazione dell’indennità di disagio, dato che la definizione della disciplina di tale compenso è rimessa alle autonome determinazioni della contrattazione collettiva decentrata, legittimata a regolare anche l’entità dell’importo da riconoscere a titolo di indennità di disagio fermo restando che tale entità dovrà risultare determinata in base a criteri di equilibrio e logicità intrinseca alla norma contrattuale di riferimento.

In materia, si può solo evidenziare, come indicazione di carattere generale, anche al fine di assicurare una certa coerenza tra l’entità dei compensi del trattamento accessorio, che l’articolo 37 del CCNL del 14/09/2000, come modificato dall’articolo 41 del CCNL del 22/01/2004, prevede che il compenso per il rischio sia fissato in 30 euro mensili lordi.

Poiché il disagio è sicuramente una condizione di lavoro meno gravosa del rischio, sembra razionale affermare che il valore mensile della indennità di disagio debba essere sicuramente inferiore a quella del rischio.

Il disagio può connettersi anche con riferimento alle particolari modalità temporali della prestazione

Alla luce di tali indicazioni appare evidente che non si tratta di una voce retributiva fissa, di carattere soggettivo, essendo legata, invece, alle mutevoli condizioni e modalità spaziali e temporali della prestazione lavorativa.

Proprio in considerazione di tale aspetto, essa prescinde dal profilo e dalla categoria di inquadramento, potendo essere riconosciuta ai lavoratori di tutte le diverse categorie purché sussistano quelle situazioni di disagio individuate dalla contrattazione integrativa che legittimano la sua erogazione.

In sintesi, essa spetta:

1) ai dipendenti che svolgono prestazioni in cui sia possibile riconoscere la presenza di effettive forme di disagio;

2) non può essere, di regola, corrisposta per remunerare attività svolta da intere categorie o da interi profili professionali;

3) non si può, di regola, cumulare per le stesse motivazioni questa indennità con quella di rischio o con il turno;

4) la misura di questa indennità non può superare quella prevista per il rischio, in quanto quest’ultima componente non è certo meno grave di quella in esame.

Come si può notare, siamo in presenza di un compenso che presenta ampi margini di flessibilità e/o discrezionalità alle singole amministrazioni (per esse, la delegazione collettiva integrativa nella individuazione della platea dei dipendenti destinatari).

Sono da evitare criteri che individuano il disagio in modo eccessivamente ampio o sulla base di condizioni che non determinano in alcun modo un disagio, viceversa specificare condizioni particolari che declinano lo stato di disagio nello svolgimento della prestazione lavorativa.

Sicuramente rientrano in quest’ultima categoria un’articolazione in modo “spezzato”, a fronte di un Ente che prevede per la maggioranza dei propri dipendenti un orario continuato (ad esempio, un lavoratore che debba rendere la sua prestazione dalle ore 8,00 alle ore 11,00 e poi a seguito di una pausa, dalle 17,00 alle 20.00 nel corso della settimana lavorativa, mentre i rientri pomeridiani non integrano una fattispecie di prestazione lavorativa disagiata). Come pure la prestazione lavorativa resa in orari che creano problemi al lavoratore (ingresso in ufficio durante le tarde ore della notte/prime ore del mattino) oppure lo svolgimento saltuario delle prestazioni lavorative in fasce d’orario diverse tra loro (senza che ricorrano i presupposti che legittimano l’erogazione della indennità per la turnazione).

L’ARAN ha raccomandato che la sua misura, rimessa ai singoli contratti, sia comunque fissata al di sotto dei 30 euro mensili lordi, cioè al compenso per il rischio. Alla base di questa conclusione vi è la circostanza che “il disagio è sicuramente una condizione meno gravosa del rischio”, evidenziando al contempo che non vi è alcun divieto ad erogare allo stesso dipendente sia l’indennità di rischio che quella di disagio a condizione  che le fattispecie siano diverse (ad esempio, un operario che utilizza macchinari pericolosi ha diritto a percepire l’indennità di rischio; ma se tale prestazione viene resa in orari c.d. “spezzati” che comportano un disagio, ha diritto a percepire anche questo salario.

