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Canone unico: l’individuazione delle «aree comunali» nei centri abitati

il dono del giorno
Ph. Ermes Galli / il dono del giorno

Canone unico: lindividuazione delle «aree comunali» nei centri abitat


Il centro abitato e le strade che lo attraversano

Il centro abitato è definito dall’articolo 3, comma 1, n.8, codice della strada come “insieme di edifici, delimitato lungo le vie di accesso dagli appositi segnali di inizio e fine. Per insieme di edifici si intende un raggruppamento continuo, ancorché intervallato da strade, piazze, giardini o simili, costituito da non meno di venticinque fabbricati e da aree di uso pubblico con accessi veicolari o pedonali sulla strada”.

La delimitazione del centro abitato, mediante deliberazione della Giunta Comunale (articolo 4 codice della strada), “è finalizzata ad individuare l’ambito territoriale in cui, per le interrelazioni esistenti tra le strade e l’ambiente circostante, è necessaria da parte dell’utente della strada, una particolare cautela nella guida, e sono imposte particolari norme di comportamento” (articolo 5, comma 3, Regolamento esecuzione CDS).

In virtù dell’art.2, comma 2, codice della strada, «Le strade sono classificate, riguardo alle loro caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali, nei seguenti tipi:

A - Autostrade;

B - Strade extraurbane principali;

C - Strade extraurbane secondarie;

D - Strade urbane di scorrimento;

E - Strade urbane di quartiere;

E-bis - Strade urbane ciclabili;

F - Strade locali;

F-bis - Itinerari ciclopedonali».

Il comma 3 del medesimo articolo 2 indica le “caratteristiche minime” delle suddette strade e in base ad esse ed alla normativa tecnica di settore gli enti proprietari provvedono alla relativa classificazione con riguardo alle strade di loro competenza (articolo 13, comma 5, codice della strada), nonché alla declassificazione «quando le stesse non possiedono più le caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali di cui all’articolo 2, comma 2» del codice.

A questa classificazione delle strade basata sulle caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali si aggiunge quella di carattere amministrativo dettata dal comma 5 dell’articolo 2: «Per le esigenze di carattere amministrativo e con riferimento all’uso e alle tipologie dei collegamenti svolti, le strade, come classificate ai sensi del comma 2, si distinguono in strade "statali", "regionali", "provinciali", "comunali", secondo le indicazioni che seguono. Enti proprietari delle dette strade sono rispettivamente lo Stato, la regione, la provincia, il comune».

Le relative indicazioni si trovano al successivo comma 6: «Le strade extraurbane di cui al comma 2, lettere B, C ed F, si distinguono in:

A - Statali, quando: a) costituiscono le grandi direttrici del traffico nazionale; b) congiungono la rete viabile principale dello Stato con quelle degli Stati limitrofi; c) congiungono tra loro i capoluoghi di regione ovvero i capoluoghi di provincia situati in regioni diverse, ovvero costituiscono diretti ed importanti collegamenti tra strade statali; d) allacciano alla rete delle strade statali i porti marittimi, gli aeroporti, i centri di particolare importanza industriale, turistica e climatica; e) servono traffici interregionali o presentano particolare interesse per l’economia di vaste zone del territorio nazionale.

B - Regionali, quando allacciano i capoluoghi di provincia della stessa regione tra loro o con il capoluogo di regione ovvero allacciano i capoluoghi di provincia o i comuni con la rete statale se ciò sia particolarmente rilevante per ragioni di carattere industriale, commerciale, agricolo, turistico e climatico.

C - Provinciali, quando allacciano al capoluogo di provincia capoluoghi dei singoli comuni della rispettiva provincia o più capoluoghi di comuni tra loro ovvero quando allacciano alla rete statale o regionale i capoluoghi di comune, se ciò sia particolarmente rilevante per ragioni di carattere industriale, commerciale, agricolo, turistico e climatico.

