x

x

Le ferie dei dipendenti degli Enti locali: aspetti giuridici ed economici con particolare riferimento alla monetizzazione

ferie
ferie

Le ferie dei dipendenti degli Enti locali: aspetti giuridici ed economici con particolare riferimento alla monetizzazione

Abstract

Le ferie del personale degli Enti locali costituisce l’oggetto del presente approfondimento il cui fine è di fornire un quadro completo ed aggiornato dei molteplici aspetti che ruotano attorno all’istituto. Infatti, nei vari Enti locali si registrano comportamenti spesso incerti e diversi sul corretto modo di gestire le ferie, tenuto conto che spesso manca una visione complessiva: da un lato vi è un diritto del lavoratore, dall’altro vi sono, e vanno salvaguardati, le esigenze organizzative dell’Amministrazione locale.

Per risolvere il difficile rapporto tra la legge ed il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro – Comparto Funzioni Locali del 21 maggio 2018, si è fatto ricorso agli orientamenti applicativi fornite dall’ARAN ai vari quesiti posti dai Comuni allo scopo, si auspica raggiunto, di chiarire aspetti giuridici ed economici più dibattuti in una materia sempre attuale.

 

Sommario

Introduzione e riferimenti normativi
Ferie e festività soppresse
La maturazione delle ferie e la malattia – Godimento – Sospensione – Ferie solidali
La programmazione delle ferie
La mancata fruizione e la monetizzazione – Divieto


Introduzione e riferimenti normativi

Ciascun lavoratore ha diritto ad un periodo annuale di ferie (denominazione tipica del diritto civile di ferie, secondo quanto stabilito dall’articolo 2109 del Codici civile) retribuito, possibilmente continuativo nel tempo, che il datore di lavoro stabilisce, tenuto conto dell’esigenze di servizio e tenuto conto delle richieste del lavoratore, attraverso un sistema di pianificazione delle stesse a cura di ciascun dirigente/responsabile.

Le ferie sono un diritto irrinunciabile del lavoratore sancito dall’articolo 36 della Costituzione, disciplinato dal Codice civile e dalle leggi successive e devono essere fruite, previa autorizzazione, nel corso di ciascun anno solare, in periodi compatibili con le esigenze di servizio, tenuto conto delle sue richieste. Per comprendere appieno l’istituto è opportuno analizzare i principi fondamentali dell’ordinamento italiano in materia di ferie.

L’articolo 36, comma 3 della Costituzione dispone, infatti, che “il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”. Con specifico riferimento alle ferie, la dottrina ha sostenuto che la norma citata tuteli, nel contesto del rapporto di lavoro, il libero svolgimento della personalità ai sensi dell’articolo 2 della nostra Costituzione. Non va, inoltre, trascurato il collegamento dell’articolo 36, comma 3 con il principio dell’articolo 32 della Costituzione. Il diritto alle ferie è infatti posto anche a tutela della salute del lavoratore.

Tale legame è stato peraltro riconosciuto con maggiore forza in sede euro unitaria. La direttiva 2003/88/CE sull’orario di lavoro e i riposi è stata infatti adottata proprio in ragione della competenza dell’Unione in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Particolare rilevanza assume anche il principio costituzionale di irrinunciabilità del diritto alle ferie, avente la finalità di garantire una tutela più ampia di quella disposta dall’articolo 2113 del Codice civile in materia di rinunzie e transazioni, dacché determinerebbe la nullità di qualsiasi atto dispositivo delle ferie. La disposizione costituzionale pone, infatti, un obbligo inderogabile a carico del datore di lavoro consistente nel dovere di organizzare l’impresa in modo che il diritto alle ferie possa essere sempre garantito nei confronti di ciascun lavoratore. Tale principio va rapportato alla norma che dispone invece il divieto di monetizzazione delle ferie, positivizzato solo successivamente.

L’istituto delle ferie dei dipendente dell’Ente locale è attualmente disciplinato, in termini generali, dal Contratto Collettivo Nazionale 2016-2018, dall’articolo 28 e seguenti e più dettagliatamente, per il personale a tempo determinato dall’articolo 51, e dall’articolo 55 per il personale il cui contratto è a tempo parziale.

Per ciascun anno di servizio al pubblico dipendente spetta, come accennato, un periodo di ferie retribuito durante il quale gli compete la normale retribuzione ivi compresa la retribuzione di posizione prevista per le posizioni organizzative ed esclusi i compensi per le prestazioni di lavoro straordinario. 

Spettano, inoltre, tutte le indennità che richiedano lo svolgimento della prestazione lavorativa e quelle che non siano erogate per dodici mensilità.


Ferie e festività soppresse

Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro – Comparto Funzioni Locali del 21 maggio 2018, confermando i precedenti contratti di riferimento, ha previsto che il periodo di ferie retribuiti vari a seconda dell’articolazione oraria settimanale dei giorni lavorativi. In caso di distribuzione dell’orario settimanale di lavoro su cinque giorni (c.d. settimana corta) al dipendente spetta un periodo di ferie di 28 giorni lavorativi, comprensivi delle due giornate di riposo previste dalla citata legge 937/1977. In caso di distribuzione dell’orario settimanale di lavoro su sei giorni, il periodo di ferie è di 32 giorni lavorativi, comprensivi delle due giornate di riposo previste dalla citata legge 937/1977.

Ai dipendenti assunti per la prima volta in una pubblica Amministrazione, a seconda che l’articolazione oraria sia su cinque o su sei giorni, la durata delle ferie è rispettivamente di 26 e di 30 giorni lavorativi, comprensivi delle due giornate di riposo previste dalla citata legge 937/1977.

A tutti i dipendenti sono altresì attribuite quattro giornate di riposo da fruire nell'anno solare ai sensi ed alle condizioni previste dalla menzionata legge n. 937/77, nonché un giorno festivo per la ricorrenza del Santo Patrono della località in cui presta servizio, qualora ricadente in giorno lavorativo.

In caso di distribuzione dell’orario settimanale di lavoro su cinque giorni di lavoro, un dipendente che chiede di essere autorizzato ad usufruire di una settimana di ferie, significa che ciò corrisponde a 5 giorni effettivi. Dal calcolo vanno, quindi, esclusi il sabato e la domenica, qualora le stesse ricadano nel periodo richiesto.

Si ricorda che il neo assunto alle dipendenze dell’Ente locale instaura con l´Amministrazione un rapporto di lavoro che comporta, eventualmente, l´estinzione del precedente rapporto di lavoro con il conseguente venir meno, quindi, anche di tutte le situazioni soggettive che in esso trovavano il proprio fondamento.

