x

x

Il diritto del lavoro come diritto della sostenibilità

sostenibilità
sostenibilità

Il diritto del lavoro come diritto della sostenibilità

Per quanto i concetti di diritto del lavoro ed economia sostenibile appaiano molto distanti e indipendenti tra loro, la connessione tra i due, in realtà, è più profonda di quanto si possa pensare. I due ambiti sono in continua evoluzione tra loro e non si può ignorare il modo in cui si influenzino reciprocamente. Lo sviluppo sostenibile è il punto di unione tra diritto e la crisi.

La crisi che stiamo attraversando è una crisi generale che ha investito l’economia, la finanza, il mercato del lavoro e, più in generale, le istituzioni e i valori di riferimento a livello globale. In questa cornice critica anche il diritto del lavoro è stato colpito duramente. I profondi mutamenti che hanno investito negli ultimi anni i modelli produttivi e, più in generale, i sistemi socioeconomici[1], hanno portato ad una vera e propria crisi della regolazione, sia a livello nazionale, sia, soprattutto, a livello internazionale.

Il termine crisi è quasi sempre connotato da un’accezione negativa. Viene definita comunemente come “lo stato transitorio di particolare difficoltà o di turbamento, nella vita di un uomo o di una società[2] o come “una situazione di malessere o di disagio, determinata, sul piano individuale, da un profondo dissidio o squilibrio interiore, oppure, sul piano sociale, dalla mancata corrispondenza tra valori e modi di vita, per lo più sintomo o conseguenza di profondi mutamenti organici e strutturali”, o ancora, ad indicare una decadenza, un lento ma inarrestabile disfacimento[3].

La globalizzazione ha comportato un’intensificazione degli scambi commerciali su scala planetaria, e, conseguentemente, un aumento esponenziale della concorrenza internazionale tra produttori di beni e servizi, l’intensificazione dell’interdipendenza economica tra gli stati, le pericolose prassi di dumping sociale.

Ciò non può che riflettersi sui sistemi nazionali che diventano “oggetto di concorrenza”, tanto da poter parlare di “law shopping” (shopping normativo): le imprese scelgono l’ordine giuridico più favorevole alle proprie strategie economiche e aziendali e, di conseguenza, i sistemi di tutela evoluti (e per questo più costosi per l’imprenditore) dei paesi industrializzati entrano in crisi perché incapaci di sostenere la pressione concorrenziale degli ordinamenti meno garantisti.[4]

Tuttavia, la sola configurazione della crisi, in termini negativi, è errata. La strategia vincente, invece, sarebbe quella di considerare lo stato di crisi come occasione: l’occasione di poter emergere, sfruttando tutte le opportunità e trovare, con buone probabilità, quello che viene definito con il termine “successo”.

La crisi può essere interpretata in una prospettiva di “separazione” e al tempo stesso di “passaggio” verso un nuovo stato[5]. Sulla questione è stato invocato il concetto di “distruzione creatrice” dell’economista Schumpeter che potrebbe portare «dall’attuale de-costruzione del diritto del lavoro ad una sua successiva ricostruzione e rinascita»[6]. «La crisi economica ha ricordato la necessità di un’etica e di pratiche responsabili nel mondo degli affari»[7], ed invita pertanto ad approfondire delle vie, ad oggi per lo più inesplorate, come quella della sostenibilità.

In sintesi, la crisi è «un’opportunità di vedere apparire nuovi mercati, opportunità di rinnovare il modello esistente e di promuovere delle modifiche indispensabili, l’opportunità di restaurare la fiducia sui fondamenti che non siano dialettici ma che integrino l’insieme delle interazioni alle quali l’impresa è sottoposta e alle quali partecipa»[8].

L’opportunità che offre la crisi è quella di riscrivere le regole del gioco seguendo la logica dello sviluppo sostenibile: oggi «l’économie mondiale actuelle n’est pas compatible avec le développement durable»[9]. Attraverso la lente della sostenibilità, si potrebbero riscoprire i valori fondanti del diritto del lavoro e arrestare così il processo di de-regolamentazione ma anche riscrivere nuove regole ed intervenire rispetto ai vuoti regolativi nello spazio globale. La questione da ultimo evocata si presenta particolarmente critica posto che le imprese, nelle loro scelte strategiche di delocalizzazione, sfruttano a loro vantaggio le regole del gioco e si insediano per lo più nei sistemi dove risulta più debole l’apparato normativo[10].

Tutto ciò detto, ci permette di comprendere che la via della sostenibilità non è priva di ostacoli, vista la complessità e la novità dei temi che va a toccare.

È, dunque, una sfida degna di essere affrontata.

note

[1] Cfr. DEL PUNTA R., L’economia e le ragioni del diritto del lavoro, in Giornale di Diritto del Lavoro e delle Relazioni Industriali, n. 89, 2001.

[2] Dizionario Garzanti, definizione crisi

[3] Dizionario Devoto Oli, definizione crisi

[4] CAGNIN V., Crisi e diritto del lavoro: la via della sostenibilità, in Rivista Ianus, pp.177-193.

[5] PERULLI A., Intervento in occasione del seminario italo francese, tenutosi a Venezia nei giorni 11-12 maggio 2012, sui temi “Crisi e diritto del lavoro” e “Cittadinanza, libertà di circolazione e diritti sociali”, organizzato dall’Università Ca’ Foscari di Venezia, in collaborazione con l’Université Paris Ouest Nanterre La Défense.

[6] SCHUMPETER J-A., Teoria dello sviluppo economico, ETAS, Milano, 2002. Traduzione della sesta edizione tedesca (1964), sulla scorta anche dell’edizione inglese del 1934, della Theorie der wirtschaftlichen Entwicklung, 1911, con Introduzione di SYLOS LABINI P.

[7] Direttore esecutivo del Patto Mondiale delle Nazioni Unite. Il segretario dell’ONU a questo si riferiva appellandosi, il 20 gennaio 2009, a un «New Deal Vert», per uscire dalla crisi economica, invitando le imprese ad agire in tal senso.

[8] TREBULLE, Entreprise et développement durable, in La Semaine Juridique, Entreprise et Affaires, n° 38, 17 Septembre 2009, 1867.

[9] Commissione europea, Examen de la politique environnementale 2007 COM(2008) 409 final, 2 juill. 2008

[10] Cfr. FERRARESE M.R., Le istituzioni della globalizzazione, Bologna, 2000