D - Comunali, quando congiungono il capoluogo del comune con le sue frazioni o le frazioni fra loro, ovvero congiungono il capoluogo con la stazione ferroviaria, tranviaria o automobilistica, con un aeroporto o porto marittimo, lacuale o fluviale, con interporti o nodi di scambio intermodale o con le località che sono sede di essenziali servizi interessanti la collettività comunale. Ai fini del presente codice, le strade "vicinali" sono assimilate alle strade comunali».

Il codice della strada (articolo 2, commi da 7 a 10-bis), il regolamento di esecuzione (articoli 2, 3 e 4) e la normativa regionale collegata disciplinano a loro volta le procedure di classificazione e declassificazione amministrativa delle strade; i provvedimenti di classificazione hanno effetto dall’inizio del secondo mese successivo a quello nel quale essi sono pubblicati, a seconda dei casi, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nel Bollettino della Regione.

Dopo aver trattato della classificazione tecnica (caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali) e della classificazione amministrativa delle strade, l’articolo 2 del codice della strada, al comma 7, giunge finalmente a dettare la disciplina del regime delle strade che attraversano i centri abitati: «Le strade urbane di cui al comma 2, lettere D, E e F, sono sempre comunali quando siano situate nell’interno dei centri abitati, eccettuati i tratti interni di strade statali, regionali o provinciali che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a diecimila abitanti».

Si è già visto che la delimitazione del centro abitato avviene mediante deliberazione della Giunta Comunale (articolo 4 codice della strada), ma «Nei casi in cui la delimitazione del centro abitato interessi strade non comunali, la deliberazione della giunta municipale (…), con la relativa cartografia allegata, è inviata all’ente proprietario della strada interessata, prima della pubblicazione all’albo pretorio, indicando la data di inizio di quest’ultima. Entro il termine di pubblicazione l’ente stesso può inviare al comune osservazioni o proposte in merito. Su esse si esprime definitivamente la giunta municipale con deliberazione che è pubblicata all’albo pretorio per dieci giorni consecutivi e comunicata all’ente interessato entro questo stesso termine. Contro tale provvedimento è ammesso ricorso ai sensi dell’articolo 37, comma 3, del codice» (così, l’articolo 5, comma 7, Regolamento esecuzione CDS).

In virtù dell’articolo 5, comma 3, Regolamento esecuzione CDS, «La delimitazione del centro abitato individua altresì, lungo le strade statali, regionali e provinciali, che attraversano i centri medesimi, i tratti di strada che:

a) per i centri con popolazione non superiore a diecimila abitanti costituiscono "i tratti interni";

b) per i centri con popolazione superiore a diecimila abitanti costituiscono "strade comunali", ed individua, pertanto, i limiti territoriali di competenza e di responsabilità tra il comune e gli altri enti proprietari di strade». E tale delimitazione «è aggiornata periodicamente in relazione alle variazioni delle condizioni in base alle quali si è provveduto alle delimitazioni stesse. A tale aggiornamento consegue l’aggiornamento dei "tratti interni" e delle "strade comunali"» (articolo 5, comma 6, Regolamento esecuzione CDS) come sopra definiti.

L’articolo 4, comma 4, Regolamento esecuzione CDS precisa che «I tratti di strade statali, regionali o provinciali, che attraversano i centri abitati con popolazione superiore a diecimila abitanti, individuati a seguito della delimitazione del centro abitato prevista dall’articolo 4 del codice, sono classificati quali strade comunali con la stessa deliberazione della giunta municipale con la quale si procede alla delimitazione medesima». E la consegna della strada al nuovo proprietario deve avvenire entro sessanta giorni dalla delibera della giunta municipale (vedi articolo 4, commi 6 e 7, Regolamento esecuzione CDS).
 

L’identificazione delle «aree comunali»

In virtù del comma 818 dell’articolo 1 Legge 160/2019: «Nelle aree comunali si comprendono i tratti di strada situati all’interno di centri abitati [di comuni] con popolazione superiore a 10.000 abitanti, individuabili a norma dell’articolo 2, comma 7, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285».

Le parole “di comuni” sono state soppresse ad opera dell’articolo 1, comma 838, Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di bilancio 2023), ma qui si lasciano tra parentesi quadra perché funzionali all’esposizione.