 

Cumulabilità della indennità di rischio e di disagio

Si premette che, in materia di cumulo di trattamenti economici accessori, il principio generale è che il singolo lavoratore può, legittimamente, cumulare più compensi o indennità di natura “accessoria”, solo nel caso in cui detti compensi siano correlati a condizioni e causali formalmente ed oggettivamente diverse, secondo le previsioni della contrattazione collettiva, con conseguente illegittimità della corresponsione di più di un compenso per la medesima fattispecie.

Di conseguenza le due indennità, di rischio e di disagio, se correttamente applicate, vale a dire fondate su condizioni e causali formalmente ed oggettivamente diverse (individuazione dei soggetti e delle specifiche prestazioni correlate), sono certamente cumulabili tra loro, sia per il personale di vigilanza che per il restante personale dipendente, posto che hanno finalità del tutto distinte e tra loro estranee (ARAN, parere RAL_1563).

Infatti, l’indennità di rischio tutela e ristora economicamente situazioni lavorative pregiudizievoli per la salute e l’integrità psicofisica del lavoratore.

Viceversa, l’indennità di disagio tutela e ristora economicamente situazioni lavorative che non procura danno all’integrità fisica, psicofisica o della salute del lavoratore, bensì modalità operative che determinino uno specifico imbarazzo per il lavoratore, cioè apposite modalità lavorative che diano luogo ad un particolare peso nel loro svolgimento, con valutazione assoluta o, più generalmente, comparativa con altre posizioni lavorative.

La cumulabilità non è una diretta ed automatica conseguenza del riconoscimento di una soltanto delle due indennità, non esistendo alcun automatismo di cumulo nel riconoscimento delle singole indennità in parola. In pratica, non può riconoscersi l’indennità di rischio solo in quanto è riconosciuta l’indennità di disagio, e viceversa. Una posizione lavorativa ben può possedere i requisiti di riconoscimento di uno solamente dei due istituti, non necessariamente entrambi.

In conclusione il riconoscimento dei due emolumenti opera su piani ben distinti: da un lato il pregiudizio alla salute del lavoratore (rischio), dall’altro la maggiore penosità del lavoro svolto (disagio), senza che questa incida sullo stato di salute o integrità psicofisica dello stesso.

In caso di cumulo di attività che presentano alcune o tutte le situazioni previste dal contratto, è consigliabile una riduzione percentuale degli importi diversi da quelli riferiti al rischio. In ogni caso non si può superare il valore massimo previsto dal contratto nazionale.

 

Indennità per maneggio valori

Detto compenso, la cui quota giornaliera è ricompresa da un minimo di 0,52 ad un massimo d 1,55 € e mai più ritoccato (corrispondente a 1.000 – 3.000 delle vecchie lire), è destinato al personale che in via continuativa risulti addetto a servizi che comportino il maneggio di valori di cassa al fine evidente di remunerare la particolare responsabilità che investe l’attività svolta dal suddetto personale.

L’ARAN, con l’orientamento RAL_1817 del 02/02/2016 ha precisato che “adibizione al servizio” è un concetto diverso dal semplice “maneggiamento” di valori. Pertanto, beneficiari dell’indennità di maneggio valori sono solo quei dipendenti che, ordinariamente, senza interruzioni e quindi in maniera non meramente saltuaria o occasionale, sono addetti e provvedono ad espletare il servizio. Il contratto nazionale ha inteso apprestare una forma di tutela economica di coloro che maneggiano contanti o valori dai rischi che corrono, conseguenti all’utilizzo del contante o dei valori.

