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L’accesso civico generalizzato e il coordinamento con l’accesso documentale ex lege n. 241/1990. Aggiornamenti giurisprudenziali

diritto di accesso
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L’accesso civico generalizzato e il coordinamento con l’accesso documentale ex lege n. 241/1990. Aggiornamenti giurisprudenziali
 

Sommario

Premessa
Le tre tipologie di accesso in generale 
L’accesso civico generalizzato
Coordinamento tra accesso generalizzato e accesso ex articolo 22 legge 241/1990

Riflessioni conclusive
 

Abstract

In due precedenti approfondimenti, apparsi su questo quotidiano il 30 Giugno 2021 ed il 16 Febbraio 2023, rispettivamente titolati “Atti amministrativi: il diritto di accesso ordinario, accesso civico semplice e accesso civico generalizzato” e “La tecnica del bilanciamento nel difficile equilibrio tra accesso agli atti amministrativi e tutela della privacy” sono state esaminate le varie forme di accesso evidenziandone presupposti e limiti per il corretto esercizio e la cd. “Tecnica del bilanciamento”, strumento di elaborazione giurisprudenziale per far fronte all’esigenza di equo contemperamento del diritto all’informazione e del diritto alla riservatezza dei soggetti terzi ogni qualvolta sfociano in conflitto.

Con il presente lavoro si intende, invece, approfondire, alla luce dei più recenti orientamenti giurisprudenziali, il coordinamento tra diritto di acceso generalizzato e diritto di accesso documentale disciplinato dalla legge n. 241/1990 con riferimento al rapporto di strumentalità tra l’interesse generale e la documentazione di cui si chiede l’ostensione.


Premessa

In Italia il diritto di accesso alle informazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni, sintetizzato con l’acronimo  F.O.I.A. costituito dalle iniziali di Freedom of Information Act, è disciplinato dal decreto legislativo n. 97 del 2016 che modificando il decreto legislativo n. 33 del 2013, noto come decreto trasparenza, ha introdotto l’accesso civico generalizzato finalizzato a promuovere la partecipazione dei cittadini al dibattito pubblico ed a favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche.

Il principio che guida l’intera normativa è la tutela preferenziale dell’interesse conoscitivo di tutti i soggetti della società civile: in assenza di ostacoli riconducibili ai limiti previsti dalla legge, le amministrazioni devono dare prevalenza al diritto di chiunque di conoscere e di accedere alle informazioni possedute dalla pubblica amministrazione.  

L’istituto dell’accesso civico generalizzato, introdotto con la normativa dianzi citata, attribuisce a “chiunque” il “diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione (…), nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis” (art. 5, comma 2, d.lgs. n. 33 del 2013).

Dal 23 dicembre 2016, pertanto, chiunque può far valere questo diritto nei confronti delle pubbliche amministrazioni e degli altri soggetti indicati all’art. 2-bis del d.lgs. n. 33 del 2013.

Il Ministro per la pubblica amministrazione al fine di fornire indirizzi e chiarimenti alle amministrazioni pubbliche circa gli aspetti organizzativi, procedimentali e tecnologici connessi a una efficiente gestione dell’accesso civico generalizzato ha emanato la Circolare n. 2 del 2017 e  a due anni dall’introduzione dell’istituto la Circolare n. 1 del 2019 contenente chiarimenti resisi necessari dall’applicazione pratica dell’istituto  che aveva evidenziato l’esigenza, ai fini di una più efficace applicazione della disciplina FOIA, di favorire l’utilizzo di soluzioni tecnologiche per la presentazione e gestione delle istanze di accesso da parte delle amministrazioni.