Il comma 818 è una disposizione (D) che rinvia ad altra disposizione (R) per l’individuazione di uno specifico oggetto, ossia i “tratti di strada” che, “situati all’interno dei centri abitati”, possono essere qualificati come “aree comunali” ai fini dell’applicazione del Cup.

Sulla base di esso si devono quindi individuare, nell’ambito dei centri abitati, i tratti comunali delle strade ed a tal fine si fa rinvio all’articolo 2 codice della strada che come si è visto, si occupa proprio di strade (e non di centri abitati, essendo questi ultimi definiti e quindi individuati dall’articolo 3, comma 1, n.8, del medesimo codice della strada).

Il riferimento alle “aree comunali” significa che si ha riguardo alle superfici, alle porzioni di territorio e segnatamente a dei tratti stradali: si coglie il significato di questa osservazione se si mette a confronto il comma 818 in materia di Cup con l’articolo 38, comma 4, Decreto Legislativo n.507/1993 sulla Tosap: quest’ultimo non trattava di “aree comunali”, né faceva riferimento al “territorio” (comunale), ma stabiliva che «Le occupazioni realizzate su tratti di strade statali o provinciali che attraversano il centro abitato di comuni con popolazione superiore a diecimila abitanti sono soggette all’imposizione da parte dei comuni medesimi».

Diversa è la prospettiva del comma 818, il quale non individua oggetti di eccezione, ma, al contrario, mette chiaramente e logicamente in relazione tra loro le “aree comunali” con i tratti di strada sì come “individuabili a norma” della disposizione del codice della strada.

Per l’individuazione dei tratti di strada quali aree comunali si deve quindi ricorrere all’articolo 2, comma 7, codice della strada, in virtù del quale «Le strade urbane di cui al comma 2, lettere D, E e F, sono sempre comunali quando siano situate nell’interno dei centri abitati, eccettuati i tratti interni di strade statali, regionali o provinciali che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a diecimila abitanti».

I tratti delle strade statali, regionali e provinciali fanno parte delle “aree comunali” solo se situati all’interno dei centri abitati con popolazione superiore a diecimila abitanti e sono stati per questo classificati come comunali. E con riferimento alla formulazione originaria del comma 818 (comprendente le parole “di comuni” soppresse ad opera della legge di bilancio 2023 e che qui abbiamo mantenuto tra parentesi quadra) è agevole l’osservazione che i centri abitati con popolazione superiore a diecimila abitanti non possono che essere situati in Comuni aventi popolazione complessiva superiore a diecimila abitanti.
 

Appartenenza del suolo e spettanza del canone

Il comma 819, lettera a), dell’articolo 1 Legge n.160/2019 indica quale presupposto (occupazionale) del Cup: «l’occupazione, anche abusiva, delle aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti e degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico» stabilendo la diretta correlazione tra appartenenza del suolo occupato e spettanza del canone dovuto sul presupposto della sua occupazione.

Le “aree comunali” sono, banalmente, quelle che appartengono al Comune (articoli 824 e 826 del codice civile) e, meno banalmente, i diritti reali su beni altrui di cui all’articolo 825 codice civile, quali le aree gravate da servitù di pubblico passaggio costituita nei modi di legge [1].

Riguardo alle strade, si può dire che le stesse rientrano nelle “aree comunali” solo quando siano state classificate come “strade comunali” ai sensi del comma 6 o del comma 7 dell’articolo 2 del codice della strada. Sicché, per stabilire se l’area occupata fa parte o no del demanio stradale comunale occorre guardare ai provvedimenti di classificazione e alle delibere di delimitazione dei centri abitati. Infatti, come abbiamo visto, «I tratti di strade statali, regionali o provinciali, che attraversano i centri abitati con popolazione superiore a diecimila abitanti, individuati a seguito della delimitazione del centro abitato prevista dall’articolo 4 del codice, sono classificati quali strade comunali con la stessa deliberazione della giunta municipale con la quale si procede alla delimitazione medesima» (articolo 4, comma 4, Regolamento Attuazione CDS) e la consegna della strada al nuovo proprietario deve avvenire entro sessanta giorni dalla delibera della giunta municipale mediante verbale di consegna (commi 6 e 7 articolo 4 cit.).

