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Infermità e disabilità tra legge e prassi recente

Quanto esposto dal Ministero del Lavoro della Salute e delle politiche sociali in merito ai permessi per grave infermità, per mezzo di due consecutivi interpelli datati 10 giugno 2008 e 25 novembre 2008, in risposta ad altrettante istanze inviate rispettivamente dalla Federazione Italiana Servizi Pubblici ed Igiene Ambientale e dall’Unione Generale del Lavoro Telecomunicazioni (1), ha richiamato l’attenzione su un tema complesso quale quello della tutela dei soggetti in difficoltà e delle persone che a questi destinano la propria disponibilità in termini di assistenza e tutela.

Detti interpelli hanno quindi innescato un’analisi più approfondita in merito alle situazioni individuate dal nostro ordinamento come meritevoli di tutela, evidenziando peraltro alcune difficoltà interpretative nel definire i contorni del concetto di grave infermità.

Il percorso tracciato per la comprensione dell’istituto, ha obbligatoriamente relazionato i diversi concetti di infermità e disabilità, pur destando un persistente dubbio nel pensiero di chi scrive in merito alla reale eterogeneità degli stessi. Di tal ché, lo si vedrà qui di seguito, è emersa la difficile questione in merito alla documentazione attestante lo “status” da tutelare e l’obbligo dei soggetti abilitati a certificare tale situazione.

L’analisi delle argomentazioni alle tesi ministeriali, come esteso nei paragrafi della trattazione, ha permesso di valutare un quadro organico di quanto il nostro ordinamento tuteli.

Si noterà come, alla luce di quanto fino ad oggi sviscerato dalla prassi e dalla dottrina di seguito commentata, risulti obbligatorio confrontare le situazioni di disabilità grave e di infermità grave, al fine di comprendere i concetti necessari alla corretta identificazione dei casi e quindi alla fruizione della normativa.

1. QUADRO NORMATIVO DELLE TUTELE

Le tutele che l’ordinamento prevede a favore delle situazioni qui trattate, si suddividono prevalentemente in tre diversi filoni: i permessi per disabilità, intesa sia come tutela diretta ai soggetti disabili sia come tutela a favore dei soggetti addetti alla loro assistenza (art. 33, Legge 104/1992), i permessi per grave infermità (art. 4 c. 1 Legge 53/2000) ed infine l’assistenza ai familiari disabili gravi (art. 42, comma 5, del D.Lgs n. 151/01).

1.1 Permessi per disabili gravi

Come previsto dall’ art. 33 della Legge 104/1992 i genitori di minori affetti da disabilità grave possono godere della possibilità di prolungare fino a 3 anni dalla nascita del figlio, l’astensione facoltativa indennizzata. In alternativa gli stessi soggetti possono godere di un permesso giornaliero retribuito pari a 2 ore al giorno, sempre fino al terzo anno di vita del bambino (2)(3). Una volta compiuto il terzo anno di vita i genitori possono fruire in alternativa di tre giorni di permesso mensili o frazioni orarie comprese comunque in un massimo di 24 mensili. I permessi descritti, una volta richiesti e valuti i requisiti, sono posti a carico dell’ente e soggetti ad accredito figurativo. Inoltre è prevista la possibilità di fruire degli assegni familiari anche per i giorni di permesso.

Utile precisare come i permessi mensili, di tre giorni, e le previste quote orarie fruibili in alternativa, possono essere goduti anche da parenti ed affini entro il terzo grado affidatari di un soggetto disabile maggiorenne, sempre in presenza di situazione di gravità.

In ultima analisi si sottolinea che anche i soggetti disabili gravi in prima persona, qualora occupati come lavoratori dipendenti, possono godere autonomamente dei permessi stessi.

E’ stato chiarito (art. 20 L. 53/2000) che per la fruizione dei trattamenti come sopra previsti non è necessaria la convivenza con il soggetto disabile, anche se questi è maggiorenne. Di contro resta inteso che, nel caso in cui il soggetto da assistere sia ricoverato presso struttura ospedaliera, i permessi non potranno essere goduti (4) salvo casistiche residuali (5).

1.2 Permessi per grave infermità

L’art. 4 comma 1 della L. 53/00 prevede la possibilità per i lavoratori subordinati di fruire di un permesso retribuito, pari a tre giorni lavorativi all’anno, in caso di gravi infermità del coniuge o convivente, oppure di un parente entro il secondo grado. Tali permessi sono concessi altresì nel caso di decesso dei medesimi congiunti, resta inteso che per economia della trattazione quest’ultima casistica non sarà approfondita in questa sede.

L’onere retributivo legato a tali permessi è a totale carico del datore di lavoro per i tre giorni previsti, oltre ad eventuale favor laboratoris contrattuale.

Posto quindi che il datore di lavoro sosterrà un onere parificato in tutto e per tutto a normale retribuzione, si considerano decorrenti le maturazioni degli istituti retributivi previsti.

I permessi devono essere utilizzati entro 7 giorni dall’insorgenza della grave infermità.

1.3 Congedi parentali per assistenza a disabili gravi

L’art. 42, comma 5, del D.Lgs n. 151/01 prevede la possibilità, descritta nelle modalità dalla circolare INPS n° 20/04, per i lavoratori dipendenti genitori di soggetti affetti da disabilità grave (6), di fruire di un congedo biennale. Limite massimo di due anni può essere anche frazionato. Tale congedo risulta indennizzato dall’INPS per una somma pari all’ultima retribuzione, con relativo accredito contributivo figurativo (7).

Il periodo di astensione da lavoro di cui al D.Lgs n. 151/01 rientra nel più generico congedo previsto dall’art. 4, comma 2, della L. 53/00. Quest’ultimo offre la medesima possibilità di astensione lavorativa per tutti i soggetti colpiti da gravi e documentati motivi familiari o di salute salvo non prevedere indennizzo, copertura contributiva ne decorrenza dell’anzianità lavorativa alcuna.

Esiste inoltre la possibilità di cumulare il beneficio in presenza di pluralità di soggetti disabili, oltre alla possibile fruizione dello stesso contemporaneamente al congedo per maternità o al congedo parentale. La giustificazione a tale possibilità, adotta di recente dall’Istituto Previdenziale, trova conforto nel fatto che i due interessi che si intende tutelare sono risultano tra loro divergenti (8).

2 I DIVERSI INTERESSI TUTELATI

La tutela della disabilità grave nel nostro ordinamento, come visto si estrinseca con effetto bivalente, sia a favore della persona disabile grave che coniughi il proprio stato con l’attività di lavoro subordinato, sia a favore della persona che nel corso della medesima attività lavorativa offra la propria disponibilità alle cure di persona disabile grave.