L’ARAN – Comparto Funzioni Centrali, con proprio orientamento applicativo estendibile anche al comparto Funzioni Locali, ha osservato come l’istituto delle festività soppresse di cui alla legge n. 937/1977 appare fondamentalmente equiparato a quello dei congedi ordinari (rectius, ferie) sin dalla nota sentenza del Consiglio di Stato del 20/10/1986 n. 802, ma in sostanza permangano delle differenze in ordine alla disciplina ad esse applicabile. Per l’Agenzia l’articolo 28 del CCNL comparto Funzioni Centrali del 12/02/2018 non ha operato una equiparazione piena tra il regime delle quattro giornate di festività soppresse e quello generale delle ferie, dato che questa è limitata solo ad alcuni particolari profili della disciplina (come ad esempio la maturazione di giorni nel corso dell’anno e l’importo dovuto al lavoratore in caso di mancata fruizione). Ne è riprova, a detta dell’ARAN, che il comma 6 stabilisce almeno in parte, una disciplina specifica laddove afferma che i giorni di riposo per festività soppresse sono: “… da fruire nell’anno solare ai sensi ed alle condizioni previsti dalla menzionata legge n. 973/77”. Di conseguenza, per l’Agenzia tale riferimento contrattuale consente di affermare che, in ossequio alla legge n. 937/1977, le giornate di riposo devono essere fruite esclusivamente nell’anno di riferimento e che, conseguentemente, non è possibile in alcun modo la trasposizione di quelle maturate in un determinato anno all’anno successivo a quello di maturazione. In aggiunta a ciò, rileva l’Agenzia, la medesima disposizione di legge sancisce che la monetizzazione delle stesse può avvenire solo “per fatto derivante da motivate esigenze inerenti alla organizzazione dei servizi, …” (cfr. articolo 1, comma 3, della citata legge).

In definitiva, per l’ARAN l’eventuale monetizzazione delle festività in parola (il cui importo rimane quello indicato dall’articolo 1, comma 3, della legge n. 937/1977) potrà ammettersi solo nei ristretti e precisi limiti consentiti.

Riproporzionamento delle ferie nel part-time

Il rapporto di lavoro a tempo parziale può essere: a) orizzontale, con orario normale giornaliero di lavoro in misura ridotta rispetto al tempo pieno e con articolazione della prestazione di servizio ridotta in tutti i giorni lavorativi (5 o 6 giorni); b) verticale, con prestazione lavorativa svolta a tempo pieno ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese, dell’anno e con articolazione della prestazione su alcuni giorni della settimana, del mese, o di determinati periodi dell'anno, in misura tale da rispettare la media della durata del lavoro settimanale prevista per il tempo parziale nell'arco temporale preso in considerazione (settimana, mese o anno); c) con combinazione delle due modalità indicati nelle lettere a) e b).

In presenza, quindi, di personale con rapporto di lavoro sopra evidenziato, a seconda delle ipotesi di cui sopra, possiamo avere:

Rapporto di lavoro a tempo parziale orizzontale

Per questa tipologia di lavoro le ferie e le giornate di riposo non subiscono alcuna riduzione proporzionale in base alla percentuale del part time (28 giorni di ferie più 4 giorni per festività soppresse). Il trattamento economico è commisurato alla durata della prestazione giornaliera.

Tempo parziale verticale/misto

Per questa tipologia di lavoro le ferie e le giornate di riposo sono riproporzionati in base alle giornate di lavoro settimanali, con arrotondamento all’unità se la frazione decimale è superiore a 0,50. In presenza di part-time verticale non si riducono i termini previsti per il periodo di prova e per il preavviso che vanno calcolati con riferimento ai periodi effettivamente lavorati. Il trattamento economico è commisurato alla durata della prestazione giornaliera.

Esempio: per 2 giorni lavorativi settimanali, maturano: 11 giorni di ferie e 2 giorni per festività soppresse; per 3 giorni lavorativi settimanali, maturano: 17 giorni di ferie e 2 giorni per festività soppresse; per 4 giorni lavorativi settimanali, maturano: 22 giorni di ferie e 3 giorni per festività soppresse; per 5 cinque giorni lavorativi settimanali, maturano: 28 giorni di ferie e 4 giorni per festività soppresse.


La maturazione delle ferie e la malattia – Godimento – Sospensione – Ferie solidali

Le ferie maturano con la presenza e lo svolgimento dell’attività lavorativa, eccezion fatta per quelle assenze in cui il lavoratore pur non svolgendo attività lavorativa alcuna, ha diritto alle ferie, di seguito elencate: 1) per malattia; 2) per maternità obbligatoria; 3) per congedo matrimoniale; 4) permessi per donazione del sangue; 5) permessi sindacali; 6) permessi per lutto; 7) le 150 ore di studio.

Nei casi di fruizione da parte del dipendente dei permessi retribuiti le ferie continuano a maturare, non avendo tali permessi natura sospensiva.

Le assenze per causa di malattia o infortunio, anche se si siano protratte per l’intero anno solare, non riducono corrispondentemente il periodo di ferie (anche nei periodi di assenza per malattia in cui vengono applicate le riduzioni del trattamento economico), sono interamente retribuite, utili a tutti gli effetti, inclusa l’anzianità di servizio.

Il periodo di malattia, debitamente documentato e comunicato all’Ente locale, che si sia protratto per più di tre giorni o abbia causato un ricovero ospedaliero, sospende le ferie che vengono sospese e sostituite dal’assenza per malattia.

Al contrario i periodi di aspettativa senza assegni, quindi non retribuiti e non equiparabili al servizio prestato, determinano una sospensione del rapporto di lavoro e, conseguentemente, riducono le ferie in rapporto alla durata dell’assenza.

Il Contratto Collettivo Nazionale di lavoro - Funzioni Locali 21 maggio 2018 ha introdotto, in via sperimentale, le ferie solidali (sull’esempio francese nato sul caso Mathys Germain).  Il dipendente pubblico, volontariamente ed a titolo gratuito, ha facoltà di cedere, in tutto o in parte, ad altro collega che abbia bisogno di prestare assistenza e cura a figli minori, per particolari condizioni di salute:

1) le ferie eccedenti le quattro settimane giornate spettanti nell’arco dell’anno di cui il lavoratore deve necessariamente fruire (20 giorni se l’orario di lavoro è articolato su 5 giorni settimanali; 24 giorni nell’ipotesi di articolazione dell’orario di lavoro settimanale su 6 giorni);

2) le quattro giornate di riposo per festività soppresse.