Se il comma 819, lettera a), dice che il canone per l’occupazione del suolo pubblico spetta all’Ente titolare dell’area occupata, il comma 818, con riferimento alle strade che attraversano i centri abitati, dice quando questi tratti di strada vengono compresi nelle aree comunali in quanto appartenenti al Comune.

Cosa diversa è la competenza al rilascio delle autorizzazioni e concessioni per la quale dispone l’art.26, comma 3, del codice della strada: «Per i tratti di strade statali, regionali o provinciali, correnti nell’interno di centri abitati con popolazione inferiore a diecimila abitanti, il rilascio di concessioni e di autorizzazioni è di competenza del comune, previo nulla osta dell’ente proprietario della strada». È una cosa diversa perché, come si è visto, il presupposto del canone non è il rilascio delle autorizzazioni e concessioni, bensì «l’occupazione, anche abusiva, delle aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti e degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico».

Per il rilascio delle autorizzazioni e concessioni (previo nulla osta dell’Ente proprietario) il Comune potrà pretendere, al più, i diritti di istruttoria, ma non il canone per l’occupazione del suolo.

Il collegamento tra appartenenza del suolo occupato e spettanza del canone dovuto sul presupposto dell’occupazione lo si trova del resto anche al comma 824 dell’articolo 1 Legge n.160/2019 laddove si dice che «il canone può essere maggiorato di eventuali effettivi e comprovati oneri di manutenzione in concreto derivanti dall’occupazione del suolo e del sottosuolo, che non siano, a qualsiasi titolo, già posti a carico dei soggetti che effettuano le occupazioni». E la manutenzione la fa l’ente proprietario della strada, non la fa il Comune che rilascia la concessione o l’autorizzazione.
 

Sul «prima» e sul «dopo» del comma 818

Come si è visto, il legislatore, con la legge di bilancio 2023, ha modificato il comma 818 dell’articolo 1 Legge n.160/2019 mediante soppressione delle parole “di comuni”.

La presenza di questo inciso nella formulazione poteva «trarre in inganno» come rilevato dal MEF nel parere protocollo 35089 del 9 luglio 2021, ma appunto solo di “inganno” da lettura prima facie si trattava perché, come il MEF aggiunge subito dopo, «il riferimento all’articolo 2, comma 7 del D. Lgs. n. 285 del 1992, rende incontrovertibile l’intenzione del Legislatore di riferirsi alla popolazione dei centri abitati e non a quella dei comuni. Infatti, come si legge nel citato comma 7 dell’articolo 2 del codice della strada, “Le strade urbane di cui al comma 2, lettere D, E e F, sono sempre comunali quando siano situate nell’interno dei centri abitati, eccettuati i tratti interni di strade statali, regionali o provinciali che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a diecimila abitanti”. Pertanto, sulla base di quanto appena illustrato, relativamente ad entrambi i canoni [Cup e canone mercatale], risulta che i tratti di strada che attraversano centri abitati con popolazione superiore a 10.000 abitanti sono considerati comunali, mentre quelli che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a 10.000 abitanti non possono considerarsi facenti parte del territorio comunale» [2].

Non può essere condivisa l’opinione di chi afferma che «il riferimento al centro abitato costituisce una novità nell’applicazione di quelli che erano denominati “tributi minori” nell’ambito della fiscalità locale che, in ogni caso, decorre dal 1° gennaio 2023» [3], perché innanzitutto pone una premessa non vera (basti considerare che il riferimento alla popolazione dei centri abitati si trova già nella disciplina Cosap di cui all’articolo 63, comma 1, Decreto Legislativo n.446/1997), ma soprattutto perché l’affermazione cozza con il fatto che anche prima dell’intervento del legislatore del 2022 i tratti delle strade statali, regionali e provinciali potevano dirsi facenti parte delle “aree comunali” solo se situati all’interno dei centri abitati con popolazione superiore a diecimila abitanti: si può dire che l’intervento del legislatore del 2022 sul comma 818 ha carattere meramente manutentivo/correttivo e non ha mutato, bensì ha confermato il significato della disposizione eliminando il superfluo [4].