La particolarità poi dell’età del soggetto disabile grave, risulta di vitale importanza per comprendere il preciso interesse che la norma intende tutelare. Di seguito si proverà a chiarire la tutela applicabile che quindi può differire a seconda del suddetto requisito.

Nel caso di minore di tre anni affetto da disabilità grave (art. 33, comma 1, D.Lgs. n. 151/2001), pare chiaro come l’interesse da tutelare sia quello di un soggetto che alle difficoltà dovute alla disabilità si sommi un’ età di per sé fragile e legata ancora ad una situazione di puerperio. Tale doppia condizione evidenzia come il semplice congedo parentale non riesca a tutelare le necessità del bambino che risultano gravose rispetto a quelle di un soggetto abile. Per tale motivo il genitore potrà godere di un’estensione del congedo per maternità facoltativa al fine di prolungare un’assistenza necessaria che limi la disparità con i soggetti coetanei.

Successivamente, si può comprendere come il soggetto minore che non possa comunque godere dell’assistenza del congedo parentale per superamento limiti di età, sia comunque tutelato grazie ai permessi fruibili in capo al genitore. Tale previsione evidenzia comunque l’interesse primario del soggetto minorenne che unisce anche in questo caso la condizione di disabile a quella di un’età ancora immatura per provvedere alla piena gestione autonoma della propria persona.

Giova ricordare come nel caso di ricovero del soggetto, tutti gli interessi descritti risulteranno affievoliti, posto che già la situazione di ricovero denota una sorta di assistenza che quindi non potrà giustificare un ulteriore beneficio a favore di altri soggetti. Pertanto in questo caso i permessi di cui alla Legge 104/92, non potranno essere fruiti.

3 DISABILITA’ ED INFERMITA’

Come abbiamo avuto modo di sottolineare quindi, i concetti di disabilità ed infermità (pare inutile continuare a sottolineare l’aggettivo “grave” ad ogni richiamo) sono trattati in modo differente ma è proprio questa difformità che, se da un lato ha permesso di individuare la normativa applicabile a ciascun caso concreto, non ha altresì chiarito le procedure di individuazione delle differenti situazioni da tutelare.

La distanza a parere di chi scrive risulta comunque sottile, infatti sembra ovvio come un soggetto infermo possa altresì definirsi disabile grave. Infatti se per infermità intendiamo la condizione di chi è infermo, soggetto a malattia di lunga durata o permanente (nel caso di infermità grave), tale da costringere all’inattività; per identificare la disabilità possiamo intendere un concetto un po’ più ampio, incorporante tutte le casistiche di persone affette da minorazioni fisiche di lieve entità. Nel caso della specifica disabilità grave, ovviamente, il campo si restringe a minorazioni fisiche di entità più consistente.

Da ciò ne discende che l’infermità identifica un concetto che ben potrà essere ricompreso nella più ampia sfera della disabilità, lo sostiene il Ministero del Lavoro stesso definendolo species del medesimo genus. Per assurdo dalle definizioni sopra proposte emerge come l’infermità presenti profili ben più gravi della disabilità e ben più difficilmente integrabili con l’attività lavorativa, nonostante il legislatore proponga per questa una tutela più ristretta e processi di individuazione ben più eterei.

4 CONCORENZA E CUMULABILIBILITA’ DEI TRATTAMENTI

Le ipotesi di cumulabilità non riguardano solamente il rapporto tra i permessi per disabilità e quelle per infermità, ma anche la concorrenza delle stesse con il diverso congedo biennale e soprattutto la possibilità per il lavoratore disabile di fruire nello stesso mese sia dei permessi orari giornalieri che delle giornate di permesso.

4.1 Permessi giornalieri e permessi mensili

Le interpretazioni ispirate dall’art. 33, 6c, legge 5 febbraio 1992 n. 104, sostenevano la possibile cumulabilità dei permessi e delle giornate, sostenendo come il lavoratore disabile conservasse il diritto di ottenere contemporaneamente di due diverse tutele (9).

Probabilmente tale considerazione trovava conforto nella difesa di due diversi interessi contrapposti, uno riferito ai riposi giornalieri e uno per quelli orari. Non solo, la particolarità che differenzia le situazioni di handicap grave da quelli di semplice handicap, risulta da se stessa sufficiente a giustificare la cumulabilità di più benefici a favore delle prime, in caso contrario infatti le fattispecie, pur differenti, fruirebbero delle medesime tutele.

Altra argomentazione a sostegno della tesi maggiormente assistenzialista, risulta essere quella che il lavoratore affetto da handicap occupato in attività lavorativa, ben può necessitare di un periodo maggiore per il recupero delle energie psico-fisiche, al contrario di quanto possa servire al lavoratore handicap grave assistito e non occupato. Tale diversità rischia di essere sottovalutata, infatti nel caso di soggetto con handicap grave, assistito da altro soggetto, i permessi fruiti dal tutore possono sembrare di per se sufficienti. Al contrario il soggetto gravemente handicappato che altresì risulta occupato, e che fruirà individualmente dei permessi, risulterà tutelato alla pari del primo soggetto. Di tal che lo svolgimento di attività lavorativa parrebbe ininfluente.

Quest’ultima interpretazione, poco condivisibile a parere di chi scrive, incontra successivamente la smentita ufficiale. In merito a tale disputa infatti è intervenuto l’INPS con le circolari n.37/1999 e 133/2000 in veste di ente erogatore del trattamento riferito a tali tutele, specificando come, nella sopradescritta casistica, il lavoratore disabile sia costretto a scegliere tra le due opportunità offerte dal Legislatore.

Ancora, in casi di improvvise esigenze non prevedibili, all’interno dello stesso mese esiste la possibilità di variare la propria scelta salvo presentare idonea documentazione. Resta inteso comunque, che quanto fruito in costanza della precedente interpretazione potrà tranquillamente essere considerato validamente ottenuto, pertanto l’Istituto non potrà chiederne la ripetizione.

4.2 Presenza di più soggetti disabili

Nell’ambito della più semplice e diffusa richiesta di cumulare i permessi relativi alla presenza di più disabili, l’INPS si è espressa chiaramente col documento di prassi n.21/1996 ove la cumulabilità è chiaramente possibile salvo precisare, ove sorgesse il dubbio, che il limite per soggetto deve comunque attestarsi su tre giorni. La cumulabilità pare quindi evidente ed a parer nostro pienamente comprensibile, salvo comunque scontare l’obbligo di produrre autocertificazione ove si specifica che il soggetto destinatario di tutti i permessi sia comunque l’unico in grado di fornire assistenza.