Il procedimento è avviato con la presentazione al proprio Ente di una specifica istanza (reiterabile) da parte del lavoratore interessato ad utilizzare ferie e giornate di riposo nel massimo di giorni 30 per ciascuna richiesta, con allegazione di idonea certificazione comprovante lo stato di necessità delle cure al proprio figlio, rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o convenzionata.

Ricevuta l’istanza, l’Ente locale comunica a tutto il personale la necessità palesata dal dipendente, tutelando la privacy del richiedente. I dipendenti che intendono aderire alla richiesta, su base volontaria, forniscono risposta di adesione indicando il numero dei giorni di ferie o di riposo che intendono cedere gratuitamente. Qualora il numero complessivo dei giorni di ferie o di riposo superi il plafond dei giorni richiesti, la cessione avviene in modo proporzionale tra tutti gli offerenti; nel caso contrario, ovvero qualora il numero dei giorni di ferie o di riposo da cedere sia inferiore a quelli richiesti, il riparto avviene in modo proporzionale tra tutti i richiedenti.

Il dipendente che richiede le ferie solidali può utilizzare le giornate cedute solo dopo aver fruito delle giornate di ferie o di festività soppresse proprie, oltre che dei permessi e dei riposi compensativi, ove maturati.

Le ferie solidali rimangono, quindi, nella piena disponibilità del richiedente fino a che duri lo stato di necessità per il quale sono state cedute: qualora, prima della fruizione, parziale o totale, cessi lo stato di bisogno, le ferie e le giornate di riposo tornano nella disponibilità dei cedenti, secondo criterio proporzionale.


La programmazione delle ferie

L’organizzazione per tempo delle ferie è strumentale alla funzionalità dei servizi erogati dagli Enti locali ed alla puntuale effettuazione dei connessi adempimenti. Nella prassi gli uffici solitamente predispongono il cosiddetto “piano ferie”, che ha la finalità specifica di equamente contemperare  le esigenze del lavoratore e quelle dell’Amministrazione. Si rende necessario, in particolare, scaglionare i periodi delle ferie mediante la predisposizione di  un realistico piano di ripartizione che consenta a ciascuno di gestire al meglio le proprie esigenze e all'’Ente locale di salvaguardare le proprie esigenze di buon funzionamento dei servizi e degli uffici.

Per il personale che non dovesse presentare richiesta, nonostante l’invito a farlo, l’Amministrazione può decidere di collocarlo d’ufficio in ferie, compatibilmente con le esigenze di servizio, anche contro il parere contrario del lavoratore stesso, con priorità alla fruizione delle ferie precedenti l’anno in corso.

La vigente contrattazione collettiva nazionale di lavoro per il personale del comparto delle Funzioni locali ha disciplinato le modalità di fruizione delle ferie da parte del personale dipendente con una normativa, specificamente scandita nell’articolo 28, che ha procedimentalizzato alcune modalità di esercizio del potere organizzativo e direttivo datoriale in materia.

In particolare, il comma 10 del citato articolo ha configurato, come primo passo del percorso regolativo, la pianificazione delle ferie dei dipendenti da parte dell’Ente “al fine di garantire la fruizione delle stesse nei termini previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti”.

Al riguardo è opportuno rilevare che l’eventuale impossibilità di provvedere ad una pianificazione preventiva di carattere generale, se dovuta a situazioni contingenti e particolari, non può comunque inficiare il diritto del dipendente di fruire delle ferie ed il potere del datore di concederle.

Rientra nel potere datoriale, ai sensi del comma 9 dell’articolo in esame, la prerogativa di indicare i periodi di fruizione delle ferie da esercitare sulla base della valutazione delle esigenze di servizio tenendo conto per quanto possibile anche delle preferenze rappresentate dai dipendenti, fermo restando che, ovviamente, queste ultime risultano oggettivamente recessive rispetto alle prime.

Al riguardo  l’Aran con parere CFL72 pur evidenziando che “la formulazione di indicazioni in materia esula dalla competenza dell’Agenzia che è circoscritta dall’articolo 46, comma 1, del decreto legislativo n. 165/2001 e successive modifiche, alla formulazione di orientamenti per la uniforme applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro dei quali la stessa è parte stipulante e non si estende alla formulazione di specifiche indicazioni per l’attività di gestione”  ha precisato che: la locuzione “tenuto conto”, di cui al citato comma 9, stante il suo carattere di clausola di tutela della facoltà di richiesta del dipendente, deve essere correttamente intesa nel senso che, laddove questi rappresenti le proprie preferenze in ordine ai periodi di fruizione delle ferie e le medesime non possano essere accolte per motivi di servizio, delle ragioni del diniego gli si debba dare, sia pur sinteticamente, esauriente notizia esplicativa.

L’Agenzia ha, infine, rilevato “che la valutazione delle esigenze di servizio e di quelle dei dipendenti ai fini delle conseguenti determinazioni gestionali sulla fruizione delle ferie, costituisce, all’evidenza, una questione definita dalle concrete situazioni organizzative e gestionali e la relativa decisione, in quanto espressione del potere organizzativo e direttivo del datore di lavoro, è prerogativa esclusiva dell’Ente”.

E’ bene precisare  che le ferie possono essere fruite anche in più periodi, nel corso di ciascun anno solare e, quindi, entro il 31 dicembre, in periodi compatibili con le oggettive esigenze di servizio e tenuto conto delle richieste del dipendente, nel rispetto dei turni di ferie prestabiliti, assicurando comunque, al dipendente che ne abbia fatto richiesta il godimento di almeno due settimane continuative nel periodo 1° giugno – 30 settembre (è utile osservare che alcuni Enti locali sono orientati per tre settimane consecutive nel suddetto periodo per favorire un maggior recupero psico-fisico del lavoratore).

Stante la programmazione stabilita nel suddetto piano, presentata con congruo anticipo per evitare disagi ai servizi, il dipendente che non intenda rispettare, per sopravvenute esigenze personali o familiari, il piano ferie programmato, deve informare il proprio responsabile concordando con lo stesso nuove date che tengano conto delle esigenze di servizio, fermo l’obbligo di usufruirne entro il 31 dicembre.

