x

x

Permessi, assenze, congedi dei dipendenti degli Enti locali

Regole e limiti di fruizione
permessi
permessi

Abstract

Questo approfondimento, che segue quello sull’istituto delle ferie e connessa problematica afferente la monetizzazione delle stesse apparso su “Filodiritto” il 6 luglio 2022 al seguente link, intende offrire una rassegna delle diverse ipotesi  contemplate dal Capo V (articoli dal 31 al 49)  titolato  “Permessi, assenze e congedi” del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro - Funzioni Locali 2016-2018 dedicato appunto alle assenze e permessi del dipendente dell’Ente locale.

Tale materia rinviene la propria disciplina sia nella legge che nella contrattazione collettiva e si descriveranno, quindi, i diritti che la legge riconosce ai lavoratori che hanno necessità di assentarsi dal lavoro, ma anche i limiti e le condizioni entro cui è possibile esercitare questo diritto nel rispetto della casistica ordinamentale e anche quali conseguenze possono esserci dal punto di vista della retribuzione.

Saranno trattati i casi più importanti in cui è possibile ottenere un permesso, indicando per ciascuno di essi ciò che riguarda cause, limiti ed effetti sul rapporto di lavoro.

Sommario

1. Premessa

2. Permessi retribuiti

3. Congedo per gravi e documentati motivi familiari (articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26/03/2001, n. 151

4. Assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici

 

Premessa

Nel corso della vita lavorativa del dipendente subordinato si possono verificare situazioni di necessità alle quali l’ordinamento giuridico, legislativo e contrattuale, riconosce una particolare tutela da cui nasce:

- il diritto per il lavoratore di assentarsi dal posto di lavoro e non prestare la propria attività;

- la responsabilità sociale del datore di lavoro di farsi carico del finanziamento di assenze e permessi derivanti da tali situazioni.

Queste particolari tutele concesse al lavoratore sono riconducibili alle norme della nostra Costituzione che, basate sui principi della persona, del lavoro e della solidarietà al fine di  salvaguardare la salute e la  dignità della famiglia del lavoratore, riconoscono specifiche garanzie i cui costi sono addossati al bilancio dello Stato o al contratto collettivo.

Rimane, comunque, acclarato che in tutti i casi di sospensione della prestazione lavorativa ritenuti degni di specifica tutela, l’assenza benché protratta nel tempo non configura alcuna ipotesi di risoluzione o estinzione del rapporto di lavoro. Sussiste, infatti, il diritto alla conservazione del posto come, del resto, in ogni ipotesi sospensiva del rapporto stesso.

La sospensione della prestazione lavorativa tutelata dall’ordinamento non configura alcuna ipotesi di risoluzione o estinzione del rapporto stesso.

Sulla retribuzione da erogare, invece, gli effetti sono mutevoli in quanto la casistica ne prevede, in alcuni casi, la riduzione o la sospensione.

Occorre tener presente che questa materia è soltanto in parte regolata dalla legge, dal momento che, come in altri settori del diritto del lavoro, la regolamentazione degli aspetti di dettaglio delle assenze dal servizio è affidata alla contrattazione collettiva nazionale.

Come, poc’anzi, accennato il diritto del lavoratore a percepire la retribuzione (o un’indennità) durante il suo periodo di assenza dal lavoro, può variare in quanto il grado di protezione che l’ordinamento assicura ai diversi eventi sospensivi della prestazione varia in misura proporzionale alla meritevolezza degli interessi sottesi a ciascuno di essi.

Nel corso della trattazione saranno, inoltre, esaminate le misure a sostegno del lavoro definite “di cura” e cioè quell’attività di sostegno, educazione, orientamento all’autonomia che le famiglie svolgono a favore di un figlio piccolo, un anziano che non ce la fa da solo, un disabile. Tali misure  hanno dato origine nel tempo a un quadro normativo molto ricco ma, considerati i numeri dell’occupazione femminile, ancora non sufficientemente efficaci per favorire la presenza delle donne al lavoro e la loro carriera.

 

Permessi retribuiti

L’articolo 31 prevede che i dipendenti, previa domanda e purché debitamente documentati, possono fruire dei seguenti permessi retribuiti:

1) giorni 8 l’anno per la partecipazione a concorsi ed esami, limitatamente ai giorni di svolgimento delle prove, con esclusione dei giorni necessari per la preparazione degli esami o i giorni viaggio necessari per raggiungere la sede dell’esame. Tali permessi non riducono le ferie e sono utili ai fini della maturazione dell’anzianità di servizio. La fruizione non incide sulla retribuzione che spetta per intero con esclusione dei compensi per lavoro straordinario e le indennità la cui corresponsione è legata alla prestazione lavorativa. Per poter usufruire del permesso è necessario che il dipendente ne faccia domanda debitamente documentata e verificare, prima della fruizione, che sia stato autorizzato dal dirigente/responsdabile. Successivamente dovrà essere presentata la dichiarazione sostitutiva, ai sensi dell'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 inerente la partecipazione al concorso o all’esame sostenuto;

2) 150 ore per diritto allo studio per ciascun anno solare e nel limite massimo, arrotondato all’unità superiore, del 3% del personale in servizio a tempo indeterminato (applicabile anche nei confronti del personale che non abbia ancora superato il periodo di prova), all’inizio di ogni anno.

Per quanto concerne l’incidenza delle assenze imputabili a fruizione dei predetti permessi per  diritto allo studio sul periodo di prova, l’ARAN ha evidenziato che, come precisato dall’articolo 20, commi 4 e 5 del CCNL del 21 maggio 2018, “ai fini del compimento del periodo di prova si tiene conto del solo servizio effettivamente prestato” e il medesimo periodo di prova deve considerarsi sospeso “in caso di assenza per malattia e negli altri casi di assenza previsti dalla legge o dal CCNL”.

3) giorni 3, a domanda del dipendente debitamente documentata, per lutto del coniuge, di ognuna delle parti dell’unione civile, del convivente; decesso di parenti entro il secondo grado e di affini entro il primo grado, da fruire in via continuativa entro 7 giorni lavorativi dal decesso, senza computare a tal fine i sabati (non lavorativi), le domeniche e le festività. Tale tipologia di permesso non riduce le ferie ed è utile ai fini della maturazione dell’anzianità di servizio e compete l’intera retribuzione, con esclusione dei compensi per lavoro straordinario e le indennità la cui corresponsione è legata alla prestazione lavorativa.

