CCNL Funzioni Locali 16/11/2022: il nuovo ordinamento professionale
CCNL Funzioni Locali 16/11/2022: il nuovo ordinamento professionale
Abstract
La riforma dell’Ordinamento Professionale rappresenta uno dei punti cardine del CCNL relativo al personale del comparto Funzioni Locali triennio 2019-2021 ed in questo scritto, dopo un breve excursus del quadro normativo/contrattuale, si analizzano i vari aspetti del nuovo sistema di classificazione del personale, finalizzato ad adattare le aree professionali ai nuovi contesti organizzativi che interessano gli Enti del comparto, focalizzando l’attenzione sui profili applicativi delle principali novità consistenti nelle progressioni di carriera, sia all’interno delle aree che tra le aree e negli incarichi di Elevata Qualificazione.
Sommario
- Quadro normativo
- Il nuovo ordinamento professionale
- Progressioni economiche all’interno delle aree
- Progressioni tra le aree
- Disciplina degli incarichi di Elevata Qualificazione
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Quadro normativo
Il rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica Amministrazione per lungo tempo è stato regolamentato in modo unilaterale e autoritativo mendiante l’applicazione di leggi e provvedimenti amministrativi.
Dal canto loro, le organizzazioni sindacali del pubblico impiego pur possedendo autonomia e capacità d’intervento, agivano in modo isolato e non coordinato, con la conseguenza che il rilevante strumento dell’autonomia sindacale, cioè il contratto collettivo, è stato a lungo sottratto o quanto meno limitato dalla riserva di legge, sancita dall’articolo 97 della Costituzione, in materia di organizzazione degli uffici pubblici.
Un primo segnale di cambiamento si registrò col varo della legge-quadro sul pubblico impiego n. 93 del 23/3/1983, con la quale, per la prima volta, si riconobbero ufficialmente spazi all’autonomia collettiva; tuttavia, permanendo una rigida lettura della riserva di legge anzidetta, gli accordi non avevano efficacia diretta ed immediata e si doveva, pertanto, attendere l’adozione di provvedimenti pubblicistici emanati sotto forma di decreti del Presidente della Repubblica.
La riforma del pubblico impiego, quindi, non può che partire dalla legge-quadro n. 93/1983 che, per la prima volta innovando ha rimesso agli accordi sindacali (c.d. “contrattualizzazione”) la definizione solo per determinate materie oggetto del rapporto di lavoro, confermado la riserva di legge per le altre.
Tuttavia, è da rilevare come la suddetta legge-quadro non sortì gli effetti sperati in quanto gli accordi raggiunti con i sindacati si concretizzavano in una antitetica logica pubblicistico-sindacale, avvezza più al modello dello scambio che ad una vera negoziazione.
Con il varo del decreto legislativo n. 29 del 3 febbraio 1993 si ebbe una svolta nella disciplina del lavoro pubblico, introducendo tra gli obiettivi della legge:
a) la contrattualizzazione (impropriamente definita “privatizzazione”) del lavoro alle dipendenze della pubblica Amministrazione, che da quella data in poi viene disciplinata dal codice civile e dalle leggi sul lavoro;
b) la gestione dei rapporti, da parte della dirigenza pubblica “con i poteri del privato datore di lavoro”;
c) la contrattazione collettiva formalmente riconosciuta quale fonte di disciplina di tali rapporti;
d) la distinzione tra attività politica e attività gestionale;
e) l’esclusione dalla contrattualizzazione del rapporto dei dirigenti generali ed altre figure.
Quadro normativo relativo agli Enti locali
Con il decreto del Presidente della Repubblica 1/6/1979, n. 191 (abrogato, a decorrere dal 6 giugno 2012, dall’articolo 62, comma 1, e dalla tabella A allegata al decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35), fu introdotta la classificazione del personale degli Enti locali in 9 livelli retributivo-funzionali.
L’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 7/11/1980, n. 810, ha, poi, modificato la scala parametrica prevista dal suddetto DPR n.191/1979 inserendo il 10° ed 11° livello retributivo.
Successivamente il Decreto del Presidente della Repubblica 25/6/1983, n. 347, in sostituzione dei decreti del Presidente della Repubblica n. 191/1979 e n. 810/1980 ha inquadrato il personale degli Enti locali in otto qualifiche funzionali, introducendo la prima e seconda qualifica funzionale dirigenziale.
In seguito si è poi verificato che:
- l’articolo 33 del decreto del Presidente della Repubblica n. 268 del 13/5/1987, ha determinato gli aumenti annui lordi di stipendio tabellare;
- l’articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 494 del 17/09/1987, ha disciplinato il conglobamento di una quota dell’indennità integrativa speciale;
- l’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 1990, n. 333 ha istituito un livello economico differenziato per le figure professionali appartenenti alle qualifiche comprese fra la prima e la settima ed successivo articolo 43 ha stabilito i nuovi valori stipendiali annui lordi;
- l’articolo 29 del CCNL 6/7/1995 ha incrementato ulteriormente gli stipendi tabellari delle otto qualifiche funzionali, come stabiliti dall’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 1990, n. 333 previo conglobamento dell’elemento distinto della retribuzione di cui alla legge n. 438/1992;
- l’articolo 1 del CCNL 16/7/1996, ha disposto l’ ulteriore incremento degli stipendi tabellari per le otto qualifiche funzionali;
- l’articolo 3 del CCNL 31 marzo 1999 ha introdotto un nuovo sistema di classificazione del personale articolato in quattro categorie denominate, rispettivamente, A, B, C e D, in luogo delle otto qualifiche funzionali;
- l’articolo 12 del CCNL 1° aprile 1999 ha incrementato gli stipendi tabellari derivanti dalla applicazione dell’art. 1 del CCNL del 16.7.1996, e i valori economici dei trattamenti correlati alle posizioni iniziali e di sviluppo del nuovo sistema di classificazione di cui al CCNL del 31/3/1999, rideterminandoli secondo le indicazioni delle allegate tabelle B e C e con le decorrenze ivi previste;
- l’articolo 1 del CCNL 5/10/2001 ha aggiornato il valore delle posizioni economiche iniziali e di sviluppo delle diverse categorie stabilito nella tabella C del CCNL stipulato il 1° aprile 1999;
- l’articolo 29 del CCNL 22/1/2004 ha aumentato il trattamento economico tabellare e delle posizioni e di sviluppo delle diverse categorie, come definito dalla tabella A allegata al CCNL 5/10/2001;
- un ulteriore incremento dello stipendio tabellare e delle posizioni iniziali e di sviluppo delle diverse categorie, come definito nella tabella A al CCNL del 22/1/2004, è stato previsto dall’articolo 2 del CCNL 9/5/2006;
- l’articolo 6 del CCNL 11/4/2008 ha incermentato lo stipendio tabellare e le posizioni economiche iniziali e di sviluppo delle diverse categorie, come definito nella tabella A allegata al CCNL 9/5/2006;
- l’articolo 2 del CCNL 31/7/2009 ha previsto un incremento dello stipendio tabellare e delle posizioni economiche iniziali e di sviluppo delle diverse categorie, come definito nella tabella B allegata al CCNL dell’11/4/2008;
- l’articolo 64 del CCNL Funzioni Locali 2016-2018, ha aggiornato gli stipendi tabellari, come previsti dall’articolo 2 del CCNL sottoscritto il 31.7.2009 del biennio economico 2008-2009, indicati nell’allegata Tabella A, con le decorrenze ivi stabilite;
- l’articolo 76 del CCNL Funzioni Locali 2019-2021 ha, da ultimo, disposto l’ulteriore incremento degli stipendi tabellari, come previsti dall’articolo 64 del CCNL del 21.05.2018; mentre l’articolo 12 classifica il personale in quattro aree, in sostituzione delle categorie A, B, C e D.
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Il nuovo ordinamento professionale
Una delle novità più rilevanti del CCNL del 16 novembre 2022, relativo al personale del comparto Funzioni Locali, triennio 2019-2021, è l’introduzione del nuovo Ordinamento Professionale a seguito di recepimento di una normativa primaria.
Infatti l’articolo 52, comma 1-bis, come introdotto dall’articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 80/2021 convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 6 agosto 2021, n. 113, prevede che i dipendenti pubblici siano inquadrati in almeno tre distinte aree funzionali con possibilità sia di progressione all’interno dell’area che di accesso ad aree superiori.
Ha inoltre previsto l’introduzione di un’ulteriore Area funzionale, destinata all’inquadramento del personale di elevata qualificazione, demandando alla contrattazione collettiva l’istituzione della stessa. Per gli Enti locali, la scelta del Comitato di Settore, nel suo Atto di indirizzo del 14/7/2021, è stata quella di rafforzare il peso di specifiche posizioni e ruoli non dirigenziali dell’area delle posizioni organizzative per i quali siano richiesti più elevati livelli di autonomia e responsabilità gestionale ed amministrativa e/o più notevoli competenze professionali o specialistiche, attraverso la valorizzazione delle professionalità dell’attuale sistema di classificazione del personale che abbia dimostrato maggiori competenze organizzative e gestionali e/o tecnico-specialistiche, a cui siano conferiti incarichi implicanti ragguardevoli responsabilità gestionali ed amministrative o maggiori livelli di autonomia professionale.