Il CNNL 14 settembre 2000 affida l’individuazione delle decisioni in merito alla contrattazione collettiva decentrata, salvo stabilire alcuni parametri di riferimento che devono guidare le scelte negoziali decentrate:

il personale destinatario dell’indennità è solo ed esclusivamente quello adibito in via continuativa a servizi che comportano maneggio di valori di cassa;

• il valore dell’indennità è proporzionato al valore medio mensile dei valori maneggiati;

• gli importi di detta indennità possono variare da un minimo di € 0,52 ad un massimo di € 1,55 giornalieri;

• ai relativi oneri si fa fronte con le disponibilità dell’articolo 15 del CCNL 1° aprile 1999;

• l’indennità compete per le sole giornate nelle quali il dipendente risulta effettivamente adibito ai servizi che comportano maneggio di valori di cassa; ai fini della corresponsione dell’indennità sono utili le sole giornate lavorative, con esclusione dei giorni festivi e di quelli comunque non lavorativi e di tutte le ipotesi di assenza, a qualunque titolo, del personale (ferie, malattia, maternità, permessi, aspettative, ecc.).

L’Aran si sofferma, in particolare sulla nozione di “valori” da ricomprendere ai fini del riconoscimento dell’indennità.

In tal senso chiarisce che per valori devono intendersi non solo il denaro contante, ma anche quegli altri valori che, anche se non monetizzabili, corrispondono comunque a un determinato valore monetario: buoni pasto; buoni benzina, ecc.

Anche i voucher dovrebbero rientrare nella nozione di “valori”, sia perché hanno certamente un valore economico misurabile, sia perché chi li maneggia è comunque tenuto a destinarli ed erogarli in base a precise disposizioni normative.

Diversamente, afferma l’ARAN, non sembra possibile ricondurre alle fattispecie legittimanti l’erogazione dell’indennità anche quelle relative ai pagamenti effettuati tramite strumenti elettronici (sistema Pos, carte di credito o bancomat), oppure attraverso sportelli telematici.

In questi ultimi casi manca infatti ogni contatto diretto e manuale con i valori da parte del dipendente e vengono in considerazione modalità di erogazione e pagamento che garantiscono l’assoluta tracciabilità di tutte le operazioni, affievolendo i rischi connessi all’esecuzione di riscossioni e pagamenti in valuta.

 

Indennità per condizioni di lavoro (articoli 70-bis del CCNL 21 maggio 2018 e 84-bis dell’ipotesi CCNL 4 agosto 2022)

Fin qui lo stato dell’arte. Con l’entrata in vigore del nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro – Funzioni Locali sottoscritto in data 21 maggio 2018, l’indennità condizioni di lavoro rappresenta una importante voce del salario accessorio visto che, introducendo la remunerazione unitaria, sono stati aumentati in modo consistente gli importi (sostanzialmente fermi dal 2000 ed i cui valori si attestavano intorno a € 1,00 per ogni giornata di lavoro di reale svolgimento di dette attività). In particolare sono stati previsti valori minimi e massimi giornalieri compresi tra € 1,00 ed € 10,00.

Considerato che i vecchi valori erano di € 30,00 mensili lordi riguardo l’indennità di rischio; da € 0,52 a € 1,55 con riferimento all’indennità giornaliera per maneggio valori; per l’indennità di disagio, di cui all’art. 17, comma 2, lettera e) del CCNL dell’1.4.1999, non vi era un importo definito di rischio, e l’ARAN, con orientamento RAL_199, ha evidenziato: “………. poiché il disagio è sicuramente una condizione di lavoro meno gravosa del rischio, sembra razionale affermare che il valore mensile della indennità di disagio debba essere inferiore a quella del rischio”, si può notare come il CCNL 21 maggio 2018 ha dischiuso concrete possibilità di crescita di questa indennità.

A differenza delle precedenti disposizioni contrattuali ove l’indennità (disagio) era prevista per i dipendenti appartenenti alle categorie A, B. C, si ritiene che il contratto 21 maggio 2018 implicitamente abbia esteso il suddetto beneficio anche ai lavoratori appartenenti alla categoria D.

L’indennità di rischio, disagio e maneggio valori vengono, ad opera dell’articolo 70-bis, riunite in un’unica voce indennità, detta appunto “indennità condizioni di lavoro”, con lo scopo di riordinare la materia del trattamento retributivo aggiuntivo.