4.3 Disabile assistente

La medesima circolare risolve inoltre un ulteriore quesito di cumulabilità trattando la situazione, ad onor del vero molto residuale, di soggetto disabile grave che oltre alla propria situazione rivesta la posizione di assistente a familiare a sua volta affetto da grave disabilità. Questa particolarità infatti sosterebbe le situazioni in cui i disabili gravi non avessero altra assistenza, se non quella prestata da soggetti sui quali gravino le medesime difficoltà. Pare peraltro difficilmente riscontrabile come un soggetto, che già di per sé non sia in grado di badare a se stesso, possa altresì assistere altro soggetto nelle medesime condizioni.

Ad ogni modo la citata circolare 211/1996 ammetteva la contemporanea fruizione dei due benefici/trattamenti ma la successiva circolare 37/1999, innescata dal Consiglio di Stato che probabilmente giudicava troppo onerosa tale previsione, ha ribaltato l’orientamento offrendo il duplice beneficio solamente al familiare che assiste un disabile grave che a sua volta stia fruendo dei permessi per la propria situazione personale.

4.4 Congedo biennale e permessi L. 104/92

E’ stato chiarito invece come non sia possibile fruire del congedo biennale previsto per l’assistenza a disabili gravi, art.4, comma 2, L.53/00, in contemporanea ai permessi di cui all’art. 33 della L.104/92, e tale facoltà risulta preclusa altresì all’altro genitore (10).

5 GLI INTERPELLI DEL MINISTERO

Lo strumento dell’interpello, per chiarire i lati oscuri della questione, è stato innescato inizialmente dalla Federazione Italiana Servizi Pubblici ed Igiene Ambientale che richiedeva la definizione specifica del concetto di “grave infermità”, al fine di poter circoscrivere la casistica e conoscere gli strumenti utili per poter fruire dei 3 gg annui di permesso retribuito previsto dall’art. 4 c. 1, Legge 53/2000.

Tale richiesta veniva posta con l’obiettivo di risolvere un’evidente difficoltà nella definizione dei casi dubbi, tanto che il Ministero stesso nella stesura della nota di risposta affermava la mancanza di riferimenti legislativi precisi. A copertura di tale mancanza normativa, la Direzione Generale per L’attività Ispettiva interpretava analogicamente la necessità di produzione di una certificazione proveniente da strutture sanitarie pubbliche attestante la grave infermità. La procedura da utilizzare sarebbe dovuta essere la stessa prevista per documentare i “gravi motivi ” riferiti alla tutela prevista dalla Legge 104/1992.

Il documento di prassi citato, quindi, offre lo spunto per avvicinare le due tutele dal punto di vista della certificazione, posizione che pare condivisibile, ma evidentemente non immediatamente attuabile causa l’inerzia delle strutture medico sanitarie.

L’epicentro della difficile applicazione di quanto precisato al precedente interpello, è stato il rifiuto da parte delle strutture medico legali AASSLL nel certificare le situazioni di grave infermità, adducendo due argomentazioni di diverso profilo: da un lato infatti le strutture sanitarie rivendicano la totale assenza di riferimenti normativi, come già precisato dal Dicastero in sede di primo interpello, che potessero elencare i casi di gravi infermità, tale problematica esponeva i datori di lavoro all’impossibile incombenza di dover decifrare di volta in volta se quanto certificato dai medici potesse o meno ricondursi al concetto. Dall’altro lato è emersa una difficoltà nella gestione dei rapporti tra medici specialisti e strutture sanitarie, con queste ultime indisposte nel tramutare quanto certificato da visita specialistica attestante il grado di infermità, in valutazioni con valore di vera e propria certificazione.

Assunte tali difficoltà operative si è evidenziata l’impossibilità, da parte dei soggetti interessati, di provare i requisiti necessari all’ottenimento dei permessi.

Ciò posto, se la seconda delle motivazioni adotte pare di difficile comprensione, atteso che le strutture non dovrebbero dubitare di quanto emerso in sede di visita specialistica, la prima motivazione rafforza il richiamo alla problematica dell’assenza di normativa di riferimento, che il semplice richiamo al D.M. 278/2000 non pare quindi soddisfare.

5.1 Assenza di normativa di riferimento e posizione ministeriale

La problematica ha costretto il Ministero del lavoro ad intervenire nuovamente, sollecitato da un quesito dell’Unione Generale del Lavoro Telecomunicazioni, trascorsi appena sei mesi dal precedente interpello, puntualizzando quale procedura deve essere seguita per l’ottenimento della vincolante certificazione.

Alla luce delle obiezioni mosse il Ministero ridisegna quindi la propria interpretazione, precisando come anche in mancanza di elencazione specifica dei casi di infermità, la stessa sia da ricercare nel più ampio concetto di gravi motivi, richiamando nuovamente il D.M. 278/2000. Tale decreto risulta essere lo strumento utile ad individuare i criteri per la definizione di patologie specifiche che possono essere ricercate tra quelle comprese alla lett. (d, nn da 1 a 4.

La novità è quindi rappresentata dalla precisazione che il Decreto di riferimento identifica ipotesi simili quali quella di infermità e quella di gravi motivi, che ben possono essere identificate secondo i medesimi criteri.

Considerato che il problema individuazione potrebbe essere in tale modo risolto pare evidente che il secondo problema evidenziato, quello cioè della certificazione, emerge in modo determinante.

5.2 Problema della certificazione

Nel caso della grave disabilità il problema della certificazione era già stato risolto grazie all’ausilio della Cassazione, nonché dell’INPS che con circolare 3 marzo 2006 n. 32 aveva nello specifico precisato quali fossero le strutture competenti alla certificazione dello status (11) richiesto per la fruizione dei benefici previsti dalla Legge 104/1992.

Infatti già dieci anni or sono la Cassazione sezione Lavoro era stata investita di una questione riguardante la certificazione chiarendo con sentenza n. 8068 del 17 agosto 1998 : “… in nessun caso è consentita la dimostrazione di questo presupposto (disabilità grave) mediante documentazione medica di diversa provenienza (diversa rispetto a quella prevista dall’art. 4 della legge n. 104/1992)…”.

Questa pronuncia sembrava aver risolto ogni dubbio. In realtà da tale momento le AA.SS.LL. si sono limitate a certificare la grave disabilità ma non la grave infermità, interpretando le due situazioni in modo diverso. Detto modus operandi, per altro si è protratto anche successivamente al primo interpello del Ministero del Lavoro come già argomentato al precedente paragrafo.