Le tre tipologie di accesso in generale 

Prima di affrontare il tema principale del presente approfondimento è utile ricordare che ad oggi coesistono nel nostro ordinamento giuridico, tre tipi di accesso ai documenti della pubblica amministrazione:

a)  L’accesso “documentale/ordinario/tradizionale” (articolo 22 della legge 241/1990) collegato alle specifiche esigenze del richiedente e caratterizzato dalla connotazione strumentale agli interessi individuali dell’istante, posto in una posizione differenziata rispetto agli altri cittadini, che legittima il diritto di conoscere e di estrarre copia di un documento amministrativo;

b)  L’accesso civico “semplice” (articolo 5 comma 1 del decreto legislativo n. 33/2013) imperniato sugli obblighi di pubblicazione gravanti sulla pubblica amministrazione e sulla legittimazione di ogni cittadino a richiederne l’adempimento;

c)  L’accesso civico “generalizzato” (introdotto dal decreto legislativo n. 97 del 2016 (arti colo 5 comma 2) avente ad oggetto i dati, i documenti ed informazioni detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli per i quali è stabilito un obbligo di pubblicazione.

E’ riconosciuto proprio “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”.

Differenze tra le tre tipologie di accesso

L’accesso civico generalizzato, istituito dalla normativa FOIA, differisce dalle altre due principali tipologie di accesso già previste dalla legislazione.

Si differenzia, infatti, dal diritto di accesso procedimentale o documentale (regolato dalla legge n. 241/1990), in quanto garantisce al cittadino la possibilità di richiedere dati e documenti alle pubbliche amministrazioni, senza dover dimostrare di possedere un interesse qualificato.

Rispetto al diritto di accesso civico “semplice” (regolato dal decreto legislativo n. 33/2013), che consente di accedere esclusivamente alle informazioni che rientrano negli obblighi di pubblicazione previsti dalla legge (in particolare, dal decreto legislativo n. 33 del 2013), l’accesso generalizzato si estende, invece, a tutti i dati e i documenti in possesso delle pubbliche Amministrazioni e soggiace all’unica  condizione che siano tutelati gli interessi pubblici e privati espressamente indicati dalla legge.

Dall’analisi dottrinaria degli istituti in trattazione emergono ulteriori differenze che si ritiene utile riportare per elementi distintivi.

Finalità

L’accesso civico è classificato tra i cd. istituti di “cittadinanza attiva”, concepito “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali nonché a promuovere la partecipazione del cittadino al dibattito pubblico”, nonché, al controllo della “cosa pubblica”, affinché la stessa sia ispirata ai principi di economicità, efficienza, legalità e trasparenza.

Legittimazione soggettiva del richiedente

L’accesso civico semplice è esercitabile mediante istanza da chiunque voglia accedere ai documenti amministrativi soggetti all’obbligo di pubblicazione da parte della pubblica Amministrazione.

L’accesso documentale, al contrario, è esercitabile mediante istanza di accesso da parte di coloro che abbiano un interesse giuridico diretto, concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, collegata al documento del quale si richiede l’accesso.

Motivazione

L’istanza di accesso civico non richiede alcuna motivazione, mentre, al contrario, costituisce presupposto necessario nel caso di richiesta di accesso documentale, ove sarà indispensabile indicare i presupposti di fatto e lo specifico interesse, diretto, concreto ed attuale, che lega il documento richiesto ad una particolare situazione giuridicamente rilevante dell’istante.

L’accesso documentale, invece, non è utilizzabile quale strumento di controllo generalizzato dell’attività della pubblica Amministrazione.

Effetti processuali del mancato accesso

Nei casi di diniego parziale o totale di accesso civico o di mancata risposta entro trenta giorni, diversamente da quanto previsto dalla legge n. 241/1990, non si forma il silenzio rigetto e come previsto dall’articolo 6, comma 7, del decreto legislativo n. 97 che, introducendo una speciale forma di tutela amministrativa interna, attribuisce al cittadino-utente la possibilità di inoltrare istanza “di riesame al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza che decide con provvedimento motivato entro il termine di venti giorni”.  


