Le passività pregresse negli Enti locali. Differenze con i debiti fuori bilancio
Le passività pregresse negli Enti locali. Differenze con i debiti fuori bilancio
Abstract
Lo scritto affronta la questione delle passività pregresse che, diversamente dai debiti fuori bilancio, si riferiscono a impegni contabili regolarmente assunti nell’esercizio in cui è validamente costituito il rapporto obbligatorio che, però, non risultano sufficienti a far fronte integralmente alla spesa quando essa viene ad evidenza.
Definizione di passività pregresse
Accanto ai debiti fuori bilancio identificabili in quei “debiti costituiti da obbligazioni pecuniarie, relative al conseguimento di un fine pubblico, regolarmente assunte dall’amministrazione verso terzi per atti e fatti non perfezionate contabilmente, in violazione del procedimento giuscontabile di spesa normativamente previsto”, si collocano le c.d. “passività pregresse” o rinvenienti dal passato”.
Trattasi di spese che riguardano debiti per i quali ab origine si è proceduto alla regolare costituzione del rapporto obbligatorio e quindi al conseguente e ordinario impegno contabile, ai sensi dell’articolo 183 del Tuel, che, per fattori estrinseci e, in buona parte, imprevedibili (ma non necessariamente), di norma legati alla natura della prestazione, hanno dato luogo ad un debito per insufficienza dell’impegno di spesa già assunto e legittimano, dunque il ricorso all’assunzione del suppletivo impegno di spesa a copertura integrale dei maggiori oneri rilevati, facendo lievitare l’entità del costo.
In virtù di una regolare procedura di spesa, le passività pregresse esulano dalla fenomenologia dei debiti fuori bilancio e quindi non vanno riconosciuti come tali per costituire, invero, debiti la cui competenza finanziaria è riferibile all’esercizio della loro manifestazione (Corte dei conti, sezione regionale di controllo Campania, parere n. 9/2007; Corte dei conti, sezione regionale di controllo Lombardia, parere n. 441/2012).
Per i magistrati contabili le passività pregresse o arretrate riguardano debiti per i quali si è proceduto a regolare impegno, ma che non risultano sufficienti a far fronte alla spesa in modo totale, quando essa viene in evidenza[1].
Le passività pregresse, pur rispettando le regole della contabilità finanziaria potenziata relativamente all’iter procedurale sull’impegno contabile, risultano insufficienti per fronteggiare spese in origine stimate congrue e che possono trovare copertura nel bilancio di competenza, essendo oneri che, per quanto risalenti nel tempo, si sono manifestati nell’esercizio corrente.
In sostanza riguardano impegni di spesa assunti ritualmente che non risultano sufficienti a coprire ulteriore costi: nello specifico, si verificano passività pregresse quando all’esito di un formale impegno di spesa (rispetto delle regole contabili), assunto cioè secondo i canoni del Tuel, per eventi imprevedibili, di norma collegati alla natura della prestazione, che sfuggono sia alla voluntas che all’auctoritas del soggetto che ha assunto il debito per conto dell’Ente locale, il medesimo successivamente risulta incapiente.
In merito si rileva un importante pronunciamento[2] in risposta ad un quesito posto dal Comune di Milano, che ha posto la questione se nel caso in cui, a fronte di un regolare impegno di spesa, si sia successivamente verificata una errata cancellazione dei residui passivi, sia necessario regolarizzare l’importo dovuto al fornitore per la somma mancante tramite la procedura di riconoscimento di debito fuori bilancio o tramite un nuovo impegno di spesa.
Con il citato parere i Giudici contabili meneghini hanno evidenziato che la questione proposta comporta un approfondimento del discrimen tra le c.d. “passività pregresse” (riconducibili nell’art. 191 del Tuel) e i “debiti fuori bilancio” (disciplinati dall’art. 194 del Tuel), su cui la giurisprudenza contabile ha avuto modo di soffermarsi sia in sede consultiva sia di esame dei rendiconti degli enti locali.