Pertanto, In merito alla situazione di infermità il problema della certificazione nasce dall’esigenza di documentare formalmente lo status del soggetto, dopo che questo sia stato individuato secondo i criteri previsti dal D.M. 278/2000. In assenza di documentazione formale, infatti, si comprenderà come i permessi non possano comunque essere fruiti.

Il più recente interpello ha quindi il merito di chiarire come la certificazione rilasciata dal medico specialista risulti di per sé idonea a certificare lo stato del soggetto, tanto che dovranno dalla stessa emergere gli elementi costituenti la diagnosi clinica e la qualificazione medico legale attestante l’infermità. Quest’ultima interpretazione peraltro era già stata espressa dall’INPS nella richiamata circolare 32/06 ove si precisava che la diagnosi fungerà da attestazione medico legale provando con chiarezza la sussistenza della grave infermità.

6 CONCLUSIONI

Pare evidente come Il grande merito di questo secondo interpello sia quello di richiamare i concetti che hanno chiarito la problematica in tema di grave disabilità anche i casi di grave infermità, equiparando analogicamente le due fattispecie.

Il riferimenti ad un istituto già esistente e definito nelle Sue caratteristiche, permette quindi di risolvere senza nessun dubbio la situazione priva di precise indicazioni normative.

Di conseguenza i nuovi profili interpretativi sanciti dal Ministero enunciano come ogni medico, d’ora in poi, non potrà più esimersi dal dichiarare la diagnosi in modo preciso e contestualmente definire come tale situazione integri lo status di grave infermità, esonerando il datore di lavoro da tale inusuale compito.

Peraltro la documentazione non avrà valore solamente ai fini certificativi ma bensì anche in merito al soddisfacimento del requisito della decorrenza, utile a comprendere quale sia il periodo di 7gg entro i quali i permessi possono essere fruiti.



Note:

1. L’interpello è lo strumento introdotto dalla riforma dei servizi ispettivi, D.Lgs. n. 124/2004, tramite il quale organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali, enti pubblici nazionali, nonché organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale e consigli nazionali degli ordini professionali, possono chiedere al Ministero del Lavoro, per mezzo della Direzione generale per l’Attività Ispettiva, le interpretazioni da ritenersi ufficiali si temi di diretta competenza del Dicastero stesso. L’attenersi alle indicazioni fornite tramite questo strumento esclude l’applicazione di qualsivoglia sanzione;

2. la circolare INPS n° 128/03 chiarisce come il genitore di figlio disabile possa fruire contemporaneamente dei permessi a questo dedicati, cumulandoli con quelli per allattamento eventualmente fruiti per altri figli. In merito allo stesso figlio, invece, il messaggio INPS n.11784/07 prevede il cumulo delle due tipologie di permessi salvo parere favorevole del Dirigente Centro Medico Legale INPS;

3. In casi di presenza di più figli, la circolare INPS n° 311/96 ha previsto la cumulabilità dei permessi per malattia del bambino minore di 3 anni e quelli qui previsti per un altro figlio disabile;

4. per conoscere i criteri di valutazione delle condizioni di fruibilità adottati dall’INPS si veda ANIV “Guida pratica per una corretta contribuzione”;

5. Il Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali, in data 20/02/2009 rispondendo ad un interpello dell’ANCI, ha precisato come nel caso di assistenza a disabile ricoverato presso struttura dalla quale è comunque necessario allontanarsi per l’esecuzione di viste mediche specifiche o terapie, i permessi possono comunque spettare. La giustificazione risiede nel fatto che l’allontanamento del soggetto dalla struttura sottrae lo stesso dalla tutela del ricovero, riemergendo così l’interesse da assistere.

6. La Corte Costituzionale ha più volte contribuito ad allargare la platea dei soggetti beneficiari. Richiamando solo le più importanti: con decisione n° 158 del 8 maggio 2007 il coniuge convivente è divenuto il fruitore del congedo in via prioritaria, con decisione n° 233 del 16 giugno 2005 la fruibilità è stata estesa ai fratelli e sorelle conviventi, nel caso di genitori anche conviventi con la persona da assistere ma affetti da piena inabilità, infine con la recentissima decisione n° 19 del 30 gennaio 2009 il figlio convivente è entrato di diritto a far parte dei soggetti beneficiari del congedo, in assenza degli altri soggetti previsti dalla Legge. Di conseguenza l’attuale scala progressiva di fruizione del beneficio vede in primis il coniuge convivente, di seguito nell’ordine i genitori, fratelli e sorelle nelle condizioni sopra descritte, infine il figlio convivente.

7. tale trattamento risulta cumulabile con il congedo parentale come precisato dalla circolare INPS 138/01;

8. messaggio INPS 22912/07;

9. Si veda Donata Gottardi, Permessi orari e giornalieri in caso di grave disabilità, in Guida al Lavoro n. 6/2006;

10. Di non diretta inerenza con il problema della cumulabilità, ma comunque di notevole interesse al fine del requisito temporale fruizione dei permessi, risulta essere l’indicazione fornita dalla circolare INPS n. 32 del 3 marzo 2006 ove si precisa che il giudizio delle Commissioni mediche ASL è di per sé sufficiente per la concessione delle prestazioni, nonostante la procedura di riconoscimento manchi del parere della Commissione medica di verifica. La prestazione risulta quindi fruibile ma solo temporaneamente, stante la possibilità di ottenere giudizio negativo da parte dell’ultima Commissione esaminatrice. Al verificarsi di questa malaugurata ipotesi, il trattamento concesso dovrà essere ripetuto;

11. la circolare elenca quali titolari della potestà certificatoria non solo quello degli ospedali gestiti direttamente dalle AASSLL, ma anche il medico della struttura di ricovero pubblica o privata equiparata alla pubblica, vale a dire: 1. aziende ospedaliere (ospedali costituiti in azienda ai sensi dell’art. 4, comma 1 del D.L. n. 502/1992), nonchè istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici (art. 42, legge n. 833/1978); 2. strutture ospedaliere private equiparate alle pubbliche e cioè: -policlinici universitari (art. 39, legge n. 833/1978) istituti di ricovero e cura a carattere scientifico privati (art. 42, legge n. 833/1978), ospedali classificati o assimilati ai sensi dell’art. 1, ultimo comma, della legge n. 132/1968 (art. 41, legge n. 833/1978), istituti sanitari privati qualificati presidi USL (art. 43, 2 comma, legge n. 833/1978 e D.P.C.M. 20 ottobre 1988), enti di ricerca (art. 40, legge n. 833/1978).