Il comma 818 collegato al successivo comma 819, lettera a), era (con la vecchia formulazione) e rimane (con la nuova) veicolo di una norma (N) che conferma la regola per la quale il canone d’occupazione spetta all’Ente a cui il suolo occupato appartiene, in conformità, del resto, con  i  princìpi costituzionali (articolo 119 Cost.) che non ammettono dissociazione tra appartenenza del suolo occupato e spettanza del canone dovuto sul presupposto della sua occupazione (a maggior ragione quando, come nel caso del Cup, il legislatore abbia stabilito con il comma 816 che il canone «è comunque comprensivo di qualunque canone ricognitorio o concessorio previsto da norme di legge e dai regolamenti comunali e provinciali, fatti salvi quelli connessi a prestazioni di servizi» e che «sostituisce: (…) il canone di cui all’articolo 27, commi 7 e 8, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, limitatamente alle strade di pertinenza dei comuni e delle province»).

D’altra parte, una diversa soluzione, per quanto prospettata, non è mai stata dimostrata.

Chi ha tentato di valorizzare la prima parte dell’originario comma 818 («Nelle aree comunali si comprendono i tratti di strada situati all’interno di centri abitati di comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti») non è mai riuscito a spiegare la seconda («individuabili a norma dell’articolo 2, comma 7, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285»), tanto più alla luce del fatto che, come abbiamo visto, la disposizione del codice della strada (cui il comma 818 fa espresso rinvio) si occupa delle strade (e non dei centri abitati) rendendo evidente che ciò che occorre individuare sono i tratti di strada comunale, i soli che possono dirsi facenti parte delle “aree comunali”.

L’insuperabilità del dato testuale ha portato i fautori della spettanza comunale a proporre via via soluzioni interpretative che non hanno tuttavia retto alle verifiche.

Si è così dapprima sostenuta la continuità tra il nuovo canone d’occupazione e la Tosap (che per i centri abitati faceva riferimento alla popolazione del Comune e non del centro abitato), ma la tesi si è dimostrata del tutto insostenibile perché, tra l’altro, non è ravvisabile alcuna corrispondenza, neppure terminologica, tra l’articolo 38, comma 4, del decreto legislativo n.507 del 1993 e l’articolo 1, comma 818, Legge n.160/2019 (stante il chiaro rinvio di quest’ultimo all’articolo 2, comma 7, CDS). E poi perché c’è da considerare che, nella vigenza della Tosap (che era peraltro un prelievo di natura tributaria), gli Enti potevano, da un lato, scegliere di passare al regime Cosap (che, coerentemente alla sua natura patrimoniale, proprio per i centri abitati fissava una perfetta corrispondenza tra regime di proprietà delle strade e spettanza del canone) e, dall’altro, applicare il canone di cui all’articolo 27 del codice della strada: possibilità oggi espressamente escluse dalla nuova disciplina. Sì che, seguendo la tesi della continuità con la Tosap, si arriverebbe all’assurda conseguenza per cui il canone per l’occupazione di una strada provinciale spetterebbe al Comune senza che il proprietario della strada che subisce l’occupazione possa riceverne alcun “ristoro”. Va poi ricordato che  l’articolo 38, comma 4, del Decreto legislativo n. 507/1993 sulla Tosap veicolava una norma d’eccezione che derogava alla regola generale richiamata dallo stesso decreto legislativo all’articolo 39, comma 1, secondo cui “La tassa è dovuta al comune o alla provincia dal titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall’occupante di fatto, anche abusivo, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico nell’ambito del rispettivo territorio”; veicolando una norma d’eccezione, l’articolo 38, comma 4, si preoccupava di precisarne l’oggetto prendendo in considerazione esclusivamente i “tratti di strade statali o provinciali che attraversano il centro abitato di comuni con popolazione superiore a diecimila abitanti”: non si parlava di “aree comunali”, né si faceva riferimento al “territorio” (comunale) perché il legislatore dell’articolo 38 era perfettamente consapevole di stabilire una dissociazione tra appartenenza del suolo occupato e spettanza del tributo, limitandola alle sole strade statali e provinciali senza comprendere quindi le strade regionali in virtù dell’autonomia patrimoniale e finanziaria riconosciuta alle Regioni dalla Costituzione nel testo vigente nel 1993. E’ chiaro che il comma 818 dell’articolo 1 Legge n.160/2019, anche nella sua contorta formulazione originaria, non faceva nulla di tutto ciò, limitandosi soltanto a mettere in relazione tra loro le “aree comunali” e i tratti di strada sì come “individuabili a norma” della richiamata disposizione del codice della strada.