Occorre considerare, si legge nel parere, come già da tempo chiarito da questa stessa sezione (Lombardia/n. 436/2013/PAR) e più recentemente dalla Sezione regionale di controllo della Sicilia che “la procedura di riconoscimento dei debiti fuori bilancio è una disciplina eccezionale relativa a ipotesi tassative e di tendenziale stretta interpretazione”[3].
Da ciò consegue che le problematiche inerenti le passività pregresse non si risolvono con il riconoscimento di cui all’articolo 194, che contrasterebbe con i principi di contabilità pubblica, ma con l’iscrizione del relativo importo in bilancio, costituendo debiti la cui competenza finanziaria è riferibile all’esercizio di loro manifestazione. Il procedimento segue l’ordinaria procedura di spesa – integrazione dell’impegno - (articolo 191 Tuel), accompagnata dall’eventuale variazione di bilancio necessaria a reperire le risorse ove queste siano insufficienti (articolo 193 Tuel).
In materia di passività pregresse vanno infine utilmente richiamate le delibere della Sezione Lombardia n. 82/2015/PAR per maggiori spese, rispetto a quelle impegnate, derivanti dall’utilizzo di utenze elettriche per gli edifici comunali e la già citata deliberazione della Sezione Sardegna n. 33/2021/PAR per i maggiori oneri fiscali in seguito dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate, derivanti dalla controversa interpretazione della normativa in materia di aliquota IVA agevolata (cfr. anche Sezione regionale di controllo per la Sicilia, deliberazione n. 81/2022/PAR per la maggiorazione sulle indennità dei segretari comunali).
Ancora, nell’ipotesi in cui un iniziale impegno di spesa correttamente assunto per prestazioni professionali a tutela dell’Ente (c.d. incarichi legali) risulti successivamente insufficiente a causa della complessità del contenzioso e/o dell’aumento del numero delle udienze necessarie per ottenere la pronuncia definitiva del giudice competente, la differenza non realizza automaticamente una fattispecie di debito fuori bilancio, ma l’Ente, al fine di assicurare la copertura finanziaria integra lo stanziamento inziale dell’impegno di spesa.
Differenze rispetto ai debiti fuori bilancio
Diversamente dai debiti fuori bilancio, la Corte dei conti ha evidenziato le caratteristiche procedurali che inquadrano le cosiddette passività pregresse, chiarendo che “Le c.d. “passività pregresse” o arretrate, sono, invece, spese che, a differenze dei debiti fuori bilancio, si collocano all’interno di un ordinario procedimento di spesa. Si tratta, infatti, di spese per le quali l’Amministrazione comunale ha proceduto a un regolare impegno, ma che, per fatti non prevedibili, di norma collegati alla natura della prestazione, hanno dato luogo a un debito non assistito da idonea copertura ex art. 191 del Tuel 267/2000, che può rilevare come insufficienza dell’impegno contabile. Ponendosi, quindi, all’interno di una regolare procedura di spesa, la passività pregressa esula dalla fenomenologia del debito fuori bilancio, costituendo debiti la cui competenza finanziaria è riferibile all’esercizio di loro manifestazione. Lo strumento procedimentale, in casi come questi, è costituito di fatto dalla procedura ordinaria di spesa disciplinata dal citato art. 191, accompagnata dalla eventuale variazione di bilancio finalizzata al reperimento delle risorse ove queste risultino insufficienti (art. 193 TUEL).”[4].