Quanto esposto dal Ministero del Lavoro della Salute e delle politiche sociali in merito ai permessi per grave infermità, per mezzo di due consecutivi interpelli datati 10 giugno 2008 e 25 novembre 2008, in risposta ad altrettante istanze inviate rispettivamente dalla Federazione Italiana Servizi Pubblici ed Igiene Ambientale e dall’Unione Generale del Lavoro Telecomunicazioni (1), ha richiamato l’attenzione su un tema complesso quale quello della tutela dei soggetti in difficoltà e delle persone che a questi destinano la propria disponibilità in termini di assistenza e tutela.

Detti interpelli hanno quindi innescato un’analisi più approfondita in merito alle situazioni individuate dal nostro ordinamento come meritevoli di tutela, evidenziando peraltro alcune difficoltà interpretative nel definire i contorni del concetto di grave infermità.

Il percorso tracciato per la comprensione dell’istituto, ha obbligatoriamente relazionato i diversi concetti di infermità e disabilità, pur destando un persistente dubbio nel pensiero di chi scrive in merito alla reale eterogeneità degli stessi. Di tal ché, lo si vedrà qui di seguito, è emersa la difficile questione in merito alla documentazione attestante lo “status” da tutelare e l’obbligo dei soggetti abilitati a certificare tale situazione.

L’analisi delle argomentazioni alle tesi ministeriali, come esteso nei paragrafi della trattazione, ha permesso di valutare un quadro organico di quanto il nostro ordinamento tuteli.

Si noterà come, alla luce di quanto fino ad oggi sviscerato dalla prassi e dalla dottrina di seguito commentata, risulti obbligatorio confrontare le situazioni di disabilità grave e di infermità grave, al fine di comprendere i concetti necessari alla corretta identificazione dei casi e quindi alla fruizione della normativa.

1. QUADRO NORMATIVO DELLE TUTELE

Le tutele che l’ordinamento prevede a favore delle situazioni qui trattate, si suddividono prevalentemente in tre diversi filoni: i permessi per disabilità, intesa sia come tutela diretta ai soggetti disabili sia come tutela a favore dei soggetti addetti alla loro assistenza (art. 33, Legge 104/1992), i permessi per grave infermità (art. 4 c. 1 Legge 53/2000) ed infine l’assistenza ai familiari disabili gravi (art. 42, comma 5, del D.Lgs n. 151/01).

1.1 Permessi per disabili gravi

Come previsto dall’ art. 33 della Legge 104/1992 i genitori di minori affetti da disabilità grave possono godere della possibilità di prolungare fino a 3 anni dalla nascita del figlio, l’astensione facoltativa indennizzata. In alternativa gli stessi soggetti possono godere di un permesso giornaliero retribuito pari a 2 ore al giorno, sempre fino al terzo anno di vita del bambino (2)(3). Una volta compiuto il terzo anno di vita i genitori possono fruire in alternativa di tre giorni di permesso mensili o frazioni orarie comprese comunque in un massimo di 24 mensili. I permessi descritti, una volta richiesti e valuti i requisiti, sono posti a carico dell’ente e soggetti ad accredito figurativo. Inoltre è prevista la possibilità di fruire degli assegni familiari anche per i giorni di permesso.

Utile precisare come i permessi mensili, di tre giorni, e le previste quote orarie fruibili in alternativa, possono essere goduti anche da parenti ed affini entro il terzo grado affidatari di un soggetto disabile maggiorenne, sempre in presenza di situazione di gravità.

In ultima analisi si sottolinea che anche i soggetti disabili gravi in prima persona, qualora occupati come lavoratori dipendenti, possono godere autonomamente dei permessi stessi.

E’ stato chiarito (art. 20 L. 53/2000) che per la fruizione dei trattamenti come sopra previsti non è necessaria la convivenza con il soggetto disabile, anche se questi è maggiorenne. Di contro resta inteso che, nel caso in cui il soggetto da assistere sia ricoverato presso struttura ospedaliera, i permessi non potranno essere goduti (4) salvo casistiche residuali (5).

1.2 Permessi per grave infermità

L’art. 4 comma 1 della L. 53/00 prevede la possibilità per i lavoratori subordinati di fruire di un permesso retribuito, pari a tre giorni lavorativi all’anno, in caso di gravi infermità del coniuge o convivente, oppure di un parente entro il secondo grado. Tali permessi sono concessi altresì nel caso di decesso dei medesimi congiunti, resta inteso che per economia della trattazione quest’ultima casistica non sarà approfondita in questa sede.

L’onere retributivo legato a tali permessi è a totale carico del datore di lavoro per i tre giorni previsti, oltre ad eventuale favor laboratoris contrattuale.

Posto quindi che il datore di lavoro sosterrà un onere parificato in tutto e per tutto a normale retribuzione, si considerano decorrenti le maturazioni degli istituti retributivi previsti.

I permessi devono essere utilizzati entro 7 giorni dall’insorgenza della grave infermità.

1.3 Congedi parentali per assistenza a disabili gravi

L’art. 42, comma 5, del D.Lgs n. 151/01 prevede la possibilità, descritta nelle modalità dalla circolare INPS n° 20/04, per i lavoratori dipendenti genitori di soggetti affetti da disabilità grave (6), di fruire di un congedo biennale. Limite massimo di due anni può essere anche frazionato. Tale congedo risulta indennizzato dall’INPS per una somma pari all’ultima retribuzione, con relativo accredito contributivo figurativo (7).

Il periodo di astensione da lavoro di cui al D.Lgs n. 151/01 rientra nel più generico congedo previsto dall’art. 4, comma 2, della L. 53/00. Quest’ultimo offre la medesima possibilità di astensione lavorativa per tutti i soggetti colpiti da gravi e documentati motivi familiari o di salute salvo non prevedere indennizzo, copertura contributiva ne decorrenza dell’anzianità lavorativa alcuna.

Esiste inoltre la possibilità di cumulare il beneficio in presenza di pluralità di soggetti disabili, oltre alla possibile fruizione dello stesso contemporaneamente al congedo per maternità o al congedo parentale. La giustificazione a tale possibilità, adotta di recente dall’Istituto Previdenziale, trova conforto nel fatto che i due interessi che si intende tutelare sono risultano tra loro divergenti (8).

2 I DIVERSI INTERESSI TUTELATI

La tutela della disabilità grave nel nostro ordinamento, come visto si estrinseca con effetto bivalente, sia a favore della persona disabile grave che coniughi il proprio stato con l’attività di lavoro subordinato, sia a favore della persona che nel corso della medesima attività lavorativa offra la propria disponibilità alle cure di persona disabile grave.

