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La tutela delle calciatrici: dal CCNL al sindacato

tutela delle calciatrici
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La tutela delle calciatrici: dal ccnl al sindacato

Le origini del calcio femminile riposano nella ormai lontana Seconda Rivoluzione Industriale, in Gran Bretagna. Le prime squadre di calciatrici, infatti, sono nate come dopolavoro delle operaie. La prima guerra mondiale, poi, ha comportato il momentaneo svuotamento delle fabbriche della manodopera maschile, impegnata al fronte. Fu in quel momento che le donne entrarono in massa nelle fabbriche, per sostenere la produzione in attesa della fine della guerra. In poco tempo, nacquero squadre anche in altri paesi europei che diedero vita anche alle prime competizioni internazionali, come quella del 26 dicembre 1920, nella quale le giocatrici della Dick, Kerr's Ladies Football Club affrontarono il St Helen's Ladies F.C. a Liverpool, davanti a oltre 50mila spettatori.

In Italia, il percorso evolutivo delle squadre femminili ha vissuto e affrontato diversi ostacoli, principalmente di natura politica. Nel 1933, infatti, venne fondato, a Milano, il Gruppo femminile calcistico il quale ebbe vita breve poiché, in occasione della prima trasferta organizzata, le giocatrici vennero fermate dalle autorità e gli fu impedito di proseguire. Il regime fascista, difatti, non voleva donne impegnate in sport, per antonomasia “maschili”, come il calcio. Un secondo tentativo ci fu nel 1946 quando, a Trieste e a Napoli prima e in altre città italiane poi, vennero formate delle squadre femminili. Il vero punto di svolta, tuttavia, si registrò solo del 1986 quando le calciatrici entrarono nella FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio) rientrando nei “Tornei dilettantistici”, con la contestuale costituzione di un apposito comitato (Comitato Nazionale Calcio Femminile).

Dal 2019, la corsa al professionismo ha accelerato fino ad arrivare al campionato 2022/2023: il primo campionato professionistico di serie A. Dal 1 luglio 2022, infatti, le squadre di serie A femminile hanno potuto mettere sotto contratto le loro calciatrici.

Il CCNL (Contratto Collettivo Nazionale di lavoro) è un contratto di lavoro stipulato dalle organizzazioni rappresentanti gli interessi dei datori di lavoro e dalle associazioni rappresentanti i lavoratori e le lavoratrici, diverse a seconda della categoria.  Ha validità erga omnes e, dunque, anche verso quei soggetti che non sono iscritti ad un sindacato. I contratti collettivi nazionali contengono, generalmente, due parti: una parte normativa afferente le tabelle retributive e le regole fondamentali del rapporto di lavoro ed una parte obbligatoria relativa alle regole che andranno a disciplinare i futuri rapporti tra le controparti collettive del contratto. Le fonti del diritto che pongono le basi della disciplina sono, oltre alla Costituzione italiana, la l. n. 300/70 (lo Statuto del lavoratore), la legislazione speciale sul lavoro (nazionale e regionale), la contrattazione collettiva e altre disposizioni quali regolamenti, circolari ed interpretazioni.

Nello specifico, l’accordo collettivo del 2022, frutto del combinato lavoro di FIGC, Divisione Femminile presso la FIGC, Società militanti nel campionato professionistico di Serie A femminile e Associazione italiana calciatori, rappresenta una vera e propria pietra miliare che garantisce una tutela ampia alle professioniste contrattualizzate.

L’accordo, oltre a disciplinare gli aspetti basici del rapporto lavorativo quali, ad esempio, la durata, la retribuzione, i limiti e gli obblighi in capo alle parti contraenti, offre uno spazio ad altre questioni che rispondono non solo ad un’esigenza pratica di tutela ma anche ad indirizzo politico da tempo auspicato e rivendicato. Ai sensi dell’art. 1.2 del CCNL, infatti, “le parti si danno reciprocamente atto che, nell’esecuzione del contratto di lavoro delle Calciatrici è vietata, ai sensi della legislazione nazionale vigente, qualsiasi discriminazione basata sul sesso e sull’orientamento sessuale ovvero le convinzioni personali, che abbia come conseguenza o come scopo di compromettere o di impedire il riconoscimento, il godimento o l’esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali, secondo quanto previsto dal Codice delle pari opportunità tra uomo e donna e dal D.lgs 9 luglio 2003, n. 216, con particolare riguardo ad ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza, nonché di maternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti”.

Altrettanto rilevante è, senz’altro, l’art. 25 CCNL relativo alla “Prevenzione delle molestie, abusi e violenze” dove appare predominante il concetto di “impegno” assunto dalle parti. Tale impegno si riverbera, in primo luogo, sulla prevenzione, nell’ambiente lavorativo, di molestie sessuali, bullismo sessuale, molestie psicologiche, body shaming, molestie discriminatorie o, comunque, qualsiasi altra forma di violenza psicologica (art. 25.1). In secondo luogo, sulla definizione di un apposito protocollo per la prevenzione di molestie ed abusi da allegare all’accordo collettivo (art. 25.2).

Peraltro, è la stessa figura del Club ad assumere il ruolo di “garante della tutela dei diritti fondamentali di tutto il suo personale e della responsabilità sociale che, come datore di lavoro, ha in relazione ai rapporti di lavoro ed interpersonali necessari basati sull’attività sportiva svolta”.

Come già anticipato, il contenuto di un contratto collettivo nazionale di lavoro è la crasi di un’intesa raggiunta tra i rappresentanti di tutti i soggetti coinvolti nella contrattazione. A tutela e difesa degli interessi della classe lavoratrice v’è il sindacato, ossia un’associazione non riconosciuta che fonda la sua attività sulla sua stessa capacità di rappresentanza, elemento indispensabile per legittimare il potere di firma di accordi vincolanti per i lavoratori e per le lavoratrici del settore di riferimento. La Carta Costituzionale tratta dell’attività sindacale all’art. 39: “L’organizzazione sindacale è libera” (co. 1). Tale articolo, però, ha trovato solo parziale attuazione. Difatti, non sono stati attuati i commi 2 e ss. riguardanti l’obbligo, in capo all’organizzazione sindacale, di registrarsi presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. La l. n. 300/1970 (lo Stato dei Lavoratori), invece, disciplina l’attività sindacale al Titolo III (artt. 19-27).

Il settore Calcio Femminile opera all’interno dell’Associazione Italiana Calciatori (AIC) lavorando per la tutela delle giocatrici attraverso attività di dialogo e confronto con la FIGC, la Divisione Calcio Femminile (Serie A e Serie B), il Dipartimento Calcio Femminile della Lega Nazionale Dilettanti e altre istituzioni.

In conclusione, non v’è dubbio che, nel corso degli anni, la categoria abbia raggiunto degli obiettivi importanti di tutela ma è di tutta evidenza come il percorso sia ancora lungo e di come richieda, ancora, attenzione e sforzo istituzionale. Senz’altro, il riconoscimento dello status professionistico è un grande traguardo che apre le porte ad uno svolgimento dignitoso e paritario della professione.