TAR Lombardia sulla richiesta di accesso civico al Modello 231 di un ente accreditato

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TAR Lombardia sulla richiesta di accesso civico al Modello 231 di un ente accreditato

 

Interessanti considerazioni del TAR Lombardia, III, 20 – 27 aprile 2023, n. 1022/2023, sul ricorso proposto da una associazione onlus nei confronti di una s.p.a titolare e gestore di alcune strutture sanitarie lombarde accreditate con il servizio sanitario regionale.

Il ricorso mirava all’accertamento dell'illegittimità della nota del legale rappresentante della s.p.a. con cui era stato negato il diritto della ricorrente all'ostensione di alcuni atti e documenti ritenuti rilevanti.

Tra questi:

  • il Modello organizzativo 231 aggiornato (era stata consegnata solo la Parte Generale);
  • la richiesta di parere da parte dell'Amministrazione all'Organismo di vigilanza in merito alla compatibilità con il modello organizzativo del sistema di premialità e dei criteri di efficientamento delle sale operatorie;
  • pareri e interventi dell'OdV in merito alla compatibilità con il modello organizzativo del sistema di premialità e dei criteri di efficientamento delle sale operatorie.

Il TAR era dunque chiamato a verificare se fosse corretto o meno il diniego espresso dalla società resistente con riferimento alla richiesta di accesso alla Parte Speciale del Modello organizzativo.

 

La tesi della ricorrente

Secondo l’associazione ricorrente,

la conoscenza della parte speciale sarebbe essenziale, in quanto atterrebbe a profili che concernono specificamente l’attività tipica di un ente “accreditato” (nei suoi rapporti con il Servizio sanitario regionale), quali i processi a potenziale rischio reato, “i reati astrattamente perpetrabili, le aree strumentali nonché i soggetti che in essi agiscono, i principi di controllo rilevanti nell’ambito delle singole aree di rischio e strumentali, i principi di comportamento da rispettare al fine di ridurre il rischio di commissione di reati”.

 

Finalità dell’accesso a tale parte sarebbe stata “quella di verificare se e in che misura fossero stati approfonditi i rischi derivanti da sistemi di efficientamento e di premialità, ovvero di indicatori che (…) potrebbero non essere correttamente interpretati”.

 

La tesi della società resistente

Secondo la società resistente, invece,

oltre a non esservi un obbligo legale di pubblicazione del modello organizzativo in questione, la parte speciale di questo rientrerebbe “fra i documenti che riguardano l’organizzazione interna di un soggetto di natura privata”, contenendo “anche valutazioni economiche e commerciali che ne giustificano la non divulgazione”, ed esplicando “i suoi effetti nei confronti del personale dipendente della società”, tramite “analisi e valutazioni dei processi aziendali interni la cui diffusione determinerebbe una violazione della tutela degli interessi privati e del “know- how” della società”.

 

La decisione del TAR

Il Collegio ha accolto il ricorso, ritenendo che non sussistessero i presupposti normativi per escludere dal diritto di accesso generalizzato la parte speciale del modello 231:

Invero, secondo l’art. 6 del d.lgs. n. 231 del 2001, ai fini della prevenzione della commissione dei reati societari tipici, rientrano nel focus dei modelli di organizzazione e gestione (a prescindere dalla parte, generale o speciale, in cui i testi relativi siano contenuti) l’individuazione delle attività nel cui ambito possono essere commessi i reati, la previsione di specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l'attuazione delle decisioni dell'ente in relazione ai reati da prevenire, l’individuazione delle modalità di gestione delle risorse finanziarie dedicate, la previsione di obblighi di informazione nei confronti dell’organismo di controllo e l’introduzione di un sistema disciplinare idoneo. Inoltre, i modelli in questione prevedono i canali di segnalazione interna e il divieto di ritorsione.

Non ricorreva, a parere del Collegio, alcun collegamento causalmente rilevante tra la redazione del Modello e l’inserimento in esso di dati che potessero interferire o addirittura porsi in contrasto con i limiti relativi alla tutela degli interessi giuridicamente rilevanti contemplati dall'articolo 5-bis del d.lg. n. 33 del 2013 (il quale prevede, tra l’altro, che l’accesso civico è escluso se ciò è necessario per proteggere “gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d'autore e i segreti commerciali”):

In particolare, non pare poter derivare, dall’acquisizione delle informazioni contenute nella parte speciale del modello organizzativo e di gestione di un ente, un concreto pregiudizio né per la protezione dei dati personali né per gli interessi economici e commerciali dell’ente stesso o dei suoi dipendenti, trattandosi semplicemente della descrizione di processi aziendali volti a garantire la prevenzione di reati che vanno a discapito dell’intera collettività, oltre che dei soggetti direttamente interessati (in particolare, azionisti e creditori) al buon andamento della gestione societaria.

I Giudici hanno evidenziato che l’interesse pubblico alla conoscenza degli elementi contenuti in tale documento fosse innegabile – in virtù del regime di “accreditamento” della s.p.a. con il servizio sanitario regionale – e che, inoltre, la parte resistente non avesse adeguatamente illustrato le ragioni per le quali l’ostensione degli atti richiesti potesse recare pregiudizio ai suoi interessi economicamente rilevanti, dal momento che non è stato chiarito quali segreti commerciali fossero contenuti in tale documentazione e in che modo l’accesso richiesto potesse ledere in concreto l’interesse tutelato dalla norma di cui all’art. 5-bis del d.lg. n. 33 del 2013.

Il ricorso è stato accolto, sul profilo evidenziato, con conseguente obbligo della società resistente di consentire l’accesso, entro trenta giorni dalla comunicazione della sentenza, “a tutti gli altri atti, oltre a quello già consegnato, afferenti al Modello organizzativo previsto dal d.lg. 231/2001 aggiornato”.