Lo scopo è fornire agli Enti locali uno strumento innovativo ed efficace di gestione capace di coinvolgere il personale attivando energie, motivazioni, competenze spesso celate o sopite e definire ambiti di responsabilità più ampi, facilitare una maggiore identificazione delle persone con il proprio “fare nell’Ente” dando così un senso compiuto al lavoro di ciascuno e, contestualmente, offrire loro un percorso agevole e incentivante di sviluppo professionale.
Rispetto alle oramai superate quattro categorie, il nuovo sistema di classificazione è articolato in quattro aree che corrispondono a quattro differenti livelli di conoscenze, abilità e competenze professionali denominate, rispettivamente:
- Area degli Operatori (ex Categoria A);
- Area degli Operatori esperti (ex Categorie B e B3);
- Area degli Istruttori (ex Categoria C);
- Area dei Funzionari e di Elevata Qualificazione (ex Categoria D).
Per ciascuna di essa viene prevista un’unica posizione di accesso dall’esterno, eliminando le fasce economiche al loro interno così come previsto in precedenza per le categorie.
Al personale inquadrato nell’area dei Funzionari e di Elevata Qualificazione possono essere conferiti gli incarichi di Elevata Qualificazione, di seguito denominati incarichi di “EQ” (ex incarichi di Posizioni Organizzative).
Per consentire agli Enti locali di procedere agli adempimenti necessari all’attuazione di tali nuove disposizioni, l’articolo 13, comma 2, del CCNL 2019-2021 ha previsto che il personale in servizio al 1° aprile 2023 sia inquadrato nel nuovo sistema di classificazione con effetto automatico dalla stessa data secondo la Tabella B di trasposizione automatica nel sistema di classificazione.
Le aree corrispondono a livelli omogenei di competenze, conoscenze e capacità necessarie all’espletamento di una vasta e diversificata gamma di attività lavorative con equivalenza e fungibilità di mansioni ed esigibilità delle stesse in relazione alle esigenze dell’organizzazione del lavoro; esse sono individuate mediante le declaratorie definite nell’allegato A che descrivono l’insieme dei requisiti indispensabili per l’inquadramento in ciascuna di esse.
E’ utile ricordare che per effetto dell’articolo 52 del decreto legislativo n. 165/2001, il lavoratore è tenuto a svolgere le mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni equivalenti ricomprese nell’area di inquadramento, fatte salve quelle per il cui espletamento siano richieste specifiche abilitazioni professionali indispensabili per lo svolgimento del ruolo.
I profili professionali descrivono, quindi, il contenuto professionale delle attribuzioni proprie dell’area e, una volta identificati in relazione al proprio modello organizzativo, li collocano nelle corrispondenti aree nel rispetto delle relative declaratorie, di cui all’allegato A al CCNL 2019-2021.
Il CCNL nulla dispone in merito al concetto di equivalenza, per cui è opportuno richiamare il parere Aran (CFL_95) di cui si riporta uno stralcio “…………. A partire dalla sentenza resa dalle Sezioni Unite n. 8740/2008, è principio costante nella giurisprudenza di questa Corte che, in materia di pubblico impiego contrattualizzato, non si applica l’articolo 2103 codice civile, essendo la materia disciplinata compiutamente dal decreto legislativo n. 165 del 2001, articolo 52 che assegna rilievo, per le esigenze di duttilità del servizio e di buon andamento della pubblica Amministrazione, solo al criterio dell’equivalenza formale con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita, senza che possa quindi aversi riguardo alla citata norma codicistica ed alla relativa elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale che ne metta in rilievo la tutela del c.d. bagaglio professionale del lavoratore, e senza che il giudice possa sindacare in concreto la natura equivalente della mansione ……. Tale nozione di equivalenza in senso formale, mutuata dalle diverse norme contrattuali del pubblico impiego, comporta che tutte le mansioni ascrivibili a ciascuna categoria, in quanto professionalmente equivalenti, sono esigibili e l’assegnazione di mansioni equivalenti costituisce atto di esercizio del potere determinativo dell’oggetto del contratto di lavoro ……… si deve rilevare che la locuzione <in quanto equivalenti> ben possa essere considerata espressione di una valutazione di equivalenza di tutte le mansioni ascrivibili ad una stessa categoria aprioristicamente formulata dal contratto collettivo nazionale e perciò intesa in senso formale, statuendo la possibilità di assegnazione al lavoratore di mansioni diverse da quelle del profilo posseduto purché ascrivibili alla medesima categoria secondo la relativa declaratoria professionale come descritta nell’Allegato A allo stesso CCNL”.
Occorre osservare che la classificazione articolata in quattro aree favorisce una maggiore flessibilità di impiego del personale, con l’area che viene a qualificarsi come elemento di raccordo logico-funzionale di più mansioni assimilabili per la natura dei contenuti, tenuto conto dei livelli di responsabilità e di capacità professionale richiesti per espletarle.
I requisiti di accesso per ciascuna di queste aree vengono individuati mediante le declaratorie del contratto, all’interno delle quali sono indicati a titolo esemplificativo alcuni profili professionali (non esaustivi e soggetti a modifica/ampliamento da parte dell’Ente locale in relazione alle sue esigenze e/o peculiarità, previo confronto con le OO.SS) che descrivono il contenuto professionale delle attribuzioni proprie dell’area.
Per i neoassunti, l’accesso al nuovo ordinamento è regolato in base al livello di istruzione posseduto, mentre per il personale già in servizio il passaggio dal vecchio al nuovo inquadramento avviene, invece, automaticamente secondo la tabella B, allegata al CCNL, di trasposizione automatica nel sistema di classificazione.
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Progressioni economiche all’interno delle aree
L’istituto delle progressioni economiche all’interno della categoria, oggi Area, (c.d. “gradini”) è stato introdotto dall’articolo 5 del Contratto Nazionale di Lavoro 31 marzo 1999 in sostituzione del Livello Economico Differenziato (meglio conosciuto come LED) di cui all’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 1990 n. 333.
Diversamente dalla progressione verticale che comporta un mutamento della posizione giuridico-economica del dipendente, la progressione economica “orizzontale” non va inserita nel Piano Triennale Fabbisogno del Personale (oggi confluito nel PIAO), e tanto meno richiede la stipula di nuovo contratto individuale di lavoro in quanto comporta solo un aumento di spesa pari all’incremento economico all’interno dell’area di appartenenza del dipendente.
In pratica l’attribuzione della progressione economica ai dipendenti degli Enti locali, secondo l’articolo 14, ha effetto esclusivamente in termini economici, all’uopo costituendo un semplice aumento retributivo e, ferma restando l’area di inquadramento, non ha, quindi, alcuna conseguenza sia di tipo gerarchico che sulle mansioni e sui profili presenti nell’organizzazione dell’Ente locale che permangono invariati, e va attivata mediante procedura selettiva riferita all’area di appartenenza.
Al fine di remunerare il maggior grado di competenza professionale progressivamente acquisito dai dipendenti nello svolgimento delle funzioni proprie dell’area, agli stessi possono essere attribuiti, nel corso della vita lavorativa, uno o più “differenziali stipendiali” di pari importo all’interno di ogni area, da intendersi come incrementi stabili dello stipendio, senza differenziazione di più posizioni economiche e nel numero massimo stabilito relativo a tutto il periodo in cui il dipendente permane nell’inquadramento nella medesima area.
Si precisa che il dipendente conserva le precedenti progressioni acquisite con il previgente sistema di attribuzione: pertanto i nuovi ed eventuali “differenziali stipendiali” conseguiti (nel massimo stabiliti dall’articolo 14) fino al termine del rapporto di lavoro, anche con altro Ente, a cui potranno aggiungersi i nuovi differenziali della tabella A.
L’attribuzione dei “differenziali stipendiali” costituisce progressione economica all’interno dell’area ai sensi dell’articolo 52 comma 1-bis del decreto legislativo n. 165/2001, non determina l’assegnazione di mansioni superiori, e la corresponsione del beneficio economico avviene mediante procedura selettiva di area, attivabile annualmente in relazione alle risorse disponibili nel fondo risorse decentrate, nel rispetto delle modalità e dei criteri di seguito specificati:
1. possono partecipare alla procedura selettiva i lavoratori che negli ultimi 3 anni non abbiano beneficiato di alcuna progressione economica, periodo temporale calcolato con riferimento alla data in cui questa è stata effettivamente riconosciuta al lavoratore (atto formale iniziale, come bando, avviso) per effetto di precedente progressione economica o per effetto di nuova assunzione a seguito di concorso pubblico. In sede di contrattazione integrativa, tale termine può essere ridotto a 2 anni o elevato a 4. E’ inoltre condizione necessaria l’assenza, negli ultimi 2 anni, di provvedimenti disciplinari superiori alla multa; laddove, alla scadenza della presentazione delle domande, siano in corso procedimenti disciplinari, il dipendente viene ammesso alla procedura con riserva e, ove lo stesso rientri in posizione utile nella graduatoria, la liquidazione del differenziale viene sospesa sino alla conclusione del procedimento disciplinare; se dall’esito del procedimento al dipendente viene comminata una sanzione superiore alla multa, il dipendente viene definitivamente escluso dalla procedura;
2. il numero di “differenziali stipendiali” attribuibili nell’anno per ciascuna area viene definito in sede di contrattazione integrativa, in coerenza con le risorse del fondo previste per la copertura finanziaria degli stessi;
3. non è possibile attribuire più di un differenziale stipendiale/dipendente per ciascuna procedura selettiva;
4. i “differenziali stipendiali” sono attribuiti, fino a concorrenza del numero fissato per ciascuna area, previa graduatoria dei partecipanti alla procedura selettiva, definita in base ai seguenti criteri:
- media delle ultime tre valutazioni individuali annuali conseguite o comunque le ultime tre valutazioni disponibili in ordine cronologico, qualora non sia stato possibile effettuare la valutazione a causa di assenza dal servizio in relazione ad una delle annualità;
- esperienza professionale maturata nel medesimo profilo od equivalente, con o senza soluzione di continuità, anche a tempo determinato o a tempo parziale, nella stessa o altra amministrazione del comparto, nonché, nel medesimo o corrispondente profilo, presso altre amministrazioni di comparti diversi. Il requisito dell’”esperienza maturata negli ambiti professionali di riferimento” si identifica con lo sviluppo ed il miglioramento delle conoscenze e della capacità di svolgere, con efficacia e padronanza tecnica, le mansioni affidate, per effetto del servizio prestato. Le “competenze certificate a seguito di processi formativi”, invece, si identificano con l’insieme delle capacità, delle abilità e delle conoscenze acquisite dal dipendente nel corso della sua esperienza lavorativa, formativa e di vita come riconosciute e certificate da soggetti a ciò competenti, attraverso un percorso di ricostruzione e valutazione di tali esperienze. Rientrano in tale ambito, ad esempio, la certificazione di competenza linguistiche o informatiche (ai diversi livelli previsti), da soggetti specificamente legittimati e riconosciuti.