Relativamente all’ipotesi del decesso del convivente del dipendente, l’ARAN si è espressa nel senso che la stabile convivenza deve essere accertata sulla base della certificazione anagrafica presentata dal dipendente affermando, inoltre, che: ”in quanto  tale ipotesi è limitata al decesso del convivente, si deve senza dubbio escludere che possa essere concesso il permesso per lutto nell’ipotesi di decesso del padre del convivente della dipendente”.

4) giorni 15 di permesso da fruire consecutivamente in occasione del matrimonio, a  domanda e debitamente documentata dal dipendente. Il permesso matrimoniale, concesso anche per le unioni civili, va fruito entro 45 giorni dalla data in cui è stato contratto il matrimonio (l’ultimo dei 15 giorni deve essere goduto entro il quarantacinquesimo giorno dall’evento). Detto periodo non riduce le ferie e viene computato ai fini della maturazione dell’anzianità di servizio.

Ad ulteriore precisazione di quanto precede è utile evidenziare che nei giorni di permesso al dipendente spetta l’intera retribuzione che include la retribuzione di posizione prevista per le posizioni organizzative e le indennità per specifiche responsabilità. Sono, infatti, esclusi i compensi per le prestazioni di lavoro straordinario nonché le indennità che richiedano lo svolgimento della prestazione lavorativa.

 

Permessi e tempo parziale orizzontale  

Nel rapporto di lavoro a tempo part time orizzontale, con orario normale giornaliero di lavoro in misura ridotta rispetto al tempo pieno e con articolazione della prestazione di servizio ridotta in tutti i giorni lavorativi (5 o 6 giorni), i permessi a giornata (compreso ferie e giornate di riposo) non subiscono alcuna riduzione proporzionale in base alla percentuale del part time, fatto salvo il trattamento economico il quale viene rapportato alla durata della prestazione giornaliera, mentre i permessi ad ore sono riproporzionati in base alla percentuale di part time.

Esempio. Part time di 18 ore settimanali, si ha diritto a 9 ore di permessi; 10 ore per un part time di 20 ore settimanali; 12 ore per un part time di 25 ore settimanali; 15 ore per un part time di 30 ore settimanali (legge 104/1994, motivi personali o familairi, espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche, od esami diagnostici).

 

Tempo parziale verticale/misto

Per questa tipologia di lavoro, i permessi a giornata (compreso ferie e giornate di riposo) ed altre assenze dal servizio previste dalla legge e dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro 21 maggio 2018, ivi comprese le assenze per malattia, sono riproporzionati in base alle giornate di lavoro settimanali, con arrotondamento all’unità se la frazione decimale è superiore a 0,50, eccezion fatta per il trattamento economico il quale viene rapportato alla durata della prestazione giornaliera.

In presenza di part-time verticale, è comunque riconosciuto per intero il periodo di congedo di maternità anche per la parte non cadente in periodo lavorativo; il relativo trattamento economico, spettante per l’intero periodo di congedo di maternità, è commisurato alla durata prevista per la prestazione giornaliera.

Il permesso per matrimonio, il congedo parentale ed i permessi per maternità, il congedo per lutto, spettano per intero solo per i periodi coincidenti con quelli lavorativi, fermo restando che il relativo trattamento economico è commisurato alla durata prevista per la prestazione giornaliera. In presenza di part-time verticale non si riducono i termini previsti per il periodo di prova e per il preavviso che vanno calcolati con riferimento ai periodi effettivamente lavorati.

Esempio. Per 2 giorni lavorativi settimanali, si ha diritto a 2 giorni per festività soppresse, 1 giorno per motivi personali, 3 giorni per concorsi ed esami, 1 giorno legge 104/1992; per 3 giorni lavorativi settimanali, si ha diritto a 2 giorni per festività soppresse, 2 giorni per motivi personali, giorni 5 per concorsi o esami, 3 giorni legge 104/1992; per 4 giorni lavorativi settimanali, si ha diritto a 3 giorni per festività soppresse, 2 giorni per motivi personali, giorni 6 per concorsi o esami, giorni 3 legge 104/1992; per 5 giorni lavorativi settimanali, si ha dirtto a 4 giorni per festività soppresse, giorni 3 per motivi personali, giorni 8 per concorsi o esami, giorni 3 legge 104/1992.

I permessi ad ore sono riproporzionati, come di seguito riportato.

Part time 18 ore settimanali si ha diritto a 9 ore (legge 104/1992, motivi personali o familiari, espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici).

Part time 20 ore settimanali si ha diritto a 10 ore (legge 104/1992, motivi personali o familiari, espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici).

Part time 25 ore settimanali si ha diritto a 12 ore (legge 104/1992, motivi personali o familiari) e 12,5 ore per espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici.

Part time 30 ore settimanali si ha diritto a 15 ore (legge 104/1992, motivi personali o familiari, espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici).

Il trattamento economico è proporzionale alla prestazione lavorativa, con riferimento a tutte le competenze fisse e periodiche spettanti al personale con rapporto a tempo pieno appartenente alla stessa categoria e profilo professionale, ad eccezione del trattamento accessorio che è collegato al raggiungimento di obiettivi.

 

Congedo parentale ad ore

Il congedo parentale spetta ai genitori naturali, adottivi o affidatari, in costanza di rapporto di lavoro. Il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno alla maternità e alla paternità, prevede la possibilità per i genitori lavoratori dipendenti, di astenersi, alternativamente ma illimitatamente, dal lavoro per periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore a 3 anni.

Ciascun genitore, ha altresì diritto di astenersi dal lavoro, nel limite di 5 giorni lavorativi all’anno, per le malattie di ogni figlio di età compresa fra i 3 e gli 8 anni.

L’articolo 43, comma 8, del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro – Funzioni Locali del 21 maggio 2018 ha stabilito che, in attuazione delle previsioni dell’articolo 32, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 151/2001, i genitori lavoratori di cui sopra con rapporto di lavoro, sia a tempo pieno che a tempo parziale, possono fruire, anche su base oraria, dei periodi di congedo parentale, in applicazione delle disposizioni contenute ai commi 1 e 2 del medesimo articolo 32.

Dal dettato letterale della previsione contrattuale si evincerebbe, quindi, che il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro stia regolamentando il comma 1-bis articolo 32 del Testo Unico sulla maternità e paternità, ovvero il congedo parentale ad ore, cosiddetto puro, e non quello pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale, anche se la previsione risulta, in realtà, monca perché non stabilisce le modalità di fruizione del congedo su base oraria né i criteri di calcolo della base oraria e l’equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa.

In caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, delle modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria, ciascun genitore può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria.

La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. Nei casi di cui al presente comma è esclusa la cumulabilità della fruizione oraria del congedo parentale con permessi o riposi di cui al presente decreto legislativo.

L’ARAN, con orientamento applicativo CFC22 dell’8 maggio 2019, si è pronunciata in merito ed ha chiarito che la contrattazione collettiva nazionale, nel prevedere espressamente la fruizione su base oraria del congedo parentale, ha preferito limitarsi ad una conferma della possibilità di accesso a tale forma di flessibilità, rinviando quindi, implicitamente, alle modalità applicative previste dalla fonte legale e cioè al decreto legislativo n. 151/2001. Secondo l’Agenzia, la contrattazione collettiva nazionale conferma l’individuazione dell’intervallo di fruizione oraria nella forma di metà dell’orario medio giornaliero, il cui impatto, rispetto al montante di giornate di congedo spettanti, consuma una frazione pari allo 0,5.

In conclusione, nonostante la previsione contrattuale sembri disciplinare il congedo parentale ad ore di cui al comma 1-bis del T.U., si deve continuare ad applicare il comma 1-ter della medesima norma come se non ci fosse stata alcuna regolamentazione da parte della contrattazione collettiva non permettendo ai genitori di poterne fruire per intervalli inferiori alla metà dell’orario giornaliero calcolato come media, anche se sussiste la non cumulabilità con i permessi ed i riposi di cui al medesimo decreto legislativo e quindi con i c.d. riposi giornalieri per allattamento e con le due ore di riposo giornaliero retribuito spettanti, fino al compimento del terzo anno di vita del bambino, ai genitori di portatori di handicap in situazione di gravità, in alternativa al prolungamento del periodo di congedo parentale.

 

Congedi per le donne vittime di violenza di genere

L’articolo 24 del decreto legislativo n. 80/2018, ha istituito il congedo per le donne vittime di violenza di genere  attualmente  disciplinato dall’articolo 34 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro – Funzioni Locali 21 maggio 2018.  

Il suddetto articolo dispone che le lavoratrici inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza o dai centri antiviolenza o dalle case rifugio di cui all’articolo 5-bis, del decreto-legge n. 93/2013, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, hanno diritto ad astenersi dal lavoro, per motivi connessi a tali percorsi, per un periodo massimo di congedo di 90 giorni lavorativi, da fruire nell’arco temporale di tre anni, decorrenti dalla data di inizio del percorso di protezione certificato.

Salvo i casi di oggettiva impossibilità, la dipendente che intenda fruire del congedo in questione deve farne richiesta scritta all’Ente, sorretta della certificazione attestante l’inserimento nel percorso di protezione, con un preavviso non inferiore a sette giorni di calendario e con l’indicazione dell’inizio e della fine del relativo periodo. Alla lavoratrice spetta, nel caso di specie, il medesimo trattamento economico spettante per la fruizione del congedo di maternità ovvero l’intera retribuzione fissa mensile, inclusi i ratei di tredicesima ove maturati, le voci del trattamento accessorio fisse e ricorrenti, compresa la retribuzione di posizione prevista per le posizioni organizzative, nonché i premi correlati alla performance secondo i criteri previsti dalla contrattazione integrativa ed in relazione all’effettivo apporto partecipativo della dipendente, con esclusione dei compensi per lavoro straordinario e delle indennità per prestazioni disagiate, pericolose o dannose per la salute.

Il congedo è computato ai fini dell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, non riduce le ferie, è utile anche ai fini della tredicesima mensilità e la sua fruizione può essere su base oraria o giornaliera. La fruizione su base oraria deve essere in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del mese immediatamente precedente a quello in cui ha inizio il congedo. Inoltre, nel caso di specie, la dipendente ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, secondo quanto previsto dall’articolo 53 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro ed il rapporto a tempo parziale va, a richiesta della lavoratrice, nuovamente trasformato in rapporto di lavoro a tempo pieno.

Infine, è previsto che la dipendente vittima di violenza di genere inserita in specifici percorsi di protezione possa presentare domanda di trasferimento ad altra amministrazione pubblica ubicata in un comune diverso da quello di residenza, previa comunicazione all’Ente di appartenenza il quale, entro quindici giorni dalla suddetta comunicazione, qualora vi siano posti vacanti corrispondenti alla sua categoria, deve disporre il trasferimento presso l’Amministrazione indicata.  

Per espressa previsione contrattuale i congedi per violenza di genere possono essere cumulati con l’aspettativa per motivi personali e familiari per un periodo di ulteriori trenta giorni e gli Enti, qualora non ostino specifiche esigenze di servizio, sono tenuti ad agevolare la concessione dell’aspettativa, anche in deroga alle previsioni dell’articolo 42, comma 1, del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro.

 

Congedi e permessi per le parti di un’unione civile fra persone dello stesso sesso

Al fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso di cui alla legge 20 maggio 2016, n. 76, l’articolo 48 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro 2016-2018 del comparto Funzioni Locali prevede che le sue disposizioni riferite al matrimonio, nonché le disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, si applichino anche ad ognuna delle parti dell’unione civile fra persone dello stesso sesso. Conseguentemente i succitati soggetti hanno diritto al congedo matrimoniale, ai permessi per lutto nonché all’aspettativa per ricongiungimento con il/la compagno/compagna dello stesso sesso facente parte dell’unione civile che presti servizi all’estero.

 

Assenze per malattia in caso di gravi patologie richiedenti terapie salvavita

Al lavoratore in caso di patologie gravi richiedenti terapie salvavita ed altre assimilabili, come ad esempio l’emodialisi o la chemioterapia, attestate dalle competenti strutture medicolegali delle Aziende Sanitarie Locali o dalle strutture con competenze mediche delle Pubbliche Amministrazioni o da Enti accreditati, spetta assentarsi per :

1) i giorni di ricovero ospedaliero o in regime di  day-hospital;

2) i giorni di assenza dovuti all’effettuazione delle citate terapie;

3) i giorni di assenza dovuti agli effetti collaterali delle citate terapie, comportanti incapacità lavorativa per un periodo massimo di quattro mesi per ciascun anno solare.