La particolarità poi dell’età del soggetto disabile grave, risulta di vitale importanza per comprendere il preciso interesse che la norma intende tutelare. Di seguito si proverà a chiarire la tutela applicabile che quindi può differire a seconda del suddetto requisito.

Nel caso di minore di tre anni affetto da disabilità grave (art. 33, comma 1, D.Lgs. n. 151/2001), pare chiaro come l’interesse da tutelare sia quello di un soggetto che alle difficoltà dovute alla disabilità si sommi un’ età di per sé fragile e legata ancora ad una situazione di puerperio. Tale doppia condizione evidenzia come il semplice congedo parentale non riesca a tutelare le necessità del bambino che risultano gravose rispetto a quelle di un soggetto abile. Per tale motivo il genitore potrà godere di un’estensione del congedo per maternità facoltativa al fine di prolungare un’assistenza necessaria che limi la disparità con i soggetti coetanei.

Successivamente, si può comprendere come il soggetto minore che non possa comunque godere dell’assistenza del congedo parentale per superamento limiti di età, sia comunque tutelato grazie ai permessi fruibili in capo al genitore. Tale previsione evidenzia comunque l’interesse primario del soggetto minorenne che unisce anche in questo caso la condizione di disabile a quella di un’età ancora immatura per provvedere alla piena gestione autonoma della propria persona.

Giova ricordare come nel caso di ricovero del soggetto, tutti gli interessi descritti risulteranno affievoliti, posto che già la situazione di ricovero denota una sorta di assistenza che quindi non potrà giustificare un ulteriore beneficio a favore di altri soggetti. Pertanto in questo caso i permessi di cui alla Legge 104/92, non potranno essere fruiti.

3 DISABILITA’ ED INFERMITA’

Come abbiamo avuto modo di sottolineare quindi, i concetti di disabilità ed infermità (pare inutile continuare a sottolineare l’aggettivo “grave” ad ogni richiamo) sono trattati in modo differente ma è proprio questa difformità che, se da un lato ha permesso di individuare la normativa applicabile a ciascun caso concreto, non ha altresì chiarito le procedure di individuazione delle differenti situazioni da tutelare.

La distanza a parere di chi scrive risulta comunque sottile, infatti sembra ovvio come un soggetto infermo possa altresì definirsi disabile grave. Infatti se per infermità intendiamo la condizione di chi è infermo, soggetto a malattia di lunga durata o permanente (nel caso di infermità grave), tale da costringere all’inattività; per identificare la disabilità possiamo intendere un concetto un po’ più ampio, incorporante tutte le casistiche di persone affette da minorazioni fisiche di lieve entità. Nel caso della specifica disabilità grave, ovviamente, il campo si restringe a minorazioni fisiche di entità più consistente.

Da ciò ne discende che l’infermità identifica un concetto che ben potrà essere ricompreso nella più ampia sfera della disabilità, lo sostiene il Ministero del Lavoro stesso definendolo species del medesimo genus. Per assurdo dalle definizioni sopra proposte emerge come l’infermità presenti profili ben più gravi della disabilità e ben più difficilmente integrabili con l’attività lavorativa, nonostante il legislatore proponga per questa una tutela più ristretta e processi di individuazione ben più eterei.

4 CONCORENZA E CUMULABILIBILITA’ DEI TRATTAMENTI

Le ipotesi di cumulabilità non riguardano solamente il rapporto tra i permessi per disabilità e quelle per infermità, ma anche la concorrenza delle stesse con il diverso congedo biennale e soprattutto la possibilità per il lavoratore disabile di fruire nello stesso mese sia dei permessi orari giornalieri che delle giornate di permesso.

4.1 Permessi giornalieri e permessi mensili

Le interpretazioni ispirate dall’art. 33, 6c, legge 5 febbraio 1992 n. 104, sostenevano la possibile cumulabilità dei permessi e delle giornate, sostenendo come il lavoratore disabile conservasse il diritto di ottenere contemporaneamente di due diverse tutele (9).

Probabilmente tale considerazione trovava conforto nella difesa di due diversi interessi contrapposti, uno riferito ai riposi giornalieri e uno per quelli orari. Non solo, la particolarità che differenzia le situazioni di handicap grave da quelli di semplice handicap, risulta da se stessa sufficiente a giustificare la cumulabilità di più benefici a favore delle prime, in caso contrario infatti le fattispecie, pur differenti, fruirebbero delle medesime tutele.

Altra argomentazione a sostegno della tesi maggiormente assistenzialista, risulta essere quella che il lavoratore affetto da handicap occupato in attività lavorativa, ben può necessitare di un periodo maggiore per il recupero delle energie psico-fisiche, al contrario di quanto possa servire al lavoratore handicap grave assistito e non occupato. Tale diversità rischia di essere sottovalutata, infatti nel caso di soggetto con handicap grave, assistito da altro soggetto, i permessi fruiti dal tutore possono sembrare di per se sufficienti. Al contrario il soggetto gravemente handicappato che altresì risulta occupato, e che fruirà individualmente dei permessi, risulterà tutelato alla pari del primo soggetto. Di tal che lo svolgimento di attività lavorativa parrebbe ininfluente.

Quest’ultima interpretazione, poco condivisibile a parere di chi scrive, incontra successivamente la smentita ufficiale. In merito a tale disputa infatti è intervenuto l’INPS con le circolari n.37/1999 e 133/2000 in veste di ente erogatore del trattamento riferito a tali tutele, specificando come, nella sopradescritta casistica, il lavoratore disabile sia costretto a scegliere tra le due opportunità offerte dal Legislatore.

Ancora, in casi di improvvise esigenze non prevedibili, all’interno dello stesso mese esiste la possibilità di variare la propria scelta salvo presentare idonea documentazione. Resta inteso comunque, che quanto fruito in costanza della precedente interpretazione potrà tranquillamente essere considerato validamente ottenuto, pertanto l’Istituto non potrà chiederne la ripetizione.

4.2 Presenza di più soggetti disabili

Nell’ambito della più semplice e diffusa richiesta di cumulare i permessi relativi alla presenza di più disabili, l’INPS si è espressa chiaramente col documento di prassi n.21/1996 ove la cumulabilità è chiaramente possibile salvo precisare, ove sorgesse il dubbio, che il limite per soggetto deve comunque attestarsi su tre giorni. La cumulabilità pare quindi evidente ed a parer nostro pienamente comprensibile, salvo comunque scontare l’obbligo di produrre autocertificazione ove si specifica che il soggetto destinatario di tutti i permessi sia comunque l’unico in grado di fornire assistenza.