I giudici contabili della regione Sardegna (Sezione regionale di controllo, parere n. 33/2021/PAR), dopo aver chiarito che “Le passività pregresse derivano da impegni contabili assunti regolarmente ma che non risultano sufficienti a far fronte alla spesa in modo integrale, quando essa viene ad evidenza. Esse si verificano allorché, all’esito dell’assunzione del formale impegno, taluni fatti imprevedibili, talvolta (ma non necessariamente) legati alla natura della prestazione, sfuggono sia alla voluntas che all’auctoritas del soggetto che ha assunto l’obbligazione per conto dell’ente, incidendo, appunto, sulla misura del costo. I debiti fuori bilancio hanno, invece, la loro genesi in obbligazioni assunte in assenza di un regolare impegno di spesa e che, a determinate condizioni ed entro i precisi limiti di cui all’art. 194 Tuel 267/2000, possono essere oggetto di riconoscimento e successivo pagamento. L’esigenza del riconoscimento consiliare, peraltro, come è stato osservato da autorevole giurisprudenza di questa Corte, sorge per il fatto che dette obbligazioni devono essere ricondotte nell’alveo del bilancio di cui è dominus l’organo consiliare che, diversamente, sarebbe esautorato dal loro vaglio di legittimità ed utilità per l’ente locale (Sezione delle Autonomie, n. 27/SEZAUT/2019/QMIG del 21 novembre 2019), precisa che le passività pregresse si riferiscono a spese comunque sorte nel rispetto delle regole contabili, presentando l’impegno originariamente assunto unicamente caratteristiche di in capienza, per cui non se ne può desumere, da un lato, che esse siano sorte in violazione delle regole del bilancio e, dall’altro, che sia necessaria la 6 manifestazione di una loro ratifica da parte dell’organo consiliare. Le stesse, pertanto, possono trovare copertura nel bilancio di competenza, essendo oneri che, per quanto risalenti nel tempo, si sono manifestati in corso di esercizio”.
A differenza delle “passività pregresse”, i debiti fuori bilancio, invece, sorgono ab origine senza un regolare impegno di spesa per cui si pongono in rapporto di alternatività con le passività pregresse e non di assimilazione, anche se parte della dottrina riconduce ai debiti fuori bilancio anche le ipotesi in cui la spesa, impegnata regolarmente, si rivela successivamente insufficiente ai fini dell’adempimento dell’obbligazione.
Essi riguardano quelle somme non previste nel bilancio di previsione, ovvero spese contratte senza che l’Ente locale ne avesse programmato una specifica copertura finanziaria: sono, dunque, debiti perfezionatosi giuridicamente dal punto di vista civilistico, ma non contabilmente in quanto contratte in assenza della necessaria preventiva assunzione dell’impegno di spesa.
Ai sensi dell’articolo 191, comma 4 Tuel, le spese effettuate in violazione della norma che impone un preventivo provvedimento di autorizzazione e assunzione dell’impegno contabile costituiscono, per la parte non riconoscibile ai sensi dell’articolo 194, comma 1, lettera e), debiti fuori bilancio.
Più in generale, il debito fuori bilancio può essere definito come quel “debito costituito da obbligazioni pecuniarie, relative al conseguimento di un fine pubblico, regolarmente assunte dall’amministrazione verso terzi per atti e fatti non perfezionati contabilmente, in violazione del procedimento giuscontabile di spesa normativamente previsto”.
Nella sostanza rappresentano un’obbligazione sorta in violazione delle norme giuscontabili, al di fuori della normativa contabile che regola i procedimenti di spesa degli Enti locali; obbligazione giuridica legittima, dunque, sorta al di fuori del regolare procedimento dell’impegno contabile di spesa e del correlato obbligo di registrarlo nelle scritture contabili e che, a determinate condizioni ed entro i precisi limiti di cui all’articolo 194 del Tuel, può essere oggetto di riconoscimento e successivo pagamento.
In definitiva, se al momento in cui è sorta l’obbligazione non sia seguito nello stesso anno regolare impegno e correlativa formazione di residui per gli anni successivi, si costituirà il debito fuori bilancio.
Dottrina e giurisprudenza considerano, infatti, il debito fuori bilancio come obbligazione pecuniaria riferibile all’Ente locale, assunta in violazione delle norme di contabilità pubblica che riguardano la fase della spesa ed in particolare di quelle che disciplinano l’assunzione di impegni di spesa.