Le suddette giornate sono escluse dal computo delle assenze per malattia, ai fini della maturazione del periodo di comporto e, per tali assenze, il lavoratore ha diritto all’intera retribuzione prevista dall’articolo 36, comma 10, lettera a), del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro.

I giorni di assenza dovuti alle terapie e agli effetti collaterali vanno o debitamente certificati dalla struttura medica convenzionata ove è stata effettuata la terapia o dall’organo medico competente. In merito alla definizione di “organo medico competente” si è pronunciata l’ARAN con il parere CSAN 27 in cui è stato evidenziato che in tale dizione “si potrebbe ragionevolmente ritenere che possa farsi rientrare anche il medico di medicina generale, ma la dizione opera un rinvio mobile alle vigenti disposizioni di legge in materia sull’interpretazione delle quali è istituzionalmente competente il Dipartimento della Funzione Pubblica”. La procedura per il riconoscimento della grave patologia va attivata dal dipendente.

A giudizio dell’ARAN nel caso di infortunio sul lavoro tutto il periodo di 36 mesi in cui matura il diritto alla conservazione del posto di lavoro deve essere remunerato. Secondo l’Agenzia appartiene alla scelta discrezionale del datore di lavoro decidere se dare corso all’attribuzione dell’ulteriore periodo di comporto non retribuito fino al massimo di 18 mesi nel caso in cui il dipendente non ne abbia fatto richiesta. La Funzione Pubblica si è invece espressa rimettendo alla scelta discrezionale delle amministrazioni la possibilità di consentire il cumulo dei permessi parentali evidenziando che nel calcolo della loro fruizione ad ore si deve tenere conto che la utilizzazione per la metà della giornata  soggiace ad un taglio di 0,5 giornate. A differenza delle regole ordinarie, sempre a giudizio della Funzione Pubblica, può essere concesso il congedo parentale in caso di affidamento nel caso in cui non viene richiesto il congedo di maternità.

 

Permessi per assistere i portatori di handicap grave

Sono i permessi retribuiti previsti dall’articolo 33 della Legge 104/92 in cui sono definiti i principi generali inerenti diritti, integrazione sociale e assistenza delle persone disabili. Tale norma rappresenta la risposta legislativa per assicurare sostegno, sia all’individuo disabile, sia ai familiari che in molti casi sono chiamati a prendersene cura e dà la possibilità di usufruire di permessi garantendone la piena retribuzione.

Qualora ricorrano le condizioni la legge riconosce al lavoratore disabile o ai suoi familiari il diritto di assentarsi dal lavoro per dedicarsi alle proprie cure o per prestare assistenza, come segue:

1) 3 giorni al mese continuativi o frazionati, oppure essere utilizzati ad ore (minimo 2 ore) al giorno spettanti al lavoratore disabile, con riproporzionamento in caso di lavoro a tempo parziale;

2) 3 giorni mensili per coniuge, convivente – anche se dopo la riforma il requisito della convivenza non viene menzionato - (cd. coppie di fatto e coloro che sono uniti civilmente solo per assistere il proprio partner e non eventuali suoi parenti), parenti e affini entro il 2° grado del disabile. Per i parenti e gli affini entro il 3° grado il diritto spetta solo quando i genitori o il coniuge della persona da assistere abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie gravi. Tali permessi possono essere utilizzati anche ad ore nel limite massimo di 18 ore mensili.

Al fine di garantire la funzionalità degli uffici e la migliore organizzazione dell’attività amministrativa, i lavoratori sono tenuti a predisporre, di norma, una programmazione mensile dei giorni in cui intendono assentarsi, da comunicare all’ufficio di appartenenza all’inizio di ogni mese.

In caso di necessità ed urgenza, il lavoratore potrà comunicare l’assenza nelle 24 ore precedenti la fruizione del permesso e, comunque, non oltre l’inizio dell’orario di lavoro del giorno in cui si avvarrà del permesso stesso.

Degna di menzione in questa sede e la  sentenza della Corte Costituzionale  n. 213/2016 relativa alla concessione dei permessi lavorativi ex lege n. 104/92. La sentenza ha formulato giudizio di illegittimità costituzionale dell’articolo 33 della stessa 104/1992 nella parte in cui non ammette fra i potenziali beneficiari i lavoratori che assistano una persona con grave disabilità e vivano in regime di convivenza. La Consulta si è pronunciata, ancora una volta, nel senso che i permessi mensili retribuiti sono  in rapporto di stretta e diretta correlazione con le finalità di tutela della salute psico-fisica della persona con disabilità. Ha ritenuto, pertanto, irragionevole non includere il convivente della persona disabile in situazione di gravità nell’elencazione dei soggetti legittimati a fruire di queste agevolazioni lavorative.

Di norma per i giorni di assenza è previzsta una indennità a carico dell’INPS pari all’ammontare della retribuzione, anticipata dal datore di lavoro e recuperata tramite i conguagli retributivi. Detti periodi di assenza sono utili ai fini dell’anzianità di servizio, non riducono le ferie e sono utli a fini pensionistici.

 

Congedo per cura agli invalidi

L’articolo 7 del decreto legislativo n. 119/2011 ha disciplinato il congedo per cure per gli invalidi che spetta ai lavoratori mutilati e invalidi civili cui sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%. Tali lavoratori possono fruire ogni anno, anche in maniera frazionata, di un periodo non superiore a trenta giorni che va concesso dall’Ente locale a seguito di specifica domanda con allegazione della richiesta del medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica dalla quale risulti la necessità della cura in relazione all’infermità invalidante riconosciuta.

Le assenze a titolo di congedo per cura agli invalidi non rientrano nel periodo di comporto e non sono soggette alla normativa sul controllo della malattia. Il lavoratore è, inoltre, tenuto a documentare in maniera idonea l’avvenuta sottoposizione alle cure, anche con la presentazione di un’attestazione cumulativa. Per le giornate di assenza di cui trattasi il dipendente ha diritto a percepire il trattamento calcolato secondo il regime economico delle assenze per malattia. Per questa tipologia di congedo il CCNL del comparto Funzioni Locali ha, infatti, previsto l’obbligo per i lavoratori interessati di comunicare all’ufficio di appartenenza i giorni in cui intendono assentarsi con un preavviso di tre giorni, salve le ipotesi di comprovata urgenza, in cui la domanda di congedo può essere presentata nelle 24 ore precedenti la fruizione dello stesso e, comunque, non oltre l’inizio dell’orario di lavoro del giorno in cui il congedo venga utilizzato.