- ulteriori criteri, definiti in sede di contrattazione integrativa correlati alle capacità culturali e professionali acquisite anche attraverso percorsi formativi. E’ probabile che si faccia riferimento alla formazione acquisita dal personale dipendente al fine di garantire le adeguate conoscenze per poter eseguire il proprio lavoro nonché la possibilità di svolgere, in caso di necessità, anche un diverso lavoro. Attiene a piani di formazione che si concludono con l’accertamento dell’avvenuto accrescimento della professionalità del singolo dipendente, con certificazione finale di merito rilasciata dai soggetti attuatori attestante l’acquisizione delle competenze dei lavoratori con stretto riferimento alle progressioni economiche. Essa attiene al modo di operare e comprende quindi l'acquisizione di tecniche e approcci lavorativi maggiormente adatti al contesto operativo. Per aggiornamento si intende l'adeguamento delle conoscenze lavorative, tenendo conto delle novità intervenute sia in termini tecnologici che normativi.
- la ponderazione dei criteri sopra indicati è di competenza della contrattazione integrativa. In ogni caso, alla media della valutazione del triennio il punteggio assegnato non potrà essere inferiore al 40% del totale, mentre all’esperienza professionale non potrà essere attribuito un peso superiore al 40% del totale;
5. per il personale che non abbia conseguito progressioni economiche da più di 6 anni è possibile attribuire un punteggio aggiuntivo complessivamente non superiore al 3% del punteggio ottenuto, da definire in sede di contrattazione integrativa. Detto punteggio potrà anche essere differenziato in relazione al numero di anni trascorsi dall’ultima progressione economica attribuita al dipendente;
6. in sede di contrattazione integrativa potranno essere, inoltre, definiti i criteri di priorità in caso di parità dei punteggi, nel rispetto del principio di non discriminazione. L’esito della procedura selettiva ha una vigenza limitata al solo anno per il quale sia stata prevista l’attribuzione della progressione economica all’interno dell’area. Inoltre il CCNL ha chiarito esplicitamente che, a differenza di quanto previsto all’articolo 16, comma 7 del CCNL 21.05.2018, la progressione economica decorre dal 1° gennaio dell’anno di sottoscrizione definitiva del contratto integrativo, ponendo fine a una consolidata prassi che vedeva gli Enti locali fissare la decorrenza dell’incremento economico in una data successiva al primo gennaio dell’anno di sottoscrizione definitiva del contratto integrativo (Aran, parere CFL_183).
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Progressioni tra le aree
I commi 6, 7 e 8 dell’articolo 13 del CCNL disciplinano l’istituto delle progressioni verticali, in fase di prima applicazione del nuovo ordinamento professionale e, comunque, entro il termine del 31 dicembre 2025, che potranno essere realizzate per valorizzare l’esperienza e le professionalità maturate negli anni, da attuare mediante procedure valutative cui sono ammessi i dipendenti in servizio in possesso dei requisiti indicati nella allegata tabella C di corrispondenza; mentre il successivo articolo 15 tratta delle progressioni tra le aree a regime.
Essendo la norma contrattuale di prima applicazione sembra, a parere degli scriventi, che la formulazione della norma contrattuale escluda la possibilità di far coesistere entrambe le procedure (transitoria di cui all’articolo 13, a regime regolata dall’articolo 15).
Le progressioni tra le aree, o di carriera, riguardano il passaggio all’area immediatamente superiore, essendo escluso il doppio salto e si articola in un percorso di sviluppo professionale, riservato ai dipendenti dell’amministrazione, che prevede il passaggio da un’area all’altra, equivalente a nuova assunzione, e si realizzano attraverso procedure di selezione interna (esempio, i dipendenti appartenenti all’area degli Istruttori potranno accedere all’area dei Funzionari e di Elevata Qualificazione).
Esse operano solo su posti vacanti nella dotazione organica, con la previsione di quella determinata area e profilo da coprire mediante progressione verticale, indicando la fonte di finanziamento della maggiore spesa nell’ambito della programmazione triennale del fabbisogno del personale, assicurando comunque in misura adeguata l’accesso dall’esterno, con inversione della logica del precedente sistema secondo il quale tutti i posti dovevano essere coperti con concorso pubblico e ai concorrenti interni si riconoscevano alcuni privilegi in termini di titoli di accesso.
In quest’ottica assume rilievo la valorizzazione del “merito” e della “selezione”, l’impegno, la professionalità e i risultati conseguiti. La logica è la riqualificazione del personale interno riconoscendo ai singoli Enti l’autonomia della scelta tra professionalità interne e ricorso al mercato del lavoro.
Il tutto deve avvenire nel rispetto del tetto delle risorse destinate alla assunzioni di personale.
In caso di passaggio all’area immediatamente superiore, il dipendente è esonerato dal periodo di prova e, nel rispetto della disciplina vigente, conserva le giornate di ferie maturate e non fruite e preserva, inoltre la retribuzione individuale di anzianità (RIA) che, conseguentemente, non confluisce nel Fondo risorse decentrate.
Al dipendente viene attribuito il tabellare iniziale per la nuova area. Qualora il trattamento economico in godimento acquisito per effetto della progressione economica, risulti superiore al predetto trattamento tabellare iniziale, il dipendente conserva a titolo di assegno personale, a valere sul Fondo risorse decentrate, la differenza assorbibile nelle successive progressioni economiche all’interno della stessa area.
I principi da osservare per dette progressioni verticali possono essere così sintetizzati:
a) previsione nel regolamento degli uffici e dei servizi;
b) rispetto dei principi di cui all’articolo 35 del decreto legislativo n. 165/2001;
c) adeguata pubblicità della selezione;
d) modalità di svolgimento che garantiscano l’imparzialità;
e) economicità e celerità delle procedure, anche automatizzate;
f) adozione di criteri trasparenti ed idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire;
g) partecipazione del personale interno anche prescindendo dai titoli di studio previsti per l’accesso dall’esterno, ecc..
Nelle progressioni verticali riservate al personale interno non esiste alcun diritto degli “idonei non vincitori” allo scorrimento della graduatoria (Tar Lazio, sentenza n. 499/2023).
Per i giudici amministrativi in materia di accesso al pubblico impiego il principio della preferenza per lo scorrimento della graduatoria non può applicarsi al caso in cui la graduatoria degli idonei non sia stata approvata all’esito del concorso pubblico, ma di una selezione interna, in quanto la disomogeneità tra i due termini di comparazione (progressione verticale in base a procedura interna e pubblico concorso) non permette di derogare alla regola del concorso pubblico così impedendo il ricorso alla facoltà di scorrimento.
Ciò detto, il contratto prevede due distinte ipotesi di progressioni tra le aree, che sono:
- Procedura straordinaria, o temporanea, secondo le regole dettate dall’articolo 13 CCNL 2019-2021, commi 6, 7 e 8, attuativa del comma 1-bis dell’articolo 52 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e s.m.i.;
- Procedura a regime, o ordinaria, disciplinata dall’articolo 15 CCNL 2019-2021.
Procedura straordinaria
Si premette che ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera l) della Costituzione, la materia del personale è riservata alla legge statale (c.d. riserva di legge relativa), ove la disciplinata è stabilita dalla legge, riservando alla contrattazione collettiva la regolamentazione dei rapporti di lavoro con riguardo al trattamento economico e alla classificazione del personale.
In subiecta materia la legge statale (cfr. artt. 2, comma 3, 45 del decreto legislativo 165/2001) ha riservato alla contrattazione collettiva la regolamentazione di tali rapporti di lavoro con riguardo al trattamento economico e alla classificazione del personale, allo scopo di garantire la necessaria uniformità della relativa disciplina sul territorio nazionale, fissando così un tipico limite di diritto privato.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 153 del 26 maggio 2021, ha affermato che, a seguito della privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, la disciplina del trattamento giuridico ed economico dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni è retta dalle disposizioni del codice civile e dalla contrattazione collettiva, cui la legge dello Stato rinvia.