Naufragata la tesi della continuità con la Tosap si è sostenuto che una diversa interpretazione del comma 818 sarebbe giustificata dal fatto che ai fini dell’applicazione del canone è più semplice il criterio della popolazione complessiva del Comune rispetto a quello della popolazione dei centri abitati; disgraziatamente:

- è proprio al criterio della popolazione dei centri abitati che è legato il regime di proprietà delle strade (articolo 2, comma 7, codice della strada);

- è proprio a questo criterio che sono legate conseguenze rilevantissime quali gli obblighi manutentivi, la responsabilità civile degli Enti e quella penale dei loro agenti;

- è proprio a questo criterio che si rifaceva la disciplina Cosap (che aveva, a differenza della Tosap, natura patrimoniale);

- è proprio a questo criterio che si rifà il canone mercatale di cui al comma 837 dello stesso articolo 1 Legge n.160/2019 (che, come il comma 818, fa anch’esso rinvio all’articolo 2, comma 7, codice della strada).

E poi perché, banalmente, la presenza di una difficoltà non potrebbe certo determinare il passaggio della spettanza di un canone d’occupazione dall’Ente effettivamente proprietario del suolo occupato ad un altro. Ma poi, quale difficoltà? Lo abbiamo visto nel primo paragrafo: «La delimitazione del centro abitato individua altresì, lungo le strade statali, regionali e provinciali, che attraversano i centri medesimi, i tratti di strada che:

a) per i centri con popolazione non superiore a diecimila abitanti costituiscono "i tratti interni";

b) per i centri con popolazione superiore a diecimila abitanti costituiscono "strade comunali", ed individua, pertanto, i limiti territoriali di competenza e di responsabilità tra il comune e gli altri enti proprietari di strade» (articolo 5, comma 3, Regolamento esecuzione CDS). Tale delimitazione «è aggiornata periodicamente in relazione alle variazioni delle condizioni in base alle quali si è provveduto alle delimitazioni stesse. A tale aggiornamento consegue l’aggiornamento dei "tratti interni" e delle "strade comunali"» (articolo 5, comma 6, Regolamento esecuzione CDS) come sopra definiti. E ancora: «I tratti di strade statali, regionali o provinciali, che attraversano i centri abitati con popolazione superiore a diecimila abitanti, individuati a seguito della delimitazione del centro abitato prevista dall’articolo 4 del codice, sono classificati quali strade comunali con la stessa deliberazione della giunta municipale con la quale si procede alla delimitazione medesima» (articolo 4, comma 4, Regolamento esecuzione CDS).

Naufragata anche la tesi sulla difficoltà del criterio si è ricorsi all’invenzione dei regimi di proprietà delle strade e si è arrivati a sostenere che «Dalle norme sopra richiamate, dunque, emerge che nei Comuni con popolazione superiore a diecimila abitanti, le strade sono tutte comunali. Nei Comuni con popolazione inferiore ai diecimila abitanti invece le strade provinciali rimangono di proprietà della Provincia»; disgraziatamente, poiché il parametro di riferimento fissato dal codice della strada per stabilire la proprietà (l’appartenenza) delle strade è dato dalla popolazione del centro abitato e non del Comune nel suo complesso, è stato facile eccepire che  appartengono al demanio provinciale anche i tratti delle strade provinciali che attraversano centri abitati con popolazione fino a diecimila abitanti di Comuni con popolazione complessiva superiore a diecimila abitanti.