 

Permessi orari retribuiti per particolari motivi personali o familiari

L’articolo 32 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro – Comparto Funzioni Locali sottoscritto in data 21 maggio 2018 prevede che al dipendente possano essere concessi, previa domanda e compatibilmente con le esigenze di servizio, complessivamente nel corso dell’anno 18 ore di permesso retribuito per particolari motivi personali o familiari e non è richiesta la presentazione di una documentazione giustificativa. Per questa tipologia di permesso viene determinato un contingente massimo di ore fruibili su base annua, che consente al dipendente di assentarsi anche per l’intera giornata. In tale ipotesi l’incidenza dell’assenza sul totale del monte ore delle 18 ore annue a disposizione è convenzionalmente pari a sei ore, indipendentemente dall’orario di lavoro che il dipendente avrebbe dovuto osservare nella giornata di assenza. 

Tali permessi non riducono le ferie e sono utili ai fini della maturazione dell’anzianità di servizio; non possono essere utilizzati nell’arco della stessa giornata unitamente ad altre tipologie di permessi retribuiti orari, ma possono essere fruiti, nel corso dell’anno, indipendentemente dagli altri permessi giornalieri previsti dalla legge o dai contratti. Le 18 ore devono essere riproporzionate in caso di lavoro a tempo parziale.  Compete l’intera retribuzione, con esclusione dei compensi per lavoro straordinario e le indennità la cui corresponsione è legata alla prestazione lavorativa. Vengono concesse, nel limite quantitativo di cui detto, tutte le volte che il lavoratore adduca motivi che obiettivamente il dirigente/responsabile li ritenga non futili in relazione alla vita personale o familiare dello stesso, ma non necessariamente gravi, essendo l’unico limite invalicabile alla eventuale mancata concessione la presenza di ragioni organizzative e di servizio dell’Ente locale.

Il verbo utilizzato “…. possono essere concesse …..” induce a ritenere che non siamo in presenza di un diritto soggettivo del dipendente ma di una legittima aspettativa: il datore di lavoro non è in nessun caso obbligato a concedere il permesso, deve solo valutare la fondatezza dei motivi addotti alla base della richiesta e verificare l’assenza di esigenze organizzative che possano precludere la concessione del permesso.

Riguardo ai motivi a supporto dell’istanza del dipendente, va rilevato che la disciplina contrattuale non ha stabilito una precisa casistica per la loro fruizione né ha demandato tale compito alla contrattazione integrativa, né tantomeno l’Ente locale può autodeterminarsi in senso ristrettivo le fattispecie legittimanti il possibile ricorso del dipendente all’istituto.

L’Aran con parere CFL27 si è espresssa nel senso che ”la formulazione dell’articolo 32 del CCNL Funzioni Locali 21.5.2018 in materia di permessi retribuiti non prevede più la necessità di documentare i motivi e le ragioni per le quali viene richiesto il permesso, anche se la motivazione, che consente di ricondurre tale tutela alle esigenze personali e familiari dell’interessato va, comunque, indicata nella richiesta avanzata dal dipendente, in quanto la stessa resta il presupposto legittimante per la concessione del permesso”. Colui chiamato ad autorizzare il permesso dovrà valutare in modo attento quanto comprimibili sono le esigenze organizzative, in ragione dell’importanza che riveste per il dipendente la necessità di assentarsi.

A tal fine è opportuno che l’Ente locale si doti di specifico regolamento contenente il tempo utile (necessario per l’istruttoria) per la presentazione e la concessione del permesso, le ipotesi (esemplificative e non esaustive) che, in ragione della sua particolare condizione soggettiva che gli impedisce di rendere la prestazione lavorativa, il dipendente è legittimato a richiedere il permesso in questione. Tuttavia, l’ARAN, nella raccolta dei pareri sulla disciplina dei permessi retribuiti pur ammettendo, anche in casi eccezionali, che la richiesta possa essere presentata anche nella stessa giornata in cui il dipendente intende usufruire del permesso, previo confronto dell’interesse del dipendente con le esigenze organizzative dell’Ente locale negando la fruizione del permesso retribuito, ove queste ultime debbano ritenersi prevalenti, fornisce l’indicazione di massima che detta istanza debba essere presentata due giorni prima.

I permessi orari non possono essere fruiti per un tempo inferiore ad una sola ora né essere utilizzati in modo frazionato (esempio, 1 ora e 20 minuti): in detta ipotesi la differenza oraria (nel caso prospettato pari a minuti 20) è addebitabile a recupero straordinario. Con riferimento al personale con rapporto di lavoro a tempo parziale (part-time verticale, orizzontale o misto), il comma 4 dell’articolo 32 dispone espressamente il riproporzionamento del diritto.

Per coerenza ed al fine di assicurare trattamenti uniformi con il personale a tempo pieno, si ritiene che, nel caso di part-time orizzontale, caratterizzato da una ridotta prestazione oraria su tutti i giorni lavorativi, debba procedersi anche al riproporzionamento delle sei ore, previste dal comma 2, lettera e), quale decurtazione convenzionale del monte ore, in caso di fruizione del permesso per l'intera giornata. A proposito della previsione del comma 2, lettera e) che disciplina l’ipotesi per la quale al dipendente che si assenta per l’intera giornata l’incidenza sul monte ore a disposizione, ammonta convenzionalmente a sei ore, si evidenzia come, nel caso delle giornate di rientro pomeridiano vi sia un beneficio per il dipendente che va oltre, di fatto, alla stretta fruizione del permesso. Per quanto precede l’Ente locale dovrà valutare effettivamente le motivazioni per il quale il permesso viene concesso tali da poter giustificare la giornata intera di assenza o se viceversa sono effettivamente fruibili a ore (esempio, un impegno inderogabile con il figlio o con il coniuge che richiede l’assenza del dipendente per l’intera mattina non lo esonera, nel caso di orario previsto con il rientro, dal rendere la prestazione lavorativa pomeridiana). Viceversa, se la motivazione addotta non è riconducibile ad un permesso orario (esempio, impegno che richieda l’assenza del dipendente sia nelle ore antimeridiane che pomeridiane), può essere giustificata l’assenza per l’intera giornata, con decurtazione di sole sei ore.