L’Accesso civico generalizzato

L’istituto dell’accesso civico generalizzato (articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 97/2016, modificativo del decreto legislativo n.33/20213) è stato immesso nel nostro ordinamento, quale ultima tappa della trasparenza amministrativa.

La novella legislativa ha lasciato inalterato il comma 1 dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 33/2013, che prevede l’accesso per gli atti oggetto dell’obbligo di pubblicazione (accesso civico c.d. semplice) ed ha introdotto al comma 2 un accesso anche per quegli atti non oggetto di pubblicazione qualificandolo come accesso civico generalizzato.

La nuova tipologia di accesso, legata sempre ad una dimensione generalizzata dell’accessibilità, attribuisce al cittadino il diritto di accedere anche a tutti gli altri documenti e dati che non sono espressamente contemplati dagli obblighi di pubblicazione nell’apposita sezione “AMMINISTRAZIONE TRASPARENTE” che deve essere obbligatoriamente creata sui siti istituzionali delle amministrazioni.

La regola generale dell’accessibilità è, però, temperata dalla previsione di una serie di eccezioni poste a tutela di interessi pubblici e privati che possono subire un pregiudizio dalla diffusione generalizzata.

Ai sensi dell’articolo 5-bis, l’accesso può essere escluso tutte le volte che si debba evitare un “pregiudizio concreto” alla tutela di interessi pubblici connessi a sicurezza e ordine pubblico, sicurezza nazionale, difesa e questioni militari, relazioni internazionali, politica e stabilità finanziaria ed economica dello Stato, conduzioni di indagini sui reati e loro perseguimento, regolare svolgimento di attività ispettive.

La stessa limitazione opera per evitare un pregiudizio concreto a interessi privati quali la protezione dei dati personali conformemente alla vigente normativa, la libertà e la segretezza della corrispondenza e gli interessi economici e commerciali (tra questi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali) delle persone fisiche e giuridiche.

Vi è poi una terza serie di esclusioni, con rinvio alle ipotesi di segreto e divieto di divulgazione previste dalla legge, compresi i casi in cui l’accesso è subordinato a limiti e condizioni, inclusi quelli ex articolo 24 della legge n. 241 del 1990.

Occorre, infine, ricordare che resta salva la possibilità che i dati personali per i quali sia stato negato l’accesso civico possano essere resi ostensibili, laddove il soggetto istante, riformulando l’istanza ai sensi della diversa disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi (articoli 22 e seguenti della legge n. 241 del 7/8/1990), motivi nella richiesta non solo l’esistenza di un interesse qualificato vale a dire di un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso.

Qualora l’accesso concerne dati sulla salute occorre, inoltre, che la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi, sia di rango almeno pari ai diritti vantati dall’interessato, ovvero consista in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale (art. 60, del Codice in materia di protezione dei dati personali).

Le richieste massive

Tra i problemi applicativi più frequenti che investono l’istituto dell’accesso civico generalizzato vi è quello costituito delle c.d. “richieste massive”. Trattasi delle ipotesi in cui il singolo cittadino o un’associazione si rivolge alla pubblica Amministrazione con istanze che hanno ad oggetto una mole cospicua di documenti, informazioni o dati che arrecano in capo alle Pubbliche Amministrazioni non poche difficoltà per il tempo da dedicare al loro reperimento con effetti pregiudizievoli al buon andamento degli uffici e servizi.

Le tipologie di richieste massive sono state distinte in “massiva unica”, che concerne un’unica istanza contenente la richiesta di un cospicuo numero di dati e/o documenti, ovvero le “massive plurime” qualora pervengano alla pubblica Amministrazione molteplici istanze in un arco temporale limitato da parte del medesimo richiedente o di più richiedenti ma riconducibili allo stesso centro di interessi.