La novella introdotta dall’articolo 3 del decreto-legge n. 80/2021, che all’articolo 52 del decreto legislativo 165/2001 ha inserito il comma 1-bis, oltre a prevedere una procedura a regime per le progressioni verticali, ha demandato ai contratti collettivi nazionali di lavoro di comparto, in sede di revisione degli ordinamenti professionali, la definizione delle tabelle di corrispondenza tra vecchi e nuovi inquadramenti, sulla base di requisiti di esperienza e professionalità maturate ed effettivamente utilizzate dall’Amministrazione di appartenenza per almeno cinque anni, anche in deroga al possesso del titolo di studio richiesto per l’accesso all’area dall’esterno.
L’articolo 13 (commi 6, 7 e 8) del CCNL Funzioni Locali 2019-2021, in attuazione del disposto di cui al comma 1-bis dell’articolo 52 del citato decreto legislativo 165/2001, ha disposto che, in fase di prima applicazione del nuovo ordinamento professionale e, comunque, entro il termine del 31 dicembre 2025, la progressione tra le aree può aver luogo con procedure valutative cui sono ammessi i dipendenti in servizio in possesso dei requisiti indicati nella allegata tabella C di corrispondenza, previo confronto con le OO.SS.. La procedura, che non prevede obbligatoriamente il superamento di prove specifiche valutative, viene svolta sulla base dei seguenti elementi di valutazione a ciascuno dei quali deve essere attribuito un peso percentuale non inferiore al 20%:
a) esperienza maturata nell’area di provenienza, anche a tempo determinato;
b) titolo di studio;
c) competenze professionali quali, a titolo esemplificativo, le competenze acquisite attraverso percorsi formativi, le competenze certificate (es. competenze informatiche o linguistiche), le competenze acquisite nei contesti lavorativi, le abilitazioni professionali.
Tra le assunzioni rilevanti al fine di determinare la quota destinata alle progressioni verticali, nel limite del 50%, devono essere ricomprese anche le assunzioni per mobilità, in quanto la norma si riferisce alle assunzioni, senza ulteriori specificazioni o esclusioni. Il numero di posti per le procedure selettive riservate non può superare il 50 per cento “di quelli previsti nei piani dei fabbisogni come nuove assunzioni consentite per la relativa area”. Il nuovo sistema di computo degli spazi per le assunzioni (abbandonando il sistema impostato su tetti al turnover) non ha più bisogno di ricorrere al concetto di “mobilità neutrale”, ed alla necessità di coprire le mobilità in uscita con mobilità in entrata. Il decreto-legge n. 34/2019 e il decreto interministeriale (Ministero Economia e Finanze e Ministero dell'Interno) 17 marzo 2020 recante “Misure per la definizione delle capacità assunzionali di personale a tempo indeterminato dei Comuni” consente alle amministrazioni di effettuare tutte le assunzioni a tempo indeterminato entro il volume di spesa di personale attivabile in base al rapporto che essa avrà con la media delle entrate correnti dell’ultimo triennio, al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità. Pertanto, tutti i dipendenti in qualsiasi modo assunti (per concorso pubblico, per mobilità, per scorrimento di graduatoria) contribuiscono, con la loro spesa imputata al bilancio dell’ente, a determinare il volume della spesa del personale rilevante al fine di determinare i limiti assunzionali in rapporto con le entrate correnti.
Requisito di cui al punto sub a) - Esperienza maturata nell’area di provenienza, anche a tempo determinato.
Anche se potrebbe essere interpretata come sinonimo di anzianità di servizio, l’”esperienza professionale” la si deve riferire a quella maturata nel medesimo profilo od equivalente, con o senza soluzione di continuità, anche a tempo determinato o a tempo parziale, nella stessa o altra amministrazione del comparto, nonché, nel medesimo o corrispondente profilo, presso altre amministrazioni di comparti diversi.
Nonostante la chiarezza della norma contrattuale, non di rado si riscontra che gli Enti locali interpretano la nozione di “esperienza maturata” come sinonimo di anzianità di servizio ed individuano, pertanto, tra i criteri di valutazione il mero computo degli anni di servizio maturati nella categoria di appartenenza, nonostante l’Aran (Parere CFL_96) abbia sostenuto che il requisito dell’”esperienza maturata negli ambiti professionali di riferimento” si identifica con lo sviluppo ed il miglioramento delle conoscenze e della capacità di svolgere, con efficacia e padronanza tecnica, le mansioni affidate, per effetto del servizio prestato, escludendo che l’anzianità costituisca sinonimo di esperienza.
Da ultimo Aran (Parere CFC_103a, applicabile anche alle Funzioni Locali vista l’affinità dei contenuti) ha chiarito che le procedure di progressione verticale sono basate sull’accertamento del possesso delle competenze necessarie a svolgere attività di un’area superiore e poiché le competenze attese variano a seconda dei lavori, si è dell’avviso che la progressione verticale vada svolta almeno a livello di “famiglia professionale”.
Ove per famiglia professionale si intende l’insieme dei lavori, la presenza di più profili professionali, che ne costituiscono le componenti riferite a specifici ruoli o di competenze con comuni orientamenti e di approcci professionali, in base alla complessità dell’organizzazione.
L’interpretazione data, che sembra la più logica e coerente con il sistema, sposta il concetto di “competenza”, da intendersi come capacità a fronteggiare una serie di problemi di una specifica area, dalle conoscenze acquisite o maturate nel tempo, al come le stesse vengono utilizzate nello svolgimento del lavoro e, quindi, nelle capacità, nelle abilità, nelle attituidini, e sono influenzate dai valori e dalle motivazioni che i singoli debbono possedere per interpretare in maniera efficace, flessibile e dinamica il proprio ruolo nell’organizzazione.
In definitiva, le famiglie professionali, proprio perché riuniscono, sommano competenze similari o comuni, sono uno strumento a disposizione degli Enti locali che valorizza le professionalità attinenti ai processi di riferimento anche attraverso il superamento del concetto di “profilo professionale”, spostando l’attenzione dall’”essere” all’“agire” e quindi verso le consocenze e le abilità necessarie a rivestire un determinato ruolo.
Requisito di cui al punto sub b) - Titolo di studio.
Nelle norme di prima applicazione il comma 1-bis dell’articolo 52 del decreto legislativo 165/2001 dispone che in sede di revisione degli ordinamenti professionali, i contratti collettivi nazionali di lavoro di comparto per il periodo 2019-2021 possono definire tabelle di corrispondenza tra vecchi e nuovi inquadramenti, sulla base di requisiti di esperienza e professionalità maturate ed effettivamente utilizzate dall’Amministrazione di appartenenza per almeno cinque anni, anche in deroga al possesso del titolo di studio richiesto per l’accesso all'area dall’esterno.
Il dato più rilevante è quello di poter derogare al titolo di studio previsto per l’accesso dall’esterno, ma a compensazione il dipendente dovrà essere in possesso di una una anzianità di servizio più elevata rispetto a quella richiesta a regime; mentre per i dipendenti che sono in possesso del titolo di studio richiesto per l’accesso, il periodo di anzianità richieto è di almeno 5 anni. Nello specifico è previsto che per i dipendenti non in possesso del titolo di studio richiesto per l’accesso dall’esterno, l’azianità di servizio prevista è di 8 anni nell’area di provenienza, o di altra analoga maturata in altri comparti, per il passaggio dall’area degli Operatori Esperti a quella degli Istruttori. Mentre per il passaggio dall’area degli Istruttori a quella dei Funzionari e di Elevata Qualificazione, è richiesto il possesso di almeno 10 anni di permanenza nell’area di provenienza, o di altra anzianità di servizio maturata presso altri comparti.
L’eccezionale deroga al titolo di studio previsto per l’accesso dall’esterno, benché limitata ad un arco temporale limitato (fino al 31 dicembre 2025), è stata accolta con soddisfazione da quella platea di dipendenti di Enti locali potenzialmente interessati i quali, seppur sprovvisti del necessario titolo di studio ma al contempo in possesso di una maggore anzianità di servizio prevista nell’area di provenienza, a ulteriore garanzia dell’acquisita professionalità, si vedono riconosciuta la possibilità di partecipare alle procedure selettive per accedere all’area immediatamente superiore.
Requisito di cui al punto sub c) - Competenze professionali quali, a titolo esemplificativo, le competenze acquisite attraverso percorsi formativi, le competenze certificate (es. competenze informatiche o linguistiche), le competenze acquisite nei contesti lavorativi, le abilitazioni professionali.
Le “competenze certificate a seguito di processi formativi”, si identificano con l’insieme delle capacità, delle abilità e delle conoscenze acquisite dal dipendente nel corso della sua esperienza lavorativa, formativa e di vita come riconosciute e certificate da soggetti a ciò competenti, attraverso un percorso di ricostruzione e valutazione di tali esperienze. Rientrano in tale ambito, ad esempio, la certificazione di competenza linguistiche o informatiche (ai diversi livelli previsti), da soggetti specificamente legittimati e riconosciuti.
Le progressioni tra varee costituiscono elemento di premialità delle prestazioni lavorative, riconosciute in modo selettivo ad una quota limitata di dipendenti, in relazione allo sviluppo delle competenze professionali ed ai risultati individuali e collettivi rilevati dal sistema di valutazione della performance individuale del triennio che precede l’anno in cui è adottata la decisione di attivare l’istituto, tenendo conto eventualmente a tal fine anche dell’esperienza maturata negli ambiti professionali di riferimento, nonché delle competenze acquisite e certificate a seguito di processi formativi.
