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Il futuro del calcio professionistico in europa alla luce della risoluzione del parlamento europeo 29 marzo 2007 (c.d. rapporto Belet)

I principi specificamente espressi nel documento elaborato dal Parlamento Europeo, pur non vincolanti, si pongono come linee guida nella prospettiva di una radicale e diffusa ristrutturazione del movimento calcistico (professionistico) comunitario, in perfetta assonanza con il rinnovato e più vivo interesse che le Istituzioni UE sembrano manifestare nei riguardi del “fenomeno sportivo” (Costituzione Europea art. III-282 e c.d Libro Bianco della Commissione Europea), con il fine di individuarne una specifica dimensione europea.

E’ noto come l’UE non abbia competenza diretta in materia di sport, per cui il fenomeno sportivo (anche calcistico) non è mai stato oggetto di interventi sistematici in ambito comunitario.

Invero, determinate politiche UE hanno influito (e influiscono), in maniera decisiva, su particolari aspetti dell’attività sportiva, tanto che, nel corso degli anni, le Federazioni sportive dei vari Stati membri hanno dovuto riformulare numerose norme domestiche che si ponevano in aperto contrasto con i principi del diritto comunitario, quali, ad esempio, la libertà di circolazione dei lavoratori e la concorrenza.

Peraltro, la specifica natura dello sport, nonché l’importanza del suo ruolo nella società europea, avevano già determinato i capi di Stato e di governo dei Paesi aderenti all’UE (Consiglio europeo di Nizza, 2000) ad intervenire presso le Istituzioni europee per sollecitare una particolare attenzione alle funzioni sociali, educative e culturali dello sport medesimo, attraverso politiche comunitarie mirate.

In tal senso, il Libro Bianco di cui in precedenza costituisce una lodevole iniziativa della Commissione Europea, il cui fine precipuo è proprio quello di fornire una visione d’insieme dello sport comunitario, ovviamente anche sotto il profilo economico e organizzativo.

D’altra parte, con specifico riferimento all’ambito calcistico, va osservato come, da diversi anni ormai, la Commissione Europea intrattenga relazioni con la F.I.F.A. e l’U.E.F.A., nel tentativo di sviluppare dinamiche di intervento ad hoc, tuttavia, sempre circoscritte e mai di ampio respiro.

In sostanza, la Commissione non si sottrae ad alcun tipo di confronto con le Istituzioni sportive calcistiche, intervenendo concretamente, peraltro in maniera inflessibile, solo quando si tratta di garantire la piena applicazione delle norme comunitarie, ma non nell’ipotesi in cui vengano sottoposte alla sua attenzione questioni riguardanti, ad esempio, la vendita collettiva o individuale dei diritti televisivi oppure l’opportunità di organizzare un unico campionato europeo per clubs, piuttosto che mantenere in vita quelli nazionali.

Sono fattispecie, queste, che - secondo la Commissione -, essendo di competenza degli Stati membri e delle rispettive Federazioni sportive, si sottraggono a qualsivoglia intervento comunitario, se non in termini di normali valutazioni circa la compatibilità con il diritto dell’UE.

Tuttavia, la tendenza della Commissione Europa ad un atteggiamento tutt’altro che interventistico, sembra ora invertirsi a fronte della recente risoluzione adottata dal Parlamento UE.

Essa, infatti, invita proprio la Commissione Europea, unitamente ad altre Istituzioni comunitarie, agli Stati membri e agli organi di governo del calcio europei e nazionali, a tener conto di una serie di principi e raccomandazioni sulla cui base dovranno essere individuate le questioni su cui intervenire direttamente, e, nel contempo, ad indicare i mezzi utili e funzionali in grado di rendere il calcio professionistico europeo, per quanto possibile, omogeneo nei vari ambiti di cui si compone.

Osserviamo ora, sinteticamente, quelli verso cui sono state indirizzate le proposte contenute nel richiamato “Rapporto Belet”.

GOVERNANCE

In tema, viene auspicata l’adozione di un modello che permetta a tutti gli organi di governo del calcio di meglio definire e coordinare funzioni, competenze e responsabilità, anche mediante il diretto coinvolgimento dei calciatori professionisti (e dei propri rappresentanti sindacali), delle società e delle Leghe.