L’istanza massiva viene annoverata tra le eccezioni relative alla stregua di quelle contemplate nell’articolo 5-bis comma 2, del decreto legislativo n. 33/2013. Trattasi di un limite che non opera in via automatica in quanto il diniego di accesso è opponibile, caso per caso, dalla pubblica Amministrazione previo bilanciamento tra l’interesse della collettività alla conoscenza dei dati oggetto di richiesta e il buon andamento dell’azione amministrativa.

L’eventuale provvedimento di diniego dovrà essere, quindi, sostenuto da una congrua motivazione basata sull’esistenza di condizioni oggettive in grado di pregiudicare seriamente il buon funzionamento della pubblica Amministrazione arrecando un pregiudizio sproporzionato rispetto all’interesse alla tutela della trasparenza.

Il Consiglio di Stato, Sezione III, sentenza del 25.1.2022, richiamando la decisione dell’Adunanza Plenaria n.10/2020, ha ritenuto che è doveroso da parte della pubblica Amm9inistrazione rigettare richieste manifestamente onerose o sproporzionate e, cioè, tali da comportare un carico irragionevole di lavoro idoneo a interferire con il buon andamento della pubblica amministrazione facendo espresso riferimento sia alle richieste massive uniche (cfr. Consiglio di Stato, sezione VI, 13 agosto 2019, n. 5702 e la Circolare FOIA n. 2/2017, paragrafo 7, lettera d) contenenti un numero cospicuo di dati o di documenti, o richieste massive plurime, che pervengono in un arco temporale limitato e da parte dello stesso richiedente o da parte di più richiedenti ma comunque riconducibili ad uno stesso centro di interessi; richieste vessatorie o pretestuose, dettate dal solo intento emulativo, da valutarsi ovviamente in base a parametri oggettivi”.


Coordinamento tra accesso generalizzato e accesso ex articolo 22 legge 241/1990

In un sistema normativo differenziato, in cui al tradizionale diritto di accesso documentale, previsto dalla legge n. 241 del 1990, nel corso del tempo si sono affiancate le categorie di accesso civico semplice e generalizzato disciplinate dal decreto legislativo n. 33/2013, modificato e integrato dal decreto legislativo n. 97/2016, la corretta qualificazione dell’istanza da parte del soggetto che attiva il procedimento assume particolare rilevanza.

Con detta operazione, infatti, si individua la specifica disciplina applicabile alle tipologie di accesso che, come dianzi evidenziato, divergono tra loro sia per finalità, motivazione e legittimazione del richiedente che per gli effetti processuali derivanti dal mancato accesso.

Questione dibattuta è se la Pubblica Amministrazione, in presenza di una istanza di accesso ai documenti espressamente motivata con esclusivo riferimento alla disciplina generale di cui alla legge n. 241/1990, una volta accertata la carenza del necessario presupposto legittimante della titolarità di un interesse differenziato in capo al richiedente, ai sensi dell’articolo 22 della citata legge, sia comunque tenuta ad accogliere la richiesta, qualora sussistano le condizioni dell’accesso civico generalizzato.

Stante l’evidente contrasto giurisprudenziale, la questione è stata sottoposta all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (Sentenza n. 10 del 2 aprile 2020) che, pronunciandosi in favore della valorizzazione di un interesse ostensivo alternativo a quello documentale, ma solo laddove possa ricavarsi dagli atti una volontà almeno implicita di voler dar corso ad una diversa  forma di accesso, nel caso di specie, identificabile  nell’accesso generalizzato, ha affermato il seguente principio di diritto: “La pubblica Amministrazione ha il potere-dovere di esaminare l’istanza di accesso agli atti e ai documenti pubblici, formulata in modo generico o cumulativo dal richiedente senza riferimento ad una specifica disciplina, anche alla stregua della disciplina dell’accesso civico generalizzato, a meno che l’interessato non abbia inteso fare esclusivo, inequivocabile, riferimento alla disciplina dell’accesso documentale, nel qual caso essa dovrà esaminare l’istanza solo con specifico riferimento ai profili della legge n. 241 del 1990, senza che il giudice amministrativo, adito ai sensi dell’articolo 116 codice procedimento amministrativo, possa mutare il titolo dell’accesso, definito dall’originaria istanza e dal conseguente diniego adottato dalla pubblica amministrazione all’esito del procedimento”.