Durante il regime transitorio, l’Aran (Parere CFC_102a, applicabile anche al comparto Funzioni Locali vista l’affinità dei contenuti), ha precisato che per la valutazione delle competenze professionali in caso di progressione verticale effettuata in questo periodo, ossia dal 1° aprile 2023 al 31/12/2025, può essere preso in considerazione l’utilizzo, anche congiunto, di una delle seguenti tipologie di valutazione:
1) valutazione delle competenze espresse in ambito lavorativo basata sulle risultanze della valutazione di performance (anche su più anni);
2) valutazione effettuata attraverso metodi che facciano emergere le competenze, le capacità e lo stile comportamentale che le persone mettono in atto sul lavoro (ad esempio, tecniche di assessment);
3) valutazione dell’accrescimento delle competenze professionali effettuata al termine di percorsi formativi aperti a tutti i candidati alla progressione verticale;
4) valutazione riferita alle certificazioni di competenze possedute dagli interessati, rilasciate da soggetti esterni abilitati a certificare competenze (come avviene, ad esempio, per competenze informatiche o linguistiche). Rientrano sicuramente in dette competenze anche le attività di “progettazione, realizzazione e sviluppo di servizi digitali e sistemi informatici, tenuta del protocollo informatico, gestione dei flussi documentali e degli archivi”.
La disponibilità ed interoperabilità dei dati delle pubbliche amministrazioni è ormai indispensabile per la completa transizione al digitale delle amministrazioni pubbliche, attraverso la digitalizzazione dei processi operativi, il protocollo informatico e la conservazione ed archiviazione digitale dei flussi documentali.
Come pure rientrano in detta voce le competenze linguistiche, ossia l’insieme delle abilità e competenze possedute da un individuo ritenute di una certa importanza in quanto aiutano a relazionarsi anche con cittadini stranieri e quindi possono rendere la comunicazione più chiara ed efficiente con evidenti benefici in termini di assistenza/consulenza professionale.
Procedura ordinaria o a regime
L’articolo 15 CCNL prevede che gli Enti, fatta salva una riserva di almeno il 50% (riferito al singolo anno) delle posizioni disponibili destinata all’accesso dall’esterno, disciplinano le progressioni tra le aree tramite procedura comparativa basata:
1) sulla valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni in servizio, o comunque le ultime tre valutazioni disponibili in ordine cronologico, qualora non sia stato possibile effettuare la valutazione a causa di assenza dal servizio in relazione ad una delle annualità;
2) sull’assenza di provvedimenti disciplinari;
3) sul possesso di titoli o competenze professionali ovvero di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area dall’esterno;
4) sul numero e sulla tipologia degli incarichi rivestiti.
Procedura comparativa che deve essere regolamentata unilateralmente dall’Ente tenuto conto delle disposizioni dettate dalla normativa di base (articolo 52, comma 1-bis del decreto legislativo 165/2001) che sottraggono ope legis la materia d’accesso alla negoziazione delle parti.
In primo luogo si rileva come la norma contrattuale dispone che gli Enti locali possono attivare le progressioni tra le aree nel limite di almeno il 50 per cento delle posizioni disponibili destinata all’accesso dall’esterno, nel rispetto del piano triennale dei fabbisogni di personale, dove il tetto non viene rapportato alle assunzioni delle singole aree, ma al totale di quelle programmnate, senza il calcolo di tale tetto all’interno delle singole aree.
La Corte dei conti, Sezione Toscana, con deliberazione n. 34/2021 ha stabilito che la percentuale da osservare deve intendersi riferita al solo numero di posti previsti per i concorsi di pari area, e non al numero assoluto dei posti previsti per qualsiasi area, condividendo l’ampia giurisprudenza contabile formatasi sul punto e dalla quale questa Sezione non intende discostarsi (Sezione regionale di controllo Campania, n. 103/2019/PAR, Sezione regionale controllo Puglia, n. 71/2019/PAR, Sezione regionale controllo Basilicata n. 38/2020/PAR).
Con successiva deliberazione n. 35/2021, la Corte dei conti, Sezione Toscana, ha altresì chiarito che il tetto del 50% va considerato come limite massimo e invalicabile non suscettibile di arrotondamenti. La base di calcolo da prendere in considerazione per definire tale percentuale è quella delle assunzioni programmate, area per area, nel triennio di riferimento nell’ambito del piano triennale del fabbisogno del personale.
Il Dipartimento della Funzione Pubblica, con pareri nn. 0115048/2022 e 12094 del 17 luglio 2022, ha precisato che la riserva del 50% per le progressioni verticali “opera per ogni singola categoria e non complessivamente” e la struttura della programmazione dei fabbisogni richiede l’indicazione di dettaglio delle modalità di copertura per ciascuna area/categoria e, pertanto, la riserva ad almeno il 50% delle posizioni disponibili destinata all’accesso dall’esterno è da intendersi applicabile a ciascuna area o categoria.
A tal fine si suggerisce di effettuare prima le assunzioni dall’esterno (50%) e poi quelle riservate (50%), onde evitare che in caso contrario si potrerebbe verificare che per qualsisi motivo (esempio, insufficiente capacità assunzionale, sopravvenute norme che impediscono le assunzioni, etc), di poter garantire l’accesso dall’esterno.
Requisito di cui al punto sub 1) - Valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni in servizio, o comunque le ultime tre valutazioni disponibili in ordine cronologico, qualora non sia stato possibile effettuare la valutazione a causa di assenza dal servizio in relazione ad una delle annualità.
Viene confermata la valutazione positiva ottenuta dal dipendente negli ultimi tre anni con la precisazione che, superando precedenti dubbi interpretativi, la medesima non è più riferita al triennio che precede l’anno in cui è adottata la decisione di attivazione dell’istitutio, bensì alla media delle ultime tre valutazioni individuali annuali conseguite o comunque le ultime tre valutazioni disponibili in ordine cronologico.
Inoltre, considerato che la norma contrattuale non distingue se l’attività lavorativa prestata si riferisca ad anni e resa in aree/categorie diverse, si ritiene che la stessa possa essere ammessa a valutazione anche se prestata in aree/categorie diverse.
La progressione tra le aree consiste in un percorso di sviluppo professionale, riservato ai dipendenti di ruolo dell'Amministrazione, che prevede il passaggio da un’area all’altra immediatamente superiore e si attua attraverso procedure selettive di tipo comparativo svolta sulla base dei titoli o prove finalizzate a saggiarne il grado di preparazione e capacità, da valutare (gli uni e le altre) previa determinazione dei criteri, attraverso una valutazione poi espressa in una graduatoria finale recante i giudizi attribuiti a tutti i dipendenti ammessi.
Alla procedura “comparativa” (più semplice rispetto al meccanismo concorsuale), possono partecipare i dipendenti in servizio di ruolo assunti dall’Ente locale con contratto di lavoro a tempo indeterminato, destinatari del CCNL, appartenenti all’area immediatamente inferiore a quella correlata al posto oggetto di selezione.
Gli Enti locali potranno programmare il ricorso alla procedura comparativa per la copertura di più elevati fabbisogni professionali adattandola alle proprie esigenze, ossia declinando in autonomia con propri atti i criteri, i titoli e le competenze professionali, opportunamente definiti in sede regolamentare (a titolo esemplificativo, il possesso di abilitazioni professionali non richieste ai fini dell’accesso) nonché i titoli di studio ulteriori rispetto a quelli validi per l’accesso all’area dall’esterno (esempio: lauree, master, specializzazioni, dottorati di ricerca, corsi con esame finale) ritenuti maggiormente utili, per l’attinenza con le posizioni da coprire.
La graduatoria viene utilizzata esclusivamente nel limite dei posti messi a selezione e con i vincitori verrà sottoscritto un nuovo contratto individuale di lavoro, con inquadramento nell’area immediatamente superiore, previo accertamento della veridicità del possesso dei requisiti dichiarati nella domanda di partecipazione, oggetto di valutazione. In caso di passaggio all’area immediatamente superiore, il dipendente è esonerato, previo consenso, dallo svolgimento del periodo di prova in conformità a quanto disposto dall’articolo 25 CCNL e, nel rispetto della disciplina vigente, conserva sia le giornate di ferie maturate e non fruite che la retribuzione individuale di anzianità (RIA) che, conseguentemente non confluisce nel Fondo risorse decentrate.
Rquisito di cui al punto sub) 2 - Assenza di procedimenti disciplinari nell’ultimo biennio.
L’assenza nell’ultimo biennio di procedimenti disciplinari a proprio carico, certificati dal competente ufficio, è requisito indefettibile per consentire al dipendente, qualora in possesso degli altri requisiti previsti dall’avviso o bando, di partecipare alle procedure selettive per l’attribuzione della progressione all’area immediatamente superiore.
Requisito di cui al punto sub 3) - Possesso di titoli o competenze professionali ovvero di studio ulteriori rispetto a quelli richiesti per l’accesso dall’esterno.
Trattasi di titoli professionali che si aggiungono a quelli già in possesso del dipendente ed indispensabili per partecipare dall’esterno (esempio, iscrizione ad un albo professionale, collegi o ordini, lauree, master universitari e corsi universitari, specializzazioni, dottorati di ricerca, corso e/o attestati con esame finale certificato con esame finale), ritenuti maggiormente utili, per l’attinenza con le posizioni da coprire previste dal nuovo ordinamento professionale (cfr. Funzione Pubblica, parere 0066005-P-06/10/2021).