Di notevole interesse, inoltre, anche perché di strettissima attualità, è l’indicazione rivolta alla F.I.F.A. e all’U.E.F.A. circa l’opportunità di ritenere legittimi i ricorsi interposti dai tesserati presso i tribunali ordinari, atteso che l’iniziativa giudiziaria intrapresa dinanzi ai medesimi, pur generalmente contraria ai dettami degli ordinamenti sportivi (clausola compromissoria), non può mai costituire un illecito disciplinare.

LOTTA ALLE ATTIVITA’ CRIMINALI

Si chiede che Stati membri UE, forze di polizia e tifoserie organizzate cooperino fattivamente al fine di favorire l’adozione di ogni più idonea misura atta a contrastare la proliferazione di attività criminali in seno al movimento calcistico professionistico, quali il riciclaggio, le scommesse clandestine, il doping e l’alterazione dei risultati sportivi, oltre alla violenza all’interno e all’esterno degli impianti di gioco.

RUOLO SOCIALE, CULTURALE ED EDUCATIVO DELLO SPORT

Viene presa in grande considerazione la possibilità, per i giovani calciatori, soprattutto di quelli alle prese con maggiori difficoltà sociali, di crescere e sviluppare la propria personalità all’interno dei clubs di appartenenza, anche mediante forme di istruzione generale e una formazione non esclusivamente legata all’attività sportiva.

Si raccomanda, inoltre, di evitare la determinazione di condizioni che posano favorire flussi incontrollati e incontrollabili di giovani talenti extracomunitari, in spregio alla normativa che disciplina la materia dell’immigrazione.

ASPETTI OCCUPAZIONALI E SOCIALI

Sotto questo profilo, in primo luogo, si invocano normative sociali e fiscali più omogenee tra gli Stati aderenti all’UE, per evitare eccessivi squilibri tra le società calcistiche.

Inoltre, viene presa in considerazione sia l’attività di Agenti di calciatori, di cui si chiede una più diffusa armonizzazione regolamentare e un maggiore controllo, sia l’attività degli atleti professionisti, i quali vanno tutelati mediante la rigorosa applicazione della legislazione vigente in materia di lavoro che riconosce loro diritti e impone obblighi in qualità di lavoratori dipendenti.

LOTTA ALLA VIOLENZA, AL RAZZISMO E AD ALTRE FORME DI DISCRIMINAZIONE

Gli Stati membri UE, la Commissione Europea e tutti i soggetti operanti nel settore calcio, sono stati invitati ad assumere iniziative di netta contrapposizione a fenomeni di discriminazione razziale e di orientamento sessuale, con applicazione di norme che prescrivano sanzioni rigorose nei riguardi di chiunque manifesti atteggiamenti discriminatori, sia all’interno degli stadi che in prossimità degli stessi, anche in considerazione del fatto che i calciatori devono godere del legittimo diritto di svolgere la propria attività professionale in un contesto scevro da qualsivoglia forma di discriminazione.

REGOLE DI CONCORRENZA E DI MERCATO INTERNO

Di grande importanza è l’attenzione riservata dalla risoluzione del Parlamento Europeo ai profili di natura più strettamente economica legati al fenomeno calcio professionistico, dovendosi tener conto dei seguenti aspetti:

1) favorire il raggiungimento della massima stabilità finanziaria dei clubs che garantisca un livello di competizione equilibrato;

2) stabilire in che termini e secondo quali modalità ciascuno Stato aderente all’UE possa sostenere economicamente il settore calcio (c.d. aiuti di Stato);

3) valutare le conseguenze di una possibile liberalizzazione del mercato delle scommesse, nonché riflettere sui sistemi attuali attraverso cui lo sport in generale, e il calcio in particolare, vengono finanziati;

4) riconoscere la rilevanza dei marchi registrati in seno all’industria sportiva;

5) garantire ai consumatori un’equa distribuzione dei biglietti delle partite di calcio, anche appaltandola ad associazioni di tifosi o organismi analoghi.