In caso di motivate esigenze di carattere personale e compatibilmente con le esigenze di servizio, il dipendente dovrà, quindi, fruire delle ferie residue al 31 dicembre entro il mese di aprile dell’anno successivo a quello di spettanza.

In caso di indifferibili esigenze di servizio che non abbiano reso possibile il godimento delle ferie nel corso dell’anno, le ferie dovranno essere fruite entro il primo semestre dell’anno successivo.

In assenza delle due fattispecie suindicate (indifferibili esigenze di servizio e motivate esigenze personali), si ricorda, il periodo feriale deve esaurirsi entro il 31 dicembre.

Le ferie devono essere sempre richieste e concordate preventivamente con il responsabile del Settore/Servizio di appartenenza   a cui spetta autorizzarne la fruizione.

Qualora il dipendente, per propria inerzia (per tale può intendersi anche la mancata predisposizione del piano annuale delle ferie, mancata comunicazione all’Ufficio personale di collocazione in quiescenza - es. quota 102; APE sociale), non abbia fruito del congedo ordinario entro il 31 dicembre dell’anno in corso, il responsabile può assegnare d’ufficio, unilateralmente, le ferie nel periodo che ritiene più opportuno, tenuto conto delle esigenze dell’Amministrazione e degli interessi del lavoratore.

Le ferie sono sospese e sostituite dall’assenza per malattia adeguatamente e debitamente documentata che si sia protratta per più di tre giorni o abbiano dato luogo a ricovero ospedaliero. Sarà cura del dipendente informare tempestivamente l’Ente locale, ai fini di consentire alla stessa di compiere gli accertamenti dovuti.

Fatta salva l’ipotesi di malattia non retribuita, il periodo di ferie non è riducibile per assenze dovute a malattia o infortunio. Tali assenze, anche se protratte per l’intero anno solare, consentono la maturazione delle ferie e vengono calcolate anche nell’anzianità di servizio. In tal caso, il godimento delle ferie deve essere previamente autorizzato dal dirigente in relazione alle esigenze di servizio, anche oltre i termini di cui sopra.

Nell’ipotesi di mancata fruizione delle quattro giornate di riposo di cui al comma 6, il trattamento economico è lo stesso previsto per i giorni di ferie.


La mancata fruizione e la monetizzazione – Divieto

Le ferie maturate e non godute per esigenze di servizio sono monetizzabili solo all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, nei limiti delle vigenti norme di legge e delle relative disposizioni applicative.  

La questione è molto complessa e dibattuta, per cui una breve sintesi dell’evoluzione normativa appare indispensabile per ricostruire la vicenda.  

Prima della contrattualizzazione del rapporto di lavoro non esisteva per i dipendenti pubblici il diritto alla valorizzazione economica delle ferie non godute. Qualche isolata sentenza della Magistratura amministrativa aveva peraltro riconosciuto il diritto ricorrendo allo stesso articolo 36 della Costituzione ma nell’ambito della normativa pubblicistica non esisteva, come detto, una norma positiva di riconoscimento del diritto. La situazione muta radicalmente negli anni 1995/1996 con la contrattualizzazione del rapporto di lavoro.

Per oltre 15 anni l’applicazione della clausola contrattuale è stata pacifica, non senza tuttavia alcune asperità interpretative generate da comportamenti opportunistici e non sempre fondati su principi di “correttezza e buona fede”; la stessa Corte costituzionale ha poi parlato di “ricorso incontrollato” e di “possibile uso distorto della monetizzazione”. Infatti era abbastanza diffusa la prassi di arrivare deliberatamente al pensionamento senza aver esaurito i giorni maturati al fine piuttosto evidente di procurarsi una seconda, piccola liquidazione.

In subiecta materia l'articolo 5, comma 8 del decreto-legge n. 95/2012, convertito in legge n. 135/2012 (Spending Review) ha previsto che a far data dal 7 luglio 2012 “Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di raggiungimento del limite di età ….. La violazione della presente disposizione, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate, è fonte di responsabilità disciplinare ed amministrativa per il dirigente responsabile”.

Attualmente, alla luce della normativa legislativa e contrattuale vigente, la situazione si può così riassumere:

1) le ferie maturate prima del 7 luglio 2012 (entrata in vigore del decreto legge convertito nella legge 135/2012) sono pienamente indennizzabili;

2) in caso di eventi oggettivamente indiscutibili (decesso in costanza di rapporto, risoluzione dopo lunga malattia, licenziamento) la monetizzazione non è colpita dal divieto;

3) il divieto sussiste invece in tutti i casi in cui, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale, il residuo di ferie sia riconducibile a una scelta o a un comportamento del lavoratore (dimissioni, risoluzione per impossibilità sopravvenuta) o ad eventi (mobilità, pensionamento, raggiungimento dei limiti di età, compresa la cosiddetta “rottamazione”) che, comunque, consentano di pianificare per tempo la fruizione delle ferie;

4) per ciò che riguarda la fattispecie più delicata, cioè quella legata alle esigenze di servizio, va effettuata una puntuale istruttoria per evitare il rischio che la monetizzazione possa essere ritenuta illegittima e portatrice di danno erariale;

5) secondo il più recente orientamento della Cassazione la monetizzazione non ha natura retributiva ma risarcitoria con la conseguenza che la prescrizione del diritto è decennale e non quinquennale.

L’apparente perentorietà dell’obbligo di fruizione delle ferie e del correlato divieto (“in nessun caso”) di corresponsione di trattamenti economici sostitutivi, introdotti dal decreto-legge n. 95/2012, convertito dalla legge n.135 del 7/8/2012, induce a sostenere che quel divieto non trova applicazione solamente nei casi in cui l’impossibilità di fruizione delle ferie derivi da eventi del tutto imprevedibili e non attribuibili alla responsabilità né del datore di lavoro, né del lavoratore (il Dipartimento della Funzione Pubblica, nel parere n. 40033/2012, ha ritenuto, ad esempio, che “le cessazioni del rapporto di lavoro determinatesi a seguito di un periodo di malattia, di dispensa dal servizio o, a maggior ragione, di decesso del dipendente, configurano vicende estintive del rapporto di lavoro dovute ad eventi indipendenti dalla volontà del lavoratore e dalla capacità organizzativa del datore di lavoro”, escludendo pertanto in tali casi l’operatività del divieto).