Requisiti di cui al punto sub 4) - Numero e tipologia degli incarichi rivestiti.
Riguardano altri incarichi o ruoli assunti dal dipendente (esempio, Responsabile Unico del Procedimento, Presidente di Commissione, Responsabile di attività di comunicazione e informazione, Responsabile di compiti legati all’attuazione del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati – GDPR, etc.).
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Disciplina degli incarichi di Elevata Qualificazione
Il nuovo CCNL non apporta sostanziali novità rispetto alla precedente disciplina che viene integralmente sostituita.
L’articolo 13 CCNL dispone che gli incarichi di posizione organizzativa in essere alla data del 1° aprile 2023 sono, in prima applicazione, automaticamente denominati incarichi di Elevata Qualficazione e che gli stessi, conferiti secondo la predetta disciplina, proseguono fino a naturale scadenza.
Il successivo articolo 16 prevede che gli Enti istituiscono posizioni di lavoro di elevata responsabilità con elevata autonomia decisionale, previamente individuate dalle amministrazioni, con atto di regolazione interna, in base alle proprie esigenze organizzative. Ciascuna di tali posizioni costituisce oggetto di un incarico a termine di EQ.
Gli incarichi di Elevata Qualificazione, afferenti alle suddette posizioni di lavoro di cui al comma 2 dell’articolo 16, possono essere affidati a personale inquadrato nell’area dei Funzionari e di Elevata Qualificazione, ovvero a personale acquisito dall’esterno ed inquadrato nella medesima area.
Negli enti privi di personale con qualifica dirigenziale, le posizioni di responsabile di ciascuna struttura apicale, secondo l’ordinamento organizzativo dell’ente, sono automaticamente individuate come posizioni di lavoro oggetto di incarichi di EQ.
Il CCNL 2019-2021 conferma che gli incarichi di EQ, previa determinazione di criteri generali da parte degli Enti, sono conferiti dai dirigenti, ovvero dal Sindaco negli Enti privi di dirigenza ai sensi dell’articolo 109, comma 2 del Tuel 267/2000, con atto scritto e motivato e per un periodo non superiore a tre anni, e possono essere rinnovati con le medesime formalità.
Una novità è rappresentata dall’incremento della retribuzione di posizione ad € 18.000, rispetto al valore massimo precedente di € 16.000, fermo restando il rispetto del limite di spesa delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale, di cui all’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 75/2017.
Per la definizione dei criteri delle posizioni di lavoro, ai fini della pesatura delle relative indennità, l’Ente locale dovrà procedere ad informare le Organizzazioni Sindacali, le quali entro 5 giorni lavorativi dalla ricezione della proposta potranno chiedere il confronto che, se attivato, deve comunque avvenire non oltre 10 giorni lavorativi dalla richiesta.
Per il conferimento degli incarichi in oggetto gli Enti locali tengono conto, rispetto alle funzioni ed attività da svolgere, della natura e caratteristiche dei programmi da realizzare, dei requisiti culturali posseduti, delle attitudini e delle capacità professionali ed esperienza acquisiti dal personale di cui all’articolo 16 del CCNL.
Gli incarichi sono revocabili prima della scadenza con atto scritto e motivato, in relazione a intervenuti mutamenti organizzativi o in conseguenza di valutazione negativa della performance individuale.
Nei comuni privi di posizioni dirigenziali ed in cui non siano in servizio dipendenti appartenenti all’area dei Funzionari e di Elevata Qulificazione oppure nei casi in cui, pure essendo in servizio dipendenti inquadrati in tale area, non sia possibile attribuire agli stessi un incarico ad interim di EQ per la carenza delle competenze professionali a tal fine richieste, al fine di garantire la continuità e la regolarità dei servizi istituzionali è possibile, in via eccezionale e temporanea, conferire l’incarico di EQ anche a personale dell’area degli Istruttori, purché in possesso delle necessarie capacità ed esperienze professionali ed in deroga a ogni diversa disposizione.
Nel caso in cui gli Enti siano privi di personale dell’area dei Funzionari e di Elevata Qualificazione,
l’incarico può essere attribuito:
a) presso i comuni, ai dipendenti classificati nell’area degli Istruttori o degli Operatori esperti;
b) presso le ASP e le IPAB, ai dipendenti classificati nell’area degli Istruttori.
Il dipendente appartenente all’area degli Istruttori, cui sia stato conferito un incarico di EQ, ha diritto alla sola retribuzione di posizione e di risultato previste per l’incarico di EQ.
I Comuni possono avvalersi di tale particolare facoltà per una sola volta, salvo il caso in cui una eventuale reiterazione sia giustificata dalla circostanza che siano già state avviate le procedure per l’acquisizione di personale dell’area dei Funzionari e dell’Elevata Qualificazione. In tale ipotesi, potrà eventualmente procedersi anche alla revoca anticipata dell’incarico conferito.
La previsione, di natura straordinaria, consente agli Enti locali di attribuire l’incarico di EQ a personale dell’area degli Istruttori, per il tempo strettamente necessario affinché l’Ente locale ponga in essere le procedure per reperire personale appartenente all’area dei Funzionari e di Elevata Qualifcazione.
Ciascuna di tali posizioni costituisce oggetto di un incarico a termine di EQ, conferito in conformità all’articolo 18 del presente CCNL (3 anni con atto scritto e motivato e possono essere rinnovati con le medesime formalità).
Preme evidenziare che, seppure l’atto di conferimento dell’incarico rientra nei tipici atti gestionali regolatori del rapporto di lavoro e pertanto non necessita di motivazione ex articolo 3 della legge 241/1990, si ritiene, a sommesso parere, che un minimo di motivazione sia necessario (es., valutazione comparativa o concorsuale) che dia conto dell’iter logico seguito dal soggetto che ha poi adottato il decreto di incarico di EQ (cfr. Cassazione, Ordinanza n. 11367 del 12 giugno 2020, la quale ha affermato che è illegittimo per carenza di motivazione, dunque sindacabile dal giudice di merito, il provvedimento con cui un dirigente attribuisca l’incarico di posizione organizzativa ad un dipendente nell’ambito di una selezione tra diversi candidati).
Nel caso in cui gli Enti siano privi di personale dell’area dei Funzionari e di Elevata Qualificazione, la disciplina degli incarichi di EQ si applica, presso i comuni, ai dipendenti classificati nell’area degli Istruttori o degli Operatori esperti; in tal caso l’importo della retribuzione di posizione varia da un minimo di euro 3.000 ad un massimo di euro 9.500 annui lordi per tredici mensilità.
Per effetto del disposto di cui all’articolo 16 CCNL, tali posizioni richiedono:
- responsabilità amministrative e di risultato, a diversi livelli, in ordine alle funzioni specialistiche e/o organizzative affidate, inclusa la responsabilità di unità organizzative; responsabilità amministrative derivanti dalle funzioni organizzate affidate e/o conseguenti ad espressa delega di funzioni da parte del dirigente, implicante anche la firma del provvedimento finale, in conformità agli ordinamenti delle amministrazioni;
- conoscenze altamente specialistiche, capacità di lavoro in autonomia accompagnata da un grado elevato di capacità gestionale, organizzativa, professionale atta a consentire lo svolgimento di attività di conduzione, coordinamento e gestione di funzioni organizzativamente articolate di significativa importanza e responsabilità e/o di funzioni ad elevato contenuto professionale e specialistico, implicanti anche attività progettuali, pianificatorie e di ricerca e sviluppo.
Tali posizioni di lavoro vengono distinte in due tipologie:
- posizione di responsabilità di direzione di unità organizzative di particolare complessità, caratterizzate da elevato grado di autonomia gestionale e organizzativa;
- posizione di responsabilità con contenuti di alta professionalità, comprese quelle comportanti anche l’iscrizione ad albi professionali, richiedenti elevata competenza specialistica acquisita attraverso titoli formali di livello universitario del sistema educativo e di istruzione oppure attraverso consolidate e rilevanti esperienze lavorative in posizioni ad elevata qualificazione professionale o di responsabilità, risultanti dal curriculum.
La graduazione delle posizioni di responsabilità e del relativo trattamento economico viene effettuata secondo criteri che tengano conto della complessità nonché della rilevanza delle responsabilità amministrative e di risultato e conoscenze professionali o specialistiche, valorizzando le professionalità del personale che abbiano dimostrato maggiori competenze organizzative e/o gestionali.
In questo contesto acquistano rilievo fattori come la trasversalità delle competenze (complessità relazionale), la complessità operativa ed organizzativa, l’ampiezza e molteplicità di competenze professionali e specialistiche, le deleghe di funzioni dirigenziali con attribuzione di poteri di firma di provvedimenti finali e/o a rilevanza esterna che sia desumibile da atti formali di attribuzione, la rilevanza strategica, finanziaria, etc..
Differenze ed elementi comuni tra procedura a regime e procedura transitoria
Differenze
La prima differenza concerne i requisiti.
Nella procedura speciale o transitoria, i requisiti sono quelli previsti dalla tabella C di corrispondenza, allegata al CCNL (titolo di studio + esperienza), che dà la possibilità di candidarsi anche a coloro che hanno un titolo di studio immediatamente inferiore a quello richiesto per l’accesso dall’esterno, ma sono in possesso di un numero maggiore di anni di esperienza.