Peraltro, in tema di concorrenza, avuto particolare alla situazione italiana, é di un certo rilievo il recente intervento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (A.G.C.M.), la quale si é resa portavoce e interprete, attraverso un’indagine conoscitiva (conclusa agli inizi del 2007), della necessità di adeguare il calcio professionistico nostrano, nel senso di renderlo più competitivo e più prossimo alle regole di mercato, attraverso una “governance” atta a garantire l’efficienza del sistema calcio sulla base di un diffuso principio solidaristico che renda meno ampia la “forbice” del divario economico tra i vari clubs.

VENDITA DEI DIRITTI TELEVISIVI E REGOLE DI CONCORRENZA

Si insiste sulla necessità di attuare iniziative di vendita collettiva dei diritti televisivi calcistici, sempre nel rispetto delle norme comunitarie sulla concorrenza, per favorire un modello di solidarietà finanziaria non solo tra i clubs professionistici, ma anche tra questi e gli altri operanti in ambito amatoriale, che salvaguardi, attraverso una più equa ridistribuzione dei proventi, l’equilibrio competitivo tra le società sportive.

DOPING

Viene raccomandata una particolare attenzione nei riguardi del sempre più dilagante fenomeno “doping” e, a tal fine, si invoca l’adozione di misure di prevenzione e repressione dell’illegittima e sleale assunzione di sostanze dopanti che inevitabilmente influisce sulla regolarità del risultato sportivo ma, in particolar modo, costituisce una grave minaccia per la salute pubblica.

In conclusione, il c.d. “Rapporto Belet” sembra aver aperto un ulteriore varco in un sistema istituzionale comunitario costantemente restio ad incidere concretamente nella materia sportiva, ma che, tuttavia, alla luce della crescente professionalizzazione e commercializzazione del movimento calcistico (e sportivo in genere) europeo, dovrà necessariamente adeguarsi in senso contrario.

La crescita esponenziale dei casi all’esame della Corte di Giustizia europea, determinata proprio dalla sempre maggiore rilevanza assunta dal diritto comunitario nel settore sportivo, è un indicatore evidente della specificità dello sport (sancita in occasione del menzionato Consiglio europeo di Nizza del 2000), rispetto a cui l’UE non può continuare a rimanere insensibile.

I principi specificamente espressi nel documento elaborato dal Parlamento Europeo, pur non vincolanti, si pongono come linee guida nella prospettiva di una radicale e diffusa ristrutturazione del movimento calcistico (professionistico) comunitario, in perfetta assonanza con il rinnovato e più vivo interesse che le Istituzioni UE sembrano manifestare nei riguardi del “fenomeno sportivo” (Costituzione Europea art. III-282 e c.d Libro Bianco della Commissione Europea), con il fine di individuarne una specifica dimensione europea.

E’ noto come l’UE non abbia competenza diretta in materia di sport, per cui il fenomeno sportivo (anche calcistico) non è mai stato oggetto di interventi sistematici in ambito comunitario.

Invero, determinate politiche UE hanno influito (e influiscono), in maniera decisiva, su particolari aspetti dell’attività sportiva, tanto che, nel corso degli anni, le Federazioni sportive dei vari Stati membri hanno dovuto riformulare numerose norme domestiche che si ponevano in aperto contrasto con i principi del diritto comunitario, quali, ad esempio, la libertà di circolazione dei lavoratori e la concorrenza.

Peraltro, la specifica natura dello sport, nonché l’importanza del suo ruolo nella società europea, avevano già determinato i capi di Stato e di governo dei Paesi aderenti all’UE (Consiglio europeo di Nizza, 2000) ad intervenire presso le Istituzioni europee per sollecitare una particolare attenzione alle funzioni sociali, educative e culturali dello sport medesimo, attraverso politiche comunitarie mirate.

In tal senso, il Libro Bianco di cui in precedenza costituisce una lodevole iniziativa della Commissione Europea, il cui fine precipuo è proprio quello di fornire una visione d’insieme dello sport comunitario, ovviamente anche sotto il profilo economico e organizzativo.

D’altra parte, con specifico riferimento all’ambito calcistico, va osservato come, da diversi anni ormai, la Commissione Europea intrattenga relazioni con la F.I.F.A. e l’U.E.F.A., nel tentativo di sviluppare dinamiche di intervento ad hoc, tuttavia, sempre circoscritte e mai di ampio respiro.