Occorre, comunque, rilevare che la giurisprudenza del Consiglio di Stato riconosce  una differenza tra l’accesso ordinario e quello civico, ove si consideri che l’articolo 22 della legge n. 241/1990 consente l’accesso ai documenti a chiunque vi abbia un interesse finalizzato alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti (Consiglio di Stato, Sezione V, 19 maggio 2020, n. 3176), mentre l’accesso civico generalizzato è riconosciuto e tutelato al fine di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico e, pertanto, può essere esercitato da chiunque (quanto alla legittimazione soggettiva) e senza alcun onere di motivazione circa l’interesse alla conoscenza.

L'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 33 del 2013 ha, quindi, inteso superare il limite del divieto del controllo generalizzato sull’attività delle pubbliche Amministrazioni e dei soggetti ad essa equiparati previsto dallo strumento dell’accesso documentale come disciplinato dalla legge n. 241/1990.

Nell’accesso civico generalizzato, nel quale la trasparenza si declina come “accessibilità totale”, si ha un accesso dichiaratamente finalizzato a garantire il controllo democratico sull’attività amministrativa (Consiglio di Stato, Sezione VI, 5 ottobre 2020, n. 5861).

Tale differenza, secondo i giudici di palazzo Spada, impone di ritenere che le due istanze di accesso contenute nella medesima richiesta per quanto contenutisticamente analoghe, non siano sovrapponibili sotto il profilo soggettivo della legittimazione e dei presupposti, dovendosi riconoscere una oggettiva modifica della fonte della richiesta ostensiva e delle ragioni poste a suo fondamento.

Tuttavia, tale regola non deve essere seguita nel caso in cui l’interessato abbia fatto inequivoco riferimento alla disciplina dell’accesso oggetto della legge n. 241 del 1990 e, pertanto, in tale ipotesi l’istanza dovrà essere esaminata unicamente sotto i profili dettati da tale ultima legge e non anche con riferimento all’accesso civico generalizzato.

L’ Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza n. 4 del 18 marzo 2021 pronunciandosi in materia di accesso difensivo ai sensi dell’articolo 24, comma 7, della legge n. 241/1990, ha escluso che sia sufficiente nell’istanza di accesso un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando in quanto l’ostensione del documento richiesto passa attraverso un rigoroso, motivato, vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare. Ha, tuttavia, precisato che sia la   pubblica amministrazione detentrice del documento che il giudice amministrativo  adito nel giudizio di accesso “non devono svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo alla pubblica Amministrazione detentrice del documento o al giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso, salvo il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla legge n. 241/1990”.

Recentemente il Consiglio di Stato, Sezione III, sentenza 3 novembre 2022, n. 9567, ha ulteriormente affermato che “la disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei o assoluti di cui all’articolo 53 del decreto legislativo n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara, ed in particolare all'esecuzione dei contratti pubblici” (nel caso di specie l’accesso riguardava documentazione attinente  la fase del collaudo), ma deve essere verificata la compatibilità di tale forma di accesso con le eccezioni enucleate dall'articolo 5-bis, commi 1 e 2, dello stesso decreto legislativo n. 33 del 2013, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza ribadendo il principio espresso dal  Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 2 aprile 2020, n. 10.


Riflessioni conclusive

Come è apparso evidente nel corso della trattazione l’accesso civico, sia generalizzato che semplice, opera, anche se in maniera parallela, su norme e presupposti diversi rispetto all’accesso agli atti di cui alla legge 241/90.