Alla luce di quanto esposto e di una ampia giurisprudenza, il Dipartimento della Funzione Pubblica ha, pertanto, espresso l’avviso che, a regime, nel divieto posto dal comma 8 dell'articolo 5 del citato decreto-legge n. 95/2012, non rientrano i casi di cessazione dal servizio in cui l'impossibilità di fruire le ferie non è imputabile o riconducibile ad dipendente, come le ipotesi di decesso, malattia e infortunio, risoluzione del rapporto di lavoro per inidoneità fisica permanente ed assoluta, congedo obbligatorio per maternità. Resta fermo che, in questi residui casi, la monetizzazione delle ferie potrà essere disposta solo in presenza delle limitate ipotesi di legittimo rinvio della fruizione normativamente e contrattualmente previste, che verranno valutate caso per caso dalla Amministrazione.

Con parere n. 94806 del 08/11/2012 il Ministero dell'Economia e delle Finanze Dipartimento della Ragioneria dello Stato, ha evidenziato come la ratio del divieto previsto dall'articolo 5, comma 8, del decreto-legge n. 95/2012, consista nel contrastare gli abusi dovuti dall'eccessivo ricorso alla monetizzazione delle ferie a causa dell'assenza di programmazione e di controllo da parte dei Dirigenti/Responsabili e non per quanto riguarda ipotesi di specifiche cause estintive del rapporto di lavoro (dispensa dal servizio per inidoneità assoluta e permanente, decesso del dipendente, nonché eventi che, in quanto prolungati possano determinare la risoluzione del rapporto, eventi non imputabili alla volontà del lavoratore ed alla capacità organizzativa del datore di lavoro).

La Corte dei Conti – Sezione Regionale di Controllo per la Campania – con parere n. 249 dell'11 dicembre 2014 ha avuto modo di precisare che  “.....Peraltro la natura dei casi compresi espressamente nel divieto di “monetizzazione” delle ferie maturate e non godute dal personale dipendente delle pubbliche Amministrazioni, fattispecie nelle quali il dipendente determina o concorre a determinare, con propri atti o comportamenti, la cessazione del rapporto o, comunque, nelle quali è ben possibile, in previsione dell’evento, pianificare il godimento delle ferie (mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età), lascia chiaramente intendere che la prevedibilità e, quindi, la riconducibilità, anche mediata, della fattispecie estintiva alla volontà del dipendente costituisca elemento determinate ai fini della delimitazione della portata del divieto di corresponsione di trattamenti economici “sostitutivi” (cfr. Sezione regionale per il Veneto, parere n. 342/2013).

In considerazione del tenore letterale della disposizione normativa in esame e dalla sua ratio ovvero “il contenimento della spesa pubblica” si può dedurre che sono esclusi dall’ambito di applicazione del divieto di monetizzazione, oltre alle eccezioni espressamente previste, solo i rapporti di lavoro la cui cessazione sia caratterizzata dall’imprevedibilità o dalla non volontarietà del dipendente, ossia che il divieto si riferisca a fattispecie in relazione alle quali la prevedibilità della cessazione del rapporto di lavoro (es. lavoro a tempo determinato, pensionamento) o la volontà del lavoratore di determinare la cessazione del rapporto stesso (es. dimissioni) consentono all’Amministrazione l’adozione di misure organizzative necessarie per assicurare la fruibilità delle ferie compatibilmente con le esigenze personali del lavoratore e dell’organizzazione amministrativa.

Viceversa le ipotesi in cui il rapporto di lavoro subisce una cessazione imprevista e non dipendente dalla volontà del lavoratore (es. decesso, collocamento in quiescenza per inabilità assoluta alla prestazione lavorativa) non rientrerebbero nell’alveo applicativo del decreto-legge n. 95/2012 (cfr. Sezione regionale di controllo per il Veneto e Sicilia, parere citato; Sezione regionale di controllo per la Valle d’Aosta, parere n. 20/2013). Ciò anche in conformità con “l’esigenza di applicare il dettato normativo in senso conforme alla Costituzione (articolo 36, comma 3) e al diritto comunitario (direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/88/Ce del 4 novembre 2003, articolo 7), quali interpretati da consolidata giurisprudenza, che assicura piena tutela del diritto alle ferie, sia pure per equivalente, tutte le volte che, all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, il mancato godimento delle stesse sia dipeso da motivi non imputabili al lavoratore” (Sezione regionale per la Valle d’Aosta, parere citato).

A tale proposito è stato recentemente affermato che con il divieto di monetizzazione in esame il legislatore ha inteso anche evitare abusi dovuti all’eccessivo ricorso al fenomeno della monetizzazione delle ferie non fruite a causa dell’assenza di programmazione e di controlli da parte dell’Amministrazione in relazione alla gestione del personale, così intendendo il legislatore favorire anche una maggiore responsabilizzazione nel godimento del diritto alle ferie” (Sezione regionale per la Sicilia, parere n. 77/2014).

La sentenza della Corte costituzionale n. 95 del 6 maggio 2016, pur riconoscendo non fondata la questione dell’illegittimità costituzionale dell’articolo 5, comma 8, del decreto-legge n. 135/2012, tuttavia pose le basi interpretative per il riconoscimento della monetizzazione, stabilendo che “la disciplina in questione, mira a riaffermare la preminenza del godimento effettivo delle ferie, per incentivare una razionale programmazione del periodo feriale e favorire comportamenti virtuosi delle parti nel rapporto di lavoro”, affermando, al contempo, che è obbligatorio per le Pubbliche Amministrazioni pianificare per tempo la fruizione delle ferie, proprio in ragione della loro irrinunciabilità, attuando sempre “il necessario contemperamento delle scelte organizzative del datore di lavoro con le preferenze manifestate dal lavoratore, in merito al periodo di godimento delle ferie”. Di conseguenza, l’assenza di una formale richiesta di ferie da parte del dipendente, non significa una sua volontaria rinuncia a tale diritto. L’Amministrazione è tenuta a vigilare sulla loro integrale fruizione, anche da parte dei lavoratori dimissionari, richiedendo loro la presentazione di un adeguato piano, per smaltire integralmente il residuo, entro la data di cessazione del rapporto di lavoro collocandoli anche in ferie d’ufficio in caso di loro inerzia.