Nella procedura a regime, i requisiti sono quelli previsti dall’articolo 52, comma 1-bis, del decreto legislativo, ossia tramite procedura comparativa basata sulla valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni in servizio, sull’assenza di provvedimenti disciplinari, sul possesso di titoli o competenze professionali ovvero di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area dall’esterno, nonché sul numero e sulla tipologia degli incarichi rivestiti.
La seconda differenza riguarda i criteri selettivi.
Nella procedura transitoria, i criteri sono definiti dall’Amministrazione, ai sensi del comma 7 dell’articolo 13 CCNL, previo confronto con le Organizzazioni Sinadcali (articolo 5 CCNL), sulla base dei seguenti elementi di valutazione: a) esperienza maturata nell’area di provenienza, anche a tempo determinato; b) titolo di studio; c) competenze professionali quali, a titolo esemplificativo, le competenze acquisite attraverso percorsi formativi, le competenze certificate (es. competenze informatiche o linguistiche), le competenze acquisite nei contesti lavorativi, le abilitazioni professionali, a ciascuno dei quali deve essere attribuito un peso percentuale non inferiore al 20%.
Nella procedura a regime, i criteri selettivi sono quelli stabiliti dal comma 1-bis dell’articolo 52 del decerto legislativo 165/2001 l’artico 1-bi determinati, mentre la procedura comparativa avviene sulla base dei seguenti elementi: a) valutazione positiva conseguita dal dipendente negli ultimi tre anni in servizio, o comunque le ultime tre valutazioni disponibili in ordine cronologico, qualora non sia stato possibile effettuare la valutazione a causa di assenza dal servizio in relazione ad una delle annualità; b) assenza di provvedimenti disciplinari negli ultimi due anni; 3) possesso di titoli o competenze professionali ovvero di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area dall’esterno; 4) numero e tipologia degli incarichi rivestiti.
La terza differenza riguarda le relazioni sindacali.
Nella procedura transitoria, le regole più specifiche sulla base dei criteri più specifici che declinano i criteri generali stabiliti dal contratto, nonché i pesi loro attribuiti, sono definiti dalle amministrazioni previo confronto con i sindacati (artuicolo 5 CCNL).
Nella procedura a regime, non è previsto il previo confronto con i sindacati sui criteri.
La quarta differenza riguarda il finanziamento.
Le progressioni verticali effettuate con la procedura transitoria sono finanziate dalle risorse determinate ai sensi dell’articolo 1 comma 612 della legge n. 234 del 30 dicembre 2021 (Legge di bilancio 2022) in misura non superiore allo 0,55% del monte salari dell’anno 2018, oltreché essere finanziate anche dalle facoltà assunzionali.
Quelle effettuate con la procedura a regime sono invece finanziate solo dalle facoltà assunzionali. Si ricorda che l’utilizzo delle facoltà assunzionali per le progressioni verticali, sia per le procedure a regime che per le procedure effettuate durante la fase transitoria, è possibile nella misura massima del 50% del fabbisogno, la restante percentuale viene posta a garanzia del personale reclutato dall’esterno, in base a quanto previsto dall’articolo 52 comma 1-bis, del decreto legislativo n. 165/2001, in coerenza con i principi, anche di rango costituzionale, che regolano l’accesso alla pubblica Amministrazione.
Per l’Aran (orientamento applicativo CFC_81 del 29/09/2022) “le progressioni verticali effettuate con la procedura transitoria sono finanziate dalle risorse determinate ai sensi dell’art. 1 comma 612 della legge n. 234 del 30 dicembre 2021 (Legge di bilancio 2022) in misura non superiore allo 0,55% del monte salari dell’anno 2018 oltreché dalle facoltà assunzionali; quelle effettuate con la procedura a regime sono invece finanziate solo dalle facoltà assunzionali. Si ricorda che l’utilizzo delle facoltà assunzionali per le progressioni verticali, sia per le procedure a regime che per le procedure effettuate durante la fase transitoria, è possibile nella misura massima del 50% del fabbisogno. Le risorse di cui dell’art. 1 comma 612 della legge n. 234 del 30 dicembre 2021, in quanto risorse attribuite alla contrattazione collettiva il cui utilizzo è limitato alla sola fase transitoria di prima applicazione del nuovo sistema di classificazione ai sensi dell’art. 52, comma 1-bis, penultimo periodo, del d.lgs. n. 165/2001, possono invece essere destinate integralmente alle progressioni verticali”.
Con parere CFL_207, reso in data 20/3/2023, condiviso con il Dipartimento della Funzione Pubblica e con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, l’Aran ha chiarito che “il consumo di budget nel caso di progressione tra le aree di cui all’articolo 13, comma 6 del CCNL 16.11.2022 da imputare allo 0,55 % del monte salari 2018 è dato dalla differenza tra i valori annuali di stipendio tabellare + quota dell’indennità di comparto a carico del bilancio dell’area di destinazione e stipendio tabellare + quota dell’indennità di comparto a carico del bilancio dell’area di appartenenza” ed ha ricordato che “ in base al nuovo contratto, i valori dello stipendio tabellare vanno assunti nei nuovi importi annuali (ricalcolati su 13 mensilità) previsti dalla tabella G allegata al CCNL. I valori dell’indennità di comparto a carico del bilancio restano, invece, quelli di cui alla tabella D, colonna 1 del CCNL 22/1/2004 (ricalcolati su base annua per 12 mensilità, ovviamente tenendo conto delle corrispondenze tra precedenti categorie e nuove aree), dal momento che i CCNL successivi non ne hanno previsto la rivalutazione”.
Si precisa che il finanziamento nella misura non superiore dello 0,55% del monte salari dell’anno 2018, è da ritenersi come la spesa massima fino al 31/12/2025, ossia per l'intero triennio, applicabile fino ad esaurimento e dunque non rinnovabile anno per anno.
Con successivo parere (CFL_209 del 28/3/2023), l’Aran, in risposta alla richiesta di chiarimenti circa il rapporto tra numero di assunzioni dall’esterno e numero di progressioni verticali, sia durante il cosiddetto periodo transitorio di prima applicazione del nuovo ordinamento che nella fase di applicazione a regime, dopo aver ricordato che l’articolo 13, comma 8 del CCNL prevede che le risorse in questione siano integralmente destinate alle progressioni verticali speciali poste in essere nella fase di prima applicazione dei nuovi ordinamenti (dal 1° aprile 2023 al 31 dicembre 2025) e che gli Enti hanno dunque la possibilità di stanziare risorse contrattuali aggiuntive per le procedure speciali di progressione verticale effettuate ai sensi dell’art 13, commi 6, 7 e 8 del CCNL 16 novembre 2022 e dell’art. 52, comma 1-bis penultimo periodo del decreto legislativo n. 165/2001, in una misura massima dello 0,55% del monte salari 2018 ed in coerenza con i fabbisogni di personale, ha così concluso:
- se gli enti decidono di stanziare le risorse, ai sensi dell’articolo 1, comma 612, della legge n. 234 del 30.12.2021, tutte le risorse stanziate sono destinate a finanziare le progressioni verticali di cui all’articolo 13;
- se decidono di stanziare, in aggiunta alle prime, ordinarie risorse destinate ad assunzioni (nel rispetto dei limiti previsti dalla legge per le assunzioni di personale), dovranno garantire in misura adeguata l’accesso dall’esterno (almeno 50% dei posti finanziati con tali risorse).
Nonostante l’ARAN abbia indicato le motivazioni a sostegno del suddetto Orientamento CFL 209/2023, reso a chiarimento della Faq, che affronta il tema delle progressioni tra le aree nel comparto delle Funzioni locali (i cui contenuti sono stati condivisi con Dipartimento della Funzione pubblica e Ministero dell’economia e delle finanze) ed abbia espressamente precisato che: “È utile ricordare che tali risorse sono state previste non per tutto il personale pubblico, ma solo per il personale interessato dal processo di revisione degli ordinamenti professionali. La destinazione integrale a progressioni verticali, effettuate con procedura speciale, in un periodo temporalmente definito, coincidente con la fase di prima applicazione del nuovo ordinamento professionale, appare dunque coerente con la loro natura (risorse destinate al rinnovo contrattuale) e con la loro esplicita finalizzazione (definire i nuovi ordinamenti professionali del personale)”, si è sviluppato un ampio dibattito dottrinario sulla posizione assunta dall’Agenzia, che per alcuni aspetti è stata ritenuta discutibile sotto il profilo strettamente normativo; in particolare, dai sostenitori della inderogabilità dell’obbligo imposto dall’articolo 52 comma 1-bis, del decreto legislativo 165/2001 di conformarsi al principio espresso e più volte ribadito dalla Corte Costituzionale di destinare il 50% delle assunzioni all’accesso dall’esterno.
Ad avviso degli scriventi l’Orientamento Aran è sostenibile in virtù della specialità e transitorietà delle progressioni in deroga, che non è configurabile come vera e propria assunzione, avente la finalità di valorizzare il personale interno.
Si ricorda, inoltre, ed in linea generale, che le risposte fornite dall’ARAN ai quesiti formulati dalle Amministrazioni vanno ricondotte nell’ambito della “attività di assistenza delle pubbliche amministrazioni per la uniforme applicazione dei contratti collettivi”, espressamente prevista dall’articolo 46, comma 1, del decreto legislativo n. 165/2001 e che la stessa ARAN (RAL_725 del 10.11.2011) ha precisato che “assumono il contenuto di un orientamento di parte datoriale, e quindi non hanno carattere vincolante e non rivestono neanche la caratteristica della – interpretazione autentica - per la quale, invece, è prescritto uno specifico procedimento negoziale” concludendo che “Gli enti, quindi, hanno piena disponibilità sulla valutazione delle singole questioni, e sulla indicazione delle soluzioni coerenti con le clausole contrattuali nel rispetto dei principi fondamentali di correttezza e buona fede” .