L’ipotesi del nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro sottoscritto in data 4 agosto 2022 implicitamente ha confermato l’istituto, ad eccezione del valore giornaliero massimo dell’importo commisurato ai giorni di effettivo svolgimento delle attività di cui all’articolo 70-bis del CCNL 21 maggio 2018, che viene rideterminato in € 15,00.

Tuttavia, è opportuno evidenziare che l’incremento di questa indennità per diverso tempo non ha soddisfatto le aspettative a causa del blocco del salario accessorio (articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 25 maggio 2017 e 33, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2019).

La rigidità del vincolo sancito dall’articolo 23, comma 2 del decreto legislativo 75 del 2017, per la determinazione del trattamento accessorio del personale degli enti locali, il cui tetto era costituito da quello definito nel 2016, viene mitigata con l’articolo 33 del decreto-legge n. 34 del 30 aprile 2019, che ha adeguato l’istituto in maniera flessibile ad un valore medio pro-capite riferito al personale in servizio al 31 dicembre 2018.

Ne consegue, nei Comuni in cui il numero dei dipendenti è aumentato rispetto all’anno 2018, la possibilità di incrementare le risorse per il salario accessorio comprese le risorse eventualmente destinate alle posizioni organizzative (al contrario, in caso di cessazioni superiori alle assunzioni di personale, non ne è prevista la diminuzione).

In pratica trattasi di una unica indennità che vale a remunerare, anche complessivamente, tutte le diverse fattispecie ivi considerate, nell’ambito di un importo massimo di € 15 giornalieri. Pertanto, la circostanza che venga considerata solo una o più delle condizioni legittimanti, può valere solo a determinare il concreto ammontare dell’indennità di cui si tratta all’interno del tetto massimo di € 15. Così, ad esempio, l’indennità potrebbe essere riconosciuta in un importo più elevato a favore del lavoratore che, addetto al maneggio valori, si trovi ad operare anche in una situazione di disagio, rispetto ad altro lavoratore che, invece, renda solo la propria prestazione in una condizione di disagio.

L’ARAN, in risposta ad un quesito formulato da un comune del Piemonte (nota prot. n. 1652 del 27/02/2019), ha precisato che con l’articolo 70-bis del CCNL delle Funzioni Locali del 21.5.2018, al fine di introdurre una semplificazione delle voci del trattamento accessorio del personale, è stata prevista una nuova ed unica voce indennitaria, denominata: “Indennità condizioni di lavoro”, che accorpa le precedenti indennità di rischio, disagio e maneggio valori, fermo restando, comunque, i presupposti fattuali che giustificavano l’erogazione di tali compensi.

Infatti essa vale a remunerare, pur sempre, lo svolgimento, da parte dei lavoratori di attività disagiate o rischiose in quanto pericolose o dannose per la salute o implicanti il maneggio di valori.

La nuova indennità è commisurata ai giorni di effettivo svolgimento delle attività legittimanti ed il suo ammontare è determinato in sede di contrattazione collettiva integrativa, sulla base di specifici criteri individuati direttamente dal CCNL, e cioè:

a) l’effettiva sussistenza ed incidenza di ciascuna delle condizioni legittimanti le attività svolte dal dipendente;

b) le caratteristiche istituzionali, dimensionali, sociali e ambientali degli enti interessati e degli specifici settori di attività.

Quanto sopra detto, pertanto, evidenzia, che, come sottolineato nella stessa formulazione della clausola contrattuale, si tratta di una unica indennità, che vale a remunerare, anche complessivamente, tutte le diverse fattispecie ivi considerate, nell’ambito di un importo massimo di € 10 giornalieri (€ 15,00 secondo l’ipotesi del nuovo contratto).

La circostanza che venga in considerazione solo una o più delle condizioni legittimanti, come evidenziato alla precedente lettera a), può valere solo a determinare il concreto ammontare dell’indennità di cui si tratta all’interno del tetto massimo di € 10.