In sostanza, la Commissione non si sottrae ad alcun tipo di confronto con le Istituzioni sportive calcistiche, intervenendo concretamente, peraltro in maniera inflessibile, solo quando si tratta di garantire la piena applicazione delle norme comunitarie, ma non nell’ipotesi in cui vengano sottoposte alla sua attenzione questioni riguardanti, ad esempio, la vendita collettiva o individuale dei diritti televisivi oppure l’opportunità di organizzare un unico campionato europeo per clubs, piuttosto che mantenere in vita quelli nazionali.

Sono fattispecie, queste, che - secondo la Commissione -, essendo di competenza degli Stati membri e delle rispettive Federazioni sportive, si sottraggono a qualsivoglia intervento comunitario, se non in termini di normali valutazioni circa la compatibilità con il diritto dell’UE.

Tuttavia, la tendenza della Commissione Europa ad un atteggiamento tutt’altro che interventistico, sembra ora invertirsi a fronte della recente risoluzione adottata dal Parlamento UE.

Essa, infatti, invita proprio la Commissione Europea, unitamente ad altre Istituzioni comunitarie, agli Stati membri e agli organi di governo del calcio europei e nazionali, a tener conto di una serie di principi e raccomandazioni sulla cui base dovranno essere individuate le questioni su cui intervenire direttamente, e, nel contempo, ad indicare i mezzi utili e funzionali in grado di rendere il calcio professionistico europeo, per quanto possibile, omogeneo nei vari ambiti di cui si compone.

Osserviamo ora, sinteticamente, quelli verso cui sono state indirizzate le proposte contenute nel richiamato “Rapporto Belet”.

GOVERNANCE

In tema, viene auspicata l’adozione di un modello che permetta a tutti gli organi di governo del calcio di meglio definire e coordinare funzioni, competenze e responsabilità, anche mediante il diretto coinvolgimento dei calciatori professionisti (e dei propri rappresentanti sindacali), delle società e delle Leghe.

Di notevole interesse, inoltre, anche perché di strettissima attualità, è l’indicazione rivolta alla F.I.F.A. e all’U.E.F.A. circa l’opportunità di ritenere legittimi i ricorsi interposti dai tesserati presso i tribunali ordinari, atteso che l’iniziativa giudiziaria intrapresa dinanzi ai medesimi, pur generalmente contraria ai dettami degli ordinamenti sportivi (clausola compromissoria), non può mai costituire un illecito disciplinare.

LOTTA ALLE ATTIVITA’ CRIMINALI

Si chiede che Stati membri UE, forze di polizia e tifoserie organizzate cooperino fattivamente al fine di favorire l’adozione di ogni più idonea misura atta a contrastare la proliferazione di attività criminali in seno al movimento calcistico professionistico, quali il riciclaggio, le scommesse clandestine, il doping e l’alterazione dei risultati sportivi, oltre alla violenza all’interno e all’esterno degli impianti di gioco.

RUOLO SOCIALE, CULTURALE ED EDUCATIVO DELLO SPORT

Viene presa in grande considerazione la possibilità, per i giovani calciatori, soprattutto di quelli alle prese con maggiori difficoltà sociali, di crescere e sviluppare la propria personalità all’interno dei clubs di appartenenza, anche mediante forme di istruzione generale e una formazione non esclusivamente legata all’attività sportiva.

Si raccomanda, inoltre, di evitare la determinazione di condizioni che posano favorire flussi incontrollati e incontrollabili di giovani talenti extracomunitari, in spregio alla normativa che disciplina la materia dell’immigrazione.

ASPETTI OCCUPAZIONALI E SOCIALI

Sotto questo profilo, in primo luogo, si invocano normative sociali e fiscali più omogenee tra gli Stati aderenti all’UE, per evitare eccessivi squilibri tra le società calcistiche.

Inoltre, viene presa in considerazione sia l’attività di Agenti di calciatori, di cui si chiede una più diffusa armonizzazione regolamentare e un maggiore controllo, sia l’attività degli atleti professionisti, i quali vanno tutelati mediante la rigorosa applicazione della legislazione vigente in materia di lavoro che riconosce loro diritti e impone obblighi in qualità di lavoratori dipendenti.