Occorre, però, tenere conto, che la nuova disciplina, ben lontana dall’idea di sostituire il diritto di accesso cd. tradizionale, sovrapponendosi alle precedenti normative sia generali che  speciali, ha ingenerato non poca confusione negli operatori giuridici i cui sforzi si sono, in  particolare, concentrati, dati i consistenti problemi di coordinamento, sul rapporto tra l’accesso civico e l’accesso documentale previsto dalla legge n. 241/1990.

Il dato normativo induce a propendere per la insindacabilità nel senso del netto affrancamento di questa tipologia di accesso dal vincolo della “strumentalità” rispetto ad interessi pubblici o privati  del richiedente, il cui diritto conoscitivo è riconosciuto come espressione della “libertà di informazione” ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera h) della legge delega n. 124/2015, con la  conseguenza che il giudizio di ponderazione dell’interesse conoscitivo con gli altri contrapposti interessi, a cominciare dalla tutela dei dati personali, non potrà che dispiegarsi sulla base di criteri oggettivi che tengano conto, ai sensi di quanto prevede l’articolo 5-bis, comma 2, del decreto legislativo n. 33/2013, del pregiudizio concreto arrecabile a detti interessi.

Sul piano pratico e teorico una delle questioni più rilevanti, poste in merito all’applicazione dell’istituto, ha investito, quindi, la possibilità o meno di sindacare le “finalità” dell’istanza e le “effettive motivazioni” del richiedente.

A fronte dei diversi percorsi ermeneutici intrapresi e, sicuramente non esauriti, sembra emergere, al momento, una tendenza ad ammettere le suddette possibilità e, quindi, ad attenuare le potenzialità del nuovo tipo di accesso.

In tale direzione sembra dirigersi anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato che, già orientata verso una progressiva “funzionalizzazione” dell’istituto, inteso come finalizzazione alla cura di interessi generali, ha ridimensionato la portata innovativa dell’accesso civico generalizzato ed ha negato l’ammissibilità di un controllo generalizzato, generico e indistinto del singolo sull’operato dell’amministrazione ritenendo che sia necessario un rapporto di strumentalità tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l’ostensione (Consiglio di Stato, sezione VI, 25 agosto 2017, n. 4074; Sezione V, 21 maggio 2020, n. 3212;) e che l’onere della prova del suddetto nesso di strumentalità  ricade su chi agisce, secondo i principi generali del processo (Consiglio di Stato, sezione V, 12 novembre 2019, n. 7743; Consiglio di Stato, sezione IV, 19/2/2021 n. 1492)

Alla luce di quanto precede appare evidente che il presupposto imprescindibile di ammissibilità dell’istanza di accesso civico generalizzato, sebbene non richiede la motivazione, sia costituito dalla sua strumentalità alla tutela di un interesse generale. Di conseguenza andranno disattese le richieste in cui tale interesse generale della collettività non emerga in modo evidente, oltre che, a maggior ragione, nel caso in cui la stessa sia stata proposta per finalità di carattere personale.

L’istituto in esame può, pertanto, essere utilizzato in presenza di evidenti ed esclusive ragioni di tutela di interessi collettivi generali ma non a beneficio di interessi riferibili, nel caso concreto, a singoli individui od enti associativi specifici.

Spetta, quindi, al giudice amministrativo accertare concretamente l’esistenza di tale interesse, a nulla rilevando la circostanza che tali soggetti abbiano dichiarato di agire quali enti esponenziali di interessi collettivi. Tale attività, sebbene afferisca un onere non previsto dal legislatore, risulta esercitabile nell’ambito del necessario accertamento della legittimazione del soggetto agente a proporre la relativa istanza.

Bibliografia

 

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  6. Adunanza plenaria del Consiglio di Stato Sentenza n. 10 del 2 aprile 2020
  7. Adunanza Plenaria del C.d.S. Sentenza n.4 del 18 marzo 2021 
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  9. Consiglio di Stato, Sezione III, Sentenza 3 novembre 2022, n. 9567