Elementi comuni
Programmazione. Entrambe le procedure (transitoria e a regime) devono essere previste nel piano triennale del fabbisogno del personale, confluito nel Piano Integrato di Attività e Organizzazione (cd. PIAO).
Ancorchè assorbito nel predetto documento, è opportuno che il piano del fabbisogno ddel personale venga adottato autonomamente come allegato DUP, per il successivo inserimento contabile nel bilancio di previsione, mentre nel PIAO oltre all’indicazione del budget, deve essere indicata, per ogni procedura concorsuale e/o comparativa, l’area di inquadramento, la descrizione del profilo professionale e quello di ruolo, con l’indicazione delle motivazioni per le quali si è deciso per la sua acquisizione, con specifico riferimento all’ottimizzazione degli uffici ed ai servizi resi alla cittadinanza.
Procedura. Per tutte e due le tipologie di progressione verticale è prevista: l’emanazione di un bando, un avviso; una domanda di partecipazione da parte dei dipendenti interessati; la verifica dei requisiti posseduti con conseguente ammissione/esclusione; l’attribuzione dei punteggi; la formazione finale di una graduatoria di merito dei candidati e l’individuazione di colooro che ottengono la progressione verticale. Si ricorda che per questa procedura è vietato lo scorrimento di graduatoria; per l’assunzione di nuovo personale da reperire mediante progressione verticale, bisogna ripetere la procedura.
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- - Revisione dei profili professionali
A seguito dei cambiamenti organizzativi intervenuti negli uiltimi anni, l’obiettivo che si pone è, in definitiva, quello di riqualificare e/o valorizzare le competenze del personale dipendente e migliorare l’efficienza dell’azione amministratriva con evidenti benefici in termini di flessibilità gestionale, soprattutto nelle realtà dove la gestione è “rigida” (mansioni incapaci di adattarsi a nuove situazioni, scoordinate e non corrispondenti alle reali esigenze) facilitando la mobilità interna al settore o tra settori (trasversale), fornendo risposte alle richieste di fabbisogni di nuove professionalità e competenze e all’esigenza di valorizzare le competenze dimostrate dai dipendenti.
Per un miglioramento dell’organizzazione (struttura, ruoli, modalità di funzionamento) caratterizzato da una gestione “partecipativa” al cambiamento sia da parte degli attori interni – dirigenti e dipendenti – sia del contesto esterno – altri enti, associazioni di categoria, ordini professionali, c’è bisogno non solo di un processo di rinnovamento, ma identificare anche la modalità di gestione del processo.
Per affrontare le sfide del cambiamento (ad esempio, transizione digitale delle pubbliche Amministrazioni, lavoro a distanza o smart working, il project cyle management, etc.) è indispensabile procedere ad una modifica e/o riduzione dei profili professionali con immediati benefici in termini di flessibilità gestionale, soprattutto nelle realtà dove la gestione è “rigida” (mansioni incapaci di adattarsi a nuove situazioni, scoordinate e non corrispondenti alle reali esigenze) facilitando la mobilità interna al settore o tra settori (trasversale).
Alla luce di quanto detto, il Dipartimento della funzione pubblica il 22/7/2022 ha emanato le linee di indirizzo per l’indivuduazione dei nuovi fabbisogni professionali da parte delle amministrazioni pubbliche (G.U. Serie Generale n. 215 del 14/09 2022). Tale documento indica una metodologia per pervenire – partendo dalla mappatura dei processi – alla definizione delle famiglie professionali (ossia lavori con conoscenze comuni e finalità, approcci professionali e competenze, coinvolti in processi di lavoro caratterizzati da competenze uguali o similari), a loro volta declinate in profili di ruolo (evoluzione terminologica dei profili professionali), rispetto ai quali definire finalità, principali responsabilità e attività svolte, nonché il profilo di competenza, ossia conoscenze e capacità (tecniche e comportamentali) richieste.
La peculiarità della terminologia usata dalla norma contrattuale “famiglie professionali” in cui l’esplicitato accostamento alla “famiglia” sottolinea come le professionalità si acquisiscano in un contesto lavorativo che avvinghia i suoi componenti in uno stretto legame, come avviene in ambito familiare, un sistema aperto caratterizzato dalla tendenza all’omeostasi e al cambiamento, ove si realizzano i processi di sviluppo e di apprendimento dei dipendenti che, attraverso l’esperienza dell’appartenenza e della differenziazione, costruiscono un senso di identità.
Volendo fare una sintesi e tenuto conto che il CCNL 2019-2021, a differenza di quello delle Funzioni Centrali, non prevede l’individuazione delle famiglie professionali, ma soltanto l’individuazione dei profili di ruolo, che continua a chiamare “profili professionali”, si ritiene comunque utile anche per gli Enti locali procedere a una revisione dei profili professionali secondo le linee guida sopra citate, che descrivano il contenuto professionale delle attribuzioni proprie di ogni area, collocandoli all’interno di essa, tenendo presente le seguenti definizioni:
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- Per Area di inquadramento si intende il contenitore giuridico a cui
corrisponde un livello omogeneo di conoscenze e capacità necessarie per l’espletamento di una vasta e diversificata gamma di attività lavorative. - Per Famiglia professionale si intende un ambito professionale omogeneo caratterizzato da competenze similari o da una base professionale e di conoscenze comune.
- Per Profilo professionale si intednde l’insieme delle attività e caratteristiche che riempiono di contenuto la definizione di una figura professionale.
- Per Profilo di ruolo si intende la descrizione delle finalità, responsabilità e competenze che caratterizzano un determinato ruolo.
- Per Profilo di competenza si intende l’insieme delle competenze necessarie per svolgere un determinato ruolo, descritte rispetto ad un modello di riferimento.
- Per Area di inquadramento si intende il contenitore giuridico a cui
L’importanza delle competenze dei dipendenti pubblici, e della loro identificazione e rilevazione, è alla base anche della ridefinizione della dimensione qualitativa del concetto stesso di “fabbisogno di personale” per come è ora delineato dall’impianto normativo del decreto legislativo n. 165 del 2001, che lo definisce come l’insieme delle tipologie di professioni e competenze meglio rispondenti alle esigenze dell’amministrazione, con particolare riferimento all’insieme di conoscenze, capacità e attitudini del personale da assumere anche per sostenere la transizione digitale ed ecologica della pubblica Amministrazione.
In primo luogo è necessario procedere alla mappatura dei processi, che le norme nel tempo hanno imposto agli enti a vari fini (ricordiamo, per esempio, ai fini del calcolo del rischio di corruzione o ai fini della verifica delle condizioni abilitanti all’introduzione dello smart working).
I processi possono essere poi classificati in gruppi omogenei (es. tra i processi di supporto o trasversali, si possono identificare i processi relativi alle risorse economiche, i processi relativi alle risorse umane, i processi relativi alle risorse tecnologiche, ecc.).
Nell’ambito di tali gruppi, vengono identificati gli ambiti professionali omogenei caratterizzati da competenze similari o da una base professionale e di conoscenze comuni (quelle che le linee guida chiamano appunto “famiglie professionali”).
Per ciascuna famiglia, si definiscono poi i profili professionali da collocare – sulla base delle finalità, responsabilità e attività richieste – nelle singole aree contrattuali e necessari per presidiare i processi dell’ente (ad esempio, per l’area dei funzionari, l’esperto in gestione delle risorse umane e sviluppo organizzativo).
Per ciascun profilo professionale individuato, si definisce un profilo di competenza, in termini di conoscenze e capacità tecniche e comportamentali richieste.
L’individuazione dei profili professionali è materia soggetta a confronto con le Organizzazioni Sindacali, le quali ai sensi dell’articolo 4 del CCNL 2019/2021 possono attivare tale modalità di relazione sindacale entro 5 giorni dalla ricezione dell’informazione prevista dall’articolo 5. Il confronto, qualora attivato, deve avvenire non oltre 10 giorni dalla richiesta.
Il periodo complessivo durante il quale si svolgono gli incontri non può essere superiore a 30 giorni, a seguito dei quali all’Amministrazione è consentito procedere all’approvazione del nuovo assetto dei profili professionali (revisione e/o introduzione di nuovi profili), esplicitando gli eventuali impatti sui profili professionali in essere (ad esempio, se un profilo professionale viene inglobato in un profilo professionale più ampio).
In tal modo si ottiene una struttura dell’ordinamento professionale a “imbuto” in cui la categoria definisce i macro-livelli di responsabilità e autonomia, il profilo definisce macro-attività di competenza e, eventualmente, la posizione di lavoro definisce specifiche conoscenze, competenze, attitudini necessarie a ricoprirla.
Per raggiungere l’obiettivo, inoltre, è necessario che per ciascuno dei profili sia individuato un quadro organico dell’insieme delle attività richieste piuttosto che un elenco di compiti specifici, favorendo in tal modo l’impostazione dell’esercizio del potere datoriale dello ius variandi, che trova ragione di applicazione solo se è funzionale alle esigenze di flessibilità gestionale.