Il supremo consesso amministrativo (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, 29 dicembre 2009, n. 8953) ha precisato che il procedimento di cui all’articolo 194 Tuel, rispondendo all’interesse pubblico alla regolarità della gestione finanziaria dell’Ente locale, è diretto esclusivamente a sanare irregolarità di tipo contabile e non può sopperire alla mancanza di un’obbligazione validamente assunta dall’Ente locale.
Per i giudici di legittimità i debiti fuori bilancio sono quelli per i quali non esiste copertura e per i quali la pubblica Amministrazione è tenuta al pagamento in virtù di obbligazioni giuridicamente perfezionate[5].
Il riconoscimento di un debito fuori bilancio costituisce un procedimento discrezionale che consente all’Ente locale di far salvi, nel proprio interesse, gli impegni in precedenza assunti tramite specifica obbligazione, ancorché sprovvista di copertura contabile, senza introdurre una sanatoria per i contratti nulli o, comunque, invalidi, come quelli conclusi senza il rispetto della forma scritta “ad substantiam”. Né apportare una deroga al regime di inammissibilità dell’azione di indebito arricchimento, di cui al decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66, articolo 23, convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile, n. 144, atteso che detto riconoscimento è sovranamente operato dalla pubblica Amministrazione nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’Ente locale stesso, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.
L’articolo 194 elenca in maniera tassativa (c.d. numerus clausus) e non suscettibile di estensione la tipologia dei debiti fuori bilancio, per i quali è possibile, in mancanza di regolare impegno contabile
di spesa e che, a determinate condizioni ed entro i precisi limiti di cui all’art.194 TUEL, possono essere oggetto di riconoscimento di legittimità e successivo pagamento, per ricondurle all’interno del bilancio secondo il principio dell’universalità del bilancio a tenore del quale tutte le entrate e tutte le spese devono essere riportate in bilancio non essendo ammessa una gestione extra bilancio, derivanti da:
- sentenze esecutive comprese quelle immediatamente esecutive;
- copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio di cui all’art. 114 ed il disavanzo derivi da fatti di gestione;
- ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile (artt. 2447 e 2482–ter del codice civile) o da disposizioni previste dal decreto legislativo n. 175/2016 e s.m.i.;
- procedure espropriative o di occupazione d’urgenza per opere di pubblica utilità;
- acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 191 del Tuel n. 267/2000, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’Ente locale, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.
Considerazioni conclusive
Dalla disamina effettuata emerge sembra ombra di dubbio che, quando nell’anno di competenza finanziaria non è stata attivata la procedura di spesa ordinaria, l’unico modo di riportare il debito nella contabilità dell’ente (con effetto vincolante per l’ente) è rappresentato dalla procedura di riconoscimento di legittimità del debito ai sensi dell’art. 194 Tuel 267/2000, peraltro, ammessa nei casi eccezionali e tassativamente elencati.
Le passività pregresse, collocandosi all’interno di una regolare procedura di spesa, esulano dalla tipologia dei debiti fuori bilancio e costituiscono, invero, debiti la cui competenza finanziaria è riferibile all’esercizio di loro manifestazione, per cui, in tali ipotesi, si procederà con l’ordinario procedimento di spesa, accompagnato dalla eventuale variazione di bilancio necessaria a reperire le risorse ove queste siano insufficienti.
Gli uffici dell’Ente dovranno, quindi, prestare massima attenzione nell’individuare la disciplina da applicare al caso concreto, stabilendo se il debito sia da classificare “passività pregressa” o “debito fuori bilancio”, considerato che i due fenomeni seguono, come visto, procedimenti differenti sia dal punto di vista amministrativo che contabile.
[1] Corte dei conti della Sardegna, deliberazione n. 33/2021
[2] Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la regione Lombardia, parere n. 290 del 12/12/2023
[3] Sezione regionale di controllo per la Sicilia, deliberazione n. 81/2022
[4] Corte dei conti Lombardia/n. 175/2023/PAR)
[5] cfr. Corte di Cassazione, Sezione III, 27 aprile 2011, n. 9412