4.3 Disabile assistente

La medesima circolare risolve inoltre un ulteriore quesito di cumulabilità trattando la situazione, ad onor del vero molto residuale, di soggetto disabile grave che oltre alla propria situazione rivesta la posizione di assistente a familiare a sua volta affetto da grave disabilità. Questa particolarità infatti sosterebbe le situazioni in cui i disabili gravi non avessero altra assistenza, se non quella prestata da soggetti sui quali gravino le medesime difficoltà. Pare peraltro difficilmente riscontrabile come un soggetto, che già di per sé non sia in grado di badare a se stesso, possa altresì assistere altro soggetto nelle medesime condizioni.

Ad ogni modo la citata circolare 211/1996 ammetteva la contemporanea fruizione dei due benefici/trattamenti ma la successiva circolare 37/1999, innescata dal Consiglio di Stato che probabilmente giudicava troppo onerosa tale previsione, ha ribaltato l’orientamento offrendo il duplice beneficio solamente al familiare che assiste un disabile grave che a sua volta stia fruendo dei permessi per la propria situazione personale.

4.4 Congedo biennale e permessi L. 104/92

E’ stato chiarito invece come non sia possibile fruire del congedo biennale previsto per l’assistenza a disabili gravi, art.4, comma 2, L.53/00, in contemporanea ai permessi di cui all’art. 33 della L.104/92, e tale facoltà risulta preclusa altresì all’altro genitore (10).

5 GLI INTERPELLI DEL MINISTERO

Lo strumento dell’interpello, per chiarire i lati oscuri della questione, è stato innescato inizialmente dalla Federazione Italiana Servizi Pubblici ed Igiene Ambientale che richiedeva la definizione specifica del concetto di “grave infermità”, al fine di poter circoscrivere la casistica e conoscere gli strumenti utili per poter fruire dei 3 gg annui di permesso retribuito previsto dall’art. 4 c. 1, Legge 53/2000.

Tale richiesta veniva posta con l’obiettivo di risolvere un’evidente difficoltà nella definizione dei casi dubbi, tanto che il Ministero stesso nella stesura della nota di risposta affermava la mancanza di riferimenti legislativi precisi. A copertura di tale mancanza normativa, la Direzione Generale per L’attività Ispettiva interpretava analogicamente la necessità di produzione di una certificazione proveniente da strutture sanitarie pubbliche attestante la grave infermità. La procedura da utilizzare sarebbe dovuta essere la stessa prevista per documentare i “gravi motivi ” riferiti alla tutela prevista dalla Legge 104/1992.

Il documento di prassi citato, quindi, offre lo spunto per avvicinare le due tutele dal punto di vista della certificazione, posizione che pare condivisibile, ma evidentemente non immediatamente attuabile causa l’inerzia delle strutture medico sanitarie.

L’epicentro della difficile applicazione di quanto precisato al precedente interpello, è stato il rifiuto da parte delle strutture medico legali AASSLL nel certificare le situazioni di grave infermità, adducendo due argomentazioni di diverso profilo: da un lato infatti le strutture sanitarie rivendicano la totale assenza di riferimenti normativi, come già precisato dal Dicastero in sede di primo interpello, che potessero elencare i casi di gravi infermità, tale problematica esponeva i datori di lavoro all’impossibile incombenza di dover decifrare di volta in volta se quanto certificato dai medici potesse o meno ricondursi al concetto. Dall’altro lato è emersa una difficoltà nella gestione dei rapporti tra medici specialisti e strutture sanitarie, con queste ultime indisposte nel tramutare quanto certificato da visita specialistica attestante il grado di infermità, in valutazioni con valore di vera e propria certificazione.

Assunte tali difficoltà operative si è evidenziata l’impossibilità, da parte dei soggetti interessati, di provare i requisiti necessari all’ottenimento dei permessi.

Ciò posto, se la seconda delle motivazioni adotte pare di difficile comprensione, atteso che le strutture non dovrebbero dubitare di quanto emerso in sede di visita specialistica, la prima motivazione rafforza il richiamo alla problematica dell’assenza di normativa di riferimento, che il semplice richiamo al D.M. 278/2000 non pare quindi soddisfare.

5.1 Assenza di normativa di riferimento e posizione ministeriale

La problematica ha costretto il Ministero del lavoro ad intervenire nuovamente, sollecitato da un quesito dell’Unione Generale del Lavoro Telecomunicazioni, trascorsi appena sei mesi dal precedente interpello, puntualizzando quale procedura deve essere seguita per l’ottenimento della vincolante certificazione.

Alla luce delle obiezioni mosse il Ministero ridisegna quindi la propria interpretazione, precisando come anche in mancanza di elencazione specifica dei casi di infermità, la stessa sia da ricercare nel più ampio concetto di gravi motivi, richiamando nuovamente il D.M. 278/2000. Tale decreto risulta essere lo strumento utile ad individuare i criteri per la definizione di patologie specifiche che possono essere ricercate tra quelle comprese alla lett. (d, nn da 1 a 4.

La novità è quindi rappresentata dalla precisazione che il Decreto di riferimento identifica ipotesi simili quali quella di infermità e quella di gravi motivi, che ben possono essere identificate secondo i medesimi criteri.

Considerato che il problema individuazione potrebbe essere in tale modo risolto pare evidente che il secondo problema evidenziato, quello cioè della certificazione, emerge in modo determinante.

5.2 Problema della certificazione

Nel caso della grave disabilità il problema della certificazione era già stato risolto grazie all’ausilio della Cassazione, nonché dell’INPS che con circolare 3 marzo 2006 n. 32 aveva nello specifico precisato quali fossero le strutture competenti alla certificazione dello status (11) richiesto per la fruizione dei benefici previsti dalla Legge 104/1992.

Infatti già dieci anni or sono la Cassazione sezione Lavoro era stata investita di una questione riguardante la certificazione chiarendo con sentenza n. 8068 del 17 agosto 1998 : “… in nessun caso è consentita la dimostrazione di questo presupposto (disabilità grave) mediante documentazione medica di diversa provenienza (diversa rispetto a quella prevista dall’art. 4 della legge n. 104/1992)…”.

Questa pronuncia sembrava aver risolto ogni dubbio. In realtà da tale momento le AA.SS.LL. si sono limitate a certificare la grave disabilità ma non la grave infermità, interpretando le due situazioni in modo diverso. Detto modus operandi, per altro si è protratto anche successivamente al primo interpello del Ministero del Lavoro come già argomentato al precedente paragrafo.