Così, ad esempio, l’indennità potrebbe essere riconosciuta in un importo più elevato a favore del lavoratore che, addetto al maneggio valori, si trovi ad operare anche in una situazione di disagio, rispetto ad altro lavoratore che, invece, renda solo la propria prestazione in una condizione di disagio.

Si esclude, pertanto che, per ogni fattispecie, possa essere riconosciuta l’indennità in uno specifico importo di €10, per cui nel caso di concomitanza delle stesse, con riferimento ad un unico lavoratore, possa essere previsto anche un ammontare massimo di € 30 giornalieri.    

In definitiva il compenso è rapportato ai giorni di effettiva sottoposizione delle attività che possano riguardare situazioni di rischio, di disagio, per maneggio valori riferita a singola voce o variamente combinate tra di loro. Occorre valutare nel complesso se l’attività riguardi una o più situazioni di cui sopra attribuendo un valore che è l’indennità per condizioni di lavoro. In teoria l’attività del dipendente può interessare tutte e tre le componenti, una sola o anche due di esse.

Quindi, non basta la sola presenza in servizio affinché maturi il diritto al percepimento, essendo invece necessario accertare in quali giornate vi sia stata prestazione lavorativa contraddistinta, secondo un principio di differenziazione, dalle situazioni di rischio per la salute o di disagio, o dall’aver gestito flussi monetari.

Considerato che in teoria l’indennità racchiude tre condizioni di lavoro, nella realtà lavorativa può verificarsi che un dipendente svolga prevalentemente l’una o l’altra delle attività, ambedue le attività, o anche solo il maneggio valori (la presenza di tutte e tre le condizioni è difficile da riscontrare). Per pervenire a tutto ciò, è necessario che il dirigente/responsabile del settore/area/ripartizione presso cui il dipendente è assegnato, certifichi le giornate di lavoro in cui vi è stata effettiva e prevalente esposizione del dipendente alle situazioni di cui sopra. Alle varie combinazioni dell’attività lavorativa certificata (o anche una sola di esse), bisogna poi attribuire un valore che costituisce la voce di salario accessorio da erogare al dipendente.

Ai fini della liquidazione si può ritenere percorribile una corresponsione mensile per quanto riguarda sia l’indennità di rischio che di disagio; l’indennità per maneggio valori invece, essendo variabile dipendente dall’ammontare delle somme maneggiate, va giocoforza liquidata a posteriori, ossia previa quantificazione delle stesse.

Come detto sopra, l’erogazione non riguarda tutti i dipendenti appartenenti a una intera categoria o profilo professionale: bisogna valutare le effettive attività espletate dai singoli dipendenti e creare una scala valori sulla quale vengono graduati i posizionamenti raggiunti da ogni dipendente. In pratica può accadere che non tutti i dipendenti appartenenti a una categoria o profilo professionale siano esposti ad attività rischiose, disagiate o abbiamo maneggio di flusso di valori sia in forma singola o in forma cumulativa tra di loro.

Bisognerà invece discernere caso per caso le attività che concretamente il dipendente svolge, collocarlo sulla scala valori, e poi attribuire alle stesse un valore economico che sarà quello da liquidare. A seconda delle varie combinazioni delle attività espletate (o anche al ricorrere di una sola di esse), si attribuirà un valore economico che tenga conto delle condizioni medesime.

L’operazione consiste nell’attribuire una valore economico unico a una o più attività lavorativa che remuneri le attività per condizioni lavoro. Così, ad esempio, l’indennità potrebbe essere riconosciuta in un importo più elevato a favore del lavoratore che, addetto al maneggio valori, si trovi ad operare anche in una situazione di disagio, rispetto ad altro lavoratore che, invece, renda solo la propria prestazione in una condizione di disagio.