LOTTA ALLA VIOLENZA, AL RAZZISMO E AD ALTRE FORME DI DISCRIMINAZIONE

Gli Stati membri UE, la Commissione Europea e tutti i soggetti operanti nel settore calcio, sono stati invitati ad assumere iniziative di netta contrapposizione a fenomeni di discriminazione razziale e di orientamento sessuale, con applicazione di norme che prescrivano sanzioni rigorose nei riguardi di chiunque manifesti atteggiamenti discriminatori, sia all’interno degli stadi che in prossimità degli stessi, anche in considerazione del fatto che i calciatori devono godere del legittimo diritto di svolgere la propria attività professionale in un contesto scevro da qualsivoglia forma di discriminazione.

REGOLE DI CONCORRENZA E DI MERCATO INTERNO

Di grande importanza è l’attenzione riservata dalla risoluzione del Parlamento Europeo ai profili di natura più strettamente economica legati al fenomeno calcio professionistico, dovendosi tener conto dei seguenti aspetti:

1) favorire il raggiungimento della massima stabilità finanziaria dei clubs che garantisca un livello di competizione equilibrato;

2) stabilire in che termini e secondo quali modalità ciascuno Stato aderente all’UE possa sostenere economicamente il settore calcio (c.d. aiuti di Stato);

3) valutare le conseguenze di una possibile liberalizzazione del mercato delle scommesse, nonché riflettere sui sistemi attuali attraverso cui lo sport in generale, e il calcio in particolare, vengono finanziati;

4) riconoscere la rilevanza dei marchi registrati in seno all’industria sportiva;

5) garantire ai consumatori un’equa distribuzione dei biglietti delle partite di calcio, anche appaltandola ad associazioni di tifosi o organismi analoghi.

Peraltro, in tema di concorrenza, avuto particolare alla situazione italiana, é di un certo rilievo il recente intervento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (A.G.C.M.), la quale si é resa portavoce e interprete, attraverso un’indagine conoscitiva (conclusa agli inizi del 2007), della necessità di adeguare il calcio professionistico nostrano, nel senso di renderlo più competitivo e più prossimo alle regole di mercato, attraverso una “governance” atta a garantire l’efficienza del sistema calcio sulla base di un diffuso principio solidaristico che renda meno ampia la “forbice” del divario economico tra i vari clubs.

VENDITA DEI DIRITTI TELEVISIVI E REGOLE DI CONCORRENZA

Si insiste sulla necessità di attuare iniziative di vendita collettiva dei diritti televisivi calcistici, sempre nel rispetto delle norme comunitarie sulla concorrenza, per favorire un modello di solidarietà finanziaria non solo tra i clubs professionistici, ma anche tra questi e gli altri operanti in ambito amatoriale, che salvaguardi, attraverso una più equa ridistribuzione dei proventi, l’equilibrio competitivo tra le società sportive.

DOPING

Viene raccomandata una particolare attenzione nei riguardi del sempre più dilagante fenomeno “doping” e, a tal fine, si invoca l’adozione di misure di prevenzione e repressione dell’illegittima e sleale assunzione di sostanze dopanti che inevitabilmente influisce sulla regolarità del risultato sportivo ma, in particolar modo, costituisce una grave minaccia per la salute pubblica.

In conclusione, il c.d. “Rapporto Belet” sembra aver aperto un ulteriore varco in un sistema istituzionale comunitario costantemente restio ad incidere concretamente nella materia sportiva, ma che, tuttavia, alla luce della crescente professionalizzazione e commercializzazione del movimento calcistico (e sportivo in genere) europeo, dovrà necessariamente adeguarsi in senso contrario.

La crescita esponenziale dei casi all’esame della Corte di Giustizia europea, determinata proprio dalla sempre maggiore rilevanza assunta dal diritto comunitario nel settore sportivo, è un indicatore evidente della specificità dello sport (sancita in occasione del menzionato Consiglio europeo di Nizza del 2000), rispetto a cui l’UE non può continuare a rimanere insensibile.