In materia di cumulo di permessi orari, la clausola contenuta nell’articolo 32, comma 2, lettera d), è finalizzata ad evitare che, attraverso la fruizione nell'arco della stessa giornata dei permessi per motivi personali e familiari, unitamente ad altre tipologie di permessi ad ore, l'assenza del dipendente si protragga per l'intera giornata o per buona parte di essa, con conseguenze negative in termini di efficienza ed efficacia dell'attività dell'Amministrazione. Non è pertanto possibile concedere nella stessa giornata i permessi in parola unitamente ai permessi di cui all’articolo 33-bis (permessi a recupero) e di cui all’articolo 35 del medesimo CCNL (visite). I permessi in parola sono invece cumulabili con la tipologia di permessi orari, che configurino un diritto soggettivo del dipendente, non limitato da alcuna valutazione di compatibilità con le esigenze di servizio, come nel caso dell'articolo 33 della Legge n. 104/1992 o dell'articolo 39 del decreto legislativo n. 151/2001.

Nei casi di affidamento il congedo di paternità può essere fruito, oltre alle previsioni di carattere generale, anche quando la madre decide di non richiederlo. E’ questa la tesi contenuta nel parere n. 00666566 della Funzione Pubblica in cui si sostiene che “il diritto al congedo di paternità è riconosciuto al padre lavoratore esclusivamente nei casi di impossibilità di assistenza del figlio, e cioè in caso di:

a) morte o grave infermità della madre che renda impossibile l’assistenza materna al minore nei primi mesi di vita;

b) abbandono da parte della madre;

c) affidamento esclusivo del bambino al padre. Si tratta di specifiche situazioni per le quali, in mancanza delle cure materne, il dovere di assistenza si trasferisce al padre lavoratore”.

Le regole che si applicano ai genitori affidatari o adottivi sono,invece, diverse e sono contenute negli articoli 26, 27 e 31 del decreto legislativo n. 165/2001. Il comma 1 dell’articolo 31 prevede,infatti, che il congedo di paternità, di cui all’articolo 26, commi 1, 2 e 3, qaulora  non sia stato chiesto dalla lavoratrice, spetti, alle medesime condizioni, al lavoratore.

Tale congedo è fruibile entro 5 mesi dall’affidamento per un periodo massimo di tre mesi (art. 26, comma 6, del Testo Unico n. 151/2001). Si ricorda che il congedo di paternità può essere fruito, oltre che nei casi previsti dall’articolo 28, anche quando la madre lavoratrice decida di non avvalersene.

E’ bene precisare che il cumulo dei permessi parentali è rimesso alla valutazione discrezionale dell’Ente locale e nel calcolo della fruizione ad ore si deve tenere conto che la utilizzazione per la metà della giornata determina un taglio di 0,5 giornate. Queste le indicazioni di maggiore rilievo fornite dal Dipartimento della Funzione Pubblica con parere n. 0036610. La prima indicazione, che riprende le posizioni dell’ARAN, è la seguente: “ nel rispetto delle condizioni legali, si può ritenere che rientri comunque nell’autonomia organizzativa di codesta Amministrazione la valutazione in ordine alla possibilità di concedere i permessi al dipendente che ne faccia richiesta, anche nel caso in cui il coniuge fruisca contestualmente del riposo giornaliero ex articolo 39 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001. Qualora, infatti, il legislatore avesse inteso condizionare la fruizione beneficio, nella norma sarebbero state riportate specifiche istruzioni in ordine alla possibilità di cumulo con altri istituti”. In merito alla “corretta contabilizzazione del congedo parentale ad ore”, cioè al calcolo del periodo spettante, l’ARAN sostiene  che “il conteggio delle ore spettanti dovrà essere effettuato su base giornaliera, in considerazione del rinvio della contrattazione collettiva alla disposizione normativa che stabilisce la misura del congedo nel limite di dieci mesi, elevabili ad undici in caso di fruizione da parte del padre di un periodo continuativo o frazionato di almeno tre mesi”.

 

Altri permessi e congedi previsti da specifiche normative

Ai sensi dell’art. 33, comma 4, del CCNL 2016-2018 - Comparto Funzioni Locali i dipendenti, qualora ne ricorrano le condizioni, possono fruire dei permessi retribuiti per:

1) donazione sangue (articolo 1, legge 13 luglio 1967 n. 584);

2) donazione midollo osseo (articolo 5, comma 1, legge 6 marzo 2001 n. 52);

3) documentata grave infermità del coniuge, del soggetto facente parte dell’unione civile fra persone dello stesso sesso o di un parente entro il secondo grado o del convivente, purché la stabile convivenza con il lavoratore risulti da certificazione anagrafica, per un totale di tre giorni all’anno ex articolo 4, comma 1, della legge n. 53/2000;

4) congedo per cause particolari e per gravi motivi familiari previsti dall’articolo 4, comma 1, della legge 8 marzo 2000 n. 53.

I lavoratori che intendono fruire dei succitati permessi e congedi sono tenuti a comunicare all’ufficio di appartenenza i giorni in cui intendono assentarsi con un preavviso di tre giorni, salve le ipotesi di comprovata urgenza, in cui la domanda di permesso può essere presentata nelle 24 ore precedenti la fruizione dello stesso e, comunque, non oltre l’inizio dell’orario di lavoro del giorno in cui il permesso venga utilizzato.

L’ARAN con parere CIRS93 ha chiarito che le circostanze legate al caso in cui il dipendente venga chiamato a deporre a favore o per conto dell’Amministrazione dovrà essere considerato in effettivo servizio senza obbligo di dover recuperare le ore o le giornate fruite.

 

Congedo per gravi documentati motivi familiari (art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26/03/2001, n. 151)

Il decreto legislativo 26 marzo 2001, n.151 - Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e di sostegno della maternità e della paternità - emanato a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000 n. 53, ha armonizzato e coordinato la relativa materia, confermando, tra l’altro, all’articolo 42, comma 5, le provvidenze in favore di familiari di soggetti portatori di handicap, già introdotte dall’articolo 80, comma 2, della legge n. 388/2000.

Il congedo straordinario di due anni di cui all’articolo 42, comma 5 del decreto legislativo n. 151/2001, compete ai seguenti soggetti, secondo il seguente ordine progressivo: al coniuge convivente, al padre o alla madre anche adottivi, ad uno dei figli conviventi, ad uno dei fratelli o sorelle conviventi. La Corte costituzionale, con sentenza n. 203/2013 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del suddetto articolo nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto il parente o l’affine entro il terzo grado convivente in caso di mancanza, decesso o patologie invalidanti degli altri soggetti individuati dalla disposizione (circolare Inps n. 159/2013).