Naufragata anche l’invenzione dei regimi di proprietà si è fatto ricorso all’inconcludente (e del tutto contraddittoria) argomentazione fondata sul regime autorizzativo previsto per i centri abitati dall’articolo 26, comma 3, del codice della strada, ma per confutare tale argomentazione è bastato rilevare che anche l’articolo 26, comma 3, CDS fa riferimento alla popolazione del centro abitato e non del Comune nel suo complesso sì che esso si applica in tutti i casi, quindi sia per i centri abitati dei Comuni con popolazione superiore a diecimila abitanti, sia per i centri abitati dei Comuni con popolazione inferiore, non potendo quindi essere portato a sostegno dei fautori della tesi della “spettanza comunale a prescindere dall’appartenenza del suolo occupato”. D’altra parte, l’argomentazione sull’articolo 26, comma 3, CDS, oltre ad essere inconcludente e contraddittoria, si è palesata altresì del tutto infondata visto che il presupposto occupazionale del canone d’occupazione non è il rilascio delle concessioni e delle autorizzazioni, bensì «l’occupazione, anche abusiva, delle aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti e degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico».

Prima dell’intervento del legislatore del 2022, quindi, una diversa interpretazione dell’originario comma 818 era stata sì prospettata, ma non era mai stata dimostrata a causa dell’insuperabilità del testo che fa rinvio alla disposizione del codice della strada e a causa dell’inconsistenza, dell’infondatezza, dell’inconcludenza e della contraddittorietà delle argomentazioni portate a supporto [5].

Peraltro, anche laddove tutti questi sforzi interpretativi fossero riusciti nell’intento di inserire la soluzione proposta nella cornice delle interpretazioni possibili, tale soluzione doveva essere scartata perché in contrasto con i princìpi costituzionali [6].

Di qui la conclusione che, sia “prima” sia “dopo” la legge di bilancio 2023, il comma 818 dell’articolo 1 della Legge n.160/2019, in relazione al comma 819, lettera a) sul presupposto occupazionale, ha l’univoco significato di attribuire il canone d’occupazione all’Ente titolare dell’area occupata.

Va infine ricordato che alcuni degli argomenti suddetti, riformulati alla bisogna, sono stati riproposti senza successo in occasione di Telefisco 2023:Menù


Comma 818 e occupazione del suolo con impianti pubblicitari

Il comma 818 è collegato al successivo comma 819, lettera a), che tratta del presupposto (occupazionale) del Cup: «l’occupazione, anche abusiva, delle aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti e degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico». E si è rilevato che dal collegamento delle due disposizioni trova conferma anche nell’ambito dei centri abitati la regola per la quale il canone (sul presupposto dell’occupazione del suolo pubblico) spetta all’Ente a cui il suolo occupato appartiene.

L’interessamento del suolo pubblico non è invece elemento indefettibile ai fini della componente pubblicitaria del Cup dato che il comma 819, lettera b), descrive il presupposto pubblicitario come «diffusione di messaggi pubblicitari, anche abusiva, mediante impianti installati su aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti, su beni privati laddove siano visibili da luogo pubblico o aperto al pubblico del territorio comunale, ovvero all’esterno di veicoli adibiti a uso pubblico o a uso privato».

Tuttavia, poiché in virtù del successivo comma 820 «L’applicazione del canone dovuto per la diffusione dei messaggi pubblicitari di cui alla lettera b) del comma 819 esclude l’applicazione del canone dovuto per le occupazioni di cui alla lettera a) del medesimo comma», si può dire che il comma 818 svolge proprio la funzione di determinare il perimetro di applicazione del comma 820 quando trattasi di impianti pubblicitari collocati lungo le strade che attraversano i centri abitati.

In conclusione, il comma 818, con riferimento alle strade che attraversano i centri abitati, identifica le “aree comunali” per due diverse finalità:

[a] per stabilire quando il canone sul presupposto occupazionale spetta al Comune in quanto l’occupazione riguarda il suolo appartenente al Comune (e ci dice quindi che questo canone non spetta al Comune quando l’occupazione riguardi i «tratti interni di strade statali, regionali o provinciali che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a diecimila abitanti» che non possono essere compresi nelle “aree comunali” in quanto appartenenti, rispettivamente, allo Stato, alla Regione ed alla Provincia o Città Metropolitana);

[b] per stabilire quali siano i tratti di strada che se occupati con impianti pubblicitari saranno interessati dalla disposizione di cui al comma 820 in tema di applicazione del canone sul presupposto pubblicitario con esclusione del presupposto occupazionale [7].
 