Pertanto, In merito alla situazione di infermità il problema della certificazione nasce dall’esigenza di documentare formalmente lo status del soggetto, dopo che questo sia stato individuato secondo i criteri previsti dal D.M. 278/2000. In assenza di documentazione formale, infatti, si comprenderà come i permessi non possano comunque essere fruiti.

Il più recente interpello ha quindi il merito di chiarire come la certificazione rilasciata dal medico specialista risulti di per sé idonea a certificare lo stato del soggetto, tanto che dovranno dalla stessa emergere gli elementi costituenti la diagnosi clinica e la qualificazione medico legale attestante l’infermità. Quest’ultima interpretazione peraltro era già stata espressa dall’INPS nella richiamata circolare 32/06 ove si precisava che la diagnosi fungerà da attestazione medico legale provando con chiarezza la sussistenza della grave infermità.

6 CONCLUSIONI

Pare evidente come Il grande merito di questo secondo interpello sia quello di richiamare i concetti che hanno chiarito la problematica in tema di grave disabilità anche i casi di grave infermità, equiparando analogicamente le due fattispecie.

Il riferimenti ad un istituto già esistente e definito nelle Sue caratteristiche, permette quindi di risolvere senza nessun dubbio la situazione priva di precise indicazioni normative.

Di conseguenza i nuovi profili interpretativi sanciti dal Ministero enunciano come ogni medico, d’ora in poi, non potrà più esimersi dal dichiarare la diagnosi in modo preciso e contestualmente definire come tale situazione integri lo status di grave infermità, esonerando il datore di lavoro da tale inusuale compito.

Peraltro la documentazione non avrà valore solamente ai fini certificativi ma bensì anche in merito al soddisfacimento del requisito della decorrenza, utile a comprendere quale sia il periodo di 7gg entro i quali i permessi possono essere fruiti.



Note:

1. L’interpello è lo strumento introdotto dalla riforma dei servizi ispettivi, D.Lgs. n. 124/2004, tramite il quale organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali, enti pubblici nazionali, nonché organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale e consigli nazionali degli ordini professionali, possono chiedere al Ministero del Lavoro, per mezzo della Direzione generale per l’Attività Ispettiva, le interpretazioni da ritenersi ufficiali si temi di diretta competenza del Dicastero stesso. L’attenersi alle indicazioni fornite tramite questo strumento esclude l’applicazione di qualsivoglia sanzione;

2. la circolare INPS n° 128/03 chiarisce come il genitore di figlio disabile possa fruire contemporaneamente dei permessi a questo dedicati, cumulandoli con quelli per allattamento eventualmente fruiti per altri figli. In merito allo stesso figlio, invece, il messaggio INPS n.11784/07 prevede il cumulo delle due tipologie di permessi salvo parere favorevole del Dirigente Centro Medico Legale INPS;

3. In casi di presenza di più figli, la circolare INPS n° 311/96 ha previsto la cumulabilità dei permessi per malattia del bambino minore di 3 anni e quelli qui previsti per un altro figlio disabile;

4. per conoscere i criteri di valutazione delle condizioni di fruibilità adottati dall’INPS si veda ANIV “Guida pratica per una corretta contribuzione”;

5. Il Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali, in data 20/02/2009 rispondendo ad un interpello dell’ANCI, ha precisato come nel caso di assistenza a disabile ricoverato presso struttura dalla quale è comunque necessario allontanarsi per l’esecuzione di viste mediche specifiche o terapie, i permessi possono comunque spettare. La giustificazione risiede nel fatto che l’allontanamento del soggetto dalla struttura sottrae lo stesso dalla tutela del ricovero, riemergendo così l’interesse da assistere.

6. La Corte Costituzionale ha più volte contribuito ad allargare la platea dei soggetti beneficiari. Richiamando solo le più importanti: con decisione n° 158 del 8 maggio 2007 il coniuge convivente è divenuto il fruitore del congedo in via prioritaria, con decisione n° 233 del 16 giugno 2005 la fruibilità è stata estesa ai fratelli e sorelle conviventi, nel caso di genitori anche conviventi con la persona da assistere ma affetti da piena inabilità, infine con la recentissima decisione n° 19 del 30 gennaio 2009 il figlio convivente è entrato di diritto a far parte dei soggetti beneficiari del congedo, in assenza degli altri soggetti previsti dalla Legge. Di conseguenza l’attuale scala progressiva di fruizione del beneficio vede in primis il coniuge convivente, di seguito nell’ordine i genitori, fratelli e sorelle nelle condizioni sopra descritte, infine il figlio convivente.

7. tale trattamento risulta cumulabile con il congedo parentale come precisato dalla circolare INPS 138/01;

8. messaggio INPS 22912/07;

9. Si veda Donata Gottardi, Permessi orari e giornalieri in caso di grave disabilità, in Guida al Lavoro n. 6/2006;

10. Di non diretta inerenza con il problema della cumulabilità, ma comunque di notevole interesse al fine del requisito temporale fruizione dei permessi, risulta essere l’indicazione fornita dalla circolare INPS n. 32 del 3 marzo 2006 ove si precisa che il giudizio delle Commissioni mediche ASL è di per sé sufficiente per la concessione delle prestazioni, nonostante la procedura di riconoscimento manchi del parere della Commissione medica di verifica. La prestazione risulta quindi fruibile ma solo temporaneamente, stante la possibilità di ottenere giudizio negativo da parte dell’ultima Commissione esaminatrice. Al verificarsi di questa malaugurata ipotesi, il trattamento concesso dovrà essere ripetuto;

11. la circolare elenca quali titolari della potestà certificatoria non solo quello degli ospedali gestiti direttamente dalle AASSLL, ma anche il medico della struttura di ricovero pubblica o privata equiparata alla pubblica, vale a dire: 1. aziende ospedaliere (ospedali costituiti in azienda ai sensi dell’art. 4, comma 1 del D.L. n. 502/1992), nonchè istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici (art. 42, legge n. 833/1978); 2. strutture ospedaliere private equiparate alle pubbliche e cioè: -policlinici universitari (art. 39, legge n. 833/1978) istituti di ricovero e cura a carattere scientifico privati (art. 42, legge n. 833/1978), ospedali classificati o assimilati ai sensi dell’art. 1, ultimo comma, della legge n. 132/1968 (art. 41, legge n. 833/1978), istituti sanitari privati qualificati presidi USL (art. 43, 2 comma, legge n. 833/1978 e D.P.C.M. 20 ottobre 1988), enti di ricerca (art. 40, legge n. 833/1978).