È utile, infine, ricordare che l’ARAN con orientamento applicativo CFL135 del 6.10.2021, in risposta a specifico quesito ha affermato che “ai titolari di posizione organizzativa del comparto Funzioni Locali del 21/05/2018, in aggiunta alla retribuzione di posizione e di risultato  non può essere erogata l’indennità di cui all’articolo 70 bis comma 1, relativa allo svolgimento di attività disagiate” evidenziando che ai titolari di Posizione Organizzativa possono essere erogati unicamente i compensi elencati all’articolo 18 del medesimo CCNL e che tra i compensi aggiunti ivi elencati non è compresa l’indennità di cui all’articolo 70 bis comma 1, relativa allo svolgimento di attività disagiate. Tale orientamento è da ritenere, quindi applicabile estensivamente per l’indennità di rischio e di maneggio valori.

 

Il presupposto della continuità

Le disposizioni contrattuali precedenti legavano, in qualche modo, il riconoscimento delle indennità al presupposto della “continuità” dell’attività prestata dal dipendente escludendo, come peraltro affermato in più occasioni dalla stessa ARAN, l’erogazione nel caso di attività svolte dal dipendente in modo non continuativo o saltuario o sporadico.

Nell'articolo 70-bis non ci sono, invece, riferimenti al presupposto di continuità dello svolgimento lavorativo, ma soltanto allo “svolgimento dell’attività”- E’ stato, quindi, chiesto all'Aran se soltanto il personale che si occupa in maniera continuativa di attività disagiate, rischiose o implicanti il maneggio di valori può usufruire della nuova indennità, oppure se questa spetti anche a chi svolge date attività in maniera sporadica.

L'Agenzia, dopo aver evidenziato la necessità di evitare erogazioni eccessivamente generalizzate e parcellizzate con rischio di concreto e insostenibile impoverimento dei fondi delle risorse decentrate, ha ritenuto che “l’assenza nel nuovo contratto di una espressa indicazione non impedisce, nell'ambito del contratto collettivo integrativo, di limitare il riconoscimento dell’indennità condizioni di lavoro solo alle ipotesi di lavoratori che svolgono in maniera continuativa le attività richieste” .

È doveroso, quindi, concludere che spetta alla contrattazione integrativa definire la questione.

 

Indennità “condizioni di lavoro” e lavoro agile

L’ARAN con orientamento CFL 93B del 28/9/2020, in risposta a specifico quesito in merito alla spettanza dell’indennità prevista dall’articolo 70 bis del CCNL del 21.5.2018 al personale impiegato in regime di “lavoro agile” durante l’ emergenza epidemiologica da Covid-19 dopo aver preliminarmente rilevato che l’attività di assistenza alle Amministrazioni da parte dell’Agenzia è limitata alla formulazione di orientamenti per la uniforme applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro di cui essa è parte stipulante e non può quindi può consistere in indicazioni operative per l’attività di gestione che, in quanto espressione del potere organizzativo e direttivo datoriale, costituisce esclusiva prerogativa dell’Ente, si è espressa nel senso che “la soluzione, dipende dalle scelte che l’ente opera in sede di contrattazione integrativa ove viene, tra l’altro, individuata la misura dell’indennità nel rispetto dei criteri ivi previsti”, sostenendo che ogni valutazione in ordine all’erogazione o meno dell’indennità per condizioni di lavoro, quindi, non può che spettare all’Ente locale nella sua veste di datore di lavoro e sottoscrittore del  contratto integrativo.

L’Agenzia ha, di conseguenza, affermato che nel caso di specie spetta all’Ente locale decidere, tenuto conto di quanto previsto nel contratto integrativo, se il personale chiamato a svolgere la prestazione lavorativa presso la sede di lavoro durante lo stato di emergenza o che sia utilizzato, nel medesimo stato di emergenza, in modalità di “lavoro agile”, possa o meno avere diritto alla richiamata indennità, ove concretamente sussistano i seguenti presupposti fattuali per la sua erogazione:

a) l’effettiva sussistenza ed incidenza di ciascuna delle condizioni legittimanti sulle attività svolte dal dipendente;

b) le caratteristiche istituzionali, dimensionali, sociali e ambientali degli enti interessati e degli specifici settori di attività.