Note:

[1] Per la problematica relativa alle servitù di pubblico passaggio vedi E. Bocchino, «I nuovi canoni patrimoniali», Accademia Tributaria 2021, Pag.55.

[2] Trattasi della risposta al quesito di un Comune della provincia di Siena, sulla quale vedi:  https://www.lentepubblica.it/contabilita-bilancio-tasse-tributi/mef-province-canone-unico-centri-abitati/  

[3] S. Zammarchi in G. Debenedetto ed altri, «I tributi locali nel 2023», Maggioli 2023, Pag.366.

[4] Si parla di “superfluo” perché l’inciso “di comuni” si poteva agevolmente spiegare in chiave sistematica osservando come, banalmente, i centri abitati con popolazione superiore a diecimila abitanti non possono che essere situati in Comuni aventi popolazione complessiva superiore a diecimila abitanti. Inoltre, a sostegno di quanto sostenuto nel testo si deve ricordare che nella relazione illustrativa dell’emendamento governativo al disegno della legge di bilancio 2023 veniva palesata l’intenzione di recepire il «corrente indirizzo interpretativo del MEF»; indirizzo che era stato ribadito anche in occasione di Telefisco 2022: https://www.filodiritto.com/canone-unico-telefisco-2022-la-rivincita-delle-province

[5] Sui vari aspetti vedi: https://www.filodiritto.com/dalla-tosap-al-canone-unico-le-regole-i-centri-abitati, nonché https://www.filodiritto.com/il-canone-loccupazione-delle-strade-provinciali-che-attraversano-i-centri-abitati, nonché https://www.tuttotributi.it/canone-unico-chi-equivoca-sui-centri-abitati/ .

[6] A fronte, infatti, di due possibili esiti interpretativi, uno che non contrasta con i princìpi costituzionali e l’altro che vi contrasta, va senz’altro preferita la soluzione interpretativa che non contrasti con tali i princìpi (c.d. interpretazione adeguatrice).

[7] Se si accoglie la soluzione per la quale il presupposto pubblicitario di cui alla lettera b) del comma 819 è da riferire, come per il passato (dell’Icdpa e del Cimp), ai soli Comuni, si dovrà necessariamente concludere che il comma 820 è applicabile soltanto a questi ultimi nell’ipotesi di installazione di mezzi pubblicitari nelle “aree comunali” perché solo in tale fattispecie può dirsi realizzata quella sussistenza (in capo ad un unico soggetto attivo) del duplice presupposto (pubblicitario ed occupazionale) oggetto della disposizione. A questa prospettiva sembra essere infine pervenuto anche il MEF con la risposta a Telefisco 2022: «nel caso di diffusione di un messaggio pubblicitario su un tratto di strada che attraversa un centro abitato con popolazione non superiore a 10.000 abitanti, e quindi di competenza della provincia, quest’ultimo ente è legittimato a chiedere il versamento del canone per l’occupazione del suolo, a norma del comma 819, lettera a)». Su tali questioni vedi:

https://www.filodiritto.com/sul-canone-unico-nei-centri-abitati-il-legislatore-mette-fine-alla-disputa-tra-comuni-e-province. Sulla stessa linea si è di recente espressa la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Milano con la sentenza n.16 del 27/1/2023. Va detto che la Corte di Giustizia Tributaria, decidendo il caso, ha riconosciuto la propria giurisdizione in materia di componente pubblicitaria del Cup che i più considerano di natura tributaria. Conclude senz’altro per la natura tributaria G. Ielo, «Natura tributaria o patrimoniale del canone unico», in Azienditalia, 2021: «Per quanto riguarda la sua componente che possiamo definire “Canone per la diffusione di messaggi pubblicitari” è da ritenersi una entrata di natura tributaria, al pari del CIMP».