Perché sussista realmente la non dipendenza dalla volontà del lavoratore sarebbe opportuno che il mancato godimento discenda da rilevanti ed indifferibili ragioni di servizio – e non da criticità ordinarie - risultanti da atto formale avente data certa, comprovante la richiesta del dipendente di godere delle ferie e l’impossibilità di assegnazione delle stesse da parte del datore di lavoro a causa di qualificate e non generiche esigenze di servizio. Il lavoratore dovrebbe provare che il rifiuto non è stato isolato ma reiterato più volte e il Responsabile ha l’onere di dimostrare che ha tentato di porre in ferie d’ufficio il dipendente in periodi diversamente critici.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2496/2018, e prima ancora con precedente sentenza n. 27206 del 2017, ha confermato sul punto alcuni importanti orientamenti che si esprimono nel senso di obbligare la Pubblica Amministrazione alla remunerazione di eventuali ferie residue a prescindere dalla mancata richiesta avanzata dal dipendente durante il rapporto di lavoro, tutte le volte che la Pubblica Amministrazione sia rimasta inerte rispetto alla concessione delle ferie al dipendente.

I giudici della Cassazione, esaminando il caso di specie, partono dalla questione di legittimità costituzionale sollevata in merito al decreto-legge n. 95/2012, precisando che la disciplina statale in questione come interpretata dalla prassi amministrativa e dalla magistratura contabile, è nel senso di escludere dall’ambito applicativo del divieto le vicende estintive del rapporto di lavoro che non chiamino in causa la volontà del lavoratore e soprattutto la capacità organizzativa del datore di lavoro. Più precisamente la Corte con la sentenza n. 2496 del 2018, ha stabilito che la Pubblica Amministrazione è obbligata al pagamento delle ferie residue del dipendente prossimo alla pensione, anche a prescindere dalla mancata richiesta avanzata dallo stesso durante il rapporto di lavoro.

Sul solco di precedenti orientamenti del giudice di legittimità, richiamati anche dalla Consulta, è stato affermato che dal mancato godimento delle ferie deriva diritto del lavoratore al pagamento dell’indennità sostitutiva, che ha natura retributiva, salvo se il datore di lavoro dimostri di avere offerto un adeguato tempo per il godimento delle ferie, di cui il lavoratore non abbia usufruito.

In questa specifica circostanza la Corte dei conti ha richiamato proprio la disposizione dell’articolo 28, comma 11, del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro Funzioni Locali 21 maggio 2018, secondo cui le ferie maturate e non godute sono monetizzabili soltanto all’atto di cessazione del rapporto lavorativo “nei limiti delle vigenti norme di legge”.

E, ovviamente, il rinvio è al decreto-legge n. 95/2012. L’articolo 5, comma 8, del decreto-legge n. 95/2012 dispone, infatti, oltre all’obbligatorietà di fruizione delle ferie, anche in divieto di monetizzazione al momento della cessazione del rapporto di lavoro (per mobilità, dimissioni, pensionamento, risoluzione e raggiungimento del limite di età), qualora la vicenda estintiva sia riconducibile alla volontà del lavoratore o ad eventi che comunque consentano al datore di lavoro di pianificare per tempo la fruizione delle ferie. Il divieto di monetizzazione imposto dall’articolo 5, comma 8, del decreto-legge n. 95/2012, al contrario, non troverebbe applicazione nel caso in cui la mancata fruizione delle ferie sia dipesa da eventi del tutto imprevedibili e non attribuibili in alcun modo, né al datore di lavoro, né al lavoratore (Dipartimento Funzione Pubblica, parere n. 4033/2012). Secondo i magistrati contabili, qualora il lavoratore comunicasse al datore di lavoro con ampio preavviso la cessazione del rapporto lavorativo, il datore può far fruire le ferie maturate e non godute dal lavoratore nel periodo di preavviso lavorato, poiché durante il decorso di quest’ultimo, il contratto di lavoro continua ad esplicare i propri effetti, fra cui anche la maturazione delle ferie (Corte di Cassazione, sentenza 985/2017).

Il periodo di preavviso, pertanto, non precluderebbe la concessione della fruizione delle ferie, potendo avere un differimento del termine finale di preavviso, salvo diverso accordo tra le parti. Tutto questo dimostra che il datore di lavoro deve adoperarsi in tutti i modi, fino alla fine del rapporto lavorativo, per consentire la fruizione delle ferie. A parere della Corte di Cassazione, tale normativa ha il fine di evitare un ricorso incontrollato alla monetizzazione delle ferie non godute, al fine di contrastarne gli abusi e di evitare che il dipendente conservi in maniera scorretta i giorni di ferie maturati. Secondo la Corte, più precisamente, l’indennità sostitutiva delle ferie non godute non sussiste se il datore di lavoro dimostra di avere offerto al lavoratore un adeguato tempo per il godimento delle ferie, di cui lo stesso non abbia usufruito, venendo così ad incorrere nella c.d. “mora del creditore”. Qualora, invero, il datore di lavoro, nell’ambito del suo potere di stabilire il godimento (articolo 2109 Codice civile), offra il proprio adempimento (inteso quale offerta di godimento delle ferie) fissando per la fruizione un arco temporale adeguato, in modo che il lavoratore non “riceva”, la sopravvenuta impossibilità della prestazione (l’impossibilità del godimento delle ferie), il mancato godimento delle ferie resta a carico del lavoratore. Secondo le argomentazioni seguite dalla Suprema Corte, infatti, in tal caso l’obbligazione datoriale (consentire il godimento delle ferie) si estingue, essendo divenuta impossibile per fatto non imputabile al debitore. La tesi argomentata ribadisce con forza il principio secondo il quale il godimento delle ferie costituisce un obbligo contrattuale del datore di lavoro, il quale ha sempre l’onere di procurare l’adempimento ovvero l’offerta di adempimento.

Tutti questi assunti giurisprudenziali conducono alla conclusione che è un preciso obbligo del datore di lavoro, anche se di piccole dimensioni, programmare le attività lavorative, al fine di favorire la fruizione delle ferie dei dipendenti, valutando attentamente se in concreto sussistono i presupposti che legittimano la monetizzazione delle ferie maturate e non godute, nel rispetto delle vigenti norme in materia. Qualora questo non sia accaduto, ovvero non vi siano evidenze in atti, l’Ente deve valutare l’opportunità e la convenienza nel caso concreto di liquidare le ferie non godute ponendo l’attenzione anche sul disposto dell’articolo 5, comma 8, del decreto-legge n. 95/2012 in tema di responsabilità del dirigente, ovvero, esporsi ad un probabile contenzioso dagli esiti altamente incerti.

Sul tema in argomento, occorre inoltre rilevare che ha avuto modo di pronunciarsi il Consiglio di Stato affermando che “il diritto al compenso sostitutivo delle ferie non godute dal pubblico dipendente, anche in mancanza di una norma espressa che preveda la relativa indennità, discende direttamente dallo stesso mancato godimento delle ferie, in armonia con l’articolo 36 della Costituzione, quando sia certo che tale vicenda non sia stata determinata dalla volontà del lavoratore e non sia a lui comunque imputabile, e dunque anche in caso di cessazione dal servizio per infermità; ciò in quanto il carattere indisponibile del diritto alle ferie non esclude l'obbligo della stessa Amministrazione di corrispondere il predetto compenso per le prestazioni effettivamente rese, non essendo logico far discendere da una violazione imputabile all'Amministrazione il venir meno del diritto all'equivalente pecuniario della prestazione effettuata; analoga conclusione deve trarsi ove le ferie non siano state fruite per cessazione dal servizio per infermità” (Consiglio di Stato sez. IV, 13 marzo 2018, n. 1580).

Di recente è stata inoltrata  una richiesta di parere alla Sezione di Controllo  della Corte dei conti Molise in ordine alla possibilità, da parte di dipendenti che abbiano optato per il collocamento in pensione anticipata beneficiando dei requisiti previsti dal Capo II del decreto legge 28 gennaio 2019, n. 4 (“Trattamento di pensione anticipata «quota 100» e altre disposizioni pensionistiche”), convertito dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, di monetizzare le ferie maturate e non godute. In particolare, il sindaco  ha riferito che i dipendenti interessati, alla data della comunicazione del preavviso, pervenuto sei mesi prima del giorno di decorrenza del trattamento pensionistico, a causa anche delle limitate dimensioni dell’Ente, non avevano fruito di tutti i giorni di ferie annuali retribuite maturate nel corso del 2018 - dal momento che, “pur avendo prodotto domanda nel mese di dicembre 2018, non sono stati autorizzati per indifferibili esigenze di servizio [...]” -, a cui si sono aggiunte le ferie maturate nel corso dei mesi del 2019 antecedenti alla cessazione dal servizio.

La predetta Sezione Regionale di Controllo, con parere 5 luglio 2019, n. 98 ha evidenziato l’obbligo, anche per gli Enti di piccola dimensione, in presenza di dimissioni, in applicazione della “quota 100”, “di programmare le attività lavorative al fine di favorire la fruizione delle ferie da parte dei dipendenti” anche nel periodo di preavviso. La magistratura contabile ha ritenuto che “resta ferma la possibilità per il datore di permettere il godimento delle ferie maturate dal lavoratore anche nel corso del periodo di preavviso al fine di scongiurare il rischio della loro non consentita monetizzazione”. Si fa presente che l’assenza di una formale richiesta di godimento delle ferie da parte del dipendente non si traduce in una rinuncia alle ferie non fruite. Spetta al datore di lavoro adempiere l’obbligazione di consentire al dipendente la fruizione delle ferie, anche per prevenire richieste di pagamento dell’indennità sostitutiva espressamente escluse dall’articolo 5, comma 8, decreto-legge n. 95/2012 (Cfr. Cassazione 1° febbraio 2018, n. 2496).

Non solo, dall’interpretazione normativa e dalla prassi emerge chiaramente che si può procedere al pagamento sostitutivo delle ferie non godute ma maturate nel periodo di assenza per malattia per il dipendente dispensato per permanente inidoneità al servizio e per il dipendente dimissionario, con ferie non godute a causa di assenza per infortunio sul lavoro protrattasi sin dall’inizio del periodo di preavviso. I casi in cui vi è diritto al compenso sostitutivo dei periodi di ferie non fruite non hanno carattere costitutivo del diritto invocato, ma ricognitivo di singole fattispecie, perciò non esauriscono con carattere di tassatività ogni altra ipotesi riconducibile alla tutela del diritto in questione e, fra queste, la mancata fruizione delle ferie per collocamento in aspettativa per infermità. Si tenga inoltre presente che la pretesa del dipendente pubblico, anche in regime non privatizzato, alla percezione dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute ha natura di diritto soggettivo, così che l’azione volta alla relativa tutela (al di là della formale impugnazione di atti) ha natura prevalentemente risarcitoria ed è soggetta al termine di prescrizione decennale di cui all’articolo 2948 del Codice civile, per assicurare la più ampia tutela possibile al dipendente (cfr. sentenza n. 2161/2022 con la quale il Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, richiamando la giurisprudenza della Suprema Corte, ha precisato che: “L’indennità sostitutiva delle ferie non godute ha natura mista, sia risarcitoria che retributiva, a fronte della quale si deve ritenere prevalente, ai fini della verifica della prescrizione, il carattere  risarcitorio, volto a compensare il danno derivante dalla perdita del diritto al riposo, cui va  assicurata la più ampia tutela applicando il termine ordinario decennale, mentre la natura retributiva, quale corrispettivo dell’attività lavorativa resa in un periodo che avrebbe dovuto essere retribuito ma non lavorato, assume rilievo allorché ne debba essere valutata l’incidenza sul trattamento di fine rapporto, ai fini del calcolo degli accessori o dell’assoggettamento a contribuzione.” (Cassazione, Sezione I, sentenza n. 3021 del 10.2.2020).

Si ritiene utile aggiungere che nel caso in cui le ferie già in godimento siano interrotte o sospese per motivi di servizio, il dipendente ha diritto al rimborso delle spese documentate per il viaggio di rientro in sede e per quello di ritorno al luogo di svolgimento delle ferie. Il dipendente ha inoltre diritto al rimborso delle spese anticipate per il periodo di ferie non godute.

Tale situazione si verifica ovviamente in caso di esigenze della Pubblica Amministrazione specifiche ed eccezionali, che necessitano di una forza lavoro maggiore rispetto a quella precedentemente preventivata.

Il lavoratore, per il quale vige l’obbligo di rientro, non può rifiutarsi di tornare perché ciò sarebbe considerato un diniego a svolgere la prestazione lavorativa. Si tenga presente che se non vi è uno specifico obbligo di reperibilità durante le ferie nel contratto collettivo o nell’accordo individuale, il dipendente non può essere licenziato per non aver ripreso anticipatamente servizio.