Con interpello n. 23/2014 il Ministero del Lavoro ha ritenuto che nell’ipotesi in cui il disabile non risulti coniugato o non conviva con il coniuge o abbia rinunciato al congedo, è consentito, secondo l’ordine di priorità fissato dalla legge, al genitore non convivente di beneficiare del periodo di congedo anche laddove possa essere garantita idonea assistenza da parte di un convivente mo secondo l’ordine di priorità fissato dalla legge, al genitore non convivente di beneficiare del periodo di congedo anche laddove possa essere garantita idonea assistenza da parte di un convivente more uxorio che non è legittimato a fruire del diritto.

La durata di due anni del congedo in esame è da riferiere all’arco dell'intera vita lavorativa. Possono avvalersene i lavoratori dipendenti, a tempo determinato (per la durata del contratto) o a tempo indeterminato, che assistano il familiare in situazione di handicap grave. La persona disabile non deve essere ricoverata a tempo pieno presso strutture ospedaliere o similari. In caso di ricovero il congedo può comunque essere concesso per:

a) visite e terapie, appositamente certificate, da effettuare al di fuori della struttura ospitante;

b) stato vegetativo persistente e/o con prognosi infausta a breve termine della persona disabile;

c) necessità di assistenza non sanitaria da parte di un genitore o di un familiare, che deve essere richiesta espressamente dai sanitari della struttura ospitante.

Inizialmente, avevano diritto a fruire del congedo straordinario solo i genitori (anche adottivi o affidatari) e i fratelli e sorelle conviventi, a condizione che entrambi i genitori fossero deceduti. La Corte costituzionale negli anni ha ampliato la platea dei beneficiari e introdotto un preciso ordine di priorità tra gli aventi diritto:

a) coniuge (o la parte di unione civile) convivente con il disabile;

b) genitori (naturali, adottivi o affidatari) di figlio/a gravemente disabile;

c) il figlio/a convivente con il genitore gravemente disabile;

d) fratelli e le sorelle (anche adottivi) della persona gravemente disabile e con essa conviventi;

e) parente o affine entro il terzo grado, convivente.

Solo in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei primi in lista, il diritto può essere concesso al soggetto successivo. Viene estesa anche all’ istituto del congedo biennale il principio del referente unico, secondo il quale il congedo non può essere riconosciuto a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona disabile. Eccezione alla regola del referente unico è l’assistenza al figlio/a con handicap grave, da parte di entrambi i genitori, anche adottivi, che potranno beneficiarne non contemporaneamente, ma alternativamente. Qualora siano diversi i familiari che vogliono avvalersi di questo beneficio, il limite massimo dei due anni si perfeziona fra tutti gli aventi diritto che ne fanno di volta in volta richiesta.

Durante la fruizione del congedo biennale da parte di un genitore, l’altro può fruire del congedo parentale o del congedo di maternità.

Il congedo straordinario spetta al genitore lavoratore richiedente anche quando l’altro genitore non ne ha diritto perché non lavora; non è richiesta la convivenza con il figlio/a disabile.

L’indennità è corrisposta nella misura della retribuzione percepita nell’ultimo mese di lavoro che precede il congedo, con riferimento esclusivamente alle voci fisse e continuative del trattamento (sono esclusi gli emolumenti variabili della retribuzione), entro un limite massimo di reddito, annualmente rivalutato secondo gli indici ISTAT.

I periodi di congedo sono coperti da contribuzione figurativa ma non sono computati ai fini della maturazione di ferie, tredicesima e trattamento di fine rapporto. Per i dipendenti appartenenti al comparto pubblico la retribuzione è a carico dell'amministrazione.

Gli eventi di malattia certificata consentono l’interruzione del congedo straordinario solo se non sono trascorsi più di 60 giorni dall’inizio della sospensione dal lavoro. Per la maternità, invece, l’interruzione del congedo straordinario è consentita anche dopo 60 giorni dall’inizio della cessazione dal lavoro. Il periodo di congedo va indicato nella richiesta con precisione e, in caso di modifica del periodo fissato in precedenza, deve essere presentata una nuova istanza.

 

Assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici

Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro – Funzioni Locali del 21 maggio 2018, ha dato piena attuazione all’istituto riservando l’articolo 35 ai permessi per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche o esami diagnostici. La disciplina contrattuale in parola introduce, in primo luogo, una nuova tipologia di permessi, prima non prevista dai CCNL, per effettuare visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici. Tali assenze si differenziano dalla malattia, in quanto non caratterizzate da patologia in atto o incapacità lavorativa, con l’eccezione di quanto previsto ai commi 11, 12 e 14.  

L’effettuazione di una terapia, di una visita o di un esame diagnostico, come pure il ricorso a prestazioni specialistiche, anche con finalità di mera prevenzione, vengono quindi a costituire il titolo che determina l’insorgenza del diritto all’assenza in oggetto. Per tale prima tipologia di assenza, riconducibile più propriamente alla nozione di “permesso”, viene previsto un monte ore annuo di 18 ore, comprensive anche dei tempi di percorrenza da e per la sede di lavoro. I permessi sono assimilati alle assenze per malattia ai fini del computo del periodo di comporto (sei ore di permesso fruite su base oraria corrispondono convenzionalmente ad una intera giornata lavorativa) e sono sottoposti al medesimo regime economico delle stesse. L’assenza in parola è giustificabile mediante attestazione di presenza da parte della struttura (anche privata) nella quale è stata svolta la prestazione sanitaria. Qualora l’assenza si configuri come oraria non vi è la decurtazione prevista per la malattia rispetto al trattamento economico accessorio. Viceversa, se l’assenza si configura come giornaliera, con scomputo convenzionale di sei ore dallo specifico plafond annuo, il trattamento economico accessorio è sottoposto alla medesima decurtazione prevista per i primi giorni di malattia.

Nelle ipotesi di seguito indicate, che presentano una più diretta riconducibilità alla nozione di malattia, l’assenza non è fruibile ad ore e non vi è pertanto riduzione del monte ore annuo di 18 ore:

- visita, esame o terapia concomitante  ad una situazione di incapacità lavorativa conseguente ad una patologia in atto (comma 11);

- incapacità lavorativa determinata dalle caratteristiche di esecuzione e di impegno organico di visite, accertamenti, esami o terapie (comma 12);

- se a causa della patologia sofferta, il dipendente debba sottoporsi, anche per lunghi periodi, ad un ciclo di terapie implicanti incapacità lavorativa (comma 14).

La giustificazione dell’assenza, nel caso di cui all’articolo 35, comma 11 e 12, è fornita oltre mediante l’attestazione di presenza che documenti l’effettivo svolgimento della prestazione, anche per effetto della dichiarazione di stato di incapacità lavorativa determinatosi in conseguenza della stessa prestazione.

Al fine di evitare che l’assenza del dipendente si protragga per l’intera giornata o per buona parte della stessa con effetti negativi in termini di efficienza dell’attività amministrativa dell’Ente locale, i permessi per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici, sono incompatibili con l’utilizzo nella medesima giornata delle altre tipologie di permessi fruibili ad ore, nonché con i riposi compensativi di maggiori prestazioni lavorative.

Contrariamente alla previsione dell’articolo 32, si ritiene sia possibile fruire del permesso anche in caso di assenza inferiore all’ora. L’Ente locale può, in sede regolamentare, prevedere maggiore flessibilità (allargamento della platea delle casistiche) per la fruizione di detti permessi, valutando l’interesse organizzativo e le esigenze di servizio e soprattutto tenere un comportamento uniforme verso tutti i dipendenti.

Ci troviamno di fronte a norme che si aggiungono alle opportunità già previste dalla contrattazione nazionale, per cui non vi è ostacolo a ricorrere a questo istituto.

L’ARAN con orientamento CFL83 del  28 settembre 2020 in risposta alla richiesta in merito a quante ore di permesso ex articolo 35, comma 1, CCNL - Funzioni Locali 21 maggio 2018   (permessi per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici) debbano essere computate nel caso di prestazioni da effettuarsi in orario di poco successivo all’inizio dell’orario giornaliero di lavoro, dopo aver puntualizzato che “tenuto conto dell’orario stabilito per la prestazione e dei tempi necessari per raggiungere la struttura ove effettuare la visita o l’accertamento diagnostico, valutata anche la ridotta utilità della prestazione che il lavoratore potrebbe rendere nell’intervallo tra l’arrivo nella sede di lavoro e la successiva uscita”, si è espressa nel senso che il dipendente potrebbe raggiungere anche direttamente la sede della visita dalla propria residenza”, ed ha concluso che ai fini del computo delle ore di permesso utilizzate dal dipendente nel caso in esame, si terrà conto di tutto il periodo di complessiva assenza dall’ufficio a tale titolo a partire dall’ora di inizio dell’orario di lavoro giornaliero”.

 

Permessi a recupero

La disciplina dei permessi brevi contenuta nell’articolo 33-bis del CCNL non modifica la precedente del CCNL del 6 luglio 1995 che di conseguenza viene disapplicata. Viene, comunque, confermata la durata massima dei permessi in 36 ore annue, le modalità di comunicazione e l’obbligo del recupero nel mese successivo alla fruizione delle ore di permesso. Con riguardo a tale ultimo aspetto l’Aran ha ammesso la derogabilità dei tempi di recupero, ma solo in casi del tutto eccezionali (RAL 1565). Nel parere citato, reso in vigenza della precedente disciplina contrattuale, l’Agenzia ha evidenziato però l’opportunità che l’Ente locale si doti di apposito regolamento in cui siano definiti preventivamente i casi eccezionali e limitati in cui è possibile derogare alla regola generale imposta dal CCNL stabilendo  contestualmente il termine, più ampio, entro il quale deve essere comunque effettuato il recupero, a garanzia dell’interesse organizzativo ed economico dell’Ente locale.

Per quanto concerne la modalità di fruizione di tali permessi è da rimarcare che il dipendente può assentarsi dal lavoro presentando, in tempo utile e comunque non oltre un’ora dopo l’inizio della giornata lavorativa, salvo casi di particolare urgenza, apposita domanda valutata e successivamente autorizzata dal dirigente/responsabile preposto all’unità organizzativa presso cui presta servizio per usufruire di permessi brevi (di durata non superiore alla metà dell’orario di lavoro giornaliero), purché questo sia costituito da almeno quattro ore consecutive. Detti permessi brevi vanno recuperati entro il mese successivo, secondo modalità individuate dal dirigente/responsabile del servizio; in caso contrario, la retribuzione viene ridotta proporzionalmente.

L’Aran, il 4 luglio 2018 si è espressa in ordine ad un parere chiesto in vigenza del nuovo CCNL funzioni locali 2016/2018, chiarendo che i permessi a recupero previsti dall’articolo 34 non possono essere fruiti, nell’arco della stessa giornata, congiuntamente con quelli di cui all’articolo 32 (permessi orari retribuiti per particolari motivi familiari o personali) e di cui all’articolo 35 (assenze per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici) precisando, in particolare, che la clausola contenuta nell’articolo 32, comma 2, lettera d) è finalizzata ad evitare che, attraverso la fruizione nell’arco della stessa giornata dei permessi per motivi personali e familiari, unitamente ad altre tipologie di permessi ad ore, l’assenza del dipendente si protragga per l’intera giornata o per buona parte di essa, con ripercussioni negative in termini di efficienza ed efficacia dell’attività amministrativa con evidente detrimento dei servizi erogati alla collettività.

1)     L. Cosco - Guida Normativa 2022 - Parte Dodicesima Personale degli enti locali: ordinamento giuridico ed economico

2)     Livio Boiero - La disciplina delle assenze negli Enti locali dopo il CCNL Funzioni Locali Guida rapida con casi pratici-  Maggioli  2018

3)     R. Guizzardi – La disciplina dei permessi orari (artt. 32 e 35) nel nuovo CCNL – Azienditalia 10/2018

4)     R. Schiavone – Le nuove tipologie di assenze disciplinate dal CCNL – Azienditalia 1/2020

5)     M. Cistaro – Permessi ex lege n. 104/1992 per i lavoratori che assistono un disabile – Azienditalia 1/2000.

6)     G. Rucco - S. Riccio – Commento al nuovo contratto di lavoro del personale degli enti locali – Collana Editoriale ANCI – Editrice CEL - Ottobre 1995

7)     M. Caldarini – V. Caldarini – Rilevazione presenze orario di lavoro, permessi, malattia, ecc. negli enti locali – Collana Editoriale ANCI – Luglio 2002