 

Aspetti procedurali

Il contratto collettivo nazionale racchiude, come detto, sotto una unica voce tre specifiche indennità, attribuendo un valore unico che tenga contro delle attività svolte dal dipendente. A tal fine è utile citare l’Orientamento applicativo ARAN CFL48 (Contratto Funzioni Locali) del 3.4.2019 in cui è sinteticamente indicata sia la genesi dell’indennità unitaria che i principali aspetti applicativi.

L’indennità di condizioni di lavoro può essere riconosciuta alle fattispecie lavorative astrattamente individuate e criteri previsti dalla contrattazione collettiva decentrata, alle quali viene attribuito un “peso o percentuale” che nell’insieme costituiscono il valore della indennità.

Per mera esemplificazione e costruendo una ipotetica scala di base 60 quale punteggio massimo raggiungibile e quantificando in  € 10,00 la somma massima giornaliera da corrispondere definita in contrattazione collettiva integrativa, possiamo avere:

 

Indennità di rischio: Max punti 30
Rilevanza massima: Punti 30
Rilevanza media: Punti 20
Rilevanza minima: Punti 10
Irrilevante: Punti 0
Indennità di disagio: Max punti 20
Rilevanza massima: Punti 20
Rilevanza media: Punti 10
Rilevanza minima: Punti 5
Irrilevante: Punti 0
Indennità per maneggio valori: Max punti 10
Rilevanza massima: Punti 10
Rilevanza media: Punti 6
Rilevanza minima: Punti 3
Irrilevante: Punti 0

 

 

 

In base alle varie pesature effettuate, possiamo avere i seguenti gruppi di valore:

A)   Da 1 a 10 collocazione nel livello 1 – Valore giornaliero € 1

B)    Da 11 a 24 collocazione nel livello 2 – Valore giornaliero € 3

C)    Da 25 a 40 collocazione nel livello 3 – Valore giornaliero € 6

D)   Oltre 40 collocazione nel livello 4 – Valore giornaliero € 10.

Ad esempio, un lavoratore al quale viene attribuito un punteggio complessivo di 40, e quindi collocato nel terzo livello, è corrisposto un compenso giornaliero di € 6.

Nel caso di personale a tempo parziale, l’importo, definito in sede di contrattazione integrativa, deve essere riproporzionato, e ciò anche qualora tale operazione determini un importo inferiore al valore minimo previsto dal contratto nazionale. 

L’indennità, che può variare entro i valori minimi e massimi giornalieri da 1 a 10 euro, dovrà essere, quindi, riproporzionata in relazione al tempo di lavoro previsto nell’ambito del rapporto di lavoro a tempo parziale.

Qualora dal riproporzionamento dell'indennità giornaliera risulti un importo inferiore al valore minimo previsto dal contratto nazionale, dovrà, comunque essere garantito il riconoscimento di almeno 1 euro.

L’ARAN ha infatti chiarito che i valori minimi e massimi previsti per l'indennità in questione si riferiscono all'ipotesi ordinaria del rapporto di lavoro a tempo pieno. Pertanto, il  riproporzionamento riguarda anche il valore minimo nel caso in cui lo portasse alla determinazione di un importo inferiore ad 1 euro.

 

Bibliografia

  1. N. Falcone – Il nuovo contratto dei dipendenti degli Enti locali – Halley Informatica- Marzo 2004
  2. A. Bianco – Contrattazione, controlli, responsabilità – Maggioli Editore – Novembre 2016
  3. S. Dota - A. Bultrini - CCNL 21 maggio 2018 Prima applicazione: il contratto integrativo ed il fondo risorse decentrate Istruzioni tecniche, linee guida, note e modulistica - Quaderno Anci
  4. V. Lealini – L’individuazione dei criteri generali per l’attribuzione delle indennità di “specifiche responsabilità” – Azienditalia 5/2019
  5. A. Di Bella – L’indennità condizioni di lavoro: prime applicazioni – Azienditalia 6/2019