L’Aran in merito alla possibilità che il personale interessato alla reperibilità possa essere in ferie e contemporaneamente coprire il servizio di reperibilità si è espressa nel senso che “occorre tenere conto della più forte tutela riconosciuta al diritto alle ferie derivante dalle disposizioni del decreto legislativo n. 66/2003. Infatti, è indubbio che la reperibilità, anche se non equivale alla esecuzione della prestazione lavorativa, incide ugualmente sul riposo e sulla piena possibilità di svago che le ferie devono garantire (ad esempio il dipendente non potrebbe allontanarsi per una crociera). Ciò non toglie, tuttavia, che, durante le ferie, il dipendente debba essere disponibile al rientro per urgenti necessità. Tale previsione, però, non si presta a consentire anche la pianificazione della reperibilità con appositi turni, secondo le caratteristiche tipiche dell’istituto”.

Concludendo sul punto, non può, dunque, che ribadirsi che incombe sugli Enti locali datori di lavoro, anche di piccole dimensioni, programmare le attività lavorative al fine di favorire la fruizione delle ferie da parte dei dipendenti, nel contempo valutando con estrema prudenza se in concreto sussistano i presupposti che legittimano, alla luce della prassi e della giurisprudenza anche costituzionale richiamate, la corresponsione di trattamenti economici sostitutivi di ferie non godute.

Emerge, quindi, che la giurisprudenza amministrativa è orientata a riconoscere che il mancato godimento delle ferie, non imputabile all'interessato, non preclude l'insorgenza del diritto alla percezione del compenso sostitutivo. Si tratta, infatti, di un diritto che per sua natura prescinde dal sinallagma prestazione lavorativa-retribuzione su cui si fonda il rapporto di lavoro subordinato e non riceve, quindi, compressione in presenza di altra causa esonerativa dall’effettività del servizio.

Il diritto al compenso sostitutivo nasce proprio da tale natura di indisponibilità e irrinunciabilità e può essere vantato ogni qual volta la fruibilità del congedo stesso sia oggettivamente esclusa per causa indipendente dalla volontà del lavoratore o per fatto specifico della pubblica Amministrazione datore di lavoro (in materia, TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I, 25 giugno 2015, TAR Sardegna 13 febbraio 2013 n. 116; TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 3 maggio 2011 n. 598; Consiglio di Stato, sez. IV, 24 febbraio 2009 n. 1084).

In merito ed abbastanza di recente si è pronunciata la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 13613 del 2 luglio 2020 laddove in conformità a due pronunce della Corte di Giustizia Europea, ha ritenuto che affinché si determini la perdita del diritto alla monetizzazione, il datore di lavoro, nell’inerzia del lavoratore, è tenuto ad invitarlo, anche formalmente al godimento delle ferie.

Per i giudici di Palazzo Spada, le ferie non godute possono essere monetizzate al momento della cessazione se il mancato godimento non è ascrivibile ai comportamenti del dipendente (Consiglio di Stato, sezione II, sentenza n. 2349/2022).

Per l’Alto Consesso amministrativo il divieto di monetizzazione non opera nelle ipotesi di cessazione dal servizio, quando il mancato godimento delle ferie sia dovuto a causa non imputabile al lavoratore, quali la malattia o altra causa non imputabile, essendo invece il divieto di corrispondere trattamenti sostitutivi riconducibile a fattispecie in cui la cessazione del rapporto di lavoro sia dovuta ad una scelta o a un comportamento del lavoratore, quali dimissioni, risoluzione, mobilità, pensionamento per raggiungimento dei limiti di età, che comunque consentono di pianificare per tempo la fruizione delle ferie e di attuare il necessario contemperamento delle scelte organizzative del datore di lavoro con le preferenze manifestate dal lavoratore in merito al periodo di godimento delle ferie.

In relazione al personale di qualifica dirigenziale, per completezza informativa, si ritiene, infine, utile aggiungere anche che, secondo la giurisprudenza (Cassazione civile, sezione lavoro, 27 agosto 1996, n. 7883; Cassazione civile, sezione lavoro, 7 marzo 1996, n. 1793; Cassazione civile, sezione lavoro, 6 novembre 1982, n. 5825; Corte appello Milano, 29 novembre 2001; Pretura Como, 1 ottobre 1985; Cassazione, Sezione Lavoro n.11786/2005; Consiglio di Stato n.560/2007), il diritto al compenso sostitutivo delle ferie (monetizzazione) non spetta quando il mancato godimento delle stesse sia imputabile esclusivamente al dirigente, circostanza che ricorre tutte le volte in cui il dirigente abbia il potere di attribuirsi le ferie senza alcuna ingerenza del datore di lavoro, salvo che non sia dimostrata la ricorrenza di eccezionali ed obiettive necessità aziendali ostative alla fruizione delle stesse.

Alla luce di tali ultime considerazioni, in linea generale, può ritenersi che in circostanze eccezionali, il dipendente possa fruire delle ferie anche al di là dei termini prefissati. Sarà l’Amministrazione a stabilire i periodi di fruizione in quanto, ai sensi dell’articolo 2109 del Codice civile, le ferie sono assegnate dal datore di lavoro “tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del lavoratore”. Non può, infatti, sfuggire che in caso di disservizi o inefficienze organizzative o gestionali, il dirigente potrebbe essere chiamato a risponderne nell’ambito della responsabilità dirigenziale prevista dall’articolo 21 del decreto legislativo n. 165/2001.

Bibliografia

 

  1. G. Rucco - S. Riccio – Commento al nuovo contratto di lavoro del personale degli enti locali – Collana Editoriale ANCI – Editrice CEL - Ottobre 1995
  2. A. Bianco, A. Di Filippo, M. Laezza - La Gestione del Personale negli Enti Locali- Maggioli 2000
  3. V. Codispoti - L. Tamassia - Assenze e congedi parentali negli enti locali - Maggioli Editore - Anno 2001
  4. N. Falcone – Il nuovo contratto dei dipendenti degli Enti locali – Halley Informatica- Marzo 2004
  5. ARAN - Raccolta sistematica degli orientamenti applicativi Istituto contrattuale: Assenze per malattia, infortuni sul lavoro e causa di servizio comparto: regioni e autonomie locali - Dicembre 2015
  6. N. Cappelli - I contratti di lavoro dei dipendenti degli enti locali. Il nuovo CCNL 2016/2018 e tutti gli istituti contrattuali ancora vigenti - Maggioli 2018
  7. L. Boiero - La disciplina delle assenze negli Enti locali dopo il CCNL - Funzioni Locali - Guida rapida con casi pratici - Maggioli 2018
  8. M. Cistaro – Il diritto e il “dovere” alle ferie dei dipendenti pubblici – Azienditalia 5/2020
  9. L. Cosco - Guida Normativa 2022 - Parte Dodicesima Personale degli enti locali: ordinamento giuridico ed economico