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Il diritto alla satira nell’affair Giambruno-Meloni

Giorgia Meloni
Giorgia Meloni

Il diritto alla satira nell’affair Giambruno-Meloni

“Meloni-Giambruno, dalla pesca al reddito di singletudine: la separazione vista dai meme” (Quotidiano nazionale); “Lo spot della pesca dell’Esselunga con Andrea Giambruno e Giorgia Meloni – Il video” (Open); “I meme su Giorgia Meloni creati con l’intelligenza artificiale cominciano a fare paura” (FanPage).

Nell'agenda mediatica italiana, sino a venerdì 19 ottobre focalizzata sul conflitto israelo-palestinese, si è aperto un nuovo e inaspettato dibattito. L'ironia dei programmi satirici e dei social media ha trovato un improvviso protagonista: Andrea Giambruno, ormai ex compagno della premier Giorgia Meloni.

Imitazioni comiche e meme umoristici sono iniziati subito dopo la messa in onda, da parte del noto programma satirico di Canale 5 Striscia la notizia, del servizio: "Il giornalismo di Giambrunasca: la stagione degli amori".

Eccola, la satira “una sorta di specchio dove chi guarda scopre la faccia di tutti tranne la propria”: questa è la definizione offerta dal celebre scrittore irlandese Jonathan Swift, maestro del genere, che riflette la sua concezione del potere della satira nell’incoraggiare la riflessione critica e la valutazione etica.

L’implacabile rappresentazione di situazioni paradossali viene utilizzata per mettere in ridicolo il giornalista Giambruno e i suoi comportamenti disinvolti durante le pause dalle riprese della trasmissione Diario del giorno, su Rete 4.

La satira può essere descritta come una forma artistica in cui, mediante una rappresentazione surreale del mondo reale, si cerca di incoraggiare il pensiero critico, portare l’individuo a riflettere sulla morale e sugli eventi, anziché limitarsi a suscitare indignazione.

Nel diritto è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 9246, del 24 febbraio 2006, a dare una chiara definizione della satira: “La satira, notoriamente, è quella manifestazione del pensiero (talora di altissimo livello) che nei tempi si è addossata il compito di castigare ridendo mores; cioè, di indicare alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene”.

La caratteristica distintiva della satira è dunque quella di suscitare il sorriso del pubblico ma, come chiaramente sottolineato nella sentenza, il suo valore educativo è fondamentale. L’obiettivo finale non si limita al semplice divertimento, piuttosto, mira a promuovere un ragionamento critico attraverso il mezzo della comicità.

In campo giuridico, il diritto di satira trova fondamento costituzionale, godendo riconoscimento come legittima manifestazione del diritto di esprimere il proprio pensiero, assimilabile nelle tutele previste dall’articolo 21 della Costituzione.

Non va trascurata l'importanza costituzionale del diritto di satira, poiché rappresenta l'espressione di un'antica e sempre presente esigenza della collettività di esercitare una funzione di controllo sociale sul potere attraverso il potere del sorriso.

La satira è indubbiamente una forma di espressione artistica libera, il cui scopo principale è mettere in ridicolo il suo oggetto o destinatario, spesso raffigurandolo con tratti esagerati e surreali. Attraverso questo potente strumento, la critica può essere manifestata in modo creativo ed efficace.

Gli articoli 9 e 33 della Costituzione consolidano ulteriormente la protezione del diritto di satira, è infatti importante considerare che i messaggi satirici vengono espressi all'interno di attività di spettacolo e culturali. Questo rappresenta una difesa fondamentale della libertà di espressione nella creatività artistica, poiché la satira è una manifestazione artistica tagliente e critica.

Attraverso la satira, e nel caso Giambruno nella derisione di un atteggiamento, viene diffusa anche una notizia. Deve quindi essere rispettato anche il principio giornalistico della verità? A tale limite la satira spesso sfugge quando non è cronaca di un fatto, ma rappresentazione inverosimile di situazioni paradossali, ai quali non può essere applicato il principio della verità.

La stessa Corte di Cassazione ha sottolineato come il diritto di satira non è soggetto al limite della verità: “Il diritto di satira, a differenza da quello di cronaca, è sottratto al parametro della verità dei fatti, in quanto esprime, mediante il paradosso e la metafora surreale, un giudizio ironico su un fatto, purché il fatto sia espresso in modo apertamente difforme dalla realtà, tanto da potersene apprezzare subito l’inverosimiglianza e il carattere iperbolico: altrimenti, nemmeno la satira sfugge al limite della correttezza e della continenza delle espressioni o delle immagini utilizzate, rappresentando comunque una forma di critica caratterizzata dal carattere corrosivo dei particolari mezzi espressivi. Beninteso, nessuna scriminante può ammettersi allorché la satira diventa forma pura di dileggio, disprezzo, distruzione della dignità della persona, ovvero quando comporta l’impiego di espressioni gratuite, volgari, umilianti o dileggianti, non necessarie all’esercizio del diritto, comportanti accostamenti volgari o ripugnanti o tali da comportare la deformazione dell’immagine pubblica del soggetto bersaglio e da suscitare il disprezzo della persona o il ludibrio della sua immagine pubblica” (Cassazione, sez. III Civile, 7 aprile 2016, n. 6787).

La satira è una deformazione della realtà per scopi umoristici, anziché una documentazione accurata di fatti.

Ne possiamo dedurre quindi che la satira è libera dal principio della verità, che contraddistingue la cronaca, poiché parla attraverso l’esagerazione e l’irrazionale ma deve rispettare il limite della moderazione, ovvero non deve cadere nell’insulto, in un danno del diritto all’immagine o nella diffamazione.

Quali sono quindi i limiti della satira, quali sono i principi da osservare per valutare la legittimità di questa attività?

Un presupposto fondamentale è la popolarità della personalità presa di mira. Il Tribunale di Roma, nella sentenza del 13 febbraio 1992, ha così definito un personaggio pubblico: “chi ha scelto la notorietà come dimensione esistenziale del proprio agire, si presume abbia rinunciato a quella parte del proprio diritto alla riservatezza direttamente correlata alla sua dimensione pubblica”.  La popolarità suscita interesse verso il personaggio e di conseguenza la derisione del comico: nel caso di Giambruno è rilevante il suo essere compagno di Giorgia Meloni e giornalista.

Per garantire la tutela dell’individuo è essenziale che il messaggio satirico sia inequivocabilmente riconoscibile come tale per lo spettatore o il lettore, in modo che possa comprenderne l’intento dissacratorio. Questo rappresenta un importante requisito per preservare il diritto dell’individuo alla propria identità personale, poiché il pubblico deve essere consapevole della natura satirica del contenuto.

La linea di confine tra lecito e illecito può essere individuata nella finalità, se esclusivamente dissacratoria o se invece lesiva della personalità altrui, così la Cassazione: “Il prodotto dell’attività satirica deve comunicare un dissenso ragionato dall’opinione o comportamento preso di mira e non si risolvano in un’aggressione gratuita e distruttiva dell’onore e della reputazione del soggetto interessato” (Cassazione, 28 novembre 2008, n. 28477).

La sfida è sempre accesa, ma la critica satirica si solleva come elemento prezioso di democrazia e coinvolgimento sociale. Essa è sostanza della democrazia: permettere ai cittadini di essere ascoltati ed esprimere il proprio pensiero attraverso forme nuove per solleticare coloro che esercitano il potere. La satira è un linguaggio diretto, provocatorio, non tradizionale e sottile, da tutelare sempre.