Responsabile del Procedimento: doppie sigle su istruttoria e potere di delega
Responsabile del Procedimento: doppie sigle su istruttoria e potere di delega
Vi sono prassi, in alcuni Enti, secondo le quali il provvedimento finale, da far sottoscrivere all’organo di vertice, necessiterebbe, oltre che della sigla del rispettivo Responsabile del Procedimento Amministrativo (per brevità RPA), anche della sigla del superiore gerarchico, interposto tra il RPA e l’organo di vertice deputato alla sottoscrizione del provvedimento finale. In tal caso, secondo le poco convincenti intenzioni dell’Ente, il titolare della posizione organizzativa gerarchicamente superiore rispetto al responsabile del procedimento, apponendo una sigla accanto a quella del RPA, “farebbe proprio” l’iter istruttorio del RPA, per poi essere, l’atto finale, sottoscritto dall’organo competente.
A tal riguardo ed al fine di evidenziare come la sigla del superiore gerarchico, o capo ufficio che sia, è da intendersi certamente superflua e priva di rilievo alcuno, appare utile rimarcare quanto segue:
- «Una corretta gestione dei procedimenti amministrativi ed un’accorta redazione degli atti amministrativi rappresentano un momento chiave nell’attività dell’ente …. Garantire il conseguimento dell’obiettivo voluto dall’organo di governo con efficacia ed efficienza nella legalità significa produrre atti nel minor tempo possibile, con il minor dispendio possibile di energie, senza aggravamenti procedurali, …»[1]
- Il responsabile del procedimento, garante del buon funzionamento e dell’imparzialità dell’azione amministrativa (ex articolo 97 Costituzione), sintetizza una pluralità di compiti volti all’ottimale conclusione del procedimento amministrativo. Il RPA è un Giano bifronte che, improntando l’azione svolta, ai principi di efficienza, efficacia ed economicità, è responsabile:
- all’interno dell’amministrazione, per la cura dell’interesse pubblico soddisfatto attraverso il raggiungimento dell’obiettivo assegnato;
- verso l’esterno, per i risultati conseguiti non già nei confronti dell’amministrazione, bensì nei confronti degli stakeholder e ai fini della soddisfazione dei loro interessi e diritti.
Assodato che accanto alle attività a valenza interna, il RPA compie anche atti rivolti all’esterno (comunicazioni di avvio o sospensione del procedimento, richieste di integrazione degli atti, acquisizione di prove o documenti), incombono sul predetto RPA, anche le più tradizionali responsabilità per fatto illecito e per danno ingiusto, sotto il profilo civile, amministrativo e penale, connesse alla sua attività, ivi comprese le responsabilità di cui all'articolo 328 del codice penale.
- L’attività del RPA risulta rafforzata dalle previsioni dell’articolo 6 della l. 241/1990, così come modificato dall’articolo 4 della Legge 15/2005, sulla base del quale, il provvedimento finale, adottato dall’organo competente, non può discostarsi da quanto dedotto dal responsabile dell’istruttoria, a meno che non siano chiaramente indicati, nel provvedimento stesso, i motivi del dissenso.
- Il RPA, nella qualità di coordinatore di tutta l’attività istruttoria, propedeutica all’assunzione della decisione finale è, di fatto, l’unica figura, nell’ambito del procedimento, che può, in concreto, disporre di tutti gli elementi utili per poter compiutamente assumere una decisione sulla successiva conclusione del procedimento, supportato da una consapevole visione d’insieme dei contrapposti e contemperati interessi[2].
Per quanto sopra rappresentato, terminata l’istruttoria da parte del RPA e redatto il relativo provvedimento da sottoporre all’organo competente alla sottoscrizione, le regole interne che pretenderebbero, accanto alla sigla del RPA, anche la sigla del responsabile dell’U.O., risultano del tutto ininfluenti nella procedura di pertinenza.
L’eventuale sigla del superiore gerarchico, non competente a firmare il provvedimento finale, non potrà, quindi, valere quale attestazione di regolare istruttoria effettuata dal RPA, che richiederebbe una conoscenza approfondita e puntuale di tutto l’iter seguito dal RPA, nonché la verifica della conformità e legittimità dell’iter stesso, in realtà già svolto dal RPA, attività, tutte, esattamente contrapposte alle finalità previste dalla legge nei casi di nomina del RPA, stante il carattere fiduciario dell’investitura, e tali da comportare un ingiustificato aggravio nell’economia procedurale che impedirebbe di… produrre atti nel minor tempo possibile, con il minor dispendio possibile di energie, senza aggravamenti procedurali….
Resta fermo come l’organo competente all’adozione del provvedimento finale, pur esercitando un controllo finale, non è tenuto a ripetere l'attività istruttoria ma assume in proprio la responsabilità esterna connessa all'atto, fatti salvi rilevanti elementi di illegittimità o di responsabilità contabile tali impedire la relativa adozione dell’atto stesso.
Terminate le suddette considerazioni e giungendo alla fattispecie del potere di delega da parte del RPA, è opportuno premettere come tale istituto, in virtù del potere riconosciuto al RPA, sia legittimamente consentito in quanto il responsabile del procedimento amministrativo non è un delegato, bensì, un nominato con i poteri previsti dagli artt. 5 e 6 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (analogamente a quanto accade per il Responsabile Unico del Progetto, RUP). [3]
A tal riguardo, si rammenta che nel diritto amministrativo possono essere individuate due tipologie di delega.
La prima è denominata “mera delega di firma”[4] ed è riferita a chi mantiene il pieno esercizio di un potere determinato, ma assegna a un’altra persona, non titolare, il compito di sottoscrivere gli atti di esercizio in sua vece. In questo caso, la provenienza dell’atto, pur firmato dal delegato, rimane nella sfera di responsabilità del delegante che continua ad assumersi ogni responsabilità giuridica, amministrativa e contabile sugli atti prodotti dal delegato, fermo restando la responsabilità in solido di quest’ultimo.
La delega di firma, fattispecie riferibile anche al Responsabile del Procedimento, realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna, atteso che il delegato agisce come longa manus del delegante, senza esercitare in maniera autonoma e con assunzione di responsabilità poteri che rientrano nelle competenze amministrative allo stesso riservate[5]. Nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione della delega di firma può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessità di indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale consente la successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa.
Con la delega di firma il delegato non esercita alcun potere o competenza riservata al delegante, trovando titolo il suo agire nei poteri di ordine e direzione, coordinamento e controllo attribuiti al RPA, titolare del potere. Al delegato, pertanto, non è riconosciuto alcun potere di subdelega. Trattandosi di una delega per la sottoscrizione, alla stessa non è applicabile la disciplina dettata per la delega di funzioni di cui all’art. 17, comma 1 -bis, del d.lgs. n. 165 del 2001, per cui non è richiesta né la sua temporaneità né una specifica motivazione (cfr., in tal senso, ex multis, Cass. n. 8814 del 2019)[6].
Nella seconda tipologia, oggetto di delega è una funzione specifica. Tale tipologia, che per prassi diffusa e per dottrina consolidata chiameremo delegazione funzionale (vedasi anche art. 17, comma 1 -bis, del d.lgs. n. 165 del 2001), conferisce il legittimo esercizio delegato di una competenza amministrativa. Per il periodo della delega, il delegante trasferisce anche il potere relativo, unitamente alle responsabilità conseguenti e susseguenti (Consiglio di Stato, sez. V, 30 ottobre 2019, n. 7418). Aspetto non trascurabile inerisce alla forma che, nel caso della delega funzionale, è obbligatoriamente scritta a pena di nullità, come confermato da copiosa e consolidata giurisprudenza, con l’accortezza di indicare espressamente nel provvedimento il nominativo del delegato, evitando le formulazioni generiche (ad es., il responsabile dell’ufficio, etc.).
La delegazione funzionale non è riferibile al RPA il quale, come sopra indicato, può avvalersi della sola delega di firma.
Richiamato l'articolo 97, comma 1 e 2, della Costituzione, nonché l’art. 17, comma 1-bis del D.Lgs. n. 165/2001, la delega delle funzioni è, infatti, ammissibile solo se espressamente prevista dalla legge, in quanto determina uno scardinamento del sistema delle attribuzioni e competenze, consentendo che un potere venga esercitato da un soggetto (organo) diverso da quello competente per disposizione generale.
La delega di funzioni si caratterizza per essere un atto derogatorio del normale sistema di ordine e distribuzione delle competenze soggetta come tale ad una esegesi rigorosa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 2672 del 2001).
La L. n. 241/1990 non pare possa fondare la delegabilità di funzioni. Una cosa è la responsabilità del procedimento, cosa diversa è il potere di adottare i provvedimenti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno.[7]
Le norme della legge 241/90 comportano che l’affidamento di un procedimento sia imputato ad una certa unità organizzativa, e ad un ben identificato soggetto, che ha appunto la responsabilità della procedura. L’adozione del provvedimento finale da parte del RPA, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, è soltanto eventuale, eccezionale, residuale.
In altre parole, la delega di firma è un esempio di efficienza e di accelerazione della macchina burocratica, mentre la delegazione funzionale richiede una serie ben maggiore di criteri di opportunità e di elementi in punto di diritto. In entrambe le fattispecie, il delegante deve esercitare il potere scegliendo bene il delegato e controllandone l’operato. I due istituti giuridici che in questo caso trovano attuazione sono la culpa in eligendo (colpa nella scelta, art. 2049 c.c.) e la culpa in vigilando (colpa nell’omesso controllo, artt. 2047 e 2048 c.c.). Si tratta della responsabilità derivante dallo scegliere rispettivamente le persone giuste al posto giusto e di verificarne periodicamente l’operato.[8]
[1] Tratto dalla presentazione del seminario “I principi di gestione del procedimento amministrativo e tecniche di redazione degli atti dopo la riforma della legge 241/1990” tenuto dal prof. Edoardo Barusso
[2] Giuseppe Fiorillo, Filodiritto.
[3] Tratto dalla presentazione dell’evento formativo “Delega e poteri di firma in Università e in EPR” tenuto dal prof. Gianni Penzo Doria
[4] L’articolo 15 del regolamento 1611/1853 è stato considerato il precetto normativo dal quale deriva l’immanenza nell’ordinamento giuridico della figura della delega di firma. P. Sacco, Il profilo della delega e subdelega di funzioni amministrative, ed. Giuffrè, Milano 1984
[5] Cons. Stato, sez. V, 30 ottobre 2019, n.7418 e sez. III, 24 marzo 2015, n. 1573; Cons. Stato, sez I, adunanza 19.06.2024, n. 00814/2024
[6] La sentenza della Cassazione, Sezione V, Civile, 9.9.2022, n. 26694 chiarisce la distinzione tra Delega di funzioni e delega di firma. La delega di funzioni viene propriamente definita anche «delegazione amministrativa» di competenze
[7] Per approfondimenti: L. OLIVIERI, Delegabilità delle funzioni della dirigenza locale - linee interpretative
[8] Tratto dalla rivista FiloDiritto, pubblicazione dal titolo “La delega: aspetti giuridici e manageriali dopo il nuovo CCNL”, autore Gianni Penzo Doria https://www.filodiritto.com/la-delega-aspetti-giuridici-e-manageriali-dopo-il